mercoledì 7 giugno 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA MATITA AFFETTUOSA

Che difficile! Guridi (trad. Valentina Mai) 
Kite edizioni 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Vorrei dire «ciao» al panettiere, alla mia vicina Anna e alla signora Antonia. 
E aggiungere qualcosa come «Che bel vestito!». 
Però mi riesce solo un sorriso... Sorrido... solo questo. 
È tanto difficile parlare..." 

Quando esce di casa, tutto diventa difficile. 
Per arrivare alla fermata dell'autobus è meglio per lui contare i respiri perché contare lo tranquillizza. Salito sul 21 l'unica cosa da fare è sorridere al conducente che gli chiede sempre come va, poi sedersi e guardarsi le scarpe e soprattutto no guardare chi siede vicino a lui. 
La voce alta delle persone non gli piace e anche il rumoroso arrivo a scuola non fa per lui. 
In classe, al suo banco, non parla e non dice il nome di nessuno. Eppure li sa tutti. 
La sua mamma gli dice di non preoccuparsi perché le parole prima o poi arriveranno. 
Certo, però tutto è così difficile... Ma, magari, sottovoce... 

Ed è così che si scoprono un po' dei pensieri, dei trucchi con i numeri, delle paure, delle sfide che attraversano la testa e il cuore di questo bambinetto. 
Piccolo, in un mondo molto più grande di lui. 


La matita veloce, emotiva e affettuosa di Guridi trasforma le sensazioni in disegno. 
Il grande è molto grande e il piccolo è molto piccolo. E Guridi è un grande disegnatore di piccoli.
Tratti chiusi, come a intrappolarlo, rendono la sua solitudine palpabile. 
La confusione e il rumore appare nella moltiplicazione di facce, tante facce tutte uguali, che con la bocca aperta parlano all'unisono. Fanno paura.  
E anche in classe il solito cerchio lo tiene nella bolla: i compagni tutti azzurri e lui, fuori dalle loro file di banchi, è l'unico senza colore: un solo tratto che lo definisce, lo rende diverso, lo isola. 


Tutto questo 'scarabocchiare', tutti questi segni che si ripetono e che vanno in direzioni sempre diverse sono l'immagine della difficoltà, della confusione. 
È l'esterno di uno che nell'esterno non riesce proprio a muoversi con disinvoltura.
 

I pochi altri colori, al pari del tratto, sono portatori di senso. Il rosso, in particolare, una linea più grossa e anche più precisa, definisce tutto quello che rappresenta agli occhi di quel bambinetto così minuscolo, la sua difficoltà, il mondo che ruota intorno a lui, mamma compresa. 
Nonostante le parole rassicuranti. 
E, a proposito di linee di demarcazione, di linee che dividono una bolla dall'altra sarà utile riflettere solo un momento sul fatto che la relazione con l'esterno, con quell'esterno che arriva appena varcata la soglia della porta di casa, porta ciascuno di noi in direzioni tra loro molto diverse. 


È l'esperienza che mi fa dire. Ho visto bambini che hanno bisogno di tempo per costruire le loro sicurezze verso l'esterno, che hanno bisogno di prepararsi dentro prima di pronunciare una parola che li renda visibili. Ci sono invece bambini che dell'esterno si nutrono. 
Ci sono i bambini timidi e i bambini disinvolti. Ci sono i bambini che anche se solo cerchi di incontrare il loro sguardo, si fanno schivi, cercano di nascondersi dove possono, di solito verso il corpo sicuro di madri e padri. 
Ci sono bambini silenziosi. Ogni tanto, un sorriso. Che forse sono anche stanchi di sentirsi chiedere se qualcuno gli abbia mangiato la lingua. Magari il gatto... 
Ci sono bambini che poi diventano ragazzi che quando è ricreazione restano seduti al banco e da lì guardano gli altri precipitarsi fuori a giocare o a a mangiare qualcosa. 
Ci sono bambini e poi ragazzi che devono forzare loro stessi per andare al telefono a parlare con la zia o ordinare una pizza. 
Ci sono bambini e poi ragazzi che se invitati alle feste di compleanno si mettono in un angolo e dopo un'oretta sarebbero già pronti per andare via. 
Ci sono bambini che, alle loro di feste di compleanno, quando è il momento di soffiare sulle candeline della propria torta, si sentono tutti gli sguardi addosso, e piangono. Invece di soffiare. 
Ci sono bambini che giocano da soli in allegria. Ci sono ragazzi che sanno stare in compagnia ma da soli alle volte si sentono meglio. 
Ci sono bambini, ragazzi e adulti a cui piace circondarsi di silenzio e se vogliono raccontare qualcosa decidono di farlo con le matite, con i disegni, più che con le parole. E magari non lo fanno davanti a tutti, ma li mettono preferibilmente nero su bianco - con un po' di rosso qui e là - su un foglio da disegno e poi li fanno diventare un libro. 


Ecco è a tutti loro, piccoli e anche grandi, che Guridi ha pensato. Con affetto.

Carla

lunedì 5 giugno 2023

FAMMI UNA DOMANDA!


DELLE ONDE IL CATALOGO È QUESTO!


Preceduto da ‘Nuvolario’, ‘Ondario’, scritto da Sarah Zambello e illustrato da Susy Zanella, è un bel libro illustrato dedicato al mondo del mare, nell’ottica particolare di descriverne le onde.
Descrivere e classificare, questa sembra la vocazione espressa da questa collana dell’editore Nomos: le nuvole, le onde, le comete. L’approccio è analitico, descrittivo e non sceglie la via più semplice, del parlare del mare attraverso le sue onde. Al contrario le autrici entrano dritte nei tecnicismi, nelle diverse classificazioni, nelle misurazioni, scegliendo, come contraltare a tanta dottrina, le citazioni letterarie che attingono a Hemingway o a Coleridge, oppure all’infinito patrimonio di miti e leggende.
E dunque si parte dal vento e dalle maree, dalle correnti oceaniche fino a spiegare come vengono misurate le onde e di conseguenza come venga classificato il moto ondoso secondo la scala di Douglas, che riguarda il mare vivo e il mare morto, ovvero con la presenza o l’assenza di vento.
Il testo è conciso e dettagliato, con l’opportuno apparato di note; è sempre molto chiaro, con l’unica eccezione di testi stampati in nero su sfondo scuro. A seguire, il glossario e la bibliografia, soprattutto letteraria.


In poche parole, un interessante approccio al libro di divulgazione, dove si affiancano contenuti prettamente scientifici a suggestioni narrative o artistiche, quasi a suggerire la complessità dell’oggetto indagato, al di là del più stretto tecnicismo. Si tratta di un esperimento interessante che allarga anche il bacino dei potenziali lettori e lettrici: non solo ragazzi appassionati di mare, non solo estimatori di libri illustrati. Lettrici e lettori, in base alle proprie propensioni e competenze, potranno trarre informazioni e suggestioni fra loro connesse; possono essere, come dicevo, ragazze e ragazzi, ma anche adulti, che apprezzino in particolare i libri ben fatti, ben pensati e ben costruiti.


Le illustrazioni di Susy Zanella, che spesso costituiscono lo sfondo del testo, accompagnano con precisione le argomentazioni, le descrizioni e le misurazioni, prestandosi sia a rappresentare concetti e dati scientifici sia a interpretare le suggestioni letterarie.
Il testo, cui hanno contribuito diversi esperti, è scritto con la collaborazione con il Centro del Mare dell’Università di Genova.


Consiglio la lettura a tutte e tutti gli amanti del mare, dai dieci ai novantanove anni.

Eleonora

“Ondario”, S. Zambello e S. Zanella, Nomos Edizioni 2022




venerdì 2 giugno 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


DIVERTIMENTO WESTERN


L’impressione che si ha leggendo ‘Il grande colpo di Crimson City’, pubblicato da poco da Salani, è che i due autori, Davide Morosinotto e Pierdomenico Baccalario, si siano divertiti un mondo. La struttura del romanzo prevede l’alternanza di due narratori, Roy e Piper che raccontano al lettore e alla lettrice sia ciò che appare che le trame nascoste, i tradimenti, gli innamoramenti, le fughe rocambolesche.
L’incipit del romanzo , e direi tutto il primo capitolo, sono perfetti nell’introdurre in una tipica ambientazione western: la polverosa, miserabile Crimson City accoglie l’arrivo in città di un pistolero a cavallo, che si trascina dietro una cassa da morto in cui viaggia Piper, ragazza mezzosangue dal carattere indomabile. Ad assistere alla scena è Roy, un ragazzo arrivato lì tempo prima e adottato dal capostazione Wilson.
Il pistolero è Logan Pickett, sceriffo federale, che insieme alla sorellastra è arrivato qui per compiere una vendetta: sono infatti alla ricerca di un bandito, l’ultimo della famiglia Gordon.
I due nuovi arrivati sono l’unica attrattiva di una città piccola, con un paio di strade al massimo e con tutti i luoghi che non possono mancare in un racconto western: il saloon, la prigione, l’albergo pidocchioso, l’emporio, la banca, l’ufficio postale. E poi, la stazione, in cui passa ogni mercoledì un treno: una settimana è il diretto, che non si ferma; l’altra, il treno locale che si ferma un’ora soprattutto per caricare l’oro che i cercatori hanno depositato in banca.
La vita scorre sempre uguale, a Crimson City e lo sceriffo Brown ha ben poco da fare. L’arrivo dei due forestieri è destinato però a sconvolgere le pacate abitudini del luogo. Sia Piper che Roy sono impegnati nello loro personali ricerche e il loro incontro non è senza conseguenze: la risoluta ragazza dalla pelle scura ha fatto breccia nel cuore del giovane Roy e questo fatto scombinerà, e non poco, i piani di entrambi.
Fin qui sembra tutto chiaro, ma i nostri autori hanno in serbo una serie di colpi di scena, di inganni montati su altri inganni, travestimenti, inversione di ruoli. Chi è il bandito, chi insegue cosa, il lettore non può far altro che assistere al vorticoso cambio d’orizzonte che la storia gli propone. E niente viene lasciato al caso: dalla posizione dei pozzi ai percorsi che portano dalla banca al treno.
Difficile dire chi sia il cattivo della storia, con buona pace dei testi che si fondano sulla lotta fra il bene e il male: qui nessuno è innocente, nessuno dice la verità e il finale non può che confermare che qualche volta l’essere ‘cattivi’ aiuta ad essere felici.
I due personaggi principali, Roy e Piper sono scritti alternativamente dai due autori, ma non vi dirò chi scrive cosa: è un gran divertimento anche provare a rintracciare lo scrittore dietro il personaggio.
Si tratta di una lettura perfetta per l’estate, divertita e divertente, ma tutt’altro che superficiale, che mi sento di consigliare caldamente per le prossime letture estive a ragazze e ragazzi che amino l’avventura e la buona scrittura, a partire dagli undici anni.

Eleonora

“Il grande colpo di Crimson City”, D. Morosinotto e P. Baccalario, Salani 2023


mercoledì 31 maggio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA GRANDEZZA DELLE PICCOLE COSE

Scarpa, dove sei? Tomi Ungerer 
Biancoenero edizioni 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)  

"Uno, due 
che strano tiro 
la mia scarpa 
è andata in giro." 

Questo è quello che capita a un bambino, giacca, cravattino e cappellino della scuola, che all'improvviso si trova senza la scarpa destra e il suo calzettone a righe con un filo tirato in cima fa bella mostra di sé. Forse del suo mocassino marrone ne sa qualcosa il cane seduto lì accanto che guarda altrove? 
Comincia così una carrellata di personaggi, animali e oggetti - dalla locomotiva al transatlantico - che nella loro forma ne nascondono almeno un'altra. 
In particolare, vista la situazione del bambino al principio, la forma di cui mettersi in cerca e quella della scarpa: di una o più scarpe. E non ci si illuda, come sarebbe facile pensare, che la soluzione si trova guardando in basso verso i piedi. 
Aguzzare la vista tra musi, becchi e corna. E divertirsi. 

Tomi Ungerer nel 1964 faceva questo. Oltre a molto altro. 
Tomi Ungerer non primissima maniera, per intendersi i Mellops o Crictor, con la linea sottile. 
Ma il Tomi Ungerer dell'epoca de I tre briganti. Il periodo in cui, a distanza di pochi anni dal suo arrivo in USA con pochi dollari in tasca e la cartella dei disegni, è un autore ormai ben noto che ha da dire molto sia con i suoi libri, sia con i suoi poster. Con la sua arte, più in generale. 
La grandezza si vede anche nelle piccole cose. 


Così in un libro tutto sommato semplice si riconoscono tre caratteri fondamentali della poetica di uno dei più grandi. Per alcuni, il più grande. 
Il primo di questi caratteri ha a che fare con l'idea che una forma ne può nascondere molte altre, basta saperle vedere. 
Non credo sia necessario approfondire il discorso che dietro questa lettura che solo apparentemente sembra circoscritta alla forma, Ungerer la applichi al suo modo di interpretare la realtà molto più articolato. Chi ha un minimo di dimestichezza con questo autore segue il ragionamento. 
Di questa sua attitudine si ritrovano radici anche più antiche nella sua arte. 
Basta pensare al suo libro Horrible/Weltschmerz, intorno al 1960 in cui il suo lavoro è quello di creare, attraverso il collage di oggetti di uso comune e una linea sottile e un po' tremolante, a inchiostro di china, che tanto ricorda quella di Saul Steinberg, una forma ulteriore: due forconi fotografati diventano le zampe di un uccellone, un televisore diventa il corpo di un pesce.

Tomi Ungerer Sans titre, dessin pour Horrible 1960 ca

Questo gioco ha un suo esito tridimensionale in una serie di sculture frutto dell'assemblaggio di materiali di recupero. Senza contare che su questa scia ancora negli anni Ottanta Ungerer firmava con lo pseudonimo KOK (Kunst ohne Künstler) una serie di oggetti, trovati nella spazzatura, poi esposti e venduti all'asta per beneficenza. Oggetti che potevano essere letti da una persona con una buona sensibilità e gusto, come espressione di una sorta di arte naturale. 
Senza Duchamp e Beyus nessuno forse avrebbe messo a fuoco la "banalità celestiale dell'oggetto spazzatura", così come si legge in Tomi Unger, il catalogo della mostra che si tenne nel 1991 al Palazzo delle Esposizioni, curata da Paola Vassalli.

 
Ma se si torna alla forma di uno stivale nel corpo di un'oca, si palesa la seconda costante dell'arte di Ungerer: l'ironia. Che lui dispensa a livello universale: in questo caso particolare, un bambino non deve coglierla necessariamente, ma a un adulto questo plusvalore non dovrebbe sfuggire. 
Quindi, attraverso la forma passa il suo acuto senso dell'ironia con cui chiama dentro i suoi lettori, piccoli e grandi. 
Un bambino, aiutato anche dall'uso del colore, riderà dei decolleté di sua madre che diventano corna di una mucca o teste di serpenti. O sarà contento di vedere babbucce arabe che diventano baffi in perfetta simmetria con quelle ai piedi di un pascià. 


Ai grandi sono riservate altre sottigliezze, come le scarpe di coccodrillo che sono il coccodrillo stesso, lo sgomento del maiale e altri stivali che diventano canne di cannone. 
D'altronde Ungerer non si è mai negato la possibilità di costellare di nessi di senso, spesso urticanti, ma maledettamente veri e quindi necessari, le sue storie e le sue figure. 
E l'ironia è sempre stata il suo mezzo di trasporto privilegiato.
 

Terzo elemento: il gioco. Questo è il suo modo di chiamare dentro i suoi lettori e far loro passare del buon tempo con un libro in mano. Divertirli attraverso lo sguardo che si deve fare acuto in cerca di una propria soddisfazione, che ha il pregio di potersi riproporre tutte le volte che si ricomincia. 
Per questa ragione, ancora prima che One, two where is my shoe? che esce per Harper nel 1964, esce nel 1962 Snail, where are you? che adesso viaggia in coppia, ancora per Biancoenero, con il titolo Lumaca, dove sei? Il meccanismo è il medesimo. Ma qui senza neanche una parola di introduzione al gioco, che parte con il titolo. 
Ursula Nordstrom, a cui il libro è dedicato, editor dal grande fiuto, che per anni ha reso grande il catalogo Harper, di Tomi Ungerer aveva già pubblicato i Mellops nel 1957 e poi quasi tutto il resto.


Lei aveva ben capito che testa e che mano aveva questo trentenne irriverente e rivoluzionario, arrivato in nave dall'Europa, che dichiarava "J'ai toujours voulu faire des livres d'enfants qui ne plasient pas aux parents". 
Lei, lo aveva capito e amato già allora. Lei. 

Carla

lunedì 29 maggio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA GRANDE QUESTION

Da grande sarò una foca, Nikolaus Heidelbach (trad. Valentina Vignoli) 
Logos edizioni 2023 


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni) 

"La sera, io e mamma parlavamo del mare. 
Di solito le portavo una bella pietra o una conchiglia rara, e lei in cambio mi raccontava cos'altro ci fosse sott'acqua: sirene, vere lamprede dai nove occhi, ragazze-gamberetto, dugonghi di corte, calamarchesi, meduse mortali..." 

Questo bambino non ha mai dovuto imparare a nuotare. Lo ha sempre saputo fare. Vive con la sua mamma e il suo papà in una casa fuori dal paese, in riva al mare e quando non deve aiutare sua madre nei lavori in casa e in giardino, torna in acqua e nuota, nuota. E nuota. Suo padre fa il pescatore e sta per giorni lontano da casa, al largo dove ci sono i banchi dei pesci. E quando sono soli, mamma e figlio, lei gli racconta cose meravigliose sulla vita nel mare. Pieno di stupore, il bambino si interroga: ma come fa lei a sapere così tante cose se non mette mai neanche un piede nell'acqua? Eppure è così, racconto dopo racconto. 

© Nikolaus Heidelbach

Tra i tanti, c'è anche quello delle foche che, con il plenilunio, vengono a riva e, dopo essersi spogliate della loro pelle, sono veri esseri umani. L'importante per loro è tenere vicino la propria pelliccia per poter tornare nel mare, quando si è vissuto abbastanza come persone. 
Ed è forse questa storia che porta quel bambino a cui piace tanto il mare, a credere che suo padre sia una queste creature, un po' foca un po' uomo: d'altronde a notte fonda lui lo ha visto spostare dal capanno proprio una lucente pelliccia di foca, la sua, e di chi altrimenti? 

Si può gioire dell'arrivo di questo libro per diverse ragioni. 
La prima è legata alla bellezza intrinseca della storia che è una delle tante versioni esistenti in letteratura di un mito diffuso tra l'Irlanda, la Scozia e le isole Fær Øer e l'Islanda: quello delle selkie, creature del mare, foche, che hanno la capacità di prendere le sembianze umane, se si spogliano della loro pelliccia.

© Nikolaus Heidelbach 

La seconda è che una delle tante versioni letterarie è un libro di Nikolaus Heidelbach. 
La terza è che questo libro sia finalmente arrivato anche qui, con Logos. 
Il mito delle selkie, come tutti i miti, pone diverse questioni di carattere universale: la prima delle quali ruota intorno al senso di appartenenza. 
La pelle che ci contiene è in qualche modo un segno distintivo che qualifica le nostre radici. Ma pone anche una questione importante riguardo alla scelta della propria identità che può essere molteplice e comunque sempre risultante da una volontà personale. 
E legata ugualmente a entrambe arriva la terza ma non ultima questione: la chiave 'genetica' della trasmissione dei saperi, attraverso le generazioni. Da cui, la chiarezza del titolo. 
Dunque: appartenenza e identità. 
In questa prospettiva il mito della donna foca si moltiplica, come sempre accade, secondo diverse sfumature, ma su una circostanza è piuttosto concorde: la determinazione finale sul senso di appartenenza. Tutte le donne foca tornano al mare. 

© Nikolaus Heidelbach

Il ritrovamento della loro pelliccia, nascosta, conservata, sottratta, questo poco differenzia, ne riaccende come per incanto il legame primigenio e insopprimibile. Quello stesso legame che fa dire ad alcuni, quando pensano alla loro 'casa' dove finire in pace la propria esistenza, io là devo tornare. 
Ci si potrebbe interrogare a lungo sul senso, o per meglio dire, sulla direzione che diamo alla nostra vita. Aver costruito un percorso che abbia una andata e un ritorno è una scelta condivisibile? 
Ma forse qui ha più senso chiedersi quale prezzo siamo disposti a pagare per farlo. Nella mitologia legata alle selkie anche questo punto è sostanzialmente concorde: nel partire lascia tutto ciò che ha costruito sulla terra, compresa la prole. 
E qui si apre uno dei tanti scenari scomodi, quegli stessi scenari scomodi che Heidelbach cerca con determinazione e costanza con l'obiettivo di metterli dentro un libro illustrato per farli arrivare a chi di dovere. 

© Nikolaus Heidelbach

Credo di non allontanarmi troppo dal vero se penso che il buon Heidelbach lo faccia in modo programmatico, con l'intento di voler raccontare la verità, di voler raccontare la complessità dell'infanzia per quella che è e quindi scompaginare certe sicurezze, che appartengono al mondo degli adulti e che gli adulti si danno un gran daffare a inculcare nella testa dei bambini. 
Una di queste - peraltro distante da quella che è l'esperienza del reale che molti bambini possono aver sperimentato - è quella che mamma non ti lascerà mai. Affermazione che già di per sé crea un bel po' di guai. 
La seconda, da questa derivante, ha a che fare con la lontananza che non è di per sé - ad eccezione del territorio italiano - un sinonimo di disinteresse o mancanza d'affetto verso chi si lascia. 
Non a caso, Heidelbach dice la sua al riguardo, senza spendere neanche una parola, ma disegnando una scena che in questo senso è inequivoca. Ma forse per un adulto, non abbastanza rassicurante. 
Arriva con chiarezza addirittura a libro chiuso. 
E qui entra la terza ragione per cui gioire. La poetica di Heidelbach che ancora una volta valica le Alpi e tenta la conquista di un territorio per lei quasi vergine e inesplorato. Due soli i suoi libri che Donzelli ancora tra il 2010 e il 2011 ha pubblicato in Italia: Cosa fanno le bambine? e Cosa fanno i bambini?. Miracolosamente hanno retto per tutti questi anni, ma mentre galleggiavano si constatava il fatto che il pubblico italiano adulto reagiva con poco entusiasmo. Troppo inquietanti quei silenzi che avvolgevano le tavole, troppo preoccupanti quegli sguardi in tralice dei bambini e delle bambine protagoniste, troppo perturbanti i nessi tra il pochissimo testo e l'immagine, troppo diseducativi gli scenari. E poi, esiguo e preoccupante, al limite dell'offensivo, il ruolo dato agli adulti in scena. 
Va da sé che se, messi in mano ai bambini e le bambine, entrambi i libri hanno un grande successo e aprono discussioni accese che possono durare intere giornate. 
Ma è un fatto che i libri li comprano i grandi. Dopo accurato e prudente pensamento. 
Così solo alcuni donchiscittoeschi adulti hanno perseverato nel divulgare la conoscenza di questo autore. E io, modestamente, tra loro. 
Ma fortunatamente il tempo passa e - dai e dai - certi ragionamenti sono diventati, almeno a parole, parte di un pensiero più condiviso, più sdoganabile nell'ambito della pedagogia della lettura. 
© Nikolaus Heidelbach

La grande question è la seguente: riuscirà la leggenda della donna foca a farsi conoscere e a mettere radici nelle teste di chi la legge? Riuscirà a non sembrare uno sproposito quello di far ricadere su un bambino una responsabilità del genere? Riuscirà a passare una famiglia che si frantuma così? Riuscirà finalmente a diffondersi anche qui la grande arte di Heidelbach? Riusciranno le sei magnifiche tavole mute a raggiungere lo sguardo incuriosito di ragazzini e ragazzine, così come è accaduto con 'la ridda selvaggia' di Sendak o come è successo con 'le fotografie immaginarie' di Wiesner per Flutti/Flotsam? Riuscirà il freddo e scuro Mare del Nord a imporsi sul solare mare nostrum? Riuscirà ad arrivare ai bambini il fatto che il mondo dei grandi talvolta è inspiegabile? 
Vedete un po' che potete fare... 

Carla

venerdì 26 maggio 2023

FAMMI UNA DOMANDA!


IL CLIMA CHE CAMBIA (E FA PAURA)



Non sono certo poche le pubblicazioni, gli articoli che parlano del cambiamento climatico e dei suoi effetti; nel caso del libro divulgativo di Mario Tozzi, ‘Perché il clima sta cambiando?’, pubblicato da Einaudi Ragazzi, l’involontario tempismo è davvero singolare. Uscito ai primi di maggio, il testo, articolato e preciso come si conviene, spiega il cambiamento climatico proprio quando a misurarne le conseguenze, per quanto indirette, sono migliaia di persone che, nel nostro Paese hanno subito una devastante alluvione.
Attualità a parte, il libro di Tozzi, geologo, ricercatore e divulgatore scientifico, si sofferma su diverse problematiche legate al tema del clima. Innanzitutto, fornisce una serie di dati statistici che attestano le variazioni di temperatura, l’aumento della siccità e i fenomeni estremi, tutti fra loro interconnessi; viene messa in evidenza la tragica influenza che il consumo del suolo, legato alle attività produttive, ha sugli effetti dei fenomeni atmosferici, già di per sé ‘eccezionali’.
Fare un passo indietro, rispetto allo sfruttamento delle risorse naturali e al consumo di suolo, non è solo necessario, è impellente; ma è sufficiente? Per rispondere a questa domanda, l’autore analizza i dati relativi alla responsabilità dei combustibili fossili e della produzione di metano, legata agli allevamenti intensivi, nell’aumento delle temperature a livello globale.
Non ci sono molti dubbi al riguardo; per mettere mano a questa tematica è necessario mettere in discussione il nostro modello di sviluppo, il nostro stile di vita. La domanda a questo punto è: possiamo gestire il cambiamento oppure è necessario stravolgere il nostro modello di sviluppo per invertire la tendenza all’aumento della temperatura?
In questo ambito il problema cruciale è il fattore tempo: la capacità di reazione dimostrata dai sapiens finora è veramente scarsa: il grande fotografo brasiliano Salgado, in un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della sera, afferma che abbiamo già oltrepassato il confine del non ritorno e che, quindi, il nostro destino è segnato, mentre la Terra, la sua biosfera, come successo in altre ere, troverà il modo di ricominciare.
Questa è una visione pessimistica, forse rassegnata, ma l’ottimismo della volontà è quello che ci fa dire che libri come questo forse possono aprire gli occhi ai più giovani, in modo che a protestare non siano più solamente i coloriti e irriverenti guerrieri di Friday for Future o Ultima Generazione.
Il tema del cambiamento climatico è stato varie volte affrontato nei libri per ragazzi; per i più grandi, sopra i dodici anni, per esempio da Luca Perri in ‘Pinguini all’equatore’ ; molto diverso l’approccio, nel libro di Mario Tozzi molto serio, documentato, assertivo, pur nella semplicità dell’esposizione; nel libro di Perri, l’approccio era più ironico, problematico, coinvolgente, pur arrivando alle stesse identiche conclusioni.
Questioni di stile, dunque, ma non solo: la difficoltà ad affrontare testi argomentativi di una certa serietà è nota; cercare un percorso espositivo più vivace non è una banalizzazione, ma rappresenta un tentativo di superare le difficoltà di comprensione che spesso ragazze e ragazzi hanno.
Mario Tozzi sceglie un approccio più didattico, sistematico, usando qua e là terminologie obbiettivamente difficili.
Detto questo, la tematica è talmente importante che, magari con l’aiuto di un adulto, è più che opportuno che questo e altri testi simili entrino nelle bibliografie ideali destinate ai ragazzi e alle ragazze della scuola media.
Capire è il presupposto per poter agire, poi, a ragion veduta.

Eleonora

“Perché il clima sta cambiando?”, M. Tozzi, Einaudi Ragazzi 2023


mercoledì 24 maggio 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)



LA RABBIA E IL DOLORE

Lea, la protagonista di ‘Tanto amore non può morire’, di Moni Nilsson, è molto arrabbiata con l’amica del cuore Noa, che le ha parlato della partecipazione di sua madre al Galà del Cancro, un evento pubblico a sostegno della ricerca. In quell’occasione la mamma di Lea ha dichiarato di essere una malata terminale.
Lea sa bene che la mamma è in una fase della malattia senza speranza, ma non accetta l’idea che realmente possa morire e meno che mai può accettare che a ricordarglielo sia proprio l’amica del cuore. Per questo decide di odiarla con tutte le sue forze, perché finché odierà Noa, la mamma non morirà.
Lea spia dalla finestra l’amica che viene in visita con la madre, a sua volta amica della mamma. Tutte le volte che le vede arrivare, va a nascondersi dalla vicina; nonostante sia la sua migliore amica, praticamente una sorella, la evita in tutti i modi, lascia la amatissima squadra di calcio, si mette continuamente nei guai.
In tanti fanno fatica a sopportarla, tranne il timido Konrad, con cui si fidanza per qualche giorno.
Tutta la vita familiare è sconvolta dalla malattia: il padre trascura il lavoro e si fa crescere una folta barba, il fratello maggiore Lucas, talvolta permette a Lea di entrare nella sua privatissima stanza, dove suona con l’amico Abbe, di cui Noa e in parte anche Lea sono segretamente innamorate.
Col passare dei giorni, la parvenza di una vita normale si dissolve e cominciano a moltiplicarsi le ‘ultime volte’: l’ultimo ballo dei genitori, l’ultimo incontro di tutta la famiglia con le amiche del cuore della mamma, nominate madrine di Lucas e Lea, a sottolineare una continuità di amore che la morte non può interrompere.
La quotidianità di madre e figlia è fatta di confessioni, di silenzi complici, di consapevolezza che man mano cresce e di molte, inevitabili lacrime. Così come cambiano nel tempo i rapporti con gli altri familiari, perché poche cose uniscono le persone più di un lutto condiviso.
La mamma di Lea affronta l’avvicinarsi della morte con immenso dolore, per tutto quello che non potrà dare ai figli, che non potrà vivere con loro e cerca di lasciare quanti più ricordi è possibile, perché su quelli si fonderà quell’amore così grande che non può finire, lei mamma squalo che protegge le due bambine delfino.
Lea è una ragazzina forte, autonoma, determinata, come se ne incontrano spesso nella letteratura nordica; è un personaggio che alterna una visione infantile del mondo, in cui ancora resiste il pensiero magico, alla consapevolezza della perdita, fino alla capacità, davvero rara, di lasciare andare.
Questo romanzo di Moni Nilsson, tradotto con grande sensibilità da Samanta K. Milton Kowles, per i tipi di Uovonero, è a suo modo un romanzo esemplare nel saper trattare con delicatezza un tema tanto drammatico e spesso stigmatizzato nella letteratura per ragazzi. I personaggi sono destinati a restare nel cuore di lettrici e lettori proprio per la loro fragilità, incoerenza, rabbia. Nello stesso tempo si parla di morte senza eufemismi, senza inganni consolatori, parlando del dolore e del lutto per quello che sono realmente.
Moni Nilsson è una scrittrice svedese che ha ricevuto numerosi premi, fra cui l’Astrid Lindgren Prize. In Italia erano già usciti dei titoli della serie di ‘Tsatsiki e Ma’’, Pubblicati da Bohem Press.
Per il tema trattato, alcuni adulti esprimeranno perplessità, nonostante la letteratura per ragazzi sia costellata di orfani e di lutti, basti pensare ai bellissimi libri di Ulf Stark. Curiosamente, il lettore e la lettrice adulti oscillano fra richiedere improbabili libri ‘consolatori’, che li aiutino ad affrontare il tema del lutto con i bambini, al rifiuto totale di sfiorare l’argomento.
Ecco, questo secondo me, è un libro necessario proprio per rompere luoghi comuni e presunti tabù, anche se, probabilmente, non è un libro per tutti. Lo consiglio caldamente a ragazze e ragazzi a partire dagli undici anni.

Eleonora


“Tanto amore non può morire”, M. Nilsson, trad. S. K. Milton Knowles, Uovonero 2023


lunedì 22 maggio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

MAGARI...

Il desiderio di Tricorno, Florence Parry Heide, Edward Gorey 
(trad. Paolo Maria Bonora) 
Bompiani 2023 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni) 

"Forse non era affatto l'addetto alla lettura del contatore, pensò Tricorno. Forse era un genio. Tricorno aveva letto un sacco di cose sui genii. Vivevano in brocche o in bottiglie finché qualcuno non li liberava. Forse questo genio viveva nella brocca che Tricorno aveva trovato in cortile ed era uscito quando Tricorno aveva tolto il tappo. 
Non voleva chiedergli se fosse un genio, casomai fosse stato l'addetto alla lettura del contatore. Aveva l'aria piuttosto assonnata. Forse era solo annoiato. Leggere i contatori deve essere un lavoro abbastanza noioso." 

Chiarito si tratti di un genio, effettivamente tediato dalla sua routine di esaudire desideri di gente mai vista di cui ignora i nomi e che peraltro non vuole neanche sapere, Tricorno ha tre desideri da esprimere. Due, diciamo così, se li brucia chiedendo una torta e le candeline perché oggi è - combinazione - il giorno del suo compleanno. 


Non sapendo cosa potrebbero regalargli i genitori, Tricorno fa spazio nell'armadio e soprattutto ragiona moltissimo su quale possa essere la terza richiesta, perché si sa che i desideri di un genio non sono mai più di tre. Mentre suo padre gli propina saggi consigli sull'impegno e sulle cose da fare ogni primo giorno del mese, dall'altro spera di essergli stato d'esempio nel cercare di risolvere i problemi man mano che si presentano: nella fattispecie, un insolito rialzo della bolletta del gas con relativa richiesta di un tecnico che venga a controllarne il contatore. 
Al contrario, sua madre ha la testa occupata da due ordini di problemi: smaltire tutti gli avanzi del frigo e acquistare un cappello che sia dello stesso verde del suo nuovo abito. 
Come di norma, il racconto di Tricorno relativo al rinvenimento fortuito della brocca contente il genio, lascia entrambi indifferenti e come di solito anche Moshie, il suo amico, è concentrato sulle sue piccole sventure e non è di alcun aiuto, o addirittura si rivela dannoso per Tricorno nella scelta del terzo e ultimo desiderio. 
Questa è la storia di quella giornata, in qualche modo memorabile e piena di speranza. 

Setacciando il racconto si raccolgono alcune pepite, da far fruttare per chi si occupi di letteratura illustrata per l'infanzia. 
La prima pepita è proprio l'illustrazione. Quanto di più lontano esista dal canone di illustrazione per bambini: figure piccole, piuttosto statiche, rigorosamente in bianco e nero, chiuse in una cornice e attraversate da un catalogo inesauribile di motivi decorativi: dalla carta da parati ai tessuti degli abiti, in una precisione asfittica e maniacale e quasi ipnotica. Talmente lontana da qualsiasi canone, da rivelarsi una scelta provocatoria e rivoluzionaria. Una scelta scomoda, poco accogliente e per questo molto interessante. 


Non so se sia un azzardo pensare questo paragone, tuttavia il Tricorno di Gorey ricorda il catalogo di bambini e bambine di Heidelbach. Pur essendo diversissimi autori, si direbbe che condividano il medesimo gusto per il congelamento temporaneo dell'immagine nell'istante esatto in cui un pensiero diventa gesto, azione. E altresì condividono il gusto per disegnare i loro personaggi con uno sguardo assente, lontano; e ancora, entrambi prediligono la cura del dettaglio. In Gorey più ancora che Heidelbach, complice il bianco e nero, diventa addirittura ossessione geometrica delle superfici e degli spazi. 
Ma questa loro rappresentazione, fredda e glaciale del mondo, quindi scomoda, che inquieta e perturba l'osservatore, preannuncia una precisa scelta di campo, lontana da ogni addomesticamento. Lontana da ogni accondiscendenza nei confronti del pubblico. E questo, direi, preannuncia la seconda pepita. 
Altrettanto preziosa, essa si materializza soprattutto nel testo. Per chiarezza: nella constatazione che tra il mondo degli adulti e il mondo dei bambini esiste una differenza, una distanza anche fisica, così abissale che sancisce in modo indubitabile l'appartenenza a due universi distinti. 


Diversi sono i modi di leggere la realtà, diversi, sono i linguaggi, diverse sono le aspettative, diverse le esigenze. E questo crea inevitabilmente attrito. Con buona pace degli adulti che faticano a prenderne atto e soprattutto a digerirlo e quindi a rassegnarsi serenamente ad avere sempre per le mani questa sabbiolina che inceppa l'armonia di cui vorrebbero circondarsi. 
Parry Heide e Gorey, dunque, ognuno con le proprie modalità, nelle storie di Tricorno, si sono dati il compito di esasperare questa condizione oggettiva, l'incomunicabilità, attraverso il registro dell'ironia, ma è innegabile che il fatto rimanga lì in tutta la sua pienezza. 
Uno dei capitoli del saggio Di cosa parlano i libri per bambini, Giorgia Grilli imposta il suo discorso proprio su questo contrasto, intitolandolo come se fosse un match o un famoso scontro legale da risolvere in tribunale, Kramer vs. Kramer, Adulti vs. bambini


Se è vero quanto sostiene Gottschall ne Il lato oscuro delle storie, ossia che la nostra comunicazione ha come scopo prioritario quello di influenzare le menti altrui, e se è vero ciò che Grilli sostiene, ossia che gli adulti sono 'naturalmente' portati a prediligere i bambini conformi, ossia quelli che si adeguano più in fretta di altri ad assomigliare per forma mentis a un adulto, ecco che con il Tricorno di Parry Heide e Gorey si mette in scena proprio questo: un mondo di adulti cui non interessa comunicare, mettersi in gioco, quanto piuttosto convincere e omologare. 
La terza pepita sta nella descrizione della controparte che Parry Heide e Gorey fanno, ed è Tricorno in persona: quanto di più strutturalmente refrattario al tentativo messo in atto dagli adulti che vogliono portarlo dalla loro parte. 
Il bambino Tricorno, anche in quel suo sguardo imperturbabile, è impermeabile ai consigli paterni, pur non essendo affatto ribelle. 


Al contrario, è educato, paziente, condiscendente in tutte le situazioni (compresa quella che lo vede con la madre al reparto sartoria di un grande magazzino perché lei trovi il suo cappello adatto). In quel suo silenzio che solo un idiota potrebbe interpretare come remissivo, custodisce il suo tesoro più prezioso, che, sediovuole, nessun adulto può sottrargli: la facoltà di immaginare, sperare, sognare. 
Impermeabile alle chiacchiere di padre e madre, impermeabile al fatto che loro in tutta evidenza non lo ascoltano, impermeabile di fatto a tutti gli altri adulti, con cui peraltro non smette di cercare un confronto, Tricorno non cessa neanche per un secondo di sognare un mondo migliore per lui e neanche per un secondo si perde d'animo di fronte al fatto di non essere ascoltato e neanche di fronte alla scelta del terzo desiderio, fatta in tutta fretta. 
Fa spazio nel suo armadio per accogliere i regali che riceverà, magari un televisore tutto per sé, magari. E mangiando le sue prugne di colazione riflette: "magari un cane. Magari in quel preciso momento c'era un cane in cortile, magari perfino un pony. Non gli era mai stato permesso di avere un animale, ma magari i suoi genitori avevano cambiato idea..." Magari.
Per non smettere di immaginare, sperare, sognare non serve un genio...

Carla