lunedì 31 maggio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

OSPITI INASPETTATI

Il compleanno del tasso, Toon Tellegen, Carll Cneut 
(trad. Laura Pignatti)
Topipittori, 2021
 
NARRATIVA ILLUSTRATA
 
"La donnola amava gli ospiti, ma solo se arrivavano a sorpresa. A volte passava qualcuno, bussava alla porta e diceva chi era, che passa di lì per caso e sperava di non disturbare, ma la donnola allora non apriva e diceva dall'interno: 'Eh già, pensavo che saresti passato... vai, vai, torna un'altra volta, ma vieni a sorpresa'.
Allora l'ospite casuale se ne andava deluso."


Una mattina però accadde qualcosa di insolito. La donnola sentì chiamare il suo nome, così chiese chi fosse e la risposta che la voce pronunciò la lasciò interdetta: non un nome, come si sarebbe aspettata, ma una domanda, a sua volta: indovina chi sono?
Questo mise in moto i pensieri di donnola che rispose, come suo solito che la cosa non la stupiva, ovvero che sapeva che sarebbe passato qualcuno e che le avrebbe chiesto di indovinare...
Ma la voce non si scompose e proseguì, avvertendola che le aveva portato qualcosa. Di nuovo la donnola si mise a ragionare e pensò che la cosa migliore da dire fosse quella di lasciare pure 'la cosa' fuori dalla porta, perché lei comunque avrebbe impiegato chissà quanto tempo a decidere se aprire o no l'uscio di casa.
La voce, per la seconda volta, non si scompose e disse che lei poteva aspettare, anche per giorni.
La donnola cominciò a smaniare e cercò di convincere la voce ad andarsene, perché comunque lei non aveva di certo fatto inviti.
La voce, per la terza volta, non si scompose e dichiarò di essere lì inaspettatamente, in ragione della cosa che aveva portato lì proprio per lei.
La testa della donnola era tutto un frullo di pensieri discordanti che si scontravano, così - in quella giornata così diversa dal solito - decise di agire...


Ci sono autori che meritano un tempo diverso. Un tempo che si possa distinguere, possa essere percepito come 'altro' rispetto a quello consueto.
Tellegen e Cneut, due passioni che condivido con l'editrice, sono tra questi.
Un tempo che forse sono loro stessi a suggerire, o per meglio dire, a rendere necessario. Un tempo denso. Un tempo lungo abbastanza per godersi, tavola dopo tavola, la botanica di Cneut e il bestiario di Tellegen. Per farsi attraversare dalle scelte cromatiche dell'uno e dall'immaginazione dell'altro.
 
 
E da qui, la prima ragione per averlo 'covato' un bel po'.
È sotto gli occhi e nelle orecchie di tutti che Toon Tellegen e Carll Cneut parlino lingue affini, condividendo una comune radice culturale. I Paesi Bassi, regione di grandi filosofi e pensatori e di immensi pittori e incisori, nederlandese l'uno e belga l'altro dimostrano in questo libro perfetta conoscenza del grande passato che li tiene insieme e che rende armonici i loro rispettivi linguaggi espressivi, i loro rispettivi immaginari.
Entrambi capaci di creare mondi alternativi alla quotidianità, e tutto sommato anche parecchio diversi, rispetto alla consuetudine cui ci hanno abituato i libri per l'infanzia. 
 

Inaspettati: da una parte le tavole di Cneut che, una volta di più, esprimono in un libro per bambini echi della pittura e del disegno dei grandi maestri della pittura e dell'incisione nordeuropea e dall'altra i racconti di Tellegen che, una volta di più, aprono scenari sorprendenti.
E da qui la seconda ragione di attenzione loro dovuta.
Le storie che Tellegen concepisce, e che hanno come protagonisti solo animali, sono sempre piene di tante cose: di tenerezza, di grazia, di poesia, di leggera follia, ma soprattutto di pensiero.
E non lo sono forse anche le tavole di Cneut? 
 
 
Si tratta per entrambi di mettere sulla pagina un pensiero denso, profondo, alle volte ombroso  (per esempio nei boschi oscuri e nelle dominanti nere e brune che esaltano il chiaro dei tronchi di betulla), alle volte ironico (nei bernoccoli dell'elefante o nel suo pancino rosa, o ancora nella felpa alla moda della donnola), ma sempre foriero di altro pensiero.
In sostanza, non è possibile leggere nessuna delle innumerevoli storie di Tellegen senza che la nostra mente si sposti, ovvero non possa accomodarsi, ma al contrario continui ad andare nell'interrogarsi, e prosegua sulla strada del ragionamento.
Senza per questo sentire necessaria una conclusione, ovvero una meta sicura.
 

Altrettanto non è possibile guardare nessuna delle tavole di Cneut senza che la nostra mente si sposti, ovvero non si possa accomodare, ma al contrario continui ad andare a cercare le radici di tale esperienza estetica, e prosegua sulla strada della bellezza.
Senza per questo sentire necessaria una conclusione, ovvero una meta sicura.
E da qui la terza e quarta ragione di interesse.
I libri di Tellegen (e si può aggiungere: ancor meglio se illustrati da Cneut) rappresentano un mondo a parte, non solo per i personaggi che sono in scena, ma soprattutto per come essi pensano, stanno al mondo e scrivono lettere. Intendo dire che nel loro spessore - che si percepisce attraverso le loro diversissime idiosincrasie, peculiari abitudini, e modi di agire - si delineano questioni davvero emotivamente molto profonde dentro cui ci si può infilare, a patto di farlo senza esigere nulla in cambio (altrimenti detta una soluzione, una risposta). Sono esperienze che si offrono nella loro gratuità, non hanno un prezzo, a parte quello dovuto al sapiente editore che pubblica libri del genere. 
Starli a guardare, starli a sentire, in altre parole farsi attraversare. E basta.
Non è forse così che si dovrebbe stare di fronte alla bellezza?
Tra i diciassette racconti che compongono il libro, ne ho scelto uno solo, come manifesto. Quello che, più di altri, ha lasciato in me una sensazione di stupore e di piacevole stupidità: d'altronde stupore e stupidità, oltre a condividere la stessa radice semantica, in me vengono a galla - quasi contemporaneamente - di fronte a una cosa bella.
E se questa cosa bella è un libro illustrato, la gioia è anche doppia perché si sa di poterci tornare ogni volta che se ne senta il desiderio, il bisogno.
Provo a chiudere il cerchio. 
 
 
E per farlo, torno a lei, alla donnola, con l'augurio di farvi scompigliare i pensieri come capita a lei, di considerare diversa la giornata, perché chissà che dietro la vostra porta, come dietro la sua, non ci siano Toon Tellegen e Carll Cneut, ospiti inaspettati che hanno qualcosa per voi...


Carla



venerdì 28 maggio 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

 UNA CURIOSA CONVIVENZA

Tasso è un tipo abitudinario e metodico, si è installato nel villino di proprietà di zia Lula, una martora molto condiscendente. Nel villino, riadattato a sua misura, con un’intera stanza destinata a contenere scatole, Tasso conduce le sue ricerche, di grandissima importanza, sui sassi, che lui raccoglie, classifica e ordina nel laboratorio appositamente attrezzato.
Ma un giorno la sua monotona routine viene interrotta dall’arrivo di Puzzola; a quanto pare zia Lula ha concesso anche a questo simpatico animaletto l’uso del villino. Tasso trasecola; è vero che non ha aperto le lettere di zia Lula, ma trova incredibile doversi confrontare con un’ospite tanto inatteso quanto invadente.
Puzzola ha modi gentili, è disponibile, prepara colazioni eccellenti, ma ha la brutta abitudine di non rispettare i divieti di Tasso: la stanza delle scatole diviene immediatamente la sua, pretende di curiosare nel laboratorio, coltiva la chiassosa amicizia delle galline, tanto da organizzare una grande riunione con le rumorose pennute, mettendo a rischio i preziosi reperti di Tasso. In preda all’ira, Tasso scrive a zia Lula che quella convivenza è del tutto inappropriata, ma la martora non è dello stesso avviso e quindi Tasso deve fare buon viso a cattiva sorte.
Primo di una trilogia, firmata dalla scrittrice americana Amy Timberlake, ‘Tasso e Puzzola’ è stato recentemente pubblicato da HarperCollins, con le illustrazioni di Jon Klassen.
 

Non solo la storia è divertente, basata com’è sul contrasto dei caratteri dei due personaggi principali, anche la scrittura accentua il lato comico del racconto, riempiendolo di suoni, di versi, fra cui i ripetitivo ‘co-co-co’ delle galline, di gag esilaranti in cui immaginiamo il povero Tasso travolto dall’esuberanza del suo coinquilino. Surreali i dialoghi fra Puzzola e le galline, perché Puzzola ne comprende la lingua, mentre seguiamo le ansiose riflessioni di Tasso, sempre più disorientato dalla presenza dell’ospite ingombrante, che, però, prepara delle colazioni fantastiche.
Jon Klassen, da par suo, sottolinea il lato grottesco del racconto, disegnandoci il Tasso chino sul tavolo del laboratorio, prima che la sua vita sia completamente ribaltata.
Perfetto per la lettura ad alta voce, con i suoi capitoli brevi riempiti di suoni e onomatopee, il libro si presta ad una lettura condivisa con bambine e bambini dagli otto anni in poi. E’ una lettura piacevole, divertente, giocata su un umorismo che sfiora il grottesco, ma evita le sottolineature più facili, considerando che abbiamo a che fare con una Puzzola, che provocherebbero le risate dei bambini. Qui si ride parecchio, pregustando le disavventure di Tasso, senza bisogno di ricorrere alle puzze mefitiche.
Lettura consigliata per trascorrere i mesi estivi in leggerezza.
 
Eleonora


“Tasso e Puzzola”, A. Timberlake, HarperCollins 2021



mercoledì 26 maggio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

L'ALIBI

Un po' troppo, Olivier Tallec (trad. Maria Pia Secciani)

Edizioni Clichy 2021


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
 
"Io e il mio albero ci prendiamo cura l'uno dell'altro. Io gli parlo e lui, a volte, mi regala una delle sue pigne. Adoro le pigne. E poi ne ha così tante...
Ma attenzione, non si devono mangiare tutte le pigne in una volta. Se ne può prendere solo una ogni tanto.
Solo quelle di cui abbiamo bisogno. Perché un albero è fragile. Bisogna prendersene cura.
Comunque sia, ho il permesso di prenderne un'altra."
 
Da una pigna ogni tanto, lo scoiattolo passa a un'altra e poi un'altra.
D'altronde ce ne sono davvero moltissime e qualcuno potrebbe mangiarle comunque. Tanto vale... E quando anche l'ultima pigna è andata, l'albero continua ad avere milioni di aghi sui rami. Dolci, buoni almeno quanto le pigne. E anche di questi sarebbe meglio mangiare solo quelli strettamente necessari.
D'altronde, si sa che gli aghi sono un po' come le ciliegie: uno tira l'altro.
Finiti gli aghi, sono i rametti a interessarlo: utilissimi per fare dei piccoli falò nel bosco. Ovviamente quando si è in tanti è meglio prendersi dei rami più grandi per fare grandi fuochi. D'altronde l'albero ne ha tanti... anche le poche radici che escono in superficie non sono affatto male. Magari solo qualche pezzettino da sgranocchiare ogni tanto. D'altronde...
 
C'è da sperare che nessuno abbia dimenticato lo scoiattolo p-ossessivo, quello che passa la sua vita a occhi sgranati perché roso dall'ansia che qualcuno gli tocchi il suo albero. 
 

Se ne annuncia qui il felice ritorno, ma purtroppo per lui non si registra alcun miglioramento del suo stato d'animo: continua ad avere gli occhi sgranati. Adesso però ha canalizzato la sua ansia sulla cura del proprio albero. Se prima lo difendeva dai possibili attacchi esterni, predatori che avrebbero potuto appropriarsene indebitamente, adesso, nella raggiunta sicurezza che nessuno glielo tocca, veglia sulla tutela dello stesso: ovverosia rende partecipe il lettore di quelle che in linea teorica sono le buone pratiche perché l'albero cresca e vegeti in tutta salute. Per questa ragione non bisogna mangiarsi tutte le pigne, tutti gli aghi e non bisogna segare tutti i rami o rosicchiare tutte le radici.
Lo scoiattolo p-ossessivo conosce molto bene la teoria del prendersi cura, ma la pratica è tutta un'altra questione.
Con la sua consueta ironia, Tallec sta 'sgridando' qualcuno. O forse sarebbe meglio dire che ci sta sgridando tutti? Il discorso infatti è talmente ben costruito che da una parte chiama in causa l'umanità intera e dall'altra ciascuno di noi. Ma c'è poi davvero differenza? La corsa ad accaparrarsi risorse, a scapito di un ecosistema delicato e fragile, sembra al di sopra della nostra portata: non sembra essere un fatto che ci chiama in causa personalmente, ma piuttosto sembra dipendere dai macrosistemi che mandano avanti il mondo. Eppure, se come singoli, ci mettessimo nella condizione di non pretendere tanto, o addirittura tutto, quell' un po' troppo che Tallec riassume con un guizzo geniale, forse anche l'alibi di dire, ma io da solo cosa posso fare? cadrebbe.
 

E così il p-ossessivo scoiattolo è l'incarnazione di tutti quelli che hanno uno sguardo miope e che del singolo gesto non sanno vederne le conseguenze. E si nascondono dietro il pretesto: ma in fondo perché proprio io devo cominciare?
Il geniale Tallec però non ci attacca un pistolotto sulla questione: al contrario ci pone nelle condizioni ideali per guardare le cose secondo una prospettiva che non ci mette direttamente in crisi. E' lo scoiattolo quello che sta sbagliando. E' lui che non sa darsi una misura. E anzi, non possiamo evitare di ridere di lui, quando alterna abbracci ai rami e poche pagine dopo di quegli stessi organizza tagli radicali, in nome della convivialità (un sospetto però deve essergli venuto, visto lo sguardo incerto al calore del falò). 
 

O quando punta su di noi i suoi occhi inquisitori, minacciandoci di non toccare le pigne, mentre è proprio lui che se le fa fuori tutte in una sequenza di cinque disegni.
Ma sarà poi vero? O quegli occhi sgranati che ci guardano male, sono invece davvero i suoi, del Tallec/scoiattolo?
In una grandiosa sequenza di impercettibili gesti, di occhiate eloquenti, di dettagli minuziosi, di accelerazioni e pause perfettamente calibrate, di una maestria e dominio assoluti del testo e del disegno ecco che ci siamo dentro fino al collo. Al pari dello scoiattolo. Questa è verità.
 
 
A storia finita, un tarlo ci perfora il cervello. E, come se non bastasse, nel finale stesso, pur non potendo non ridere, abbiamo l'amara certezza che la strada verso la salvezza è solo una e, soprattutto, speriamo che almeno questo sia chiaro a tutti, va percorsa in gran fretta!


Carla

lunedì 24 maggio 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

SCOMPARSO


Guido Sgardoli ama attraversare i cosiddetti generi letterari con grande disinvoltura, adattando mimeticamente linguaggio e riferimenti dei suoi racconti.
In ‘Scomparso’, pubblicato da poco da Einaudi Ragazzi, i riferimenti si moltiplicano: c’è il linguaggio e la struttura del gioco di ruolo, c’è il giallo classico, con la sua logica deduttiva; c’è la speciale soggettività del protagonista, Jupiter/Julius, all’interno del particolare gioco di ruolo da lui stesso creato, che rimanda ai protagonisti di altri romanzi, come ‘Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte’ e ‘Il mistero del London Eye’.
Dunque, Jupiter/Julius si è creato un suo gioco di ruolo che lo aiuta ad affrontare i momenti difficili della sua vita; è un ragazzino ‘strano’, speciale, dalla logica stringente, con una grande passione per le parole e una certa difficoltà di relazione con il genere umano, che lo fa vivere all’interno della sua bolla di aria azzurrina, per tenere a distanza il resto del mondo. Uno come lui non può che essere la vittima predestinata dei bulli, così quando li vede avvicinarsi, lancia il suo dado e tenta la sorte, facendo leva sulle proprie abilità. Non sempre gli va bene, e, in una mattina come tante, incappa nei suoi persecutori, che stanno per avere la meglio, quando interviene un ragazzo che, prima di andarsene, gli regala una vecchia foto, una polaroid.
Dopo poco tempo, quel ragazzo viene trovato in stato confusionale vicino al cadavere di un uomo, l’ex capo della polizia Tony Malden.
Da questo momento iniziano le indagini parallele della polizia, da un lato, rappresentata dalla coppia di investigatori Sal La Dulce ed Helmut Rossi, nonché dalla psichiatra Karen Zaius, e del nostro coraggioso protagonista, dall’altro, che indizio su indizio, cerca di ricostruire l’oscura vicenda.
Tutto è complicato dal doppio ruolo che tanti personaggi finiscono con l’avere: non solo il protagonista, anche il ragazzo che lo ha salvato nasconde un terribile segreto che riguarda un bambino scomparso molto tempo prima, Adam, e il suo amico Leo; lo stesso ex capo della polizia, la vittima del delitto, in realtà aveva un’inquietante doppia vita, irreprensibile funzionario e feroce serial killer.
La narrazione alterna, con ritmo incalzante, la descrizione oggettiva delle indagini alle ricerche portate avanti da Julius, raccontate in prima persona. Il linguaggio del protagonista è intriso del gergo dei giochi di ruolo, il suo mondo è ontologicamente diviso in Ghast (i cattivi), Amorfi, Zoog. Come qualsiasi bravo eroe, Jupiter/Julius deve affrontare le sue prove facendo leva sulle proprie abilità, sull’appoggio di altri Zoog o Amorfi, e sulla fortuna indicata dal tiro di dado. Come qualsiasi bravo eroe, non sarà più lo stesso alla fine dell’avventura e potrà affrontare i Ghast in carne e ossa con una sicurezza insperata.
Questo è un giallo classico che più classico non si può e ogni riferimento a Poe è pienamente voluto; è un giallo classico ‘contaminato’ dal linguaggio e dalla logica dei giochi di ruolo, giochi fra i più intellettuali all’interno dei giochi da tavolo, che stanno vivendo un nuovo splendore. È un linguaggio forse meno conosciuto dai ragazzini, rispetto ai più popolari giochi da play station.
Questo è un romanzo divertente, in cui ci si diverte in modi diversi, districandosi fra gli indizi, o immaginandosi una città trasformata in mappa per i movimenti reali o immaginari di un gamer. Ma è anche una finestra socchiusa sul lato nero della vita, sulle storie orribili di orchi e di bambini.
Credo si sia divertito molto anche l’autore, sempre attentissimo a dare coerenza alle storie fin nel minimo dettaglio, con un uso sapiente del linguaggio; ed è un piacere leggere queste pagine anche per la cura con cui la storia è costruita, i rimandi impliciti ed espliciti, per il divertimento nel vedere le carte dei generi letterari n po’ sparigliate.
Considerarlo solo un ‘giallo’ può essere riduttivo, consiglio la lettura soprattutto a lettrici e lettori alla scoperta di nuovi territori narrativi, a partire dai dodici anni.
 
Eleonora


“Scomparso”, G. Sgardoli, Einaudi Ragazzi 2021



venerdì 21 maggio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

C'ERA UNA VOLTA, ED E' SUBITO FIABA
 
Dulcinea nel bosco stregato, Ole Könnecke (trad. Chiara Belliti)
Beisler 2021
 

 
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 6 anni)
 
"C'era una volta una bambina di nome Dulcinea. Dulcinea viveva con il suo papà in una casetta al limitare del bosco.
Avevano una mucca per il latte, le galline per le uova, e nel giardino crescevano gli alberi da frutta e anche un cespuglio di more.
Nel loro piccolo orto coltivavano patate e carote.
Quel che mancava lo acquistavano al mercato del villaggio."


Nella vita della piccola Dulcinea e del suo papà tutto va a meraviglia. Ogni tanto Dulcinea lo aiuta nei lavori, ma il più del tempo lo passa giocando con i suoi animali e lui non si arrabbia mai con lei perché le vuole molto bene. Solo su una cosa è molto perentorio con lei: nel bosco non deve entrare, perché potrebbe incontrare la strega che vive sull'altro versante, nel suo grande castello. Quando, per il compleanno di Dulcinea, la scorta di mirtilli finisce, il suo papà decide che arrivare fino al mercato sarebbe un viaggio troppo lungo, così pensa di sfidare la sorte e andare lui nel bosco, appena un momento, a raccoglierne una manciata da mettere sulle frittelle con la panna montata, che tanto piacciono alla sua bambina.
Ovviamente, appena arriva davanti al cespuglio di mirtilli, incontra la strega che, consultato il suo libro di magie, lo trasforma in un albero nodoso e robusto. Dulcinea, a casa, intanto è lì che aspetta. Alla fine intuisce che qualcosa non va e si avvia fuori di casa a cercarlo. Disubbidendo, entra nel bosco, senza per questo mai mollare i palloncini della festa...


A tutti coloro che almeno una volta nella vita abbiano letto Il gigante di Zeralda di Tomi Ungerer sarà risuonata in testa un'eco. A parte il finale, ben inteso, dove Ungerer sterza un bel po' dallo schema consueto e tocca uno dei suoi vertici di inquietudine che lo hanno reso celebre, unico e e amatissimo dai bambini.
Ma Ungerer è Ungerer.
 

Qui Könnecke applica invece lo schema della fiaba classica, della tradizione, quello che Propp ha individuato come canone.
Si parte da un equilibrio iniziale, in cui conosciamo la grande armonia tra padre e figlia. Segue poi la rottura di questo idilliaco equilibrio, ovvero arriva una complicazione. In questo caso un incantesimo. Quindi partono le peripezie dell'eroe, o per meglio dire dell'eroina. Furba e determinata, Dulcinea riesce a ristabilire l'equilibrio iniziale, magari con anche una punta di irrisione nei confronti della vanitosa strega.
Compaiono anche le funzioni, quelle che Propp ha individuato passando al setaccio migliaia di esempi di fiabe: c'è l'allontanamento, il divieto, la partenza, la lotta, la vittoria.
Tuttavia Propp non avrebbe mai potuto prevedere il grande disordine in cui vive questa strega, né immaginare che la strega fosse così maledettamente sciatta da lasciar per terra, sul pavimento della sua camera da musica, tutti gli spartiti e altri oggetti, compreso il libro degli incantesimi a cui ambisce la piccola Dulcinea e un calice di cristallo, in cui inavvertitamente inciampa la povera bambina.
Dalla fiaba deriva anche il bosco incantato, magico. Il Zauberflöte e la Zauberberg non avrebbero potuto essere i precedenti letterari cui ispirarsi per questo Zauberwald?
 

Stabilito che Könnecke con Dulcinea ha voluto scrivere qualcosa di molto tradizionale, proprio una fiaba nella sua accezione più classica, dove sta la bellezza di questo libro?
Come al solito, trattandosi di Könnecke, lo scatto si ha nella definizione dei personaggi e nei dialoghi assurdi che mette nelle loro bocche. Ma soprattutto nella vena ironica del disegno che dà forma all'intera storia.
In primo luogo la strega, che effettivamente non è una bellezza, sembra piuttosto un donnone smemorato e distratto, che corre e si sbraccia sguaiatamente per tutto il libro. Non ricorda le formule, ma è molto creativa nel tipo di trasformazioni che mette in atto. Esilaranti si rivelano i suoi ragionamenti ad alta voce: visto che il padre è un amante della natura dovrà tramutarlo in albero e visto che Dulcinea davanti a lei dichiara di amare la sua musica, opta per un incantesimo che la trasformi in flauto, e quando scopre invece che è il suo compleanno, cambia idea e decide di mutarla in torta.
 

Nel disegno, Könnecke si diverte lasciando sull'albero alcuni connotati del padre, ovvero i baffi, il cappello e il paniere, i ciuffi di foglie fungono da mani affettuose; mette al cervo gli occhiali da sole, nell'aria fa volare pesci e le piante hanno occhi, d'altronde non è forse magico quel bosco?
Come spesso accade, decide per una tonalità di colore dominante che declina per sfumature, e come altrettanto di frequente succede, si fa notare per una composizione della pagina molto potente con scorci arditi e fossati pieni di nero. I suoi personaggi, la strega al contrario è dissonante, sono quelli cui ci abituato, da Anton in poi: testone rotonde, pochi tratti somatici e tutta quella bella espressività racchiusa negli sguardi.
 

Non tocca i vertici del poetico West raggiunti dal bambino cowboy Desperado, e non si ride tanto quanto con Lester & Bob, tuttavia resta sempre una bella gioia dare a un bambino o a una bambina un libro di Könnecke in mano.
Per farlo, però occorre aspettare ancora poco più di dieci giorni.
Intanto però, il consiglio è: fate scorta di mirtilli.
 
Carla


 

mercoledì 19 maggio 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

OGNI STORIA HA UN LUOGO


O viceversa; ma scoprire la storia di un luogo in fondo è opera di ricostruzione storica, ricerca di documentazione. Mentre dare un luogo preciso, per essere esatti una casa, ad una storia è opera almeno in parte di invenzione.

E’ questo l’interessante punto di partenza del libro di Seiji Yoshida, raffinato illustratore giapponese, ora pubblicato da L’Ippocampo: ‘Il libro delle case straordinarie’.
Può essere considerato come un puntiglioso esercizio di stile o come un invito a fantasticare sui luoghi immaginari, in ogni caso abbiamo di fronte un inconsueto repertorio di abitazioni, rappresentate nelle loro facciate, nelle sezioni, in dettagliatissime piantine che spiegano ogni particolare.
Ogni luogo è proprio presentato così con due o più tavole, accompagnate da spiegazioni, didascalie, una breve storia del personaggio che lo abita. Interrompono la sequenza delle tavole due approfondimenti, che riguardano i tetti e i bagni, argomenti in effetti piuttosto interessanti. Alla fine, oltre agli schizzi e ai bozzetti, con il chiarimento su alcuni aspetti tecnici, vengono riportati i riferimenti storici di alcune tavole.



Abbiamo così alcune abitazioni che hanno riferimenti ben precisi: il faro col suo malinconico guardiano, o ‘La torre vicina al confine’, ripresa da costruzioni della Georgia del XIX secolo; o una prodigiosa casa sull’albero del Connecticut di oggi. 




Ma ci possono essere anche ispirazioni più vaghe, ambientate per esempio in Tibet, oppure del tutto fantastiche, come nel caso della ‘Ragazza della città sommersa’, dove si vede una Hong Kong di un ipotetico futuro, o ‘La casa sull’albero del cacao’.


L’abilità dell’autore nel creare queste ambientazioni con analitico realismo è davvero notevole, così come lo è il suo tratto, considerando che tutti i disegni sono fatti a mano libera e colorati sapientemente ad acquerello, proprio quando un soggetto del genere avrebbe potuto essere trattato adeguatamente col disegno digitale.
I personaggi risentono dello stile illustrativo delle ‘anime’, i fumetti giapponesi che hanno visto grandissimi maestri, elemento stilistico che contraddistingue in particolare alcune tavole.



In conclusione questo è un libro che può essere usato in molti modi: come spunto per proprie invenzioni, come studio di tecniche di disegno e pittura applicate al tema della casa, come carrellata storica di ambientazioni diverse.
Le tracce narrative sono brevi accenni, ma bastano a giustificare quel luogo, quella determinata atmosfera. Ci si potrebbe cimentare a seguire questi spunti per vedere dove l’ispirazione può portare il giovane lettore o la giovane lettrice. Può essere apprezzato da chi ama fantasticare, da chi ama il disegno, da chi è curioso di architetture reali e immaginate, direi dai sette ai novantanove anni.

Eleonora


“Il libro delle case straordinarie”, S. Yoshida, L’Ippocampo 2021



lunedì 17 maggio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

GLI OCCHI DEI PASSERI
 
Poesie nell'erba, Sabrina Giarratana, Sonia Maria Luce Possentini
AnimaMundi Edizioni 2021
 
  
POESIA
 
"Bisogna avere gli occhi dei passeri
per mettere a fuoco certi esseri
bisogna muoversi a piccoli passi
farsi silenziosissimi e dimessi
cercare di capire da lontano
l'attimo, per avvicinarsi piano
poi restare semplicemente fermi
così vicini da scoprirsi inermi
vibrare insieme, accogliere il suono
ringraziare e custodire il dono."

 

Onestamente non so se ho gli occhi di un passero, ma so per certo che metto grande impegno a fare tutto quello che questa poesia-ricetta consiglia di fare: provo a muovermi a piccoli passi, divento silenziosa e dimessa, cerco di capire mantenendo la distanza, poi mi faccio più vicina e quindi mi fermo, mi lascio attraversare dal suono delle parole, ringrazio e custodisco questo regalo, che è il nuovo libro di poesie di Sabrina Giarratana, altrettanto poetico nelle tavole di Sonia Maria Luce Possentini.  
Questa postura del corpo, ma ancora di più dell'anima è quella che mi sento di consigliare a tutti coloro che con questo tipo di immagini poetiche cercano un incontro. Un appuntamento che non sia saltuario, al contrario che abbia una cadenza tale da non far dimenticare l'ultima poesia letta, prima di leggerne una nuova. Non facciano dimenticare l'ultimo disegno, appena girata la pagina.
Ma tant'è. Rari sono i lettori abituali di poesia illustrata, rari sono coloro che considerano la poesia, sia essa testo o sia essa immagine, 'pane quotidiano' e di conseguenza si fanno rari anche gli editori per ragazzi che nel loro catalogo decidono di lasciare uno spazio sufficientemente 'arioso' perché la poesia possa attecchire e crescere.
Anima Mundi non è un editore che si occupa in modo specifico e programmatico di letteratura per l'infanzia, tuttavia per una certa parte del suo prezioso catalogo ospita nomi di autori e di autrici che hanno parlato, scritto e raccontato anche ai bambini. In questo senso, la trasversalità della poesia può far miracoli. E in questo stesso senso più di un libro targato Anima Mundi potrebbe aprirsi e trovare la giusta voce per essere letto a dei bambini.
 
 
Primo fra tutti Le poesie nell'erba di Sabrina Giarratana e Sonia Maria Luce Possentini.
Ventotto poesie, ventotto tavole magnifiche, ventotto narrazioni sul filo della rima, o forse più delle assonanze, composte per regalare un'armonia sonora e visiva a significati ben più profondi. Ventotto poesie e ventotto illustrazioni che sono sguardi su cose che tutti possono vedere: le stelle, la luna, il chiaro del cielo all'alba, alberi.
Come sempre accade nella poesia è nella prospettiva che però si genera la meraviglia.
E qui però il gioco si fa addirittura doppio: da un lato la poesia fatta di parola di Sabrina Giarratana, dall'altro la poesia fatta di segni, di colore, di sfumature atmosferiche all'alba, o davanti a un bosco o di fronte a un tramonto, per la mano, qui davvero libera, di Sonia Maria Luce Possentini. Decisamente l'illustrazione di poesia è la sua voce più felice.
 

Ma torniamo dunque a cogliere quelle prospettive inaspettate cui si accennava al principio: leggiamo di quella stella che cade e che, pur cadendo, non fa rumore. Ed in questo che avviene il miracolo nei nostri occhi, nelle nostre orecchie, nel nostro cuore. Dopo aver letto quelle parole, dopo aver visto quelle immagini, nulla può essere più come prima. Questi sono gli esiti della buona poesia. Oppure quella bella luna piena, a ben vedere, ci viene raccontata sospesa, lì appoggiata a un ramo con il solo intento di riposarsi: se così è l'albero diventa stelo e lei il suo tondo soffione che all'alba con un soffio scompare per lasciare dietro di sé solo una poesia.
O ancora quell'albero grande che tutte le sere parla all'albero piccolo, sono albero padre e albero figlio, nel linguaggio delle foglie. Sebbene la loro lingua possa sembrare oscura, ciò nonostante il loro messaggio lo percepiamo come vero. Potrebbe essere altrimenti?
 

Accanto al patrimonio comune della natura e dell'universo che ci accomuna, Sabrina Giarratana e Sonia Maria Luce Possentini poggiano il loro sguardo su piccoli gesti che invece sono personali. E anche con questi riescono a creare un piccolo miracolo visuale che ce li rende in qualche modo familiari, intimi: il soffiare su una ferita che brucia, sdraiarsi in tre al chiaro di luna su una coperta in un prato (visti da una prospettiva rasoterra che è una meraviglia già in sé), buttarsi da una roccia facendo finta di morire, nell'atto di cadere. E ancora la poesia di Sabrina Giarratana è capace di invertire la rotta consueta quando mette in fuga uno spaventapasseri, rendendolo spaventato, o quando fa parlare un sasso che non aspetta altro che di essere lanciato a pelo d'acqua dalle mani di un bambino o ancora quando mette i piedi a una panchina e la fa andare e venire lungo la campagna e i boschi, senza mai farle perdere la sua qualità migliore, quella di essere ospitale. 
 

E come se non bastasse più di una volta il suo sguardo si alza e spazia verso l'infinito e con lei la visione della Possentini, ed è qui che il loro respiro rallenta come se ci volesse un tempo maggiore per trovare le 'parole' i 'toni' adatti per descrivere in uno la magnificenza e la fragilità della bellezza. E noi che siamo lì con entrambe non siamo più noi, ci trasformiamo attraverso i sensi, in tutto quello che ci circonda, fosse un filo d'erba, fosse un odore percepito, un insetto incrociato sul cammino. E quando questo accade non possiamo fare altro che fermare il passo, abbassare la voce, e inchinarci di fronte 
 
"alla meraviglia dell'universo
al miracolo ogni giorno diverso
all'essere qui, all'esserci stati
e alla fortuna di essere grati."
 
Ecco, essere grati a Sabrina Giarratana, a Sonia Maria Luce Possentini e ad Anima Mundi che pubblica libri così.
 


Carla