venerdì 30 luglio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA SPERANZA E I SUOI PANINI PER IL VIAGGIO
 
Ci conosciamo? Sentimenti, emozioni e altre creature,
Tina Oziewicz, Alexandra Zając (trad. Valentina Parisi)
Terre di mezzo 2021


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)


La curiosità si arrampica più in alto che può, in cima a un albero, su un tetto o su un camino. [...] L'ansia è un giocoliere. [...] La pazienza ha un bel giardino.[...] La compassione raccoglie lumache dal marciapiede.


Il terrore si nasconde in un posto davvero introvabile: una lattina arrugginita che è abbandonata in un angolo buio, sotto l'armadio e da una fessura sbircia fuori il mondo. E la paura? Lei si mimetizza con la carta da parati per non essere vista. Mentre il coraggio se ne sta spaparanzato in una radura in mezzo alla foresta. La gratitudine fa un maglione e la serenità fa le coccole a un cane, mentre la rabbia, al contrario, esplode.


Si tratta di un catalogo di 31 tra sentimenti, emozioni e altre creature. Potenzialmente un libro pericolosissimo, in particolare per tutti i 'segugi' sempre in cerca di libri assertivi sull'argomento.
Il primo pericolo si annida nella circostanza che il libro dichiara, nel suo sottotitolo italiano, di cosa tratterà all'interno. In qualche modo questo sottotitolo per un'insegnante-segugio ha la medesima funzione dell'indumento con l'odore della persona scomparsa per il tartufo di un cane poliziotto. Questa pericolosità si stempera in quel 'altre creature' misteriose che potrebbero mandare fuori pista l'insegnante-segugio. Meno male.
 

 
Il secondo grande pericolo continua ad annidarsi nel medesimo sottotitolo italiano, ovvero nel mettere insieme sentimenti ed emozioni. Questo perché sarebbe bene che almeno l'insegnante-segugio avesse consapevolezza della loro differenza.Non si chiede a un bambino di saper distinguere tra le tre categorie, ma potrebbe succedere che sia lui a interrogare l'adulto in tal senso. E a quel punto l'insegnante-segugio, sperando ne abbia le competenze, dovrebbe poter essere in grado di rispondere. Le emozioni sono qualcosa che ha a che fare con la chimica corporea e sono in linea di massima di rapido passaggio e tutto sommato insopprimibili. Per governarle, ovvero addomesticarle, gestirle arrivano per l'appunto i sentimenti. Che hanno a che fare molto poco con la chimica, mentre moltissimo con l'elaborazione mentale, l'educazione e finanche la cultura. Sarebbe utile che l'insegnante-segugio sapesse distinguere tra attrazione e amore, tra gioia e felicità. Questo perché uno dei suoi compiti dovrebbe proprio essere quello di educare (si badi bene non insegnare) ai sentimenti. Sulle emozioni, invece, non c'è molto da fare, a parte registrarle.
Superati i due pericoli del sottotitolo, c'è da augurarsi che l'insegnante-segugio si faccia solleticare dal titolo in sé, che è una bella domanda, che rimane aperta, apertissima fino alla fine. Evviva le domande.
A questo punto non resta che aprire il libro e scoprire i 31 soggetti messi a catalogo. 
 

 
Nella sequenza sono mischiati. E questo è un primo pregio. Ovvero si passa dall'emozione che salta sul trampolino, al sentimento che lavora ai ferri. Per poi approdare nella strana creatura che con il vento nei capelli chiude gli occhi di fronte a un trivio...
L'altro valore di cui il libro è portatore sta nella scelta degli esempi illustrativi.
Alcuni esempi sono molto felici ed è anche molto interessante la loro modulazione di intensità. Il terrore sta chiuso in una lattina arrugginita, in un angolo buio sotto l'armadio. Accidenti, funziona. E lo fa con immediatezza: la forza del terrore è subito palpabile in tutta la sua esasperazione - quella ruggine, quel buio, quell'angolo - soprattutto se messa a confronto con la paura che, con molta più pacatezza, si mimetizza tra i fiori della carta da parati. Mentre dell'ansia si percepisce all'istante la sensazione di niente terra sotto i piedi. E in quegli occhi stralunati.
 
 
In più di un caso quindi si possono quasi percepire nella loro fisicità le diverse emozioni e le loro declinazioni corporee (in cui tutti possono riconoscersi): la vergogna con le mani sugli occhi.
In altri casi, il fatto di essere emozione o sentimento abusati nell'editoria per l'infanzia non ha giovato: per intenderci la rappresentazione della rabbia o della felicità non spostano un granché.
Di nuovo nella sfera dei sentimenti e delle altre creature ci sono gli esempi più interessanti, per originalità di relazione tra testo e immagine, per originalità nell'esemplificazione e nelle posture: la compassione accucciata con le sue lumachine di strada, l'ospitalità che spignatta tra le pentole, la nostalgia di spalle con la sua sciarpa, la solitudine, persa in un mare di sabbia. Quasi impercettibile allo sguardo. Ecco è forse questa la chiave. Mimare le emozioni. In tal modo lo spettro delle mille sfumature si allarga e ognuno potrà decidere di riconoscersi, senza 'farsi male'.
 

Fortunatamente, così come è stato concepito, c'è la speranza (con i suoi panini) che l'insegnante-segugio lo riappoggi sullo scaffale per lasciarlo a chi ai libri non chiede certezze.


Carla




mercoledì 28 luglio 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

RICKY BLOOM


Uno dei maggiori pericoli, quando ci si basa su storie vere, è quello di costruire una trama con una debordante finalità didascalica, direttamente o indirettamente volta a sottolineare ‘la morale della favola’.
Karol Ruth Silverstein raddoppia il rischio parlando della propria esperienza personale, l’essersi ammalata in adolescenza di artrite reumatoide.
Più e più volte abbiamo incontrato, nella letteratura per ragazzi, personaggi con difetti, limitazioni, traumi o caratteristiche tali da indurre la solitudine e l’isolamento. Primo fra tutti Wonder, ma anche Fish boy, Melody e così continuando; spesso l’intento dell’autore o dell’autrice è dare dignità e visibilità al sogno dell’emancipazione dai propri limiti.
Bene, in ‘Le parole di Erica Bloom’, pubblicato da Edt Giralangolo, questo non avviene e sono infinitamente grata all’autrice per la sobrietà e l’equilibrio con cui tratta una situazione, rara sì, ma estremamente invalidante.
La protagonista, Erica detta Ricky, si trova ad affrontare contemporaneamente la nuova condizione di malata e la separazione dei genitori. Vive nella ‘tana da scapolo’ del padre, dormendo su uno scomodissimo divano letto. Va in una nuova scuola dove è costretta a ripetere l’ultimo anno delle medie. Ma quando la conosciamo, in realtà sta marinando la scuola; da un mese sta a casa di nascosto, rannicchiata sullo scomodo divano, trovando sollievo in lunghi bagni caldi. La sua vita, dopo l’esplosione della malattia, è punteggiata dal dolore che ogni singola articolazione provoca muovendosi.
Ricky viene inevitabilmente scoperta, riportata nell’orrida scuola, dove si sente sbeffeggiata dai suoi compagni e non compresa dagli insegnanti. Per non perdere l’anno, dovrà recuperare tutto il tempo perso e nel farlo scoprirà che non tutti gli insegnanti sono ottusi, che non tutte le ragazze sono Barbie, sadicamente belle, che fra i ragazzi c’è qualcuno che la può capire.
Il racconto descrive con realismo il travaglio di una ragazzina che nel giro di poco tempo si trova catapultata in un’altra vita: la difficoltà a muoversi, la dipendenza da cure lunghissime e frustranti, la certezza che da quella malattia non si guarisce. La prima reazione, molto umana, è la vergogna: vergogna di essere lenta, goffa, di poter fare tanti movimenti prima naturali. La vergogna è la porta che consente ai bulli, e alle bulle, di esercitare il loro potere di interdizione, di esclusione. Dunque, vergogna e solitudine. La seconda reazione è la rabbia, che fa esplodere Ricky in un florilegio di parolacce, che sopra ogni cosa esprimono il suo rifiuto di contatto con il mondo.
Riappropriarsi delle parole, del loro senso e del loro valore; comprendere la violenza del silenzio fa parte di un percorso tracciato dal suo insegnante di riferimento, che con i suoi strumenti le consente di trovare le parole adatte per raccontare la sua situazione e i suoi sentimenti.
Come sempre, nel finale c’è forse un eccesso di ottimismo, necessaria compensazione di una situazione di per sé molto frustrante; ma quello che ho apprezzato di più di questo romanzo è l’ironia, il senso della misura, la capacità di declinare il dramma in commedia, esplorando con grande sensibilità la presa di coscienza di questa ragazzina.
Karol Ruth Silverstein ha una penna felice, la lettura scorre via veloce senza eccessi di enfasi, ma al contrario con meritevole leggerezza, fornendoci un realistico ritratto del mondo giovanile. Sono convinta che tante ragazze e ragazzi leggerebbero con piacere questo romanzo, che racconta la loro vita senza compiacimenti. Ma non so quante mamme e zie regalerebbero una storia così, con un argomento così difficile e con un linguaggio colorito, in cui il turpiloquio non è un’inutile volgarità, ma l’espressione di uno stato d’animo, di una effettiva impotenza di fronte ad un cambiamento così radicale.
Per questo, consiglio caldamente la lettura a ragazze e ragazzi dai quattordici anni in poi e la consiglio anche a quegli adulti che vogliano capire un po’ di più il mondo degli/delle adolescenti.
 
Eleonora


“Le parole di Erica Bloom”, K.R. Silverstein, Edt Giralangolo 2021



lunedì 26 luglio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL MONDO SALVATO DAI RAGAZZINI, DI NUOVO

Una casa sulle ruote, Susin Nielsen (trad. Claudia Valentini)
Il Castoro 2020



NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)


"'Indirizzo?' Mi sono guardato i piedi. Indossavo gli stivali da pioggia, senza calzini. Non c'era stato il tempo di cercarne un paio. Constable Lee si è sporta verso di me. aveva le spalle cascanti. Pessima postura. 'Quando abbiamo preso la vostra chiamata stasera, Felix, sembrava che viveste entrambi lì.' Oh, quanto avrei voluto che mi madre fosse con me. Avrebbe avuto subito pronta una spiegazione più che plausibile. Ma io non sono come lei. Non ho un talento innato per la manipolazione della verità.
Così ho continuato a fissare il pavimento. Constable Lee ha ripreso a battere sulla tastiera, sebbene io non avessi detto una parola. 'Felix' mi ha chiamato con tono gentile 'con me puoi parlare... ' 'Ho fame'."


Felix, dodici anni e tre quarti è in una stazione di polizia, perché con Astrid che è sua madre hanno avuto una serata turbolenta a causa di due balordi che, ubriachi, giravano intorno al loro furgone, ovvero la loro casa.
Da quattro mesi lui e sua madre, in gran segreto, vivono in un Westfalia che Abelard, ex fidanzato della madre, le ha lasciato quando è partito per l'India.
Una vera e propria parabola discendente in fatto di abitazioni e condizioni di vita. All'inizio, lasciato anche l'ultimo monolocale nel seminterrato, vivere su una casa a ruote poteva anche avere il sapore dell'avventura, ma a lungo andare vivere in uno spazio così esiguo, freddo e senza bagno, non è piacevole. Mangiare scatolette, spesso rubacchiate qua e là da Astrid che non riesce a trovarsi un lavoro, lavarsi nei bagni dei locali o della scuola, riscaldarsi nelle biblioteche non mette di buon umore nell'uno né l'altra. Per trovare un senso a tutto questo entrambi si dicono che è solo una situazione temporanea, che però non sembra concludersi, ma anzi complicarsi.
Astrid, a suo modo, è una brava madre, estrosa, creativa, divertente anche se decisamente inaffidabile. Ha un carattere molto deciso e una visione del mondo e una interpretazione della verità molto personale, cosa che a lungo andare sta logorando la fiducia di Felix ed entrando in conflitto con tutti i più saldi principi di questo ragazzino. A ben vedere le uniche valvole di sfogo per questo ragazzino sono i suoi due grandi amici, Dylan e Winnie, e il quiz a premi Chi Cosa Dove Quando. E non è poco.
Questa è la storia dettagliata dei suoi ultimi quattro mesi di vita, dall'inizio d'agosto quando è salito sul Westfalia per la prima volta con il suo tomte e Astrid fino al 27 novembre, a meno di una settimana dalla sua partecipazione al quiz, quando ne sono scesi entrambi, scortati da una pattuglia di agenti. Le ultime 50 pagine sono il racconto di ciò che è successo dopo...


Ironia della sorte questo libro, come i due protagonisti della storia, ha vissuto nell'ombra, per ben più di quattro mesi. Ma come è accaduto anche a Felix, a un certo punto ha avuto l'opportunità di uscire di nuovo allo scoperto. E da quel momento non ce n'è stato più per nessuno. Va da sé che averlo apprezzato così tanto ha fatto sì che il senso di colpa di chi scrive per averlo lasciato nell'ombra è grande: paragonabile a quello di Astrid che non riesce a dare al figlio Felix quello che meriterebbe, amore e corso intensivo di francese a parte.
Susin Nielsen è una sicurezza, una garanzia di qualità. Qui con una maturità ancora più profonda, se possibile.
Si riconfermano le sue cifre: la profondità nel raccontare la complessità, la capacità di introspezione psicologica che lascia davvero basiti, chissà se è un fatto di S.d.O.?
E ancora, l'ironia che alleggerisce sempre tutto, la scrittura 'naturale' che Claudia Valentini, sua traduttrice storica, ci restituisce in tutta la sua freschezza. La costruzione di un plot che è di ferro. La rara arte di non mollare mai il proprio lettore, al contrario di lasciarlo sempre in trepidante attesa, tra una sessione di lettura e l'altra.
Si riconferma il fatto di mettere in un solo libro molte questioni: in primis, la fragilità degli adulti, le loro immaturità, e inadeguatezze. Ma anche le difficoltà che possono presentarsi, inaspettate, nella vita di chiunque; ma anche le famiglie monogenitoriali; l'omosessualità; il senso ultimo dell'amicizia; la lealtà; la dignità personale; l'accettazione dell'altro; le priorità valoriali e la loro irrinunciabilità; la solidarietà; l'affettività; il mal di vivere. Tutti temoni su cui la Nielsen scava in profondità, ne racconta le varie prospettive, senza mai giudicare. I suoi personaggi, le situazioni non sono mai sotto accusa, nonostante spesso verrebbe la voglia di stigmatizzare questo o quel comportamento. Di tale compito la Nielsen lascia che siano i suoi lettori a farsene carico, a libro chiuso, a storia finita.
Ma allora che cosa ci fa dire che questo libro è ancora migliore degli altri?
Due cose. La prima: l'assenza assoluta di vellutata facilità. In una trama bella complessa, non c'è occasione che non venga colta per offrire complessità di visione. È difficile da spiegare, ma in sintesi si può ben dire che la Nielsen sia un talento a 'increspare', 'rendere scabre le superfici', far 'baluginare' personaggi, luoghi, situazioni.
La seconda: il fatto che almeno per cinque o sei volte, nel leggerlo, non è possibile frenare la commozione. Proprio non è umanamente possibile.
Tutto quello pensato fin qui contribuisce ovviamente a confermare una sua grande capacità di mettere nero su bianco la sua empatia diffusa, non solo S.d.O quindi, ma forse la spiegazione più convincente a questa condizione si annida in due dettagli che sono rispettivamente nella prima pagina, la dedica in corsivo a Eleanor, e nell'ultima dei ringraziamenti, il West Point Cycles di Vancouver...
Non resta altro da fare che consigliare di leggerle, queste due pagine, magari anche con le 275 che sono in mezzo e che le tengono lontane, ma idealmente contigue.


Carla




 

venerdì 23 luglio 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

NI OLVIDO NI PERDÓN


Luis Sepúlveda è stato una delle vittime eccellenti del covid, lasciandoci l’anno scorso all’improvviso.
A ricordarlo alla vasta schiera dei suoi lettori e lettrici più giovani ha pensato la sua traduttrice italiana, Ilide Carmignani, con un libro stampato per i tipi di Salani, il marchio che insieme a Guanda ha portato i libri dell’autore cileno in Italia. Il titolo, ‘Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba’, allude alla storia di una vita avventurosa e alle mille storie che Lucho ne ha saputo trarre.
L’autrice, che così profondamente lo ha conosciuto, assume lo stile favolistico, che ci è così familiare, dell’autore cileno per raccontare la sua vita avventurosa, piena di dolore e di passione e così ricca di esperienze straordinarie. I suoi libri, a partire dal primo, ‘Il vecchio che leggeva romanzi d’amore’, per finire al notissimo ‘Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare’ e alle altre favole per ragazzi, sono specchio delle sue esperienze di vita, dei viaggi compiuti, dei mari attraversati, delle radici mai recise.
Sepúlveda aveva nelle sue ascendenze gli indiani mapuche, una nonna basca, un nonno anarchico andaluso, e poi una nonna italiana e così via, un incredibile unione di tradizioni che però convergevano tutte in una scelta di campo precisa e incrollabile; stare sempre dalla parte dei più deboli, dalla parte della giustizia sociale.
La sua giovinezza, influenzata dalle vicende di Che Guevara in Sud America, ha coinciso con l’esperienza democratica del Cile di Allende. Come giovane militante della guardia del corpo del presidente socialista, ha conosciuto l’arresto, la tortura, l’esilio. Ma non ha mai desistito.
Non ha dimenticato e non ha perdonato, non solo i crimini di cui si sono macchiate le dittature che negli anni settanta e ottanta hanno deturpato l’America Latina, ma anche l’azzeramento delle speranze di una generazione di giovani pieni di entusiasmo e di passione.
Nel corso degli anni ha vissuto con gli indios shuar, in Amazzonia, con una missione dell’Unesco, ha partecipato alle prime battaglie di Greenpeace, imbarcandosi sulle gloriose navi che intralciavano le baleniere nei mari del Nord.
Poi il ritorno in Cile e infine, la Spagna dove ha vissuto fino alla fine dei suoi giorni.
Ha vissuto due vite familiari, con Carmen Yàñez, sposata in Cile giovanissimo e poi ritrovata decenni dopo; e una famiglia tedesca, nel periodo di Amburgo. Tanti figli, tantissimi nipoti.
E gatti, cominciando da Zorba, il gatto che ha ispirato il protagonista de ‘La gabbianella’, ma citando anche il gatto parigino di Osvaldo Soriano
Per non parlare, poi, degli incontri e sodalizi letterari, da Neruda a Cortazar, a Coloane, Soriano e tanti altri.
Lo stile scelto dall’autrice, come detto sopra, riprende il tono confidenziale con cui Sepúlveda scriveva le sue storie per ragazzi; qui si immagina Lucho ad Amburgo, chino su una macchina da scrivere Underwood, la stessa usata da Hemingway, intento a raccontare la sua vita, mentre il gatto Diderot lo affianca, chiedendogli chiarimenti e spiegazioni.
In questo racconto malinconico, perché alla fine Lucho se ne è andato, c’è l’essenza della sua vita e dei suoi libri, che sono mescolati insieme in modo inscindibile. C’è dunque la sua identità molteplice, la difesa dei diritti del popolo mapuche, presente in due storie per ragazzi ; c’è la sua vocazione di viaggiatore instancabile, ma consapevole delle sue radici e c’è, sopra tutto, la dirittura morale, che non consente di dimenticare e di perdonare.
No, non tutti i governi sono uguali, l’ingiustizia non è connaturata all’essere umano, e c’è un giudizio storico, che è anche umano, che condanna inesorabilmente i regimi che si sono macchiati di crimini infami.
Questo forse è il punto più difficile da spiegare ai più giovani, così poco avvezzi all’indignazione, allo sdegno; la biografia di Lucho può essere davvero un buon inizio per guardare al mondo, e alla sua storia, con maggiore chiarezza.
Consiglio caldamente la lettura a ragazze e ragazzi, che magari sono cresciuti insieme alla ‘Gabbianella’, dai dodici anni in poi.

Eleonora

“Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba”, I. Carmignani, Salani 2012






mercoledì 21 luglio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

ULLALLÀ, I BUKOWSKI!
 
La straordinaria estate della famiglia Bukowski, Will Gmehling
(trad. Angela Ricci)
La nuova Frontiera Junior 2021


NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)


"Io e Katinka non abbiamo perso tempo e ci siamo messi a nuotare fino al bordo della vasca, dove nel frattempo il bambino era finito sott'acqua. Si vedevano soltanto i capelli. Mi sono immerso anch'io l'ho preso per le braccia e l'ho riportato a galla. È stato abbastanza facile. La testa del bambino è spuntata di nuovo fuori dall'acqua, ma lui era immobile e per una attimo abbiamo avuto paura che fosse morto. Poi però ha cominciato a piangere ed è diventato tutto rosso."


Tutto comincia qui: mentre i fratelli Bukowski stanno trascorrendo la loro giornata nella piscina coperta con l'intento di insegnare a nuotare al più piccolo dei tre, Robbie, assistono alla caduta accidentale in acqua di un altro bambinetto. Come premio per il pronto intervento di salvataggio viene loro regalata una tessera gratuita che dà loro accesso per tutto il periodo estivo alla piscina scoperta.
A parte la bellezza e la felicità di ricevere un premio, per la famiglia dei tre Bukowski che non naviga nell'oro e che di vacanze non se ne può permettere, quella tessera significa moltissimo: un'estate diversa per i tre ragazzini e anche per mamma e papà e, forse, anche per lo zio d'America, Carl.
E così sarà. Ogni giorno - con la pioggia o con il sole - i tre fratelli passano le loro vacanze estive in quella piscina. E una volta liberi dai loro lavori, arrivano anche i grandi.
Gli asciugamani, un pugnetto di monete per un po' di patatine o un gelato, il pranzo portato da casa e tutto il tempo da passare sul prato in silenzio a guardare le nuvole o chiacchierando, magari anche in francese, per fare nuove amicizie e magari anche innamorarsi, oppure nuotando o cercando il coraggio di fare il ripidissimo scivolo o tuffarsi nel vuoto per fare colpo su qualcuno.
I tre fratelli Bukowski, Robbie di sette anni, Katinka di otto e Alf, voce narrante, di dieci, si prefiggono una serie di obiettivi da raggiungere a stagione conclusa: imparare a nuotare, fare 20 vasche di seguito a stile, tuffarsi dal trampolino dei dieci metri. Ma soprattutto, entrare di soppiatto, e fare un bel bagno notturno in barba al burbero guardiano. 
Ci riusciranno?


Il titolo originale del libro, che peraltro ha vinto niente meno che lo Jugendliteraturpreis, suona un po' diverso, si parla di piscina scoperta, di estate e di cielo, ma non c'è cenno a qualcosa di 'straordinario'.
E su questa necessità di voler sottolineare il carattere di eccezionalità che ha l'estate dei Bukowski si possono fare due riflessioni.
La prima riguarda il binomio perfetto, almeno nell'immaginario di molti, del tempo di vacanza estiva con il concetto di 'fuori dalle consuetudini'. Chiunque spera sempre di associare alla propria vacanza, ovvero letteralmente a quel periodo vuoto, 'vacante' da impegni, la sensazione di eccezionalità. E sebbene gli adulti imparino presto che tale binomio non sempre è realizzabile, al contrario i ragazzini non ne dubitano mai. Neanche per un secondo. Per loro è del tutto naturale che la vacanza sia portatrice di eventi straordinari. E non è una illusione. Per loro è veramente così ed è del tutto marginale dove la vacanza abbia luogo, perché la vacanza per un bambino è di fatto uno stato dello spirito. E anche i tre Bukowski non fanno eccezione.
La seconda riflessione è derivante dalla prima e ha a che fare con la scrittura di questo racconto. Dato per assodato il fatto che per i ragazzini nello stato di vacanza si è in una condizione straordinaria, qui Gmehling dimostra - attraverso una scrittura pacata e al limite della pedanteria - come, pur raccontando la quotidianità (fatta eccezione per la fuga notturna) di una famiglia normale e di un'estate passata nella piscina scoperta del quartiere, si possa costruire 'qualcosa' di indimenticabile.
Va detto comunque che se la loro estate in piscina diventa indimenticabile per loro come per noi, altrettanto si può dire per il bell'incontro con i tre fratelli. Diversissimi tra loro, anche se legatissimi, i piccoli Bukowski hanno un loro personalissimo modo di stare nel mondo: Robbie, il mio preferito, è un sognatore piuttosto silenzioso che sa vedere sempre cosa ci sia al di là dell'apparenza. Grandi capacità empatiche e visionarie. Katinka, al contrario, è tutta proiettata verso la costruzione dell'immagine di sé, essere in tutto e per tutto come una modella francese: ullallà. Alf è il più confuso dei tre ed è lì che arranca con qualche successo nelle sue prime relazioni sociali. Sullo sfondo, gli adulti. Se da un lato va riconosciuto a Gmehling di aver saputo dare corpo a una bella famiglia, con i Bukowski, al contrario sembra meno convincente la costruzione dei personaggi di secondo piano, dal bagnino burbero, al calciatore fanatico. Rassicurante sapere che il loro effimero passaggio non lascerà traccia nel secondo libro che, si spera, arrivi prima o poi anche lui da queste parti.
 
Carla


lunedì 19 luglio 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

FANTASMI GIAPPONESI


Alla nuova, avvolgente ondata di amore per il mondo giapponese appartiene di diritto ‘Storie di fantasmi del Giappone’, tratto dal testo di Lafcadio Hearn con le immagini di Benjamin Lacombe. L’editore italiano, L’Ippocampo, grazie alla traduzione dal francese di Ottavio Fatica, ci regala la versione coniata da Editions Soleil.
Si tratta di un libro illustrato curato in ogni dettaglio, impreziosito dal lavoro di Lacombe che non si limita alle grandi tavole, che prendono una o due pagine, ma anche nelle piccole immagini a piè di pagina, i capolettera, come un contrappunto visivo alla narrazione evocativa e misteriosa di Hearn.
La biografia dello scrittore è singolare: irlandese, nato in Grecia nel 1850 e poi vissuto in Irlanda e negli Stati Uniti, dove iniziò la sua attività di giornalista. Viaggiò molto anche per lavoro e così approdò in Giappone, dove mise definitivamente radici, sposando la figlia di un samurai e naturalizzandosi con il nome di Yakumo Koizumi. Il rapporto con il Giappone e le sue tradizioni non fu affatto superficiale e quindi i suoi testi dedicati alle leggende nipponiche hanno un grande valore, tanto da ispirare anche film e opere teatrali.
 

I racconti raccolti in questo volume sono abbastanza eterogenei: si parla di fantasmi, di vampiri le cui teste si separano dal corpo, nottetempo, per andare a caccia di vittime, di folletti feroci, di anime perdute che richiedono l’adeguata sepoltura, di amori che attraversano i secoli, inseguendo le successive reincarnazioni.
Si tratta, in generale, di racconti tradizionali, alcuni dei quali hanno delle consonanze nelle nostre fiabe o in alcuni miti.
Ho trovato particolarmente originale ‘Il ragazzo che dipingeva gatti’, il cui protagonista sconfigge, del tutto inconsapevolmente, un folletto, in realtà ferocissimo, grazie ai suoi gatti dipinti, che nottetempo prendono vita e si trasformano in predatori ancora più feroci.
 

Assolutamente spiazzante, invece, ‘Sulla montagna di crani umani’, che racconta di una scalata raccapricciante sulle pendici di un monte fatto di teschi umani; un maestro buddhista mostra al suo allievo quell’infinità di crani, che non sono altro che l’espressione dei desideri, dei fallimenti, delle imprese delle sue vite precedenti.
Più familiari le storie d’amore impossibili fra umani e creature misteriose, rigorosamente femminili, che incarnano anime in pena in attesa del loro amato, che per raggiungerle non può che varcare la soglia del tempo.
Lacombe si trova a suo agio in questo immaginario, fra l’horror e l’amore romantico; asseconda il racconto, adattando il suo stile ad alcuni stilemi della pittura giapponese.
Dunque suggestioni molto diverse, che qua o là ricordano alcuni aspetti delle storie di fantasmi, di cui la letteratura anglosassone è così ricca: anime in pena, vendicative, ossessive, che entrano ed escono dalla vita dei comuni mortali, sono sicuramente atmosfere che riscuotono un grande interesse nei lettori più accorti di manga, nuovamente in grandissima crescita.
 

Credo che ad apprezzare questo libro saranno soprattutto i ragazzi e le ragazze che si sono maggiormente calati nella cultura giapponese, e non sono pochi. Ma ne consiglio la lettura anche a chi voglia farsene un’idea, attraverso un libro di grande pregio.
 
Eleonora


“Storie di fantasmi del Giappone”, L. Hearn, ill. di B. Lacombe, L’ippocampo 2021





venerdì 16 luglio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

CLICHY E CLICHÉ
 
Una storia senza cliché, Davide Calì, Anna Aparicio Català
Edizioni Clichy 2021


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
 
"È la storia di un cavaliere che andava a salvare una...
Ah no! Basta con i cavalieri che vanno sempre a salvare le principesse!
È un cliché sessista.
Le principesse sono capacissime di salvarsi da sole!
Ok, ok, allora è la storia di un cavaliere che andava a uccidere un drago cattivo...
Perché cattivo? anche questo è un po' un clichè, no?"


Continua così lo slalom di questo dialogo. Il cavaliere che salva una principessa o uccide un drago sono entrambe soluzioni che non portano a nulla. Forse è meglio dirottare il racconto nel Far West, pensa la voce narrante, con un cowboy che spara a cavallo di un cavallo mentre galoppa in un canyon. Ma anche qui la direzione presa non sembra incontrare il favore di chi sta ascoltando e quindi alla sua rimostranza che sono sempre i maschi i protagonisti, fa sì che il narratore dirotti su una storia di una strega. Ahi, altra trappola: perché le femmine nelle storie sono sempre principesse o streghe? Si torna rapidi nel Far West e il cowboy è in realtà una ragazza dalle lunghe trecce tutta vestita di rosa...
 
 
 
Il cavallo sottodimensionato, un abbigliamento inadeguato sono tutti ostacoli che fanno perdere smalto al narratore... che si dichiara sconfitto e la storia passa nella voce di chi prima stava ascoltando.
Attenzione però che chi non è bravo a fare lo slalom tra i cliché è anche spesso e volentieri un bacchettone...
Ne usciranno i nostri eroi?

Vincente l'idea, di matrice rodariana, quella di tenere su una storia solo su un dialogo.
Due voci, fuori campo fino a due pagine dalla fine.
Nelle orecchie torna l'eco di A sbagliare le storie che ha fatto ridere legioni di ragazzini e ragazzine. Qui la situazione è lievemente mutata, non c'è l'aggravante dell'errore dettato da una memoria fallace di un nonno, ma invece l'inciampo continuo di un probabile genitore che al tavolo da disegno sta faticosamente mettendo insieme materiale per una storia da raccontare e illustrare e come 'tester' usa una probabile figlia, decisamente emancipata. L'altro elemento che con Rodari e la sua 'grammatica' ha molto a che fare è il continuo ribaltamento, cambiamento di direzione della narrazione, però sempre nutrito di un immaginario condiviso: in questo caso, fiabe e western. D'altronde se tutto deve ruotare intorno alla demolizione degli stereotipi, cosa c'è di meglio? E visto che di cliché si parla la scelta si fa obbligata: da un lato cavalieri e principesse o streghe delle fiabe e dall'altra cowboy e saloon di un fumetto o un film western. Il gioco è tutto lì, invertendo i due cliché si otterrà una ragazza cowboy o una cavaliera. Salvo poi scontrarsi con il politicamente corretto di un adulto e con le tisane alla verbena.
E a questo non c'è rimedio.
La cosa che colpisce in questo libro è il tono. Un tono condiviso che vede da una parte Davide Calì e dall'altra Anna Aparicio Català intendersi parecchio (peraltro sono già al loro terzo o quarto libro insieme).
Speculare al tono scanzonato che Davide Calì mette in bocca ai due interlocutori, c'è quello folle delle illustrazioni. 
 

Purtroppo qui meno che altrove, la botanica invasiva di Anna Aparicio Català (che tanto mi ricorda quella di Moreau o di Crowther, nella stilizzazione delle forme e nel suo rigoglio) fa capoccella solo in alcune tavole, tuttavia rimane la sua assoluta libertà nell'utilizzare la doppia pagina come uno spazio in cui compiere le proprie evoluzioni acrobatiche e cromatiche. Elementi che giganteggiano, altri che si snodano con fare sinuoso, siano essi chiome o sentieri nei boschi. 
 

Su tutto si dipana una costruzione dell'immagine molto complessa, piena di dettagli geniali, ben al di là dell'assurdo: con bisonti che sonnecchiano sul tetto o cavalli che servono dietro il bancone di un saloon.
Insomma, il tutto è molto divertente! Molto allegro! Molto sottile in una serie di snodi delicati e nel finale che non porta a niente, come c'era da augurarsi che fosse, visto l'intento falsamente pedagogico!
 

E chi deve intendere, intenda.
A parte tutto ciò, un bell'esercizio di ironia, nella speranza che anche gli adulti la sappiano cogliere. A tal punto che mi fa ridere e mi pare divertente persino il fatto che un libro sui cliché lo pubblichi Clichy...
 
Carla


Noterella al margine. Se qualcuno non avesse intercettato mai una immagine di questa giovanissima e talentuosa illustratrice catalana, sappia che la ragazza cowboy la si può considerare una sua sosia su carta.


 

mercoledì 14 luglio 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


UNA STORIA DIFFICILE



Marco Magnone, autore insieme a Fabio Geda della saga ‘Berlin’, affronta nel suo ultimo romanzo, ‘Fino alla fine del fiato’, una delle più grandi paure: la strage messa in atto da un singolo, o da un piccolo gruppo, ai danni di persone incolpevoli.
Lo spunto è dato dall’episodio, tristemente noto, di Breivik, l’estremista di destra che nel 2011 uccise sessantanove persone, per lo più ragazze e ragazzi che partecipavano ad un campo estivo del partito socialista norvegese.
La storia viene trasposta in un campeggio sulle montagne vicine al paese di Castiglione; non è un campeggio qualsiasi, da molti anni i due organizzatori, Nando e René, ne hanno fatto un luogo d’incontro per discutere insieme di argomenti importanti, invitando anche personalità del giornalismo e della cultura.
L’Isola, il nome di questo campeggio molto spartano, non prevede cellulari, giochi elettronici e altre fonti tecnologiche di distrazione: la cosa più importante è stare insieme, parlare, immaginare anche un mondo migliore.
Non è esattamente questo lo spirito con cui tanti ragazzi e ragazze partecipano, allettati soprattutto da un tempo libero lontano dalla famiglia.
I personaggi principali della storia sono tre ragazzi: Seba, il suo migliore amico Filo e sua sorella , Marti, di cui Seba è innamorato.
La prima parte del romanzo racconta proprio dei legami che si intrecciano fra ragazze e ragazzi: chi cerca nuovi amici, chi sogna storie d’amore, comunque misurandosi con i propri limiti e le proprie abilità. Nonostante l’attenzione sia concentrata su questi tre personaggi, il cui punto di vista si alterna di capitolo in capitolo, l’azione è spesso corale, mostrando le diverse dinamiche di questo gruppo.
Arriva però il giorno in cui una persona qualsiasi, illividita dalla perdita del lavoro e dalla solitudine, decide di pareggiare i conti con il mondo, uccidendo la persona che ritiene responsabile della sua rovina. Solo che quella perversa sensazione di potere, data dall’imbracciare il fucile, lo induce a colpire ancora, dando la caccia a chi tenta di fuggire.
Tutto il mondo di speranze, progetti, amori nascosti e amicizie rivelate va in mille pezzi; resta la paura primordiale di essere predati, resta il coraggio di qualcuno, l’impotenza, la solitudine. E, alla fine, la conta di chi non c’è più.
Il romanzo per certi versi è sorprendente: riesce a passare con grande fluidità da un registro intimista, con l’acuta descrizione degli stati d’animo dei vari personaggi, ad un altro che ha il sapore del thriller, con un incalzare degli eventi che non dà tregua al lettore, incatenato alla pagina dal continuo cambio di scenario, che inquadra i diversi personaggi, delineandone la sorte. E’ ben riuscita anche la descrizione della montagna, con la sua bellezza, i suoi odori, le sue insidie.
La narrazione scorre veloce fino a un finale che vede vittime e sopravvissuti legati per sempre dal terribile senso di colpa per essere vivi.
Non è un romanzo consolatorio, anche se nel finale cerca di indicare una via per tornare a vivere. E’ una storia molto dura, che racconta con efficace realismo le dinamiche di una situazione che, oltre alla strage di Breivik, fa pensare alle sparatorie nelle scuole americane. Qui il carnefice è una persona in cerca di vendetta, in Norvegia la strage è stato un atto politico.
Ho un’unica, grande perplessità: perché raccontare questa storia, che espone i giovani lettori e lettrici alla rappresentazione di uno dei peggiori incubi? Qui il Male non è metafisico, non appartiene al mondo fantastico delle ombre, qui si incarna in una persona qualunque, che come tale è indistinguibile dal mondo cui i ragazzi appartengono. E, se è agghiacciante la banalità del male, lo è ancora di più l’impotenza che le vittime sperimentano di fronte a esso.
Può quindi essere proposto a ragazze e ragazzi maturi, con almeno quattordici anni, evitando accuratamente le prevedibili obiezioni dei genitori.
Lettura impegnativa, coinvolgente, fonte di salutari discussioni.

Eleonora


“Fino alla fine del fiato”, M. Magnone, Mondadori 2021