venerdì 31 luglio 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

UNO SCUOLABUS GIU’ DAL CIELO


‘Tornando a casa’ di Jason Reynolds è, secondo me, una delle migliori uscite di questa prima parte di anno. Non è un romanzo , piuttosto una raccolta di racconti tessuti insieme da un filo conduttore comune: il suono della campanella che certifica la fine delle lezioni e autorizza i ragazzi e le ragazze a tornare a casa. L’autore racconta dieci storie di giovani che tornano a casa a piedi, disperdendosi nel quartiere.
Si tratta dunque di dieci ritratti di undicenni, raccontati alla loro altezza, dal loro punto di vista.
C’è il lato schifoso, ci sono le questioni esistenziali, i drammi familiare, i segreti, le furbizie, le bravate, su tutto l’amicizia, la famiglia, i grandi e piccoli dolori.
Difficile sintetizzare, ma posso dire che alcune storie mi hanno colpito più di altre: il gruppo di teste rasate, che beffa un paio di giocatori di biliardo per portare un gelato alla mamma, malata, di uno di loro; oppure la ragazzina che impone i suoi brevi show di barzellette alla classe per rendere omaggio al nonno, che le barzellette non le può più raccontare a causa dell’Alzeheimer; oppure la storia di due baci, uno dato per caso, l’altro volutamente, che possono cambiare la vita di due ragazzi. C’è chi corre all’impazzata per sfuggire a un cane, chi trasforma una scopa in un cane per poi farlo diventare uno scuolabus volante, chi invece vola sullo skateboard, diventato una solida corazza.
Insomma dieci storie di ragazzini e ragazzine, ancora lontani dall’adolescenza ma con le prime pulsioni, le prime ribellioni identitarie.
Di questo libro colpiscono due cose: l’adesione alla realtà della narrazione, che ci fa entrare nella vita quotidiana, nelle case, ci fa camminare in quelle strade, entrare nei negozi, come il negozio di caramelle di Ms CeeCee. Un realismo partecipe, che ci porta a condividere timori, dubbi, speranze di ragazzi che potrebbero essere quelli che abitualmente frequentiamo.
L’altro aspetto rilevante è, secondo me, la qualità di scrittura, lo stile che riesce ad adeguare linguaggio e ritmo alle storie che racconta: paradigmatico, per me, il racconto di Pia Foster, la ragazza con lo skate, oggetto di uno scherzo da parte di un gruppo di bulli, in cui c’è anche Marcus, che non avrebbe mai voluto che succedesse tutto questo e forse avrebbe potuto impedirlo e poi spiegare a Pia che non voleva. Ecco, questo racconto, che intreccia il reale e il possibile, è scritto con un ritmo concitatissimo come fosse un rap, che fa volare il lettore al finale che è, come nei concerti, un ultimo inevitabile accordo. Davvero grande tecnica narrativa e grandi capacità anche del traduttore, Francesco Gulizia, che è riuscito a rendere la grande flessibilità linguistica di questo testo. La struttura narrativa, poi, non è per niente dispersiva: i personaggi, con ruoli diversi, passano da una storia all’altra, così i nomi delle strade, che contraddistinguono i capitoli, e lo stesso scuolabus volante che solo alla fine si svela.
Un ultimo aspetto, non secondario: sono abbastanza convinta che un testo così non può non piacere ai diretti interessati, i ragazzi e le ragazze nel pieno di quell’età di mezzo, fra infanzia e adolescenza, così difficile da gestire.
Lettura caldamente consigliata a ragazzi e ragazze dai dodici ai novantanove anni.

Eleonora

“Tornando a casa”, J. Reynolds, Rizzoli 2020


mercoledì 29 luglio 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL CANONE STEIG

Il dottor De Soto, William Steig (trad. Mara Pace)
Rizzoli 2020


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Essendo un topo, si rifiutava di curare animali che fossero pericolosi per la sua specie, e lo aveva scritto anche sull'insegna. Quando suonavano alla porta, lui e sua moglie controllavano dalla finestra. Non avrebbero preso in cura nemmeno il gatto più timido del mondo."

Il dottor De Soto fa il dentista e la moglie è igienista. Per il suo tocco delicato è diventato molto famoso e ha una clientela molto vasta. Usa guanti di gomma per essere il più accurato possibile nei suoi interventi a bocca aperta. Per gli animali più piccoli usa una normale poltrona da dentista, per quelli più grandi è lui a raggiungere il campo operatorio con una scala. Per quelli ancora più grandi ha progettato un complesso sistema di carrucole che lo tengono sospeso davanti alle bocche da curare.
La sua professione la esercita con grande senso di responsabilità e accuratezza ed è per questo che il giorno in cui suona al suo campanello una volpe dolorante, De Soto e signora esitano. 


Il dilemma è forte: non aprire per non mettere a repentaglio la propria vita o, prestando fede al giuramento a Ippocrate, aprire e curare quella povera volpe.
Prevale il senso di responsabilità e la volpe viene fatta salire a farsi curare. Il dente è estratto e il dentista è ancora vivo, sebbene la volpe sia stata a un passo dal divorarlo.
Il dottor De Soto non lascia mai un intervento a metà quindi fissa per il giorno dopo un secondo appuntamento per impiantare il dente d'oro che sostituirà il premolare cariato.
La notte è tormentata tanto per il paziente quanto per i coniugi De Soto. Ma il giorno dopo tutti hanno preso la loro decisione. La volpe ha stabilito che alla natura non si comanda, e che si mangerà dentista e signora, mentre il dentista ha in mente di concludere il lavoro, salvando la pelle e l'onore.

E poi c'è Steig. La sua grandezza rende necessario mettere di nuovo tutto a registro: rivedere le valutazioni, i giudizi, i riferimenti, i pregi, i difetti, i punti di forza e le debolezze di tutti gli albi illustrati degni di questo nome, considerati fin qui. 



Fermarsi davanti a un gigante dell'albo illustrato e riconsiderare il proprio pensiero.
Non è proprio possibile non tenere conto della sua opera qualora si voglia ragionare a vario titolo sull'argomento. 
I suoi libri sono mappe per orientarsi. E per questa ragione, potrebbe essere utile mettere a fuoco due o tre punti che lo rendono, si potrebbe dire, normativo.
Partiamo dalla parte più complicata: il cosa. 
Poi ci spostiamo al come. 
E se ci riesce chiudiamo con il perché (o sarebbe più corretto scrivere il per chi?).
Cercando di sintetizzare al massimo, del 'cosa' fanno parte tutti gli elementi che in questo libro hanno a che fare con la storia, ovvero con i suoi contenuti. Per esempio, la natura e i comportamenti dei personaggi.
I primi sono i coniugi De Soto, marito e moglie, vera squadra in azione, coscienziosi professionisti, anche disponibili, ma non per questo sprovveduti. Decisamente generosi almeno quanto ingegnosi, determinati e molto coraggiosi. 


La loro relazione reciproca è un piccolo capolavoro di racconto dell'umanità.
Poi c'è lei: la Volpe, disgustosamente onesta e coerente con se stessa e con la sua indole di volpe. Tema questo, il rispetto di se stessi, centrale e ricorrente in Steig che ha collezionato nei suoi libri diverse volpi che facevano le volpi.
A partire dal suo primo libro, Roland the Ministrel Pig, del 1968.
Il politicamente corretto non c'è, non c'è neanche la piaggeria nei confronti del lettore, non ci sono strizzatine d'occhio. 
Niente di tutto questo, lui va dritto al punto, in cerca della verità: un nocciolo della questione, come sempre poetico e filosofico, di certo originale e soprattutto autentico.
Ed è per questo che, se si è lettori, intorno a tutto questo 'cosa' dovrebbe essere interessante poter dialogare e confrontarsi.  
Di certo, ragionarci.
E, se si è autori, si dovrebbe prendere tutto questo come canone per provare a scrivere belle storie.
Ora il 'come'. Ovvero tutto ciò che attiene a come Steig utilizzi i due codici che si è scelto - parole e figure - per raccontarci la sua storia.
Sulla lingua di Steig sono state scritte pagine, libri interi. 
E anche tra queste mura, modestamente, certe caratteristiche sono state messe in evidenza.
Ricercato ed esatto nell'uso delle parole (Mara Pace lo traduce con la dovuta cura): la fascia di flanella, carie al premolare, anestetico, argano, dentina. Cose così.
Evocativo, per esempio nel brevissimo dialogo tra moglie e marito alla prima citofonata della volpe in cui è possibile già intuire i caratteri di entrambi: "Quella povera volpe..." sussurrò alla moglie. "Che cosa facciamo?" "Corriamo il rischio!" esclamò la signora De Soto. Premette il pulsante del citofono e lasciò entrare la volpe." Oppure nello scambio notturno, a letto entrambi trepidanti, dove tutto si riconferma in perfetta coerenza con l'idea che ci siamo fatti di quei due.
 

Geniale, in quei piccoli colpi da maestro, che parlano una lingua universale che può essere apprezzata tanto dai piccoli quanto dai grandi in una lettura condivisa: "Quando prendo in cura un paziente [...] vado fino in fondo. Anche mio padre era fatto così."
E questa stessa capacità di essere esatto, evocativo e comunicativo la si ritrova pari pari nel disegno: lo studio con le varie sale adibite a clientele diverse, i marchingegni per salire ad altezza bocca e la strumentazione tutta, gli scorci di strada newyorkese, forse il Bronx dove Steig è cresciuto e dove ha ambientato chilometri di strisce e copertine per il New Yorker, bozzetti di vita familiare con la signora De Soto alla mola e il dottore in giacca da camera... 
E poi c'è il suo grande lavoro sull'espressività. È lui stesso che racconta che ogni sua tavola parte da uno sguardo, sorta di centro di gravitazione in cui poi tutto il resto ruota.


Ora solo due parole sul 'perché' o sul 'per chi'.
Il 'per chi': per tutti quei bambini e quelle bambine (e ci metterei anche per quegli adulti) che hanno voglia di leggere una bella storia e sono in cerca di verità. E come per incanto, da questo amore per la verità, ne deriva anche il perché, che scaturisce dal grande rispetto che Steig ha sempre portato nei confronti dei suoi piccoli e grandi lettori, in nome e per conto di detta verità. E tutto poi diventa bellezza.

Chapeau!

Carla

Noterella al margine. A chi fosse interessato, il prossimo incontro di Foto di gruppo con autore, dopo quelli già in programma su Eric Carle e su Tomi Ungerer, sarà dedicato all'arte di William Steig.

lunedì 27 luglio 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


ROBOT ALLE PRIME ARMI


Freschissimo di stampa e già entrato nel cuore dei giovani lettori, ‘Norby. Il robot scombinato’ è la nuova traduzione, firmata da Davide Morosinotto, di un romanzo scritto nel 1983 da Isaac Asimov e dalla moglie, Janet Opal Asimov.
Nell’essere un testo chiaramente orientato ai lettori più giovani, ‘Norby’ presenta tutti gli ingredienti dei grandi romanzi che Asimov ha dedicato al tema dell’intelligenza artificiale: dalle tre leggi della robotica ai dilemmi etici e cognitivi connessi al ‘diverso da noi’, all’immagine di un mondo in cui le macchine hanno un ruolo sempre più importante.
Norby è in realtà uno scarto, che il protagonista Jeff, un quattordicenne che sta affrontando in modo non brillante gli studi dell’Accademia, trova da un rigattiere. Ha l’aspetto di un barattolo d’acciaio, da cui emergono, alla bisogna, gli arti e una buffa testa con quattro occhi, due davanti e due dietro; dovrebbe essere il robot professore di Jeff, ma in realtà ha potenzialità molto maggiori, solo che non sempre sa come usarle. Nei primi passi nella sua nuova vita, risulta un po’ maldestro e molto suscettibile, tanto da costringere Jeff a elaborati esercizi di diplomazia. Le sue doti nascoste, d’altra parte, diventeranno decisive nel corso dell’aspra battaglia che contrappone buoni e cattivi.
Nella nostra storia c’è, infatti, un impero che si estende per il sistema solare, legato ancora alla madre patria, la Terra; c’è, ovviamente, un cattivo cospiratore che vuole sovvertire l’ordine democratico, proclamandosi imperatore. In modo altrettanto ovvio, ci sono i buoni, capitanati dal fratello più grande di Jeff, Fargo. Lo svolgimento dello scontro è piuttosto prevedibile, così come lo è il ruolo centrale del buffo robot, che riesce a muoversi nell’iperspazio, mentre gli umani ancora non lo sanno fare, limitandosi al teletrasporto. Forse le sue doti sono dovute ai pezzi che il suo creatore, uno spaziale, aveva assemblato, prendendoli da un’astronave aliena trovata su un lontano asteroide. Il dato di fatto è che ne è uscita fuori una creatura molto ‘umana’, sicuramente meccanica, ma non priva di sentimenti e di senso dell’umorismo.
Molto di questo personaggio è pensato per catalizzare le simpatie del giovane lettore e giovane lettrice, che possono avvicinarsi al libro già dai nove anni. Ma fra le righe, ecco emergere qua e là i dilemmi della robotica: se la mente artificiale esprime una sua soggettività e se questa dimensione la accomuna a tutti i viventi, di questo e di altri pianeti. Nel qual caso noi, inteso come noi umani, saremmo solo una delle manifestazioni di un’unica realtà vivente.
Ma non c’è solo questo, che pure è già moltissimo, se pensiamo anche solo alle produzioni letterarie e cinematografiche che su questo argomento si sono esercitate e che ho più volte citato. C’è anche l’interrogarsi sulla natura dell’universo, su cosa siano spazio e tempo, che è anche spingersi ai confini della conoscenza, tensione intimamente connessa alla fantascienza. Il bello di questa e di molte altre storie che potrebbero essere proposte ai ragazzi sta proprio nell’esplorazione del possibile e dell’improbabile, immaginando limiti, paradossi, contraddizioni del futuro che ci attende, ma anche del nostro presente.
Lettura divertente, anche emozionante, per lettrici e lettori, dai nove anni in poi, che non temano di esplorare le galassie.

Eleonora

“Norby. Il robot scombinato”, J. e I. Asimov, Mondadori 2020






venerdì 24 luglio 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


NENI NENI NENI NENI...

La ranocchia che aveva il mal d'orecchie, Voutch
(trad. Maria Pia Secciani)
Edizioni Clichy 2020


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"C'era una volta una ranocchia che aveva il mal d'orecchie, un tremendo mal d'orecchie! Così decise di andare dal medico.
'Ahi ahi ahi ahi ahi! Le orecchie mi fanno un male terribile!' 'Oh, poverina, purtroppo non posso aiutarti in alcun modo, lo orecchie non sono il mio campo, devi andare subito da uno specialista'".

Sarà una giornata molto difficile per questa giovane ranocchia. Lo specialista in realtà si occupa di orecchie, ma non di orecchie di rana. Il medico che può aiutarla è un ranocchio-laringoiatra. Ma purtroppo neanche lui riesce a risolvere il problema. Le sue orecchie sono troppo piccole, occorre consultare piuttosto un pediatro-ranocchiologo. Macché, neanche questo otorino-ranocchio-pediatra può alleviarle le sofferenze. Di medico in medico, di specialista in specialista finalmente la piccola ranocchia trova qualcuno che capisce la gravità del suo stato e la carica su un'autoambulanza che a sirene spiegate la porta verso la sala operatoria. Ma si sa, le strade piene di curve e la velocità richiesta dall'urgenza portano fuori strada... 
La ranocchia in ospedale non ci arriverà mai, per atterrare invece proprio lungo la strada che suo nonno lentamente sta attraversando sulla sua vecchia bici. 
I nonni, proprio perché di cose ne hanno viste un sacco, intuisce che quel mal d'orecchi si potrà curare all'istante... basta fare finalmente la cosa giusta!

Voutch fa tanto ridere. E lo fa da tanto tempo e lo fa tanto bene che addirittura lo fa per mestiere.
In Francia, dopo aver fatto il pubblicitario, si mette a scrivere, ovvero a disegnare per le migliori testate: l'intento è di far ridere, o meglio sorridere, i propri lettori. Le sue figurine allampanate e dai nasi spropositati sono inconfondibili e compaiono sempre un po' fuori luogo e fuori misura dentro scenari sconfinati.
La risata così si trasforma in sorriso, con un velo di tenerezza, sempre.
Questa ranocchia non fa eccezione. Lo spaesamento si percepisce fin dalla copertina. È lì mogia mogia - il mal di denti è una brutta bestia - che pende su una sedia molto più grande di lei. E aspetta il peggio, rassegnata, avvilita. Con questa stessa espressione la vediamo attraversare la città e il traffico congestionato. 


La continuiamo a vedere con le palpebre calate a metà in tutti gli studi specialistici che visita. Ed è ancora così, sull'orlo dell'atarassia, sull'ambulanza, non partecipando minimamente all'agitazione che cresce intorno a lei.
Geniale!
Perché tanto più si dimostra estranea, tanto più intorno a lei tutto si agita in un bel crescendo fino al clou della storia su cui è d'obbligo tacere. 


Cric cric cric.
Da leggere -assolutamente - ad alta voce, con varie prove preliminari, per cercare di non finire con la lingua intrappolata nelle diverse e complicate specializzazioni dei medici che via via le vengono consigliati e che con perfidia Voutch ha concepito e Maria Pia Secciani ha tradotto e che lei, la ranocchia, con costanza e determinazione, storpia cammin facendo. Per non citare suoni, sirene e scricchiolii diffusi. Cric cric cric.


Se i bambini si divertiranno delle astrusità di quei suoni e di quei nomi, i grandi - necessariamente invischiati nella lettura condivisa - sorrideranno per la sottile ironia nei confronti delle varie branche della medicina, e sottilmente anche del fatto che siano incomunicanti tra loro. 


A infierire sul povero lettore ad alta voce entra anche tutta la diagnostica analitica, ovvero l'otoscopio a micro-risonanza elettro cabilistica, che purtroppo si rivela fallimentare, come tutto il resto.
Non resta che affidarsi alla medicina alternativa, l'omeopatia. Che però, come spesso accade anche nella realtà, è costretta ad arrendersi e a ri-correre alle cure in ospedale. 


Altro che Pulsatilla alla 1000!!
 Da non perdere.

Carla

mercoledì 22 luglio 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


VESPE E ZOMBIE


Il genere horror non è molto frequentato nella letteratura per ragazzi, per le situazioni ‘violente’ e per il turbamento che genera nel lettore, ma d’altra parte esiste proprio per questo. Sono usciti recentemente diversi romanzi in questa chiave, per esempio ‘Le belve’, scritto in coppia da Manlio Castagna e Guido Sgardoli, e il recentissimo ‘La febbre zombie’ di Kristina Ohlsson. L’ apprezzata autrice svedese abbandona, in questo romanzo pubblicato da Salani, le atmosfere inquietanti dei precedenti romanzi per entrare nel territorio di un vero e proprio horror.
Siamo nella cittadina di Eldsala, in una torrida estate che ha provocato un’invasione di vespe, alcune delle quali con uno strano segno bianco sul dorso.
Il protagonista, l’undicenne Herbert, assiste allibito ad alcuni strani fenomeni: una febbre misteriosa, degli animali morti comparsi all’improvviso nel bosco, degli strani viaggiatori ospiti della pensione del nonno, con cui Herbert vive.
Il suo rifugio è un vecchio mulino abbandonato, dove in una stanza poco visibile ha costruito la sua Stanza Segreta, insieme all’amica del cuore Sally. Col passare dei giorni, aumentano le apparizioni inquietanti di persone pallidissime, spesso con la bocca macchiata di sangue, che si aggirano per le strade, di notte, come fossero in trance. L’incontro con il misterioso ospite del nonno, Alexander, chiarisce la questione ai ragazzini: la puntura di alcune vespe, proprio quelle con il segno bianco, provoca nelle persone una terribile malattia che li trasforma in morti viventi, o meglio li riduce a una condizione sospesa, durante la quale hanno bisogno di sangue per sopravvivere. A questo punto diventa indispensabile trovare una cura e la si troverà nel vecchio mulino.
La trama, come si vede, è molto lineare e il romanzo mantiene esattamente le promesse che fa: una certa dose di paura, descrizioni e dettagli più o meno raccapriccianti, un ritmo che non conosce pausa. Non c’è il dubbio, il sospetto, non c’è la straordinaria ambiguità del capolavoro ‘Il nido’, di Oppel: c’è l’atto immediato di mettere lettrici e lettori di fronte alle proprie paure, senza guardarci dentro, senza mettere in dubbio le certezze che ciascun personaggio ha.
E’, quindi, un romanzo a suo modo semplice, privo di sfumature, ma non per questo non efficace; alcuni passaggi, alcune accelerazioni nel racconto mostrano quanto l’autrice sappia padroneggiare la materia. Aggiunge, tra l’altro, per costruire un personaggio a tutto tondo, la storia parallela, quella in cui Herbert cerca di ricostruire le sue vicende familiari, perché forse il nonno non sarà ancora in grado di prendersi cura di lui; se indubbiamente questo aspetto rende più credibile il personaggio principale, il finale, in cui le due storie si incontrano, risulta poi un po’ troppo artificioso.
‘La febbre zombie’ è un romanzo equilibrato che tratta il genere cui si ispira con la dovuta misura, senza eccedere nelle descrizioni più esplicitamente paurose; è una lettura piacevole, che inchioda il lettore amante del genere, senza spaventarlo eccessivamente. La paura nasconde pensieri, inclinazioni, desideri occulti che costituiscono materiale incandescente nelle mani di grandi scrittori di ‘genere’ come Stephen King. Qui non c’è niente di tutto questo, ma c’è un romanzo ben costruito, avendo ben chiaro il proprio lettore o lettrice. Un romanzo ‘su misura’, si potrebbe dire. Personalmente non mi scandalizza, apprezzando in ogni caso la qualità artigianale di una scrittrice davvero brava in questo ambito.
Lettura paurosa, ma non troppo, per lettrici e lettori dagli undici anni.

Eleonora

“La febbre zombie”, K. Ohlsson, Salani 2020



lunedì 20 luglio 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


QUANDO NON È UNA STORIA QUALSIASI

Il sogno della tigre, Daniel Nesquens, Miren Asiain Lora 
(trad. Sara Ragusa)
Terre di mezzo 2020


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Un giorno il gatto disse alla tigre: 'Sai che a volte mi piacerebbe essere come te? Intelligente, grande e forte...'
'E a me piacerebbe essere come te.' 'Ma cosa dici! Io sono debole, piccolo...'
'Libero.'
'Sì, questo è vero.'
Il gatto era molto amico della tigre. Passavano tanto tempo insieme. Certe notti il gatto rimaneva allo zoo anche a dormire."

Sono davvero molto amici anche se parecchio diversi: la tigre con le sue striature è mezza nuda, mentre il gatto porta sempre un berretto in testa e un maglione con i topolini. L'altra differenza tra loro è che la tigre è chiusa dentro una gabbia del giardino zoologico, mentre il gatto alle volte è dentro con lei, a volte è fuori.


Lui è libero di andare e venire. In tutta onestà, non manca giorno che lui non varchi il cancello dello zoo per andare a chiacchierare con la tigre di cose che non riuscirebbe a confessare ad altri. Ciò nonostante alla tigre manca casa sua: è lì che vorrebbe essere. E così un giorno chiede al suo amico gatto di aiutarla a fuggire. Gli sussurra in un orecchio il piano che non è complicato anche se un tantino rischioso. Gli occorre solo un po' di fortuna per impossessarsi delle chiavi...Ma la torcia del guardiano lo illumina e al gatto non viene in mente niente di meglio da dire che... la verità.
Quale, la reazione del guardiano? Un segreto!

La differenza che esiste tra una storia qualsiasi e una storia bella è simile a quella che distingue un passo lungo un sentiero di montagna e un saltino da una sponda all'altra di un torrentello, per il desiderio di cambiare strada.
A voler valutare l'ampiezza della falcata che occorre, non si noterà grande differenza, ma nell'un caso non occorre nessuno slancio particolare, nessuna energia ulteriore, nessun pizzico di coraggio: si fatica, bisogna guardare dove mettere i piedi, ma si va su comunque su una strada aperta e percorsa da molti. Mentre nell'altro caso a far la differenza sono un'attrazione verso l'incognita, una certa propensione verso le strade alternative, e un po' di coraggio nell'atto di mettersi alla prova.


Questa storia poteva essere una storia qualsiasi su un tema chiaro a tutti fin dal principio: l'ingiustizia umana di tenere in cattività un animale.
Poteva anche essere una storia di amicizia tra simili, ma non uguali.
E finire gloriosamente con il gatto che ridà la libertà alla tigre. In questo caso sarebbe rientrata nel novero delle storie a tema, con la loro giusta dose di prevedibilità: un libro tra i tanti.
Poteva. Ma, no. Perché dietro c'è Daniel Nesquens. Che se sa fare una cosa nella vita, è scrivere storie (ne ha un'ottantina al suo attivo, Papà tatuato, tanto per dirne una) è che sappiano virare repentinamente dal quotidiano, dal consueto, dal prevedibile verso l'inaspettato, l'impossibile, l'assurdo con la velocità del fulmine e con la giusta dose di ironia. 
In questa prospettiva, lui è un campione di salto del ruscello, di cammino su strade alternative!
Magicamente una storia che poteva essere qualsiasi, diventa unica nelle sue mani. Storie brevi, mai più lunghe di una pagina e mezza, che spiazzano di norma i propri lettori.
Infatti è davvero raro leggere un suo racconto e non provare stupore. Illuminante la lettura di El hombre con il pelo revuelto oppure Diecisiete cuentos y dos pingüinos (ora in uscita il seguito). E se una storia stupisce e meraviglia, il più delle volte è una buona storia. Che non si dimentica.


Si è parlato di coraggio, di naturale attrazione verso strade diverse, e verso l'inaspettato. Ecco, queste tre doti sono una sorta di marchio di fabbrica per Daniel Nesquens. Il fatto che il testo sia tutto costruito essenzialmente sui dialoghi e con un tono decisamente colloquiale, felice nella sua traduzione che lo mantiene asciutto da ogni elemento superfluo, fa sì che il lettore arrivi al colpo di scena finale del tutto ignaro, cullato dalla normalità delle due chiacchiere fatte in amicizia. 


Nelle pieghe tra le parole si infila a meraviglia l'illustrazione minuta e precisa della pluripremiata Miren Asiain Lora che gioca sui dettagli che si muovono brulicanti in una sorta di scenario fisso. Inserisce elementi 'stravaganti' come vere e proprie quinte scenografiche; scandisce, altrove, il ritmo dato dalle parole, tagliando in sempre più rapide sequenze una tavola che la tigre attraversa come se nulla fosse per uscire di scena.
Lunga vita alla tigre e a questo bel libro!

Carla


venerdì 17 luglio 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


ALI PER VOLARE

 
Non è la prima ragazzina che sceglie un albero per prendere le distanze dal mondo, ma December, la giovane protagonista del romanzo di Sandy Stark-McGinnis, ‘Vorrei due ali’, ha una sua forte, spiccata personalità.
December è una ragazzina che passa da una famiglia affidataria a un’altra, portandosi dietro un bagaglio leggerissimo: un manuale di ornitologia, un diario avvolto in una felpa azzurra, un sacchetto di semi di girasole. E’ convinta di essere nata uccello e che solo ritrovando quella sua forma originaria potrà ricongiungersi con la mamma. Per questo, ovunque vada, si esercita al volo, salendo sugli alberi e sperimentando i movimenti che gli uccelli compiono per spiccare il volo; è convinta che le cicatrici che porta sulla schiena siano l’indizio di nuove ali nascenti, che le consentiranno di volare via da un mondo percepito come ostile.
Ovviamente, le famiglie affidatarie non apprezzano questi pericolosi esperimenti e presto rinunciano ad accogliere la ragazzina; Adrian, il suo assistente sociale, le propone un nuovo tentativo presso Eleanor, che vive in campagna, raccoglie e cura animali feriti e, a quanto pare, non intende giudicarla. December non abbandona la sua diffidenza, anche se viene subito coinvolta nella cura di Henrietta, una poiana codarossa trovata ferita e ora in riabilitazione.
D’altra parte, il mondo ‘normale’ fatica ad accettarla: a scuola è lo zimbello del gruppo di ragazzine capitanate da Jenny; solo Cheryllyn, una volta Charlie, cerca di ascoltarla e di capirla. Le cose sembrano prendere una piega positiva, nella mente di December si fa strada l’idea che forse lì potrà fermarsi e imparare a mangiare anche la zuppa, oltre ai lombrichi che proprio non riesce a ingoiare. Ma arriva uno sfratto a rompere il precario equilibrio che si stava costruendo; December tenta un ultimo volo, per sfuggire a una realtà che sembra rifiutarla.
Questo ultimo volo disperato è però anche un nuovo inizio, che non può non partire dalla consapevolezza della realtà: cosa sono realmente le cicatrici che ha sulla schiena, cosa ha realmente fatto la sua mamma prima di abbandonarla.

Se anche lo spunto trova assonanze in altri romanzi, primo fra tutti ‘Mina’ di Almond, ‘Vorrei due ali’ ha comunque non pochi punti di forza. Intanto lo stile narrativo asciutto ci racconta il mondo di December in soggettiva, descrivendo quanto la sua convinzione di avere un’altra natura nascosta sotto l’aspetto umano le faccia vedere il mondo attraverso uno specchio deformante: il suo battito cardiaco, la sua agilità, l’assenza di paura del vuoto sono tutte espressioni della volontà di essere qualcosa di diverso, qualcosa in grado di sfuggire ad una realtà inaccettabile.
Interessante poi l’idea di dare un colore ai sentimenti e agli stati d’animo, alle voci delle persone, dove il blu cielo e tutte le sue sfumature sono il bene, l’arancione la cattiveria e la rabbia. La voce di Eleanor, che ha anche lei delle ferite da rimarginare, è una bella voce dal turchese all’azzurro, che usa per cantare in continuazione ‘Eleanor Rigby’, una delle canzoni più tristi dei Beatles. E poi gli uccelli, amati, studiati, sentiti come fratelli nella difficoltà di sopravvivere, ma anche nella incredibile capacità di staccarsi da terra per diventare creature dell’aria; creature cui December parla, che siano vive o impagliate, per trovare sostegno e conforto. Il mondo naturale, fatto di alberi e di pennuti di tutte le dimensioni, è il solo ambiente ‘amico’, in grado di accoglierla. In realtà, la ragazza è meno sola di quanto pensi, ha vicino persone che comprendono il suo dolore e la sua difficoltà a trovare un posto nel mondo; in questo il romanzo mi ha ricordato ‘Il mondo fino a 7’, in cui la strategia di sopravvivenza della protagonista si può realizzare grazie alla rete di solidarietà, anche involontaria, che la circonda.
La strada che compie la ragazza per trovare una normalità accettabile è difficile, non lineare e non può che arrivare al nocciolo duro della sua storia, l’abbandono materno e il senso delle sue cicatrici.
‘Vorrei due ali’, pubblicato da Mondadori con la copertina originale, molto efficace, opera di Danielle Stern, è un romanzo d’esordio ed è un esordio davvero promettente.
Lettura coinvolgente e riflessiva per lettrici e lettori dagli undici anni.

Eleonora

“Vorrei due ali”. S. Stark-McGinnis, Mondadori 2020


mercoledì 15 luglio 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

SULLE TRACCE DELL'ETÀ D'ORO
 

Il Grande Nate, Marjorie Weinman Sharmat, Marc Simont 
(trad. Laura Bernaschi)
Il Barbagianni Editore 2020

NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni)

"All'improvviso ha squillato il telefono. Speravo fosse qualcuno che mi chiedeva di mettermi alla ricerca di diamanti perduti, perle o un milione di dollari.
Era Annie. Annie abita in fondo alla strada. Sapevo che non aveva diamanti, perle o un milione di dollari da perdere. 'Ho perso un disegno? mi ha detto. 'Mi aiuteresti a cercarlo?' 'Certo' le ho risposto. 'Ho ritrovato palloncini , libri, pantofole e polli. Addirittura un pesce rosso. Ora io, il Grande Nate, troverò quel disegno scomparso'."

Il Grande Nate si mette sulle tracce del disegno scomparso dalla cameretta tutta gialla della sua amica Annie. Ispeziona con cura ogni angolo ma del disegno del cane giallo non ce traccia. Allora passa a mettere sotto la lente di ingrandimento gli unici tre personaggi che sono entrati in contatto con il disegno sparito: il cane di Annie, Zanna, la sua amica Rosamond e infine il fratellino di Annie, Harry.


Escluso il cane - che dovrebbe farsene di un foglio di carta colorato? - esclusa Rosamond che ama circondarsi di gatti - a casa sua ne ha ben quattro e tutti neri - non resta che Harry - così piccolo che non parla neanche bene. Con un pennello in mano, Harry è lì che dipinge tutto di rosso - a parte i fogli dove compare un pagliaccio, una casa, un albero e un mostro a tre teste - dà un paio di pennellate anche a una pantofola, a un po' di muro e una maniglia. Sotto il suo pennello finisce anche la maglietta e la faccia del Grande Nate. Sebbene il detective non la prenda bene, tuttavia non smette di pensare al caso e non molla l'osso. È a un passo dalla soluzione: osservare e dedurre è la cosa che gli riesce meglio, insieme a riempirsi la pancia di pancake.



Il Grande Nate è un detective di pochi anni. Di lui è importante sapere che: ama sopra ogni cosa i pancake; che prima di uscire per indagare su un nuovo caso, scrive sempre un messaggio a sua madre; che odia le piste fredde, ovvero i c.d. cold cases; che è piuttosto meticoloso e ha buone capacità deduttive; che è prudente, in particolare con i cani che non conosce; che non è interessato all'amore, per ora.


Detto questo, non si possono non notare un altro paio di cose interessanti riguardanti il suo percorso editoriale.
La prima: Nate è un personaggio a cui è stata dedicata una serie, pubblicata a partire dagli anni Settanta, per lettori alle prime armi (in questa prospettiva l'edizione italiana è anche caratterizzata da un'ulteriore attenzione per agevolarne la lettura, ovvero l'impiego di un font adatto ad alta leggibilità).
Di questo occorre essere contenti perché i libri del Grande Nate sono molto divertenti. Il primo, nel quale conosciamo il Grande Nate, è un caso legato a un disegno scomparso, il secondo, uscito in contemporanea, riguarda la perdita di una lista della spesa da parte dell'amico distratto di Nate.


E qui entra in gioco la seconda cosa che merita attenzione.
La capacità di equilibrare molto bene tanto la scorrevolezza del testo quanto la costruzione di un plot interessante per dei giovani lettori. 
Così come il testo è all'altezza di lettori in erba, lo sono altrettanto i casi da risolvere. Niente di complicato e irrisolvibile, al contrario accessibile a chi abbia almeno una volta nella vita maneggiato una lista della spesa o una ricetta oppure abbia usato gli acquerelli o le tempere. A questo occorre aggiungere il fatto che il Grande Nate permette ai suoi lettori di immedesimarsi in molti dei suoi atteggiamenti che lo qualificano a pieno titolo come bimbetto sveglio, quale effettivamente si dimostra. Ogni giovane lettore potrà riconoscere il proprio timore per i cani che non conosce, l' abitudine di tenere informata la madre degli spostamenti, certe passioni alimentari, certe idiosincrasie nei confronti dell'altro sesso. Allo stesso modo sono bambini anche tutti i suoi interlocutori e, non a caso direi, dei grandi non c'è traccia, se non evocati come entità di sfondo. 


Almeno finora e speriamo che duri.
Tutto questo è da ascrivere totalmente alla grandezza della Weinman Sharmat. Talentuosissima autrice americana che ha avuto in sorte di crescere culturalmente in un'America rivoluzionaria nell'ambito della letteratura per l'infanzia. 
Appartiene infatti a quell'età d'oro che ha generato talenti immensi. È sotto gli occhi di chi legge tanto la sua sottile ironia, di matrice ebraica, quanto la sua sensibilità e il suo onesto e attento modo di raccontare l'infanzia (è lei stessa a dichiarare ancora nel 2002 che l'ispirazione le è sempre arrivata dalla vita vera: a se stessa ascrive la passione per trovare le cose, e alla sua famiglia, per esempio, i nomi dei personaggi).


A ciò va aggiunto un altro elemento di grande efficacia e per nulla marginale: la costante presenza - totalmente paritaria rispetto ai personaggi a due zampe - degli animali, siano essi i gatti di Rosamond o i cani Zanna e Fango, con cui prendersi una vacanza all'ombra di un albero.
E qui entra il quarto motivo di interesse, il disegno, rispetto al testo altrettanto considerevole. Particolarmente felice quello dei cani, ma anche quello di bambini e bambine.
Un uso molto parsimonioso del colore ne denuncia l'età e il carattere 'economico' dell'edizione (b/n e colore alternati perché il foglio di stampa era colorato solo da un lato per risparmiare), ma è altresì segnale di un illustratore di ottima razza.
Marc Simont, per chi non lo sapesse, è stato un dei più geniali fumettisti e illustratori americani. Vincitore della Caldecott nel 1957, ha pubblicato oltre cento titoli e ha disegnato per i più grandi, tra cui Ruth Krauss nel suo meraviglioso The Happy Day del 1950 o lo stesso James Thurber con The wonderful O. Il segno del fumetto nella serie del Grande Nate è riconoscibile in quel tratto a matita nera così immediato e dinamico.
Anche lui, di quell'età d'oro è stato un'altra colonna portante.
Tutto questo è 'solo' per dire due cose:
Il Barbagianni in più di una occasione ha già dimostrato di essere capace di pubblicare gioielli e di farlo talvolta riscoprendo testi che arrivano da lontano nello spazio e nel tempo. Ripubblicare libri del genere significa, non solo, rendere noti i padri e le madri della contemporanea letteratura, ma anche contrastare una certa stereotipia e banalità imperanti in questo preciso settore editoriale che si distingue, a parte qualche felice eccezione, per essere esclusivamente onesto artigianato
E se davvero le cose stanno così, è giusto augurarsi che libri del genere entrino negli zaini di tutti i bambini e di tutte le bambine che quest'anno in vacanza dovranno -giocoforza- esercitarsi ben bene sulla lettura prima di rientrare trionfanti a scuola il 14 settembre.
E se lo possono fare divertendosi parecchio, ancora meglio.

Carla