giovedì 16 aprile 2020

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


I.A.


Quale argomento più fascinoso di quello dell’Intelligenza artificiale, già declinato in molti modi dalla fantascienza classica e reso popolare anche da film come ‘2001 Odissea nello spazio’, ‘Blade Runner’, ‘Io, Robot’. E’ stato riproposto recentemente anche in un romanzo, ristampato in versione economica l’anno scorso, del 2008: ‘Genesis’, di Bernard Beckett.
Proprio perché è un tema molto visitato, è difficile orientarsi in una produzione che lo ha affrontato da diversi punti di vista: le macchine ostili, gli androidi dominati da sete di vendetta e desiderio di distruzione, le macchine eredi di una terra spopolata.
Ma per fare un raffronto più ravvicinato ho scelto un racconto del grande Philip Dick: “Impostore”, contenuto nella mitica raccolta, curata da Sergio Solmi, “Le meraviglie del possibile”. In questo racconto del lontano 1953, un personaggio, Olhman, viene accusato di essere una spia degli extraterrestri, nemici della Terra e di essere un androide che ha preso le sembianze di un umano, con lo scopo di far esplodere una potentissima bomba. Olhman è convintissimo che ci sia un errore, ma gli agenti che lo fermano e vogliono ucciderlo affermano che lui è stato programmato per sostituirsi all’uomo di cui deve prendere il posto, acquisendone anche i ricordi, tanto da convincersi di essere effettivamente lui, un umano. Olhman conduce tutti dove è caduto un razzo nemico e lì giace in effetti il corpo senza vita di un altro Olhman; tutti sembrano convincersi della sua tesi fin quando non compare un coltello. Olhman stesso si convince dell’inganno e in quel momento, innestata dal suo momento di consapevolezza, esplode la bomba.
Dunque, qui non la macchina al servizio dell’uomo, come nelle tre leggi della robotica create da Asimov, ma una tecnologia aliena capace di confondere il confine fra umano e non umano. Questo è proprio il punto cruciale: se una macchina non solo può mimare le sembianze umane, la voce, i tic, ma può assumerne la personalità e i ricordi, qual è il confine che lo separa dall’originale? Quindi cosa è squisitamente umano? Nel racconto di Asimov, e nel seguente romanzo scritto con Silverberger, ‘L’uomo bicentenario’, scritto nel ‘76, la risposta è l’immortalità. L’androide Andrew, alla fine del suo progressivo processo di identificazione con i creatori umani, chiede di poter morire come loro perché solo la caducità dà senso alla vita.
La risposta di Bernard Beckett è molto diversa e passa attraverso un lungo colloquio fra la giovane Anax e i saggi che la devono forse ammettere all’Accademia. L’esame verte sulla vita di un uomo leggendario, Alan Forde, di cui Anax ricostruisce le imprese, in particolare il suo rapporto con l’androide Artfink, dall’aspetto scimmiesco. Si sviluppa un lungo dialogo, direi piuttosto pretenzioso, sul tema della libertà. Alan Forde è stato un irregolare, una persona incline alla ribellione, che non sottosta volentieri alla legge. Riuscirà a contagiare il suo interlocutore non umano? Il finale dà la sua risposta, che conferma l’ipotesi di partenza dell’autore, che una società ordinata, basata sul controllo, è antitetica alla libertà di scegliere, senza la quale non è data umanità.
Il tema umano-non umano, che ha moltissime declinazioni e che qui abbiamo visto sommariamente esplicitato nel rapporto fra uomo e macchina pensante, è ricchissimo di implicazioni: nel tentare di rendere una macchina, perché un androide, un replicante direbbe Ridley Scott, tale è, sempre più simile al modello umano, si gioca con la creazione, con l’attribuire a essa un’anima, ovvero una individualità che va oltre una serie di chip e di circuiti complessi. La fantascienza si è sbizzarrita su questi argomenti, vedendo di volta in volta le minacce o il fascino di una alterità vivente.
Nel romanzo di Beckett sta in sottofondo anche un altro quesito: a cosa si è disposti a rinunciare per vivere in una società ordinata, sicura; qui il tema è squisitamente politico e investe una delle più grandi questioni del ‘secolo breve’: il consenso ottenuto da sistemi politici autoritari se non dittatoriali. La rinuncia alla propria capacità di pensare non è un tratto del mondo futuribile, è un tratto ineludibile della storia recente.
Come si vede sono temi densissimi, che queste storie e molte altre, scritte nel secolo passato, rendono affascinanti, costringendo anche i più riottosi a farsi domande radicali sulle sfide della scienza e della storia. Queste letture, piuttosto impegnative, richiedono maturità personale e le propongo, quindi, a lettrici e lettori motivati, a partire dai quattordici anni.

Eleonora

“Genesis”, B. Beckett, Rizzoli 2008, 2019
“Impostore”, P. Dick, in “Le meraviglie del possibile”, Einaudi 1959, 2014


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