venerdì 29 marzo 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

EDIMBURGO MISTERIOSA


Se c’è qualcosa che ho apprezzato particolarmente nel nuovo romanzo di Elle McNicoll, ‘Come un incantesimo’, pubblicato recentemente da Uovonero, è la scelta di presentare la giovane protagonista, neuro divergente, come un personaggio pieno di asperità, tutt’altro che accattivante. Questa è una scelta coraggiosa, che non coinvolge la lettrice e il lettore in un approccio empatico, al contrario costringe tutti a riflettere su cosa significhi essere ‘diversi’.
Naturalmente il personaggio di Ramya Knox compie un necessario arco narrativo che la porterà a vestire il ruolo di eroina nello scontro titanico contro le oscure creature che complottano nella Edimburgo più misteriosa che si sia mai letta.
Ma veniamo alla trama: Ramya è una ragazzina disprassica, sostanzialmente ha gravi difficoltà nel gestire i propri movimenti; per questo motivo nella scuola, che frequenta insieme al cugino Marley, deve seguire degli odiatissimi corsi particolari, che dovrebbero insegnarle a essere più ‘normale’.
A scuola la raggiunge la notizia della morte del nonno, cui era legata da un sentimento profondo e che non aveva più avuto occasione di frequentare a partire dalle festività natalizie di sette anni prima. In quell’occasione, c’era stato uno sgradevole episodio con una degli invitati e da quel momento i genitori di Ramya avevano imposto la rottura di ogni rapporto con il nonno. I suoi funerali sono l’occasione di una riunione di famiglia, in cui sono presenti anche le zie, Opal e Leanna, oltre alla nonna.
La ragazzina, che si sente sempre più sola e isolata nella sua stessa famiglia, riceve dal nonno in eredità un libro dalle pagine bianche, in cui lei dovrà scrivere la verità sul Popolo Nascosto. Ramya, infatti, ha un dono, riesce a vedere oltre il Glamour, lo schermo che gli ‘altri’ abitanti della città di Edimburgo frappongono per non farsi vedere dai ‘normali’.
Comincia in questo modo un’avventura, che coinvolge il cugino Marley, alla scoperta del mondo sotterraneo della città scozzese. Si tratta di un mondo complesso, in cui compaiono esseri di tutti i tipi, dai troll alle fate, dai vampiri alle sirene, solamente che non sono come la tradizione vuole. Fate e sirene, per esempio, sono crudeli manipolatrici di esseri umani, perché crescono e prosperano nel conflitto e nella rabbia. Il viaggio di Ramya, dunque, diventa sempre più una lotta contro il male che si annida nel mondo di sopra e, ancor di più, nel mondo di sotto.
Il tema della diversità viene quindi declinato utilizzando i registri del fantasy, fondato su magia e avventura, ma anche raccontando la concretissima vita quotidiana della protagonista, registrandone la solitudine, la rabbia, mai la rassegnazione. Un personaggio resiliente, che ama la moda e l’acqua in tutte le sue manifestazioni.
Il racconto si snoda attraverso un susseguirsi di colpi di scena, che è impossibile svelare; il ritmo sostenuto, la varietà di personaggi umani e non umani, il ricorso via via crescente alla magia rendono il romanzo adatto per lettrici e lettori di almeno undici anni. Consiglio la lettura a chi ama il fantasy e a chi apprezza punti di vista divergenti sul mondo.

Eleonora

“Come un incantesimo”, E. McNicoll, Uovonero 2024





mercoledì 27 marzo 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

VEDERE CHIARAMENTE L'IMPOSSIBILE 

Il tuo nido, il mondo, Carl Norac, Anne Herbauts (trad. Silvia Vecchini) 
Topipittori 2023 


POESIA ILLUSTRATA 

"Quando gli alberi danzano, dicono sia il vento. 
A volte, tuttavia, gli alberi chiedono al vento 
di far finta di soffiare, 
senza muovere niente. 
La bocca del vento imita così bene i rumori. 
Allora gli alberi danzano da soli, si piegano verso i sentieri 
si toccano ramo a ramo. E, se si mettono pure a cantare, 
si dirà ancora che è il vento. 
La sua bocca imita così bene i rumori. 
Del resto, ti confido un segreto, 
ciò che il vento preferisce, in mezzo al bosco, 
è cantare come un albero." 

Questo è Quello che devi sapere sugli alberi. Poi ci sono anche un po' di cose che devi sapere sui libri di poesia, sui libri di poesia con le figure intorno, sopra e sotto e anche un po' in mezzo. 
La prima cosa che devi sapere è che i libri di poesia sono di tutti. E non devi pensare che se hanno le figure sono solo i bambini quelli a cui piacerà. 
La seconda cosa che devi sapere è che la poesia fa un po' come gli alberi: dice una cosa, ma in realtà ne fa altre cento. 
Cerco di spiegarmi: la prima cosa che la poesia fa, e lo fa senza parere, è quella di suonare. A scuola si impara che le parole servono per raccontare, per farsi capire. Ed è vero, ma le parole che sono nelle poesie prima di tutto vanno messe in fila in un certo modo, e solo in quello, perché possano suonare. 
In realtà la poesia la seconda cosa che fa è quella di disegnarsi diversa dalle solite pagine scritte. Non usa tutto il bianco del foglio: scende a capo non per consunzione dello spazio, ma per volontà precisa. 


E poi ancora le parole che sono nelle poesie hanno la capacità di farti vedere cose che forse non ci sono, oppure di farti vedere cose come non le avevi mai viste. La poesia fa vedere chiaramente l'impossibile. 
E ancora le parole che sono nelle poesie sono così potenti che non può non credergli e tutto quello che ti dicono, con quel loro modo di essere poche e sempre giuste, diventa subito vero. 
Cerco di spiegarmi: dopo aver letto questa poesia sugli alberi e il vento, come fai a camminare in un boschetto con il vento che soffia e sposta le punte e non pensare che vento e alberi ti stanno prendendo in giro. Le cose stanno andando ben diversamente: il vento fa solo il suo rumore di vento, mentre gli alberi, che tu credevi inerti, son lì che ballano.


Ecco un'altra cosa che fa la poesia, dice la verità. O per meglio dire, con le sue bugie, il suo impossibile, ci fa capire la verità, o almeno la verità che ci è concesso di capire. Questo è quello che sostiene Picasso a proposito dell'arte. E la poesia non è forse arte per eccellenza? Tutto torna. 
Queste sono solo un pugnetto di ragioni per cui è giusto gioire quando nasce un bel libro di poesia e se poi questo nasce in mezzo ad altri libri per bambini si gioisce doppiamente perché al cento per cento sarà illustrato e ci sono buone probabilità che non galleggerà solo nell'empireo dei libri per pochi, ma finirà tra piccole mani e piccole orecchie molto ben disposte ad accettare la sfida di vedere gli alberi ballare e il vento far l'imitazione di se stesso. 
Io, personalmente, da quando Giusi Quarenghi mi ha detto che potrei essere albero e avere calzoni di legno con le tane nelle tasche, qui uno scoiattolo, qui un nido di picchio che mi fa il solletico, fatico a vedere un albero solo come un albero, e quando metto le mani in tasca mi auguro di trovarci dentro un uovo... (E sulle case il cielo). 
A puro titolo esplicativo metto qui in elenco una decina di buone ragioni concrete, non teoriche, per avere per le mani questo libro. 


1) Ancora prima che tutto cominci a suonare, vale la pena vedere Carl Norac che si infila le scarpe, se le allaccia e, spinto da una farfalla sulla testa, esce di corsa con la sua sciarpa al vento, attraversa un boschetto e poi quelle scarpe se le ritoglie per infilare nell'acqua di un lago prima le dita dei piedi (sarà fredda?) e poi tutto se stesso e godersela tra lontre e pesci. 


2) riuscire a vedere in una goccia di pioggia il sole 3) fare un piacere allo specchio e guardarlo solo per il suo essere specchio. Attenzione, per farlo bisogna mettersi di lato allo specchio medesimo. 4) vedere da lontano Norac che cammina sulla testa di un elefante, o forse è solo una collina? 


5) una poesia che si sente sola, quando si gira pagina e una notte che soffre d'insonnia e un silenzio da confidare 6) il gusto di andare e andare per poi arrivare da se stessi e magari anche incrociarsi, faccia a faccia, e qui Carl Norac quasi si sdoppia... 


7) quando una pulce vi parla di un sasso e lo chiama montagna, dovete crederle 8)non tutti sanno suonare il flauto, e questo davvero vero 9) le chiocciole vanno piano per far rallentare, almeno di un pochino, il mondo 10) le idee hanno bisogno del calduccio che c'è sotto il berretto... 11) nell'acquerello acquoso vedere chiaramente l'impossibile, guardarlo negli occhi direttamente. Questo capitò a una talpa miope che, scavando nella terra, trovò un paio di occhiali smarriti da qualcuno. 

Carla

lunedì 25 marzo 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

LA NOTTE DEI BIPLANI


Esce per I tipi de Il Castoro l’ultimo romanzo di Davide Morosinotto, ‘La notte dei biplani’. In realtà si tratta della radicale riscrittura di un romanzo scritto nel 2011. Di quel romanzo resta l’impianto fantascientifico, che immagina una Storia alternativa: ambientate durante la Prima Guerra Mondiale, entrambe le storie immaginano un precoce sviluppo dell’informatica, lì impiegato nella costruzione di macchine da guerra.
Ma veniamo al romanzo appena uscito, orientato a lettori e lettrici che abbiano almeno dodici anni.
Racconta le vicende di tre amici, di origini diversissime, tutti assistenti dello scienziato e inventore sir Richard Maddox: c’è Arthur, il giovane virgulto della famiglia Maddox, Mary, cameriera presso quella famiglia, e John, minatore, abilissimo meccanico. Sir Richard scompare improvvisamente, non prima, però, di far pervenire a John uno strano Congegno, il cui uso gli è del tutto sconosciuto. Siamo in Cornovaglia, la guerra è ormai iniziata e tanti giovani e giovanissimi vogliono arruolarsi.
Arthur, e Mary, che si traveste da ragazzo, vogliono volare sui biplani, pilotati grazie a un congegno elettronico che connette il cervello dei piloti alla macchina. E i ragazzi, anche se giovanissimi, sono molto più ricercati per l’arruolamento, grazie alla loro duttilità. I congegni elettronici si chiamano BOT, bio-ordinatori-tattici, e provocano danni irreparabili, dopo un certo tempo, al cervello dei piloti, che si stordiscono con un mix di alcol e droga per non sentire il dolore.
Mary viene arruolata come pilota, Arthur invece dovrà guidare dei Carri-BOT, sorta di mezzi cingolati corazzati. Morosinotto, in sintesi, immagina, nel cupo scenario della Grande Guerra, che l’informatica fosse già sviluppata, con i suoi computatori e tutti gli annessi e connessi; e costruisce un armamentario fantascientifico che unisce la reale storia della costruzione di carri armati e altre macchine da guerra all’immaginario dei Trasformer, proprio dei fumetti. Direi particolarmente appropriata la presenza di fumetti che rappresentano al meglio le straordinarie invenzioni narrative, le macchine incredibili, le battaglie aeree.
La trama si incentra nel tentativo di John di salvare tutti i suoi amici, Arthur, Mary e sir Richard, ma per provarci deve necessariamente affrontare una serie di drammatiche avventure al di qua e al di là della Manica: infatti, intorno al Congegno, in suo possesso, si muovono gli interessi degli eserciti in guerra. Nello stesso tempo, la sua famiglia è colpita da diverse tragedie, legate al lavoro in miniera.
Dunque un romanzo dal ritmo serratissimo, con dettagliate scene di battaglie aeree, che sicuramente sarà apprezzato da quei lettori e lettrici che prediligono l’azione, scritto con cura maniacale nella ricostruzioni di storie e d’ambienti; particolarmente efficace l’accurata descrizione della vita dei minatori e delle loro famiglie, dei soldati al fronte, della guerra di trincea: la realtà storica intrecciata all’immaginario fantascientifico.
Forse all’inizio un po’ spiazzante, sarà una bella, emozionante lettura per ragazzi e ragazze che amino scrutare gli orizzonti del possibile.

Eleonora

“La notte dei biplani”, D. Morosinotto, Il Castoro 2024





 

venerdì 22 marzo 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

HITCHCOCK E L'ULTIMA NEVE DI PRIMAVERA  

La preoccupazione di una piccola talpa, Sang-Keun Kim 
(trad. Andrea De Benedittis) 
Kite Edizioni 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

"Imperversava una tempesta di neve. 
 La talpa si sentiva preoccupata. 
Camminava con lo sguardo puntato in avanti, affondando le sue zampette nella neve. 
Era uscita per distrarsi, ma quella preoccupazione non aveva alcuna intenzione di andarsene. 
Non si era nemmeno resa conto che la neve aveva cominciato a depositarsi sulla sua testa. 
- Ma che freddo! 
Solo in quell'istante si accorse di avere il capo ormai completamente sommerso. 
Allora si scrollò la neve di dosso e ci fece una palla." 

Ed è proprio a questo punto che le viene in mente una delle frasi sagge della sua nonna: quando ti senti preoccupato, devi parlarne a voce alta e poi far rotolare una palla di neve... 
E così la piccola talpa si organizza e fa rotolare per un bel tratto di sentiero la sua palla che a ogni giro si ingrossa e travolge tutto quello che trova. La seconda parte del consiglio diceva che parlarne a voce alta delle preoccupazioni fa altrettanto bene e infatti la piccola talpa tira fuori il suo malessere: non avere neanche un amico e intanto la sua palla è diventata è più grande di lui e continua a travolgere tutto ciò che è sul suo tragitto.


La sua giaculatoria a voce alta nel buio della notte va avanti, come faccio senza un amico per tutto l'inverno?, e lo dice spingendo ancora e ancora la palla di neve che imperturbabile continua a travolgere ogni cosa davanti a sé... 
Ormai gigantesca, la palla smette di essere silenziosa: dal suo interno arrivano strani mugolii, voci ovattate.

La sindrome della "seconda prova" mette sul chi vive tutti coloro che avevano considerato già la prima di qualità eccellente. Ma credo che tremino i polsi anche a chi è lì a cercare di superare se stesso.
Questo è per dire che il secondo libro che Sang-Keun Kim sulla sua piccola talpa corre un certo rischio. Rischio inevitabile nel confronto con Il desiderio di una piccola talpa
Viene da chiedersi: questa volta sarà stato altrettanto bravo come aveva dimostrato nel primo libro? 
Va da sé che comunque anche cercare e trovare conferme in in determinato autore, collezionandone i libri prova dopo prova, è sempre una piacevole sensazione. 
L'effetto sorpresa è diminuito per forza, tuttavia subentra quel sottile piacere di incontrare di nuovo quella talpetta con una spruzzatina di neve sul naso che la sensazione diffusa è quella di andare subito a vedere che farà questa volta. 
Sono diverse le costanti che tengono insieme le due storie, a parte l'iconografia. Tutto contribuisce a far sentire il lettore a casa tra vecchi amici: una nonna affettuosa e attenta, tanta neve. Proprio tanta. Che nel primo giorno di primavera fa un bel contrasto. Poi la passionaccia che la piccola talpa dimostra nei confronti della neve e le forme che essa può assumere sotto le sue moffole, dall'altra la sua sconfinata ingenuità. 


Come nella prima sua storia, anche qui la solitudine sembra essere una costante nella sua vita. 
E dal punto di vista più strettamente narrativo, Sang-Keun Kim come mette insieme la struttura che tutto regge? Organizza un bel gioco a contrasto tra quello che disegna e quello che racconta a parole. Quello che in gergo si chiama contrappunto. 
Da una parte c'è la piccola talpa che, come consiglia nonna, declama nel silenzio del bosco, i termini della sua preoccupazione e fa rotolare la sua palla di neve, dall'altro le immagini ci fanno vedere qualcosa di diverso. O meglio, qualcosa in più, di cui piccola talpa non si accorge. 


Il lettore capisce, non immediatamente cosa succede, ma lo percepisce abbastanza presto come una serie di muti testimoni, e quindi comincia a sorridere e poi a ridere, di pari passo con il crescendo delle dimensioni della palla di neve. In sostanza il lettore è l'onnisciente della situazione. 
Così Sang-Keun Kim, un po' come Hitchcock che ci fa vedere le scarpe dell'assassino dietro la tenda, ci fa vedere le diverse parti del corpo dei vari animali travolti. Poi, per trovare il modo di liberare tutta quella brava gente, si inventa le voci ovattate che la talpetta percepisce al momento giusto: un'altra delle sue molteplici belle idee. 
A questo punto il gioco è sostanzialmente risolto, se non fosse che di nuovo mette in scena la talpetta che scava un tunnel nella neve con le sue solite gambette che si moltiplicano come nei fumetti. 


Altra bella idea è fare tutto il percorso a rovescio, ma solo con il testo, mentre i vari animali si palesano piano piano nella massa di neve: orecchie, culetti ecc. in un altro crescendo acrobatico per uscirne tutti insieme, sani e salvi. 
Insomma ognuno di loro, una volta liberato, racconta cosa stava facendo un attimo prima di essere travolto. Così si costruisce una combriccola di altri animali soli che stavano aspettando qualcuno con cui condividere qualcosa: dalla musica al cibo, passando per il gioco solitario. 
Il gran finale, si illumina con il sole che sorge e si riavvolge come in un loop intorno alle palle di neve che vanno fatte quando si ha una preoccupazione a cui pensare. E lì sarebbe stato il momento giusto dove fare silenzio con il testo e lasciar parlare solo il disegno... 
Ma si sa, che la sindrome della "seconda prova" è sempre lì in agguato...



Carla

mercoledì 20 marzo 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

NOVE DETTAGLI E UNA SCOIATTOLA

Agrifoglio, Matthew Cordell (trad. Maria Pia Secciani) 
Edizioni Clichy 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

"'Agrifoglio! Ho bisogno di te' chiama la mamma dalla cucina. 
Oh no, pensa Agrifoglio. Ogni volta che la mamma ha bisogno di lei, le chiede di fare qualcosa di cui Agrifoglio ha paura. 
'Nonna Quercia ha preso una terribile influenza' dice la mamma.
'Questa zuppa l'aiuterà a rimettersi. Puoi portargliela, per favore?' 
Agrifoglio ci pensa un attimo. 
'No, mamma!' dice 'Non posso!' 

La ragione è sempre la solita. Lei è una scoiattola che ha paura di tutto, quindi l'idea di attraversare la foresta di Pungitopo l'atterrisce. Va detto anche che quella foresta spaventerebbe chiunque... 
Ma la mamma è irremovibile: Nonna Quercia è molto malandata e lei non può muoversi di casa perché ha in preparazione un'altra delle sue famose zuppe, per Zia Acero che ha l'orticaria. 


Agrifoglio così, con la ghianda portazuppa perfettamente chiusa, indossa la sua mantellina rossa un po' sdrucita e si mette in cammino. Non prima di aver fatto un grande respiro di autoincoraggiamento.


Comincia così il suo viaggio verso Nonna Quercia e, come la scoiattola temeva, il percorso è pieno di imprevisti e qualcuno di questi potrebbe essere anche pericoloso. Dal coniglio incastrato tra due pietre e un po' ladro, dalla poiana rapitrice e dolorante, per non parlare del rospo troppo vecchio e troppo goloso...
Ciò nonostante, la missione deve essere compiuta. E si compirà, perché Nonna Quercia ne ha proprio bisogno... 

Matthew Cordell non è un autore che amo a prescindere. Mi preoccupa sempre un po' la sua tenerezza che alle volte mi è parso abbia sconfinato verso la sdolcinatezza: uno sguardo un po' troppo languido nei confronti delle relazioni parentali. Ma Matthew Cordell è nello stesso tempo un grande autore a cui dobbiamo libri belli come Un lupo nella neve che ha vinto, tra gli altri, la Caldecott Medal nel 2018. E ancora L'isola dell'orso. E adesso Agrifoglio
Quella scoiattola in copertina, che si gira verso il lettore con uno sguardo incerto e titubante, con la sua ghianda stretta fra le mani, è chiusa in una cornice che fa eco alle copertine di una precisa tipologia di libro, da Potter a Barklem, ossia alle storie di piccoli animali nel bosco, realizzate secondo il canone classico della tradizione inglese. Ottimo inizio.


E infatti tutta la storia della piccola Agrifoglio, un applauso per aver tradotto Evergreen in Agrifoglio, è di fatto il racconto di una piccola e timida abitante del bosco. La sua mamma prepara zuppe taumaturgiche, oltre che buonissime, e scaldacuori per tutti ed è benvoluta dall'intera comunità. 
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare per L'isola dell'orso, Cordell racconta anche qui un piccolo percorso di crescita di un piccolo alla conquista di una sempre maggiore fiducia in sé. Dopo la bambina con i lupi e la bambina con l'orso, Cordell le dà sembianze da scoiattola. Anche lei, come le sue sorelle maggiori, ha un problema di partenza e come loro, una volta arrivata in fondo al racconto, lo avrà in qualche modo messo alle spalle. 
La cosa di cui mi piacerebbe ragionare, non è tanto il risultato finale, quanto piuttosto il percorso fatto per arrivarci. Ed in particolare, non tanto le prove che la piccola e coraggiosa scoiattola affronta di volta in volta, ma alcuni dettagli, diciamo così, formali e il loro uso strumentale nella narrazione. Dettagli che potrebbero giocare un ruolo rilevante per rendere Agrifoglio e la sua storia, indimenticabile.


Il primo dettaglio è la nomenclatura. Da Agrifoglio in giù, mi sembra tutto un fiorire di bei nomi che hanno, senza parere, il compito di rendere il contesto ancora più solido e delineato: foresta di Pungitopo, valle delle Lumache, Nonna Quercia, Zia Acero, Groviglio (coniglio), Bragia (poiana nelle mani della traduttrice toscana e devota a Dante), Nonno Rametto e pronipote Spruzzo (rospi). 


Secondo dettaglio, la zuppa. Cordell la fa cucinare in un classico paiolo sul fuoco di un camino e la descrive come gustosa e magica perché ha il pregio di scaldare chi ha freddo, di tener su chi ha sonno, di far felice chi è arrabbiato. E naturalmente guarire chi è malato. Ma a parte questo preambolo, la zuppa diventa, per tutto il racconto, l'oggetto del desiderio. Tutti ne sentono il profumo, tutto la vorrebbero per sé. Diventa coprotagonista con Agrifoglio che la difende in modi diversisissimi da attacchi ogni volta differenti.. 
Terzo dettaglio, il contenitore per il trasporto della zuppa. Visto che la zuppa è di fatto il centro della narrazione, Cordell ci si dedica parecchio e la fa custodire dentro una ghianda cava su cui si avvita il coperchio, ossia la cupola che ogni ghianda di quercia ha in cima. 


Quarto dettaglio, l'abbinamento tra l'animale che incontra e la prova di coraggio che implica. L'aria e le spine per la poiana, l'acqua e il salto per il rospo, fino a quelle prove su cui il testo tace, ma che l'illustrazione racconta. 
Quinto dettaglio, i ragionamenti lampo che si affacciano nella testa di Agrifoglio: un vero spasso! 
Sesto dettaglio la palette di colori dominante, con quel rosso stinto che è un simbolo o un segno di riconoscimento. 
Settimo dettaglio, il sonoro. Parrebbe che Cordell proprio non sappia fare a meno delle onomatopee da fumetto... 
Ottavo dettaglio, la divisione in capitoli, che oltre a fare ordine nella sequenza delle scene richiama ancora una volta le composizioni più classiche. 


Nono dettaglio, il colpo di teatro finale che contiene in sé la bella sorpresa sui cui occorre tacere, ma anche la constatazione che quella scoiattola sia davvero una super scoiattola se riesce a fare quel che fa! 

Carla

lunedì 18 marzo 2024

FAMMI UNA DOMANDA!

ROSSO


Preceduto da ‘Blu’, è in libreria da pochi mesi ‘Rosso’, scritto ed illustrato da Cristiana Valentini e pubblicato da Editoriale Scienza.
Il libro esprime un approccio multidisciplinare al tema della storia dei colori: c’è una spiegazione squisitamente tecnica, ma per niente noiosa, che racconta l’evoluzione dei pigmenti utilizzati per realizzare il colore, c’è la storia della simbologia legata al suo uso, c’è qualche accenno di storia dell’arte.
Il ‘rosso’, nella forma delle terre argillose, è il primo colore utilizzato nella preistoria e rappresenta una costante nello sviluppo delle civiltà: spesso simbolo di potere, o di fortuna e prosperità, è arrivato fino ai giorni nostri, acquisendo valore politico, simbolo delle rivoluzioni socialiste, o commerciale, trasformando il Babbo Natale dai molti colori nell’omone vestito di rosso, grazie a una pubblicità degli anni ‘30.
Oltre a un approccio storico, e antropologico, è molto interessante il racconto dell’evoluzione dei pigmenti utilizzati nella produzione delle diverse sfumature di rosso: dal cremisi, o scarlatto, prodotto dai Greci e dai Romani a partire dalla femmina di cocciniglia, al porpora, sempre di derivazione animale, usato dai fenici, al rosso carminio, derivato dalla lavorazione delle uova di cocciniglia, tipica del Messico, al cinabro, o vermiglione, pigmento di origine minerale usato da Cinesi, Greci e Romani. Fino ad arrivare alla rivoluzione della chimica, che nell’Ottocento ha consentito di produrre svariati pigmenti di sintesi.
Al ‘rosso’ sono state attribuite valenze diverse: simbolo di potere e di status, colore augurale in Oriente, è stato in realtà anche associato al male, all’inferno con le sue fiamme.
L’autrice utilizza una sequenza di doppie pagine che esauriscono ciascuna un argomento, collocando il testo, stampato a caratteri di diversa dimensione, all’interno della grande tavola che lo ospita. Nonostante la terminologia sia precisa e in parte specialistica, non si intravedono particolari difficoltà di lettura, tutto viene spiegato in modo chiaro e lineare. Lettrici e lettori più piccoli possono divertirsi nello scoprire usi e costumi delle diverse epoche storiche, i più grandi possono approfondire anche gli aspetti tecnici. Non guasta, in ciascuna tavola, la presenza di un discreto cerca-trova, che invita lettrici e lettori a guardare con attenzione le immagini.
Pensato per curiosi appassionati di storia e di arte, a partire dai dieci anni, il libro si presta, con una lettura guidata, a essere utilizzato anche dai bambine e bambini un po’ più piccoli.

Eleonora

“Rosso”, C. Valentini, Editoriale Scienza 2024



 

venerdì 15 marzo 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

NON DIMENTICARE POMMAUX 

La rana e lo specchio e altre storie, Yvan Pommaux (trad. Mario Sala Gallini) 
Babalibri 2023 


POESIA ILLUSTRATA PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Tutti i giorni per andare a scuola 
il timido leprotto con il cuore in gola 
va per il sentiero attraverso la boscaglia 
e ha tanta paura 
che ancora un po’ si squaglia. 
In mezzo alla foresta 
la solita ciurmaglia: 
una donnola, una puzzola e un furetto 
lo attendono al varco 
per fargli dispetto, 
per sfilargli la merenda 
dallo zainetto." 


Ma un giorno qualcosa cambia: sul suo cammino si presenta un lupo, anzi un lupacchiotto, che da poco si è trasferito nel quartiere. Robusto e gagliardo, ma gentile, si offre di accompagnarlo per tutta la strada fino a scuola. Il leprotto, rassicurato, pensa che sarebbe proprio bello averlo come amico ed è quel che accade. Camminano vicini e parlano di quei tre furfanti e il lupacchiotto lo convince a metter via la sua tremarella. 
I tre gaglioffi, vedendo arrivare la loro vittima da cotanto lupo accompagnata, fuggono a gambe levate. Al corvo, che dall'alto osserva, non resta che commentare e trovare la morale della favola: i tre bulli, gran vigliacchi, probabilmente nella loro vita vessati da altre ingiustizie ed angherie, conoscono solo quel modo da meschini per vedersi ripagati. Senza pensare neanche un po' che il loro fare altro non è che "esercizio di pura crudeltà". 
Accanto alla favola del leprotto spaventato, il corvo o chi per lui commenta le storie di Silvana la rana che si sente brutta, finché non incontra il rospo Marcello, quella dell'oca razzista che difende il suo prato, quella dell'assortita coppia di amici bulldog e bassotto. E ancora quella del topo geloso e del suricato appassionato nel proprio lavoro, della volpe che mente ma poi si pente, della talpa egoista e solipsista, di Gaia in cerca di un marito topo piùccheperfetto, di Raimondo un elefante volante che non si cura di cosa la gente pensi di lui. 


Il primo approdo in Italia di Pommaux è nel 2002 con i suoi gatti: Una notte, un gatto... e L'investigatore John Gattoni. Chi ha la fortuna di esserci in quel momento e di intercettarne la qualità altissima non se la dimentica più. L'anno successivo arrivano i due piccoli esploratori di Mostrilia e l'inarrivabile Quando non c'era la televisione, che vince anche dei premi. 
Lì si apprende che Pommaux, classe 1946 nutre una passione pura per il passato, vicino e lontano. Lì, in quel libro come sempre a metà tra l'albo e il fumetto, racconta un'epoca che, a guardarla oggi, pare mitica. 
I suoi libri circolano, ma forse non abbastanza, perché al di qua delle Alpi, Babalibri pubblica di nuovo due libri suoi solo dopo un bel po' di anni: Ulisse dalle mille astuzie e Siamo noi la storia
Ben fatto perché l'importante è non perderlo di vista. E John Gattoni dà il suo contributo alla causa.
La rana lo specchio e altre storie esce nel 2023 ma in Francia nel 2019 con un titolo meno bello, ma più dichiarativo: Fables d'aujourd'hui. Effettivamente di questo si tratta. 


Niente più fumetto (o quasi) per i dialoghi. Ma strofe in rima, alternate alle illustrazione. 
Dieci favole, ogni volta un animale differente come protagonista, ogni volta alle prese con un vizio o un pregio che perdura nella contemporaneità: dal bullismo all'ossessione di un geloso, dalla smania di possesso al sarcasmo, dalla serenità interiore alla passione per quello che si fa per gli altri. 
Tutto rigorosamente in rima, morale compresa. Una morale che è sempre molto ben ponderata, mai superficiale, mai scontata. Decisamente più attuale di quelle di La Fontaine. 
E forse anche questo sguardo rispecchia l'attitudine di Pommaux ad essere preciso e rigoroso. 
Tanto le brevi storie, due pagine ciascuna, tradotte con molta sapienza e altrettanta vivacità da Mario Sala Gallini, quanto le belle illustrazioni sono dei piccoli gioielli di precisione, appunto. 
Ed è proprio questa esattezza e la grazia nel raccontarla la sigla distintiva di tutta l'opera di Pommaux. La cura appassionata per ogni sguardo, per ogni particolare, ogni dettaglio fa sì che il lettore rimanga, così senza parere, semplicemente ammaliato e convinto.
 

Solo per citare qualche esempio: nel racconto L'anatra, l'oca e la gallina Pommaux arriva a disegnare la cuffietta della gallina con la forma di una cresta, i migratori/migranti che tanto mettono in subbuglio i pensieri xenofobi dell'oca sono magnifici corvi neri che indossano sul capo ciascuno la propria kefiah azzurra, come tuareg del deserto, che poi sciolgono nel momento di andare a dormire. Per non parlare degli abiti con i motivi geometrici tradizionali. 


E ancora la felpa del leprotto fifone o del suricato.
 

Attento e divertito nel comporre i contesti di ciascuna storia: dal deserto dei suricati all'arredo di design della casa dell'esigente topolina Gaia. 
Minuzioso fino allo stremo, dall'etichetta della bustina che si nota sulla teiera del corvo, fino ai motivi decorativi del maglione del bulldog 'idrante'. 


Tutto questo lo rende unico, e quindi indimenticabile. 

Carla

mercoledì 13 marzo 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

STORIE D’ALTRI TEMPI


Ci sono storie non particolarmente eclatanti, in cui la Storia costituisce uno sfondo, spesso drammatico: sono storie che raccontano la vita reale di tante e di tanti che non hanno la postura eroica, vite di ragazzi e ragazze di cui spesso non si parla. Penso ai due romanzi che Chiara Carminati ha dedicato ai civili coinvolti nella Prima Guerra Mondiale e ai figli ‘bastardi', che sono stati una delle conseguenze.
Ora si aggiunge un nuovo romanzo, firmato da Vichi De Marchi, dal titolo ‘Chiamami Giulietta’, pubblicato da Feltrinelli. Siamo più o meno nelle stesse terre in cui Carminati ha ambientato i suoi romanzi, nella provincia di Belluno, dagli anni Trenta alla Seconda Guerra Mondiale. Il fulcro della storia qui raccontata è rappresentato da Maria, undicenne figlia di una povera famiglia di contadini, il cui orizzonte è racchiuso fra i lavori nei campi e la prospettiva di ‘andare a servizio’ in città.
Nelle grandi città, infatti, era richiesto il lavoro delle bambine ‘servette’, pagate pochissimo e con poche ambizioni. Maria accetta a malincuore di andare a lavorare a Roma, presso una famiglia benestante; al paese, infatti, lascia la sua amica del cuore Cristina e l’incipiente amore per un ragazzo di poco più grande, Gabriele, anche lui al lavoro negli alpeggi per un’altra famiglia.
La famiglia di Maria è povera, ci sono tanti figli da sfamare, la tenerezza è un lusso che non ci si può permettere.
Comincia così la sua vita a servizio, lontano da casa, presso una famiglia che l’accoglie con durezza. Non sono tanto le faccende domestiche, cui è abituata, quanto la grettezza e l’avarizia dei suoi datori di lavoro a renderle il lavoro pesante. Lavoro che dura tutto il giorno, con la sola domenica di riposo, passata spesso insieme a una compaesana. Da quella situazione così avvilente decide di fuggire, per tornare a casa.
Incombe però la guerra; un fratello parte sotto le armi, un altro emigra con la moglie in America. La povertà non concede tregua e Maria deve ripartire, per andare a servizio presso una famiglia milanese, che questa volta l’accoglie calorosamente. Viene poi richiamata a casa, servono braccia per lavorare e la ragazza porta con sé alcuni libri che la famiglia in cui lavorava le ha regalato. Anche la scuola è un lusso, Maria l’ha dovuta lasciare presto, suo malgrado.
Infine la disfatta, l’8 settembre e lì al Nord, la guerra partigiana. Senza esitazione, Maria e Cristina diventano staffette partigiane, vivendo quegli anni terribili di occupazione nazista.
E poi, la pace, quando si fanno i conti con i lutti, le tragedie, le distanze; e si comincia a pensare al futuro.
Il romanzo di De Marchi parte dalle ricerche fatte intorno alla vita di Lina Merlin, fra le poche donne della Assemblea Costituente e prima senatrice d’Italia. Anche lei aveva vissuto l’esperienza del lavoro domestico, condividendo la sorte di tante ragazzine povere che dal Veneto contadino andavano a lavorare nelle grandi città. Si tratta quindi di una storia con solide radici nella realtà del nostro Paese, una storia che racconta con grande sensibilità il mondo povero dell’Italia ante guerra, dove studiare era un lusso e far lavorare i figli e le figlie in età giovanissima una necessità.
Se, per fortuna, siamo lontani da quella povertà diffusa e tanto si è fatto per l’affermazione del diritto allo studio e alla salute, non siamo esenti da altri tipi di povertà, che si nascondono nei quartieri ghetto delle grandi città, o in alcune zone del Meridione, ad esempio. Povertà che fatichiamo a comprendere e decifrare fino in fondo.
Per capire il nostro presente e il passato recente sono indispensabili libri come questo, che raccontano con semplicità e rigorosa documentazione le radici nascoste di questo Paese.
Consiglio caldamente la lettura a tutti i ragazzi e le ragazze appassionati di storia e che vogliano capire meglio il mondo in cui vivono.

Eleonora

“Chiamami Giulietta”, V. De Marchi, Feltrinelli 2024





lunedì 11 marzo 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

I BAMBINI FANNO

I migranti
, Marcelo Simonetti, Maria Girón 
(trad. Francesco Citarella, Tiziana Masoch, Ilide Carmignani - FUSP) 
Kalandraka 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Nel momento stesso in cui la maestra Alicia ha detto che sarebbero arrivati due migranti, è suonata la campanella e siamo usciti di corsa dall'aula. 
Volevamo arrivare a casa il prima possibile. 
La nonna aveva preparato il risolatte e a noi piace un sacco. 
Potremmo mangiarlo tutti i giorni per tutta la vita. 
E facendo sempre il bis. 
Ma l'annuncio della maestra continuava a girarci in testa." 

Comincia così una sarabanda di ipotesi che i due fratelli mettono in gioco. Forse complice il risolatte, Pauli - la sorella golosa - pensa che migranti possa essere un dolce, ma il fratello replica che solo due non basterebbero mai per un'intera classe. Potrebbero essere degli animaletti, tipo dei ricci. Ma alla maestra Alicia non piacciono gli animali, quindi sarebbe piuttosto difficile supporre che i migranti siano ricci (!). La parola migranti potrebbe essere un gioco di parole? Insomma, quei due stanno brancolando nel buio. E poi davvero si fa buio e cominciano le supposizioni notturne e un po' spaventose riguardo alla grande questione: cosa si nasconde dietro la parola migranti? E se fossero spiriti maligni? Meglio lasciare una lucina accesa... 
La mattina successiva tutti i pensieri notturni si sono affastellati nella testa dei due fratelli, quindi il tragitto verso scuola è stato tetro e pensieroso. Silenzioso, anche con la mamma al volante che forse poteva essere l'ultima a chiarire loro le idee. 
Muti, tremanti e per mano varcano la soglia di scuola, convinti entrambi che se i migranti avessero voluto la guerra, guerra avrebbero avuto... 

Questo libro ha meritato una lunga meditazione.


Da una parte, una forte attrazione per i disegni di Maria Girón che mi pare sia una brava disegnatrice in generale, ma di infanzia in particolare. Con le sue matite ha sempre dato buona prova nel concepire il movimento dei corpi e in questo libro, non si risparmia gli scatti in velocità, le verticali di Pauli, la gare in bici, le risate, le facce spaventate, la pensosità notturna. 


Qui anche un bel gioco sottile tra copertina e quarta. Chi lo vuole capire, lo capisce... 
Dall'altra una grande domanda di fondo sulla questione che attraversa tutto il libro. Ma è davvero così come la mette Simonetti? La parola migranti è così oscura tra i ragazzini e le ragazzine? 
Fatto sta che in questo domandarsi si mette in moto il solito meccanismo che scatta di fronte a ogni interpretazione, che per forza di cose è quella di un'adulta. In sintesi, quanto riesce a fermarsi il pensiero adulto nel leggere un libro pensato per un pubblico diverso? Con questo non intendo scalfire in nessun modo la buona intenzione di Marcelo Simonetti, ma mi riferisco solo a un personalissimo dubbio che mi ha spinto ad andare a verificare sul campo - lo faccio oggi in una quinta con maestra compiacente - quanto effettivamente se pronuncio la parola migranti in una classe la lascio lì perplessa a cercare di indovinare di cosa si tratti. Ma forse la questione è solo un dettaglio, perché il merito di questo libro è altrove. 
Il libro, infatti, mette in campo anche un paio di riflessioni di altro tipo. 
La prima riguarda la naturale disposizione alla curiosità, all'avvicinamento e all'inclusione che hanno i bambini. Almeno i più piccoli. Almeno fino al momento in cui non viene insegnato loro che essere selettivi è la miglior cosa da fare. Prima di tutto, la paura! E poi la distanza.
I bambini, diceva un grande pediatra, sono creature economiche e pratiche. 
Credo intendesse dire che cercano di fare sempre la via più corta e più diretta per arrivare al punto. E di ogni cosa sanno cogliere subito l'aspetto concreto e fattuale. 


In questo caso, la cosa che mi pare bella del testo I migranti è proprio questo sguardo. Si polverizza all'istante tutto quel pensare, immaginare, elucubrare nel momento che le fantasie smettono di essere tali e prendono corpo e trovano voce. Nonostante l'immaginare sia una pratica necessaria all'umanità intera - guai a non farlo dal primo all'ultimo respiro - tuttavia succede che quando un bambino si trova di fronte a fatti concreti, quello stesso bambino agisce, perché li può toccare. Non spegne l'immaginazione, ma smette di interrogarsi e preoccuparsi, almeno per un po'. 
E guarda, tocca e fa. 
La seconda riguarda il mondo degli adulti, che sono in larga misura assenti, dall'intera storia: a parte la nonna del risolatte e la madre che li accompagna a scuola: sono entrambe puramente strumentali. Ma ci sono anche altri adulti che si fanno notare, diciamo così, in trasparenza, ovvero appartengono a loro certe frasi del testo e sono quelli che non hanno mandato i propri figli a scuola per l'arrivo dei migranti. Lo stigma nei loro confronti da parte di Simonetti è chiaro. E credo che sia lì, in tutta la sua anche ostentata evidenza a collocare in posizione scomoda gli adulti e contemporaneamente a mettere un po' in allarme tutti quei bambini che invece nell'incontro conoscono e mettono via il pregiudizio, e soprattutto la paura.


E guardano toccano e fanno. 

Carla