mercoledì 27 febbraio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA GRANDE DOMANDA

Il Libro delle Ore Felici di Jacominus Gainsborough,
Rebecca Dautremer (trad. Francesca Mazzurana)
Rizzoli 2018


ILLUSTRATI PER MEDI (dagli 8 anni)

"Chi ha conosciuto Jacominus in età avanzata (ovvero da vecchio) fatica a credere che anche lui sia stato piccolo.
Invece Jacominus era proprio un piccoletto.
E al tempo era difficile capire che cosa sarebbe diventato, immaginare che carattere avrebbe avuto.
C'era però una cosa che si poteva notare fin da allora: Jacominus aveva spesso la testa fra le nuvole."

Probabilmente dipese dal fatto che anche quella volta si era distratto, quando gli capitò di fare un capitombolo da nulla e la rumorosa caduta da quei quattro scalini rese la sua gamba 'stramba'.
Per tutta la vita lo accompagnò una gruccia. 



Non per questo la sua vita fu meno piena di vita.
Studiò sodo, ebbe un bel gruppo di amici e quando fu il momento partì anche per fare il soldato. E combatté.
Si innamorò della persona giusta, Dolce Vidocq, che poi sposò e con cui mise su famiglia. I suoi tre bambini furono una gioia e gli riempirono l'esistenza. 


A sua moglie volle un gran bene e lei ne volle a lui.
Jacominus era circondato dall'affetto dei suoi cari, in primis la sua nonna, che in lui credette fin dal primo istante che lo vide in culla e che lo spronò ad andare sempre avanti nella buona come nella cattiva sorte.
Jacominus andava alla propria velocità, che era sempre almeno un passo indietro agli altri, ma non si fermava. Jacominus parlava poco, ma conosceva tantissime lingue. Amava lo sport, ma non lo praticava.

 

Leggeva molti libri e coltivava molti sogni. Conobbe la felicità e anche la tristezza. Ed è per questo che spesso lo si poteva vedere lì a pensare, come un filosofo.
Questa è la storia della sua vita. Della sua vita piena che è valsa la pena vivere.

Come di norma, i libri concepiti di Rebecca Dautremer sono degli oggetti complessi che prevedono letture complesse e di conseguenza pubblici complessi, o per meglio dire, variegati.
Intorno ai suoi grandi libri ci saranno bambini e bambine, ma anche persone grandi. E questi ultimi non solo nel loro ruolo di mediatori, o di voci narranti, ma chiamati dentro direttamente a godersi la storia e a ragionare delle questioni che solleva e a riconoscere i mille riferimenti all'arte dei grandi maestri da Bruegel ai vedutisti del Settecento. Nella breve prefazione è la stessa R.D. a volere anche loro intorno a Jacominus. Se non altro perché anche loro, dall'alto della loro età, avranno da dire sul tema dell'esistenza.
Quella che Erlbruch con felice sintesi chiama La grande domanda. Perciò, la presenza degli adulti non è solo necessaria per traghettare i piccoli nei passaggi più difficili, ma anche per fare tesoro della filosofia di vita di questo piccolo coniglio.
Tanto le parole, riunite in blocchi di testo incorniciati al centro di grandi fogli bianchi, quanto le tavole che a questi ultimi si alternano, e che sono una gioia per lo sguardo che corre sulla sua sgargiante paletta di colori e lungo le sue figure sempre lievemente distorte, come se inquadrate in un grandangolo, attraversano l'esistenza di Jacominus, perno intorno al quale ruotano i suoi affetti. Perfettamente illustrati ed elencati in utili tavole mute che aprono e chiudono il libro.


Le bellezze di quest'opera sono varie. A parte una qualità estetica che le va ancora una volta ascritta, alla Dautremer, a parte la riconferma di quella cifra che la rende unica, se confrontata con le molte sue imitazioni, nella creazione di spazi infiniti e nel contempo di dettagli da stampa di fine Ottocento a fotografie seppia. 


A parte tutto questo, l'aspetto che pare di massimo interesse è proprio la storia in sé: quella di un coniglio zoppo e della sua ricerca di un posto nel mondo, del suo impegno per dare un senso alla propria permanenza su questo pianeta.
Il punto di partenza è un vero e proprio macigno, che in mano di altri confermerebbe tutta la sua pesantezza di retorica e buon senso. Con la Dautremer decolla immediatamente con grazia, ancora prima di essere arrivata al frontespizio, e non accenna a prendere terra, se non per seppellire il vecchio e soddisfatto Jacominus:
"ti starai chiedendo che cosa significa Il libro delle ore felici. Visto che mi ci trovo, ti rispondo subito: è un modo poetico e raffinato di parlare della vita di qualcuno. E raffinato, in questo caso, significa che ho usato molte parole difficili, come Il Libro delle ore felici, per esprimere qualche cosa di semplice, come la vita." Nell'ipotesi in cui le grandi domande dovessero moltiplicarsi, solo in quel caso la Dautremer paventa di nascondersi dietro due colpetti di tosse e si allontana con il pretesto di un altro lavoro da concludere. 



A chi resta restano le domande, come è giusto che sia davanti a ogni buon libro.

Carla

lunedì 25 febbraio 2019

FAMMI UNA DOMANDA!


LALALA, O DELLA MUSICA


Dopo essersi cimentati con il complesso tema del tempo,Giancarlo Ascari e Pia Valentinis ci propongono un nuovo viaggio, questa volta al ritmo mutevole della musica.
‘LaLaLa! Musica tra le righe’, pubblicato anche questo da Franco Cosimo Panini, è un viaggio attraverso i secoli e i continenti per raccontare il suono e la musica sotto molteplici angolazioni: c’è ovviamente un accenno storico, che cede subito il passo alle curiosità sugli strumenti più inconsueti, alla descrizione dei canti animali, dei suoni naturali, alle strane mescolanze di sonorità che possono crearsi, cosi come nella vita vera, anche in un concerto.
Si continua parlando della più grande distinzione, con opposti eserciti schierati: la ‘musica classica’ e le ‘canzonette’, ma sono categorie, soprattutto la seconda, assai labili e quindi eccoci ascoltare le diverse melodie e i diversi ritmi di musica rock, blues, punk, disco, rap e così continuando di distinzione in distinzione. E si arriva al limite della non musica, o della musica del silenzio.


Se ci sono, dunque, sperimentazioni ardite che mettono in discussione armonie e strumenti, c’è anche un uso popolare della musica: nelle marce, negli inni, nei canti di lotta, o nei jingle che accompagnano le pubblicità.
C’è la musica ricca, che fa vendere milioni di dischi, e la musica gratuita, che si ascolta per strada; la musica ascoltata nelle sale da concerto e la musica scaricata illegalmente.
C’è la musica lirica, con i suoi riti e le sue leggende; c’è la musica che accompagna i balletti.


Un mondo pieno di suoni, di storie, di famosi musicisti e di musicisti di strada, strumenti stravaganti o preziosissimi, tutto raccontato con grande capacità di sintesi, possibile solo con l’uso delle immagini che accompagnano, spiegano, raccontano quello che il testo accenna.
Se siamo circondati da suoni, gradevoli e no, questo libro vuole costruire una specie di mappa, in cui i giovani lettori e lettrici possono trovare nozioni e suggestioni.
Ma non troveranno approfondimenti, che so, sulla storia degli strumenti o sulle notazioni musicali; anche i grandi compositori, o gli artisti della musica più popolare, sono citati incidentalmente all’interno della nutrita casistica di aneddoti, raccontati con ironia.


Dunque un testo stimolante, adatto a lettrici e lettori a partire dagli otto anni, impaginato con cura e sostenuto da immagini dai colori vivaci, il segno netto, alcune vicine al fumetto, altre no. La cura del dettaglio si affianca ad un pizzico d’ironia, in un racconto per immagini garbato ed elegante.
E’ un bel libro, ben pensato e realizzato con attenzione ai particolari, è sicuramente un piacere sfogliarlo, riconoscendo, qui e là, storie conosciute, ritratti e citazioni.
C’è solo una mia piccola perplessità, su ciò che una mente bambina in questo vivace caleidoscopio di immagini e suggestioni, possa trattenere. Ma è davvero un dubbio piccino che si perde nel mare di suoni e colori.
Eleonora

“LALALA! Musica tra le righe”, G. Ascari e P. Valentinis, Franco Cosimo Panini 2018



venerdì 22 febbraio 2019

OLTRE IL CONFINE (libri dall'estero)


MENTIRE CON ONESTÀ

BILLY TWITTERS and his BLUE WHALE PROBLEM
Mac Barnett, Adam Rex
Disney * Hyperion 2009


ILLUSTRATI

"Mom says: '...Billy Twitters, clean up your room, or we're buying you a blue whale.'
She says: 'Billy, brush your teeth. Billy finish your baked peas... or we're buying you a blue whale.'
But I'm not worried. I know a thing or two about blue whales. I mean, they're the biggest animals in the world, ever. It's not like you can just have one delivered to your house overnight."

Mai fidarsi delle apparenze e sempre credere alle madri. La balena arriva overnight, consegnata da FedUp e per Billy nulla è più come prima. 


La balena che blocca la porta di casa sua gli appartiene ed è sua responsabilità tenerla sempre con sé e accudirla. Billy, come può, la trascina con la sua bici su per le salite di San Francisco, la porta in classe per la gioia del suo maestro che ne parla diffusamente, invece di proiettare il promesso film western. I suoi compagni lo trovano un animale da compagnia insolito che certamente non semplifica i rapporti tra loro. Con la balena al seguito, gli è preclusa la festa a casa di Alexis e, come se non bastasse, la sua presenza alimenta un bel po' di polemiche su che cosa sia in grado o meno di fare se messa a confronto con un dinosauro.


Ma i guai per Billy non sono finiti: a casa lo aspetta il Manuale del padrone di Balenottera azzurra in cui sono riportate con dovizia di dettagli le istruzioni per lavarla e per nutrirla.
Alla fine della giornata Billy è stremato e mentre è lì che butta secchi di acqua di mare e krill nella grande bocca del cetaceo, gli balena (ops) una meravigliosa idea...In fondo (ops), è sotto i suoi occhi la soluzione per sfuggire ai problemi provocati da una balenottera azzurra...

Questo è il primo libro che Mac Barnett ha scritto ed è già un manifesto di quello che è il suo modo di concepire le storie che racconta.
E, mi si permetta di aggiungere, di quello che dovrebbe essere per molti il modo preferibile per farlo.
Le sue idee sono molto chiare, fin da subito.
Metterle in sequenza può essere illuminante non solo per capire come lavora questo autore, ma per usarle come canone.
O quanto meno per utilizzarle come criterio di valutazione.
Si può partire da una constatazione di carattere più generale che riguarda l'arte e che può essere declinata anche nei confronti dell'arte dello scrivere.
L'arte, e quindi anche il concepire e raccontare storie, ha molto a che fare con la menzogna e anche molto con la verità.
Nessuno può opinare. 
 

Picasso sosteneva, è lo stesso Barnett a ricordarlo: 'Sappiamo tutti che l'arte non è verità. Ma l'arte è una bugia che ci fa capire la verità, o almeno la verità che ci è concesso capire. L'artista deve conoscere il modo in cui convincere gli altri alla veridicità delle sue bugie.'
In sostanza l'arte è portatrice di menzogna ma anche di verità perché chi gli si pone davanti sa di vedere in essa una finzione, ma sa anche che a quella finzione crederà. Si potrebbe definire tale posizione, con le parole di Coleridge: fede poetica o sospensione temporanea dell' incredulità.
Tutti la esercitiamo, ma è l'infanzia che più di qualsiasi altra categoria umana la padroneggia.
Per questo motivo Mac Barnett decide che è l'infanzia quella a cui vuole rivolgersi.
Mentire ai bambini diventa il suo mestiere; raccontare bugie, honest lies!
La sua consapevolezza, la sua lucidità nel dichiararlo (a sentirlo, non parrebbe nel solco del politically correct) è segno di chiarezza di intenti, di onestà intellettuale e di un bel po' di coraggio. Doti che gli vanno riconosciute.
La seconda grande questione sta nelle modalità. Barnett, sono ancora sue le parole, preferisce farlo facendo irrompere la finzione, o se si preferisce la meraviglia, o altrimenti la bugia, nella realtà, ovvero nella verità. 


Ed ecco che la madre esasperata di un bambino disordinato gli promette più volte una balena. Nella verosimiglianza di un appartamento di San Francisco, recapitata da un corriere altrettanto verosimile arriva la bugia: una balena. La meraviglia dilaga e travolge, nel vero senso della parola, la realtà di una strada di quella città, di una classe di bambini autentici che come tali si comportano e si rapportano nei confronti della finzione, rappresentata dal cetaceo tra i banchi.
Come se questo non fosse bastante, Mac Barnett rilancia come un vero gambler. Nel corso del libro, della balenottera azzurra dà informazioni assolutamente fededegne, come pure dei dinosauri che sono oggetto di discussione in classe. In tal modo a quei bambini che stavano per dirgli 'ma non la sparare così grossa', lui replica 'ma io non sto scherzando'. 
E, come per incanto, il lettore c'è, felicemente, ancora una volta dentro fino al collo.




Carla

Noterella al margine. Del colpo finale che Mac Barnett proprio in questo libro sferra ai suoi giovani lettori, non parlo qui, ma tutti sanno che è uno dei cardini dei miei corsi di formazione.

mercoledì 20 febbraio 2019

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


UNA IDEA DIVERSA DI EROISMO


Dopo il fortunato, e contestato, successo delle ‘Storie della buonanotte per bambine ribelli’ si è aperta la diga che evidentemente ha impedito negli anni passati che si scrivesse di biografie di donne valorose, o anche solo importanti. Sono comparsi emuli e imitatori, sono nate intere collane che nell’editoria per ragazze e ragazzi trattano di biografie di personaggi illustri. Se ci siamo sentiti tutti saturati da questo genere di letture, è vero anche che finalmente alle bambine e ragazzine si è regalato qualcosa di diverso dalle storie di ballerine e principesse, declinate in tutta la gamma del rosa.
Quindi, appena arrivata in libreria la nuova impresa di Michela Murgia, ‘Noi siamo tempesta. Tanti. Insieme. Diversi’ pubblicata da Salani, ho pensato davvero di dovermi sobbarcare la tediosa lettura di biografie ‘altre’.
E invece no: sia per la qualità della scrittura della Murgia che, nell’essere sintetica quanto necessario, riesce a essere sempre limpida nella sua esposizione, mai retorica, mai banale; sia per la scelta degli episodi raccontati, alcuni prevedibili, altri assolutamente no, questo libro, pur nella scia dei già citati casi editoriali, si presenta con un approccio del tutto originale.


La scelta di campo operata dall’autrice è quella di raccontare le vittorie che derivano dall’essere insieme, dal vivere una dimensione collettiva, in contrapposizione a quelle narrazioni, assolutamente prevalenti, che parlano di eroi ed eroine che da soli affrontano il pericolo e salvano il mondo.
Qui, invece, si parla di solidarietà e di collettività capaci di affrontare le situazioni difficili proprio in virtù dell’essere insieme.
In realtà questi episodi andrebbero raccontati tutti, perché riportano alla memoria episodi dimenticati, o affatto conosciuti e che, raccontati così, assumono tutto un altro valore: si va dalla battaglia delle Termopili, che diventa un episodio di eroismo collettivo, nato da una società militarista come quella di Sparta; all’istallazione di Maria Lai nel paese di Ulassai, che finalmente è riuscito a sentirsi comunità. Dalla solidarietà delle nonne di Plaza de Mayo, che hanno combattuto strenuamente contro la dittatura argentina nel nome di figlie e figli, e nipoti, scomparsi; alle streghe della notte, le aviatrici sovietiche che costituivano un corpo speciale durante la seconda guerra mondiale. Dalle bambine e bambini di una scuola elementare che si sono fatti tagliare a zero i capelli per solidarietà con una compagna di classe malata di tumore; al gruppo di omosessuali, o presunti tali, confinati dal regime fascista nelle isole Tremiti.


Dunque tematiche diverse, raccontate con semplicità e spiegate con una breve nota storica alla fine di ciascun episodio, diversi tipi di ‘eroismo’ o forse più che di eroismo dovremmo parlare di quel tipo di forza che viene fuori dall’essere insieme.
C’è molta materia per discutere in classe, c’è molto da dire sia sugli episodi lontani nel tempo che in quelli della nostra triste contemporaneità, come quelli che raccontano la fortunata avventura dell’Orchestra di Piazza Vittorio o come il gruppo di audaci che hanno messo in mare, contro tutti i divieti, un cargo per salvare migranti, la Mediterranea Saving Humans. E poi l’incredibile storia della Stazione Zoologica di Napoli, e la macchina di Turing e così continuando.
Sono certa che qualcuno o qualcuna ravviserà una sorta di furbizia in questa operazione editoriale, che si inserisce in un filone finora fortunato, ma credo che il messaggio che il libro contiene abbia senso e rivesta anche una grande importanza, proprio perché i ragazzi e le ragazze di oggi faticano a pensarsi come soggetto collettivo, ed è un gran male, per loro e per noi.
Va anche detto che il libro ha una bella impaginazione e immagini che accompagnano il testo con efficacia, grazie al lavoro dello studio grafico The world of Dot e alla partecipazione di Paolo Bacilieri, che racconta la storia delle Streghe della notte in un bel fumetto.
Mi sembra una bella lettura per lettrici e lettori a partire dagli otto anni, ma che consiglierei vivamente a genitori e insegnanti.

Eleonora

“Noi siamo tempesta. Tanti. Insieme. Diversi”, M. Murgia, Salani 2019


lunedì 18 febbraio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

TOK! TOK! TOK!

Cicala, Shaun Tan (trad. Marco Ruffo Bernardini)
Tunué 2018


ILLUSTRATI

"Cicala in alto edificio lavora.
Immissione dati. Diciassette anni.
Malattie: mai. Errori: mai.
Tok! Tok! Tok!

Diciassette anni. Promozioni: niente.
Risorse umane dice: Cicala non umana.
Risorse: niente.
Tok! Tok! Tok!"



Cicala non ha a disposizione neanche il bagno. Deve fare dodici isolati verso il centro e il tempo usato gli è detratto dalla busta paga. Nell'ufficio dove Cicala lavora, cellette in muratura senza soffitto, i colleghi umani non portano a termine mai il lavoro e tocca a lei farlo. Non la amano, anzi la disprezzano. Il suo stipendio non le basta per pagare l'affitto di un appartamento, così vive nell'intercapedine di un muro di quello stesso ufficio, senza che la Compagnia lo sappia. Ovviamente. Dopo diciassette anni passati così, arriva la pensione: niente festa solo l'ordine di lasciare libero il suo posto. Senza lavoro, senza soldi, senza casa a cicala non resta che il tetto di un edificio abbastanza alto.
È arrivato il momento di dire addio a tutto questo...


Sull'angolo del cornicione Cicala guarda in avanti. E poi da quel grigio diffuso che è stata la sua esistenza fino a quel momento, Cicala muta. Da insetto con sei zampine, tre per lato, chiuse in una camicia bianca e in un completo grigio, atte solo a scavare e diteggiare su una tastiera, sul suo dorso spaccato e pieno di luce 'interiore' tira fuori finalmente il suo corpo nuovo e alato.
Altro che suicidio. Metamorfosi e rinascita a una vita libera. Non prima però di aver rivolto un ultimo pensiero agli Umani. 
No, non un pensiero, una risata.

Sarà una risata che vi seppellirà: 1905 fotografia dell'arresto di un anarcosindacalista a Parigi durante uno sciopero. Lo sghignazzo della classe operaia. 


A braccia aperte, ride. Con la sua camicia bianca in primo piano, tenuto per la giacca da due poliziotti, l'operaio viene avanti con sicurezza e ride, trascinandosi dietro la macchia scura dei due gendarmi in uniforme.
Pronunciata probabilmente da Bakunin alla fine dell'Ottocento, attraversa il pensiero anarchico ed è poi ripresa nel Sessantotto e scritta sui muri nel Settantasette, è la frase che si legge sotto questa foto (diventata poi un manifesto).
Quella risata diventa simbolo, estremo e infallibile.
È lo sberleffo di chi si sente fino all'ultimo libero nei confronti di ogni potere.
In questa direzione, la risata di Cicala, e di tutte le cicale che nella foresta cantano, è il simbolo della libertà nei confronti dell'oppressione.


Shaun Tan vola, è il caso di dirlo, sempre altissimo.
In un libro di poche pagine, in una rapida sequenza di frasi compresse crea un'icona di enorme potenza. Ed è lo stesso Tan a dirci che tanto del suo lavoro intorno a Cicala è stato quello di togliere, togliere, togliere. Per arrivare a mettere su carta solo il necessario. Infatti Cicala è immediatamente un'icona.
Da qualsiasi punto si voglia partire per ragionarci intorno, si trovano agganci che ne consolidano il senso e lo status di simbolo.
Uno. La cicala, animale che per eccellenza rappresenta la pigrizia, qui è lavoratore instancabile. Con riscatto finale.
Shaun Tan non ha paura di affondare le mani nel mito, nella favola di sempre, per darne una sua lettura e spiegazione originale.
Sarà difficile, da adesso in poi, d'estate, tra le cicale che friniscono, non andare con il pensiero alla sua Cicala libera e in pensione. E sarà difficile non sentirsi, con le dovute proporzioni, presi in giro come membri di quella stessa umanità che le libere cicale irridono.
Due. Il suo essere insetto chiuso in un abito umano e stritolato da una vita asfittica, fatta di ingranaggi in sequenza e la sua metamorfosi (al contrario) a mio parere ha il 'profumo' di Kafka. Kafkiana è la situazione, Kafkiana è la trasformazione, kafkiano il suo vivere al margine, il suo essere sempre a un passo dalla sua distruzione da parte del sistema, dal potere. Ma se kafkiano è lo spunto, molto più universale è la sua lettura del personaggio Cicala. È all'istante simbolo, icona, di tutti coloro che vivono lontano dai coni di luce, che sono laterali rispetto al mainstream, che vivono nell'ombra - 'nelle intercapedini' della vita sociale. Sono moltissimi i dettagli che si colgono nei disegni che a questo genere di persone e situazioni alludono.


Tre. Il linguaggio. È sincopato e anomalo. Per almeno due ragioni: da un lato dà voce a una relazione di tipo meccanico, molto più che interpersonale tra Cicala e Uomini. Dall'altro, ed è agghiacciante sentire la propria voce leggerlo, è la lingua dello straniero. Di colui che ha un vocabolario limitato e quindi limitante, in cui si perde ogni sfumatura (la bellezza delle lingue) per rimanere attaccato a un codice arido quanto disperato per arrivare a essere capito. Questo discorso andrebbe ampliato ben di più, perché necessariamente richiama lo straniamento su cui Tan tante volte, dall'Approdo in poi, torna a ragionare. Muoversi in un contesto estraneo, di cui non si conoscono (o riconoscono) forme, ritmi, tempi, luoghi e linguaggi, non è forse il fiume carsico che attraversa The Arrival?


Quattro (legato indissolubilmente al tre). L'appartenenza. Cicala è un'anomalia: un Insetto in un mondo di Umani. È diverso e come tale va trattato. Non a caso spesso Tan ragiona sull'invasione del pianeta da parte di creature 'diverse'. Uno per tutti: Rabbits. In questo senso, lui crea una sorta di immagine distorta di una umanità autoreferenziale, per mettere sul piatto la questione. Ognuno sarà libero di trovare le proprie risposte, ammesso che ci siano. Questa è la prova regina che siamo di fronte a un gran libro. 
And last but least, cinque. Il nesso fortissimo con il reale comportamento in natura delle cicale: la loro muta avviene in occasione della maturità (o della pensione). Con le due zampe anteriori adatte allo scavo del terreno (o alla tastiera di un computer) escono dal suolo (o dall'ufficio) e cercano un albero (o un alto edificio) dove arrampicarsi ed effettuare la muta. Lasciano definitivamente l'involucro ninfale e, dopo qualche ora, sono pronte per il primo volo. E la prima risata.


Carla


Noterella al margine. Come spesso accade, Shaun Tan anche per Cicala ha ricreato 'in vitro' dei piccoli scenari entro cui fa muovere il personaggio principale (un modellino tridimensionale e modificabile nei gesti), lo ha fotografato come se fosse su un set per studiarne l'incidenza della luce, e quindi ha usato le foto per la realizzazione delle tavole definitive. 



Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

venerdì 15 febbraio 2019

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


IMPERFETTA


Questo è un libro sorprendente. ‘Imperfetta’, di Andrea Dorfman, pubblicato da Einaudi Ragazzi, è una breve graphic novel che racconta alcuni aspetti importanti della vita dell’autrice, partendo dal suo grande amore, il chirurgo plastico Dave.
Andrea e Dave si sono conosciuti molto giovani ed è nata subito un’attrazione profonda, minata da una contraddizione che parrebbe insensata: Andrea, la protagonista, è inchiodata alla sensazione della propria imperfezione legata a un naso troppo grande; Dave è una persona che per lavoro queste imperfezioni le elimina. L’atteggiamento di Andrea è contraddittorio, è giusto accettarsi per come si è, quando magari intorno ci sono persone all’apparenza perfette? Andrea ci racconta la storia del rapporto con il suo naso, da quando era bambina e magari qualcuno la prendeva in giro a quando, più o meno alle medie, acquisisce all’improvviso consapevolezza di quanto l’aspetto sia importante: e allora tutto, dai capelli arruffati ai brufoli, diventa importante e decisivo nel dare un senso a una giornata. Una reazione facile è quella di fingere che nulla di tutto questo sia importante. Ma la sensazione di inadeguatezza resta.


C’è questo intreccio di non detti: lei non riesce ad ammettere quanto le pesi il suo aspetto fisico e non riesce a dire a Dave quanto proprio la sua professione la imbarazzi. Per uscire fuori da questa impasse Andrea e Dave affrontano insieme una singolare prova di coraggio: raccontarsi qualcosa di estremamente intimo, che li rende vulnerabili.
La graphic novel tratta dal film d’animazione ‘Flawed’, centra un problema fra i più difficili da affrontare nell’adolescenza e ancor prima, quando si hanno ancora meno strumenti per valutare le proprie risorse e i propri limiti.
E quanto l’aspetto fisico, che fra i dodici e i quindici anni regala momenti di assoluta angoscia a ragazze e ragazzi, con i brufoli, il seno che comincia a mostrarsi, i baffetti, le voci che cambiano, sia determinante, al di là di tutto quello che i genitori proclamano, è cosa acclarata.
Come fa un’adolescente, come nel nostro caso Andrea, che scopre con dolore la propria inadeguatezza rispetto a un modello estetico dominante, che vuole le ragazzine come piccole donne perfette, a uscire viva da questo travaglio?


Dove sono le radici dell’autostima, dell’accettazione di sé ? Discorso quanto mai complesso che in questi anni è stato spesso affrontato nella saggistica psicologica. In questa graphic novel, che riesce a mantenere un invidiabile equilibro, sostenuto dalla garbata ironia dell’autrice, la soluzione appare semplice: non solo accettare le proprie imperfezioni, ma anche le ansie a esse connesse. E, possiamo anche dirlo, avere vicini buoni amici e un bel rapporto d’amore può aiutare moltissimo.
La scelta della Einaudi Ragazzi di pubblicare questa graphic novel individua automaticamente un target preciso, le ragazzine e i ragazzini delle scuole medie, anche se il testo è godibilissimo anche per lettrici e lettori decisamente più grandi; mi sembra un’operazione editoriale coraggiosa e giusta, che coglie nel segno di una delle caratteristiche più vistose dei tempi correnti: l’idolatria dell’immagine, l’assoggettamento di tante e di tanti a cliché sfornati dagli ‘influencer’ e dall’esercito di abili pubblicitari, al servizio delle società di marketing.
Ma nello stesso tempo è una storia semplice, raccontata con garbo e con una moderata dose di ottimismo.
Buona lettura

Eleonora

“Imperfetta”, A. Dorfman, Einaudi Ragazzi 2019

mercoledì 13 febbraio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


'ASPETTATI L'INASPETTATO'

Sono papà Schnapp e queste sono le controstorie che preferisco, Tomi Ungerer
(trad. Franziska Peltenburg-Brechneff)
Edizioni Clichy 2018


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Un giorno papà Schnapp ha sentito parlare di un divano molto famelico che apparteneva a un certo signor Mulk.
'Se ne potrebbe trarre una meravigliosa controstoria!' ha pensato.
Quella stessa sera Papà Schnapp ha fatto visita al signor Mulk. E da allora nessuno lo ha più visto."

Maledetto di un divano, lo ha davvero fatto. Per la precisione il 9 febbraio.
E così questa diventa sul serio l'ultima controstoria di Ungerer.
Solo per dire che quel maledetto divano lo ha mangiato veramente a papà Schnapp e che dopo 87 anni bellissimi passati sapendolo sullo stesso pianeta dove vivo anche io, ora mi rendo conto che non è più così.
E mi dispiace tanto.
Di Tomi Ungerer cosa resta dopo che il divano del signor Mulk lo ha fagocitato?


In questi giorni, per circostanza, la sua bella facciona piena di rughe, il suo sorriso a denti storti, il suo candore di sguardo e di capelli. Un sorriso luminoso rivolto a tutti.
E da domani?
Le sue storie. I suoi disegni. Il bianco della pagina come suo habitat ideale. I personaggi pieni carattere. La sua visione del mondo, così netta. Il suo sguardo ironico. Il suo gusto per il mondo capovolto, assurdo. Il suo essere un classico al di là di ogni tempo e di ogni spazio. La sua tenerezza, come pure la sua scabrosità, la sua cattiveria capace di fermarsi un attimo prima di diventare crudeltà. 


Ironia del destino, questo è l'ultimo libro a sua firma pubblicato in Italia, ed è quello che, proprio per come è concepito, contiene diverse tracce del suo percorso artistico.
Non è certo il libro migliore che ha fatto, ma nella sua struttura non propriamente narrativa, nel suo essere composto per bozzetti, è mappa di orientamento di un'intera carriera.


Sono Papà Schnapp è di fatto una galleria di personaggi osservati da una certa distanza e raccontati in un pugno di righe. Ciascuno di loro indossa 'abiti' che calzano a pennello, perché confezionati da un sarto d'eccezione.
E' cosa nota che l'abilità di chi cuce diventi maestria nel dettaglio. Binomi perfetti sono i nomi con i personaggi, se possibile potenziati nella traduzione di Franziska Peltenburg-Brechneff: Coniglio Cazzaniga, i coniugi Picchioli, il conte Lonza, i fratelli Terremoto - Tromba-Trombetta-Trombone-Trombosi - il signor Cavoltubero e i signori Limpido, lui cieco e lei zoppa.
Il bianco del foglio, il suo luogo ideale: dominatore a tal punto del canone classico nella pagina incorniciata, da permettersi spesso e volentieri, diverse trasgressioni sul tema, dettate dall'ironia, da cui non si separa mai. Maestro nel colore (quel nero...).
Nel fatto che si tratti di controstorie, si individua un altro carattere distintivo: in quel 'contro' c'è la Weltanschauung di Ungerer: in senso politico, sociale, umano. Dietro una parvenza di ordine, di normalità e di comprensibilità delle cose, traspare la vena anarchica, sovversiva che da sempre attraversa le sue storie. Trasgressivo per vocazione, ha sempre avuto come motto personale 'Aspettati l'inaspettato'.


Il gusto per il ribaltamento, per l'assurdo lo ha sempre messo in naturale comunicazione con i piccoli e certa passione per il doppio senso, per il perturbante invece lo ha reso caro ai grandi. Questo doppio codice comunicativo negli Stati Uniti, alla fine degli anni Sessanta, ha segnato una battuta d'arresto nella sua carriera di autore per l'infanzia, che però non gli ha impedito di vincere l'Andersen nel 1998 e di rimanere quell'autore magnifico che è.
Detto questo, non smettiamo di essere tristi nel profondo.



Carla