domenica 30 giugno 2013

BUON COMPLEANNO!

BUREK & FLITTATA DI FLUTTA FLESCA

'Cucinare insieme è una della cose che mi piace di più fare'...questo lo diceva mentre tagliava ciliege e io di fronte a lei spennellavo fillopasta....e mentre le lo diceva io lo pensavo...vorrà pur dire qualcosa, tutto questa comunanza...
La cuciniera Gabriella e la lettrice pubblica Carla sono stranamente insieme nell'angusta cucina e preparano la cena di compleanno di Lettura candita (e di Eleonora).




Menu:
Insalata di farro e pomodorini al pesto (no recipe)
Burek di formaggio
pomodorini al forno (no recipe)
frittata di frutta fresca

Burek di formaggio
ingredienti
1 confezione di  fillopasta
250 gr di ricotta
80 gr di feta
300 gr di yogurt greco magro
2 uova
olio evo



Mischiate in una ciotolona la feta, la ricotta e lo yogurt e amalgamate il tutto, quindi aggiungete le uova precedentemente sbattute
Prendete un foglio di fillo pasta, spennelatelo con olio e ripiegatelo a metà: lungo il bordo del lato lungo ponete un po' dell'impasto cremoso quindi cominciate ad arrotolare. Ad ogni arrotolamento successivo spennellate il cannolo di pasta fillo per tutta la lunghezza quindi arrotolate ancora un po' e spennellate nuovamente e procedete così fino ad averlo arrotolato tutto. Con precauzione disponetelo in tondo, lungo il bordo di una teglia circolare abbondamentemente oliata.

 
Ricominciate con un secondo rotolo che metterete in sequenza nella teglia a formare una sorta di spirale che si chiude verso il centro della teglia. Quindi oliate il sopra con il pennello e infornate a forno caldo (180°) per mezz'ora o quaranta minuti. Sarà cotto quando si brunirà e si sarà gonfiato a dovere.

Carla


Frittata di frutta fresca
la ricetta originale viene da uno dei vari allegati settimali ai quotidiani,ma come sempre è stata modificata un po'.




ingredienti
500 gr di frutta (quella usata in questo caso erano pesche, susine nere e ciliegie, ma il bello di questo tipo di ricette è che ci puoi mettere un po' quello che vuoi, o anche quello che va consumato rapidamente perchè sta sfiorendo)
4 uova
3 cucchiai di farina di mandorle o nocciole (se non l'avete in casa potete macinare in un mixer direttamente le nocciole o le madorle, ovviamente non ottenerete una farina sottile come quella che vendono già macinata, ma la diasparità di grana e i granellini più grossi daranno un risultato anche migliore)
3 cucchiai abbondanti di zucchero di canna tipo mascobado
4 cucchiai di panna fresca
2 cucchiai di rhum (quello vero, non utilizzate l'aroma al rhum che nei supermercati trovate vicino al lievito e complementi vari dei dolci, perchè ha un sapore decisamente diverso e, permettetemi, peggiore)
buccia di un limone piccolo non trattato
cannella q.b.
una noce di burro



Iniziate tagliando la frutta a pezzi, piccole fettine o spicchi, non troppo piccoli perchè si devono vedere e riconoscere. Mescolateli in una ciotola con un cucchiao e mezzo di zucchero e il rhum. Lasciate insaporire per almeno 10 minuti.
Nel frattempo sbattete con una frusta le uova con la panna, la farina, la buccia di limone e la cannella (che doserete a vostro gusto ma comunque non meno di un cucchiaino intero).
Unite i due composti girando bene in modo che la frutta venga completamente ricoperta.
Per la cottura dovete utilizzare una padella che possiate mettere sia sul fuoco che nel forno, che ungerete, ben ee abbondantemente, a freddo con la noce di burro.


Versatevi il composto e pareggiatelo delicatamente in modo che emerga un po' di frutta.
Mettetelo su un fuoco medio di dimensioni, ma basso di fiamma, meglio se con una retina spargifiamma, e lasciatela cuocera coperta fino a che vi rendete conto che inizia a staccarsi dalla padella e la parte superficiale a essere meno liquida (ci vorrà più o meno un quartoi d'ora). A questo punto passatela nel forno già caldo a 180° e lasciatela cuocere senza coperchio fino a che la parte superiore è tutta solidificata.
Attenzione a non farla cuocere troppo perchè deve rimanere morbida e un pochino umida.

Lasciate raffreddare e servitela cosparsa di zucchero a velo.

Gabriella 

Noterella al margine:
la fotografa e inventrice del nome flittata di flutta flesca







giovedì 27 giugno 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


L'APPARENZA DEL QUADRO

Questo non è un libro, Margherita e Rosetta Loy
Gallucci, 2013


ILLUSTRATI PER MEDI (dagli 8 anni)

"Dal camino ora spuntava una locomotiva nera che sbuffava vapore.
Magritte credette di sognare e provò a stropicciarsi gli occhi. Ma in quel momento il treno si avvicinò, il vapore invase il suo volto e lui si ritrovò improvvisamente...piccolo!"


Come accadde alla piccola Alice di Carroll anche a Magritte succede di immaginare una strana realtà fatta di oggetti consueti che però adesso più consueti non sono: una mela verde gigante che occupa l'intero volume di una stanza, o una grande roccia sospesa sull'acqua del mare o una casa avvolta nel buio in un giorno luminoso, o ancora una pioggia di ometti con cappotto e bombetta. Velieri fatti di acqua di mare, colombe fatte di cielo nuvoloso: questo è Magritte che sogna, è Magritte che parla con un angelo affacciato al parapetto di un ponte che, sospirando gli dice una grande verità: il mondo è meraviglioso, come a dire la meraviglia del sogno la ritrovi nella realtà e viceversa il sogno è fatto di realtà meravigliosa.
Qui la chiave per aprire lo scrigno del Surrealismo tutto e dell'arte di Magritte in particolare: il sogno non è meno reale della realtà.
Dipingere una mela o il sogno di una mela non cambierà la mela perché, una volta dipinta, quella mela non sarà mai più una mela.



Nel 1898 muore Carroll e nasce Magritte. Che fatto curioso, sembra proprio che l'ironia della sorte abbia voluto legare un sottile filo rosso tra l'immaginario del primo alla pittura del secondo...
Questo non è un libro è, contrariamente all'assunto del titolo, un libro. Un bel libro.
Costruito dal punto di vista iconografico su quelli che sono i più bei quadri di Magritte (e comunque su quelli che di più hanno circolato e circolano nel nostro bagaglio visivo) il libro si snoda attraverso un testo apparentemente molto semplice che ripercorre in modo quasi pedante le immagini. Il racconto, infatti, è poco più che una descrizione del quadro che campeggia nella pagina accanto, ma a ben vedere, con l'arrivo dell'angelo e della sua rivelazione, con altrettanta semplicità, il racconto fa uno scarto e diventa un testo di filosofia estetica.
Soprattutto in questo senso userei questo libro, in questa prospettiva ne colgo il valore. Niente a che vedere con i suoi illustri antenati della Vallardi che, attraverso la sequenza di quadri di artisti famosi, ricordo quelli dedicati a Van Gogh o Mirò, avevano l'obiettivo di tessere una narrazione, con lo scopo, presumo, di mettere davanti agli occhi di un piccolo quadri d'artista, fargli conoscere l'arte in modo quasi inconsapevole.
Benemeriti furono quei libri, ma nel caso del libro di Margherita e Rosetta Loy, l'obiettivo mi pare ulteriore.
Leggere e capire questo testo è qualcosa di più che sfogliarlo come un buon catalogo di Magritte: qui si tratta di capire l'estetica di Magritte e del Surrealismo. Quest'ultima, peraltro a me così tanto congeniale, mi pare così naturalmente adatta a essere capita da una mente 'bambina' che ne farei strumento didattico fin dall'asilo nido con i bambini, incorregibili sognatori di realtà...

Carla

Noterella al margine. Mi piace pensare che sotto l'abito elegante di quell'angelo di spalle si nasconda Adeline, la madre del pittore, che fu colpita da quel male oscuro che rende i giorni una grigia palude (così nell'introduzione di Rosetta Loy) e che probabilmente dalla spalletta di un ponte si tuffò per morire.

Noterella al margine numero due. Generano il sorriso tenero alcuni vezzi di questo libro: per esempio il motivo delle tre palline colorate che occhieggiano sulla costa del libro nel libro e le fotografie delle autrici che invece di sembrare madre e figlia quali effettivamente sono, paiono sorelle...


mercoledì 26 giugno 2013

FURI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


LARGO ALL'OSCURO SIGNORE!!


Dirk Lloyd, nome umano di Dark Lord, è davvero un potente signore delle tenebre precipitato sulla terra per opera di Hasdruban, capo di maghi bianchi, paladini e simili nemici del male? O è solo un ragazzino traumatizzato, che ha perso momentaneamente la memoria? L'inizio del romanzo di Jamie Thompson lascia qualche margine di incertezza, data l'implausibilità della situazione, che inchioda un potente signore del male nel corpo 'imperfetto' di un ragazzino di tredici anni. Ma, un'avventura dietro l'altra, il dubbio s'insinua nei personaggi comprimari della storia, ma anche nel giovane lettore che non può non solidarizzare con questo potente mago costretto a fare i conti con la scuola, le amicizie, la vita familiare con i genitori 'adottivi', ovviamente dal cuore puro. Il nostro signore delle tenebre sforna tentativi di fuga piuttosto sfortunati, desideroso di tornare nel suo mondo manicheo, dove il Bene e il Male si confrontano senza esclusione di colpi, come vuole tutta la letteratura fantasy. Fra magie e incantesimi più o meno riusciti, malefici del persecutore Hasdruban, la narrazione si snoda alternando le pagine del diario del protagonista alla narrazione vera e propria, che descrive la perplessa complicità dei pochi amici, o servi, a seconda del punto di vista, che assecondano l'apparente follia di Dirk/Dark. Fra i seguaci spiccano Sooz, ragazzina goth, ovvero nerovestita con piercing e smalto nero, Chris, il fratello acquisito nonché sodale di magiche avventure e Sal Malik, capitano della squadra di cricket, condotta alla vittoria grazie alle capacità tattiche dell'oscuro signore. Dopo mille peripezie, Dark/Dirk riuscirà ad escogitare una magia capace di aprire un varco fra il fragile mondo umano e il suo violento mondo. Ma a passare dall'altra parte non sarà lui, ma un altro personaggio, per la cui salvezza dovrà essere escogitata una missione, oggetto del prossimo libro.
Giocato sull'ironia e sul paradosso, è un romanzo piuttosto corposo, adatto a lettori con più di undici anni; pesca a piene mani nel patrimonio di termini e di immagini dei giochi di ruolo e dei giochi virtuali, che tanto piacciono ai giovani nerd, ovvero ipertecnologici e iperconnessi. Il personaggio principale è azzeccato, nel suo suscitare contemporaneamente orrore e tenerezza, a seconda di come lo si veda. Anche i suoi dubbi, il suo progressivo umanizzarsi, la scoperta di emozioni sconosciute, rendono il personaggio meno paradossale.
Direi un buon libro per ragazze e ragazzi che vivono nell'universo dark, inserendovi una bella dose di ironia, che non fa male.

Eleonora

Dark Lord. Le origini”, J. Thomson, Salani 2013


lunedì 24 giugno 2013

CORTESIE PER GLI OSPITI (libri preferiti da altri)


TUTTO È PERFETTAMENTE A POSTO NEL GRANDE DISORDINE

Le Grand Désordre, Kitty Crowther
Seuil Jeunesse 2005

 


Il talento di Kitty Crowther, anglo-belga insignita nel 2010 del prestigioso Astrid Lingren Memorial Award (l’Oscar per la letteratura infantile), è speciale. Originale, versatile e calda, questa autrice è capace con pochi tratti di matita e di pastello di “assortire” le coordinate di un microcosmo perfetto e concluso, a cominciare dalle fisionomie vagamente stralunate (ironiche e mai banali) dei suo personaggi. Mi sono domandata se la sordità che l’affligge può spiegare la grande particolarità delle storie che racconta e delle quinte che fanno da sfondo. Mi piace pensare che un disguido – sia pure parziale – di natura abbia contribuito ad alimentare un immaginario tanto singolare e divertente.
Le Grand Désordre (ad ora) è il libro che più amo di Kitty, lo sfoglio spesso e ogni volta colgo qualche nuovo dettaglio. E’ la storia delle storie in un certo senso, perché celebra la vita degli oggetti, muti compagni di viaggio dell’uomo che vivono un’esistenza assai complessa in verità (se solo ci soffermiamo a considerare quanti passaggi di mano, di luogo e di tempo le cose subiscono, emerge una vita segreta piena di risvolti). Emilienne, la protagonista, ne è persino sopraffatta, vivendo in una casa dove gli oggetti sono perennemente fuoriposto, al punto che sembrerebbero animati da spiritelli neri, nasuti, maliziosi e vorticanti. In realtà, se non fosse che la vicina Sylvaine la rimprovera per il grande disordine, Emilienne (sotto lo sguardo sornione e talvolta diabolico dell’inimitabile gatto Daguerréotype) non sentirebbe di dover governare l’anarchia della casa, dove ipotizza addirittura che di notte arrivi la marea a sparpagliare le cose che, pure, talvolta cerca di ordinare. Ma il confronto con la vicina, che pulisce e rassetta con grande lena da mane a sera, la spiazza al punto che decide di darsi da fare consacrando finalmente una giornata al rassetto globale.



Succede però che la prima giornata stabilita per il riordino è tanto luminosa e invitante che Emilienne e Daguerréotype finiscono col fare una lunga passeggiata in campagna, raccogliendo fiori e foglie per l’erbario e dando la caccia alle farfalle. La sera tuttavia, una volta a letto, in compagnia del gatto e di una buona tazza di tisana, un sospiro di troppo rende indispensabile consultare, appunto, il Libro dei Sospiri: se a fine giornata sono stati in numero da sei a otto (come puntualizza il saccente felino) rimandano ad un imperativo categorico, bisogna fare ordine! Il giorno dopo Emilienne ci riprova, manda a spasso il micio e comincia a spolverare con amorevole cura i libri ammonticchiati qua e là. Nel far questo ne rimira la copertina uno ad uno e cosi arriva al primo pomeriggio senza che le sue fatiche abbiano prodotto un risultato soddisfacente. Meglio andare a nuotare nello stagno, riparare dalla pioggia nel capanno di Mitch il pescatore e poi decidere di andarlo a trovare a casa sua, giacchè da sempre Emilienne ne è invaghita e ne prova nostalgia. Sarà proprio Mitch a farla riflettere sul fatto che se da lui tutto sembra abbastanza a posto, forse è perché semplicemente lui ama gli oggetti e la storia che si portano dietro – e qui Kitty fa una deliziosa digressione traendo a pretesto l’avventura di un sasso bianco…



I due giorni seguenti, rinfrancata dalla conversazione amichevole e incoraggiante con Mitch, Emilienne si dà da fare seriamente. Senza più indugi, dà di piglio a cencio, ramazza e battipanni e tira a lucido la casa, disponendo le cose con criterio. Animata da spirito costruttivo, comincia da una poetica e dirimente dichiarazione d’intenti: metterà in una cassa gli oggetti che non ha più voglia di vedere e poi li trasformerà. Le cose rotte, se non sono troppo pesanti, potranno essere appese alla parete, come altrettanti piccoli ricordi. Arrotolerà in punta di dita i pezzi di spago e li riporrà in una scatola divisi per colore, getterà via solo le cose davvero troppo malconce e laverà con lo shampoo i suoi vecchi giocattoli.
Due giornate di lavoro intenso e proficuo la faranno finalmente smettere di sospirare, tutto è pronto per dare una festicciola e coronare gli sforzi, invitati d’onore Mitch e Sylvaine. E qui, prima che la festa cominci, colpo di scena. Poichè la vicina non risponde al suo biglietto d’invito, Emilienne la va a stanare e scopre per caso che in fondo al giardino, dietro una piccola porta dimenticata aperta, Sylvaine ha stipato da sempre in un caos primordiale tutto quanto le impediva di dare l’immagine di grande ordine che regna sovrana dentro casa. Non ha governato la sua barca a dovere dunque, ha solo accumulato una montagna di tristi rifiuti in un luogo nascosto, lasciando che le cose soccombessero sotto una coltre di polvere e ragnatele, anziché occuparsene con criterio. E ora che Emilienne l’ha scoperta, dopo una reazione di rabbia e vergogna, Sylvaine si sente forse liberata… Ora tutti possono festeggiare qualcosa, leggeri e soddisfatti, in un’armonia ritrovata. Ora tutti sanno che quel che conta per non deprimersi è avere la giusta cura delle cose, perché le cose hanno un’anima… ma che non è necessario vivere in un ordine perfetto (perché dopotutto la perfezione non è di questo mondo). 



La ricchezza delle immagini, l’espressività intensa che anima le creature di Kitty (tutte a vario titolo animate) fanno di questo libro una sintesi perfetta d’ironia e di sapienza. Senza mai perdere di vista (e forse partendo proprio da lì) il cono d’ombra della nostra vita dove un po’ di polvere, fatalmente, si annida, dove un sentore di malinconia, inevitabilmente, si sprigiona.

Daniela (Tordi)




domenica 23 giugno 2013

LA SCIA DI MARGHERITA


CROSTATA DI FINE STAGIONE

Quando passa Margherita lascia dietro di sé sempre una scia di piacere. Insieme alla vellutata di cetrioli che aveva fatto in onore della mia temporanea indisposizione dentaria, ha anche prodotto un dolce 'anomalo' per la stagione.
Si tratta di una crostata con la pasta frolla fatta con la farina di castagne.
Non so se a voi capita di compare legumi secchi o farine 'invernali' che poi rapidamente devono essere consumate in vista dell'estate (in verità se vivi con un ligure dell'interno, la farina di castagne non deve mancare mai...). La farina di castagne è una di queste.


Il risultato finale di questa crostata è molto apprezzabile perché al sapore meno dolce rispetto a una frolla normale, dato dalle castagne, si contrappone quello dolce della marmellata di fichi, a sua volta 'inasprito' leggermente da un cucchiaio di marmellata di limoni.

Ingredienti

Per la frolla:
125 gr di farina 00
125 gr di farina di castagne
2 rossi d'uovo
150 gr di burro
100 gr di zucchero
1 pizzico di sale

per il ripieno:
un po' meno di un barattolo di marmellata di fichi
un cucchiaio abbondante di marmellata di limoni

Fate la frolla mescolando i dadini di burro freddo con le due farine setacciate insieme, in modo da uìottenere una sfarinata, aggiungete lo zucchero, il sale e in ultimo i due rossi d'uovo.
Lavoratela il meno possibile (la frolla, i puristi, la fanno solo d'inverno, perché nemica del caldo) fino a che otterrete un impasto omogeneo che si stacca dalla ciotola. Mettela in frigo a riposare almeno mezz'ora.


Accendete il forno a 170°.
Quindi stendetela (non tutta: tenetene un po' per la decorazione superiore) sulla spianatoia infarinata o sulla carta forno e quindi disponetela nella teglia.



Dopo aver mischiato le due marmellate versatele sopra la frolla. Quindi decoratela come vi piace di più.
Infornatela e fatela cuocere per 20-30 minuti.
Verrà più scura della crostata normale in virtù della farina di castagne...
Molto gradita agli umani e anche la cognotta pare andarne pazza.


Carla



venerdì 21 giugno 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CAPITANI CORAGGIOSI 
 
MIO PADRE IL GRANDE PIRATA, Davide Calì, Maurizio Quarello
Orecchio acerbo, 2013

ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)


"Non appena arrivato, mio padre mi prendeva sulla ginocchia, apriva una grande mappa che odorava di polvere, e mi mostrava tutti i posti dove era stato. E per ogni posto mi raccontava di una nave che avevano attaccato, e di quante volte avevano deciso di salvare la vita dei marinai in cambio di tutti i tesori che avevano.
A casa, però, di tesori, non ne portava mai."

Ma regali, sì. Ogni anno qualcosa di diverso: pipe, conchiglie, denti di pescecane e anche una bandiera col teschio.
E questo succedeva ogni estate, quell'unica volta in un anno in cui questo bimbetto rivedeva suo padre. Il suo grande padre che di mestiere faceva il pirata!
Ma un'estate non tornò. Al suo posto arrivò un telegramma; madre e figlio presero un lungo treno e fecero un lungo viaggio. Si va da papà.
Finalmente quel bambino avrebbe incontrato la variopinta ciurma di cui per anni aveva solo sentito raccontare le gesta: il Tatuato, Tabacco, il Barbuto, il Piccoletto, e ancora Figaro, Turco, Libeccio, Salsiccia e il pappagallo Centesimo.


Ma all'arrivo non c'era il mare ma nebbia a pioggia, nessuna nave di nome Speranza, ma un ospedale e un padre tutto fasciato, moribondo in fondo a un letto.


E così bruscamente si interrompe il sogno: il padre non era un pirata ma uno dei tanti emigrati in cerca di lavoro nelle miniere del Belgio. Speranza non era un veliero ma una miniera fonda e buia che per quella 'ciurma' di minatori aveva rappresentato davvero l'unica speranza di sopravvivenza.
Tornato con il padre in Italia, a quel bambino è occorso del tempo per capire che suo padre non lo aveva tradito, ma aveva cercato di rendere autentico, attraverso il racconto, un sogno che lui avrebbe voluto vedere realizzato per sé: andare per mare.
E ci è voluta una seconda lettera per rimettere tutta la famiglia in viaggio verso il Belgio. Si va a salutare la miniera, per l'ultima volta prima che chiuda per sempre.
L'intera ciurma, ancora riconoscibile nonostante i volti invecchiati di ognuno, si ritrova e si stringe ancora una volta intorno a uno dei tralicci.
A ben vedere, una squadra di minatori può ben essere una ciurma e un traliccio assomiglia parecchio ad un albero di nave. Ed è dalla cima che finalmente sventola la bandiera pirata della miniera 'Speranza': suo padre, il grande pirata non se ne era mai andato.

Se una storia è una buona storia, dietro la Storia, quella con la s maiuscola, si nasconde sempre una buona storia con la s minuscola.
La Storia dei minatori emigrati in Belgio si compone di tante piccole storie con la s minuscola. 

 
E questa è una di quelle. Un storia fatta di miseria, fatica, separazioni, di solitudini (soprattutto quelle delle donne rimaste a casa), di lontananze, di pericolo, di speranze, di riscatto, ma anche, ed è quello che mi ha sempre colpito di più di questo racconto, la storia di una bella relazione affettiva tra un padre e un figlio.
Una relazione costruita sulla lontananza e sul mito che ogni bambino ha del proprio padre. Devo trovare ancora un bambino che a sei o sette anni non consideri il proprio padre il più bello, il più forte, il migliore: un super papà. E se questo padre è spesso lontano, questa circostanza ne accrescerà ancora di più l'alone di superiorità. Pipi Calzelunghe docet. Ma alla fase del mito subentrerà, con altrettanta puntualità, si spera, la demolizione del mito, per poi arrivare, terzo ed ultimo momento del percorso verso la maturità, ad acquisire la 'giusta' misura la 'giusta' distanza nei confronti del proprio genitore.
Spero non me ne vogliano Davide Calì e Maurizio Quarello se son andata a scavare così in fondo nella loro storia di pirati e minatori e se il 'tesoro' di questo libro l'ho visto soprattutto lì: in una donna sola, in un padre che porta il suo bambino sulle spalle, e di un bambino che da lassù sventola la bandiera di una vita, di molte vite coraggiose!

Carla


Noterella al margine. L'editore francese che ha pubblicato il libro li ha definiti con una sintesi felice: gorgeous. Sono nel contempo deliziosi, meravigliosi, ricercati. Deliziosi, dove? Nei dettagli, due su tutti: le guance del bambino e punte e talloni dei sui calzini...Meravigliosi, dove? Già dal mare dei risguardi, nei colori del cielo del Belgio, nella madre solitaria sulla pagina, nella parata di 'pirati'. Ricercati, dove? Con una sintonia perfetta tra immagine e grafica, i suoi tagli sui ritratti dei pirati si esaltano, i primissimi piani (anche qualcosa di più, veri e propri dettagli) degli occhi di padre e figlio in ospedale che si alternano a campi panoramici e quel treno che a noi lettori ci passa accanto, sfiorandoci...


mercoledì 19 giugno 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CORRI, UOMO, CORRI!

 ANDIRIVIENI, Isabel Minhós Martins, Bernardo Carvalho
La Nuova Frontiera Junior, 2013



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Molto tempo fa, camminavamo lentamente: per giorni e giorni, alla ricerca di cibo o di un buon riparo dove passare la notte.
Alle volte, gambe in spalla, correvamo pure.
Poi siamo montati a cavallo, abbiamo inventato ruote e carrozze, automobili, treni e barche, aerei e razzi."

Quando ci siamo seduti alla guida di un mezzo di locomozione che in sempre meno tempo ci portava di qui e di lì, quando abbiamo capito che eravamo riusciti a dominare il tempo, le distanze, la fatica allora abbiamo pensato di essere padroni incontrastati del mondo e anche un po' dell'universo (io, quella bandiera americana sulla luna non la riesco a mandare proprio giù...)
E se siamo diventati dominatori di spazio e tempo ci siamo mossi sempre di più e abbiamo cominciato a spostare cose e persone: un vero e proprio andirivieni.
Ma a che prezzo? Abbiamo scomodato aria, acqua e terra. Abbiamo inquinato, abbiamo rovinato, abbiamo distrutto, abbiamo prodotto veleno e rumore. 

Prima, animale tra animali, l'uomo si muoveva al ritmo della Terra. Ne rispettava le leggi, ne curava il valore, ne preservava l'equilibrio.
Da sempre le rondini o le farfalle cercano il caldo e attraversano interi continenti, senza dover mai fare benzina. Le balene e i tonni vanno a partorire a migliaia di miglia da casa, senza lasciare dietro di sé neanche una goccia di petrolio. Gli gnu vanno veloci come la jeep dei cacciatori che le inseguono, ma alzano solo polvere e niente monossido di carbonio...
Testa e piedi vanno usati con giudizio e forse sarebbe utile non dimenticare che un tempo erano musi e zampe...

Difficile convincere un ragazzino ad andare più piano, difficile convincerlo che arrivare prima e arrivare ovunque è sempre una grande idea.
Andare veloci, far arrivare cose e persone financo nell'angolo più remoto della Terra ha un prezzo, un costo alto che si paga altrove, ovvero non alla partenza e non all'arrivo: su questo possiamo cercare di farli ragionare anche attraverso un libro così bello e colorato e così movimentato.
Andare a scuola a piedi (sarai più pimpante in classe, dopo due passi a piedi!), comprare gli aranci a dicembre e l'uva a settembre (evitando di mangiare quella che deve attraversare mezzo mondo per finire nel tuo piatto di mangiatore esigente); queste sono tutte piccole pratiche quotidiane che, passo dopo passo, contribuiscono a consolidare la coscienza di un buon abitatore del mondo.
Ma attenzione! Non vi stiamo dicendo di fermarvi (o per lo meno fatelo solo per il tempo necessario a leggere questo libro, o un altro) ma vi stiamo dicendo di andare, di andare però un po' di più con le vostre forze, con i piedi (ali o pinne, fa lo stesso) e con la testa come fanno balene o farfalle, tonni o zebre.
E il confronto che Isabel Minhós Martins fa con le rondini che dall'Artico arrivano fino in Africa in cerca del caldo sembra proprio voler dire: non fermarti, bambino, perché nessun luogo è lontano, se puoi contare su buona testa e buoni piedi!


In un libro, vera e propria ode al movimento 'naturale', Bernardo Carvalho ha scelto di muoversi -e tanto- con i colori: è una vera festa, un fuoco d'artificio continuo! Ma lo fa anche con le forme, infatti tutto corre da un lato all'altro della pagina: dall'uomo primitivo inseguito da un mammuth, al grande tonno che sguscia in mezzo ai cargo. Ma il movimento è anche in una terza e virtuale dimensione: dal fondo 'ideale' dell'immagine alla superficie 'reale' della pagina in un continuo gioco di sovrapposizioni di lucidi che hanno il merito di creare profondità laddove non è prevista. Scomporre le forme, sovrapporle in un continuo gioco di trasparenze è un bell'andirivieni per gli occhi!



Carla




lunedì 17 giugno 2013

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


ADESSO UN PO' DI RISATE


Dai temi drammatici del post precedente a una segnalazione per un libro che utilizza la chiave comica per parlare di un argomento serio, la dislessia.
Hank Zipzer e le cascate del Niagara, scritto da Henry Winkler con Lin Oliver e illustrato da Giulia Orecchia per le edizioni Uovonero, è la storia tragicomica di un ragazzino dislessico che racconta le inevitabili traversie cui va incontro a scuola. La sua difficoltà a leggere e scrivere, a consultare un dizionario, a organizzare il pensiero nella parola scritta ne fa la vittima predestinata delle attenzione della maestra Adolf, ogni riferimento è puramente voluto, e del preside Love, che lo considerano pigro e svogliato e anche un vero casinista.
Al rientro dalle vacanze, la maestra Adolf impone il peggior compito immaginabile: un tema di ben cinque pagine che descriva le vacanze appena trascorse. Di fronte al terrore del foglio bianco che rifiuta di riempirsi di parole, Hank ha un'idea geniale, costruire un modellino delle cascate, con tanto di pompa dell'acqua e vapore diffuso. Il risultato si può facilmente immaginare e segna il più grande disastro mai visto in quella scuola. Ne seguono punizioni a non finire, con il giusto ed inevitabile riscatto finale, anche grazie all'intervento di un insegnante più sensibile ed avveduto e alla presenza dei suoi amici più cari.
La storia, dal ritmo serrato, è raccontata dal protagonista e mette il giovane lettore, dagli otto anni,nelle condizioni di immedesimarsi nelle disavventure di un ragazzino di quarta elementare. Il maggior merito di questo testo, scritto con un font adatto alla lettura facilitata, è la naturalezza con cui si descrive una condizione di diversa abilità, di esser limitati su un versante, mentre per altri versi si è svegli e brillanti. Se anche oggi si hanno molte più informazioni sui vari disturbi dell'apprendimento, la scuola resta spesso, purtroppo, un luogo di sofferenza e di incomprensione. Luogo della 'normalità', non vede talenti e appiattisce le difficoltà.
Le avventure di Hank Zipzer possono aiutare i bambini, ma anche gli adulti, a comprendere meglio la condizione dei bambini in qualche modo in difficoltà, usando comunque un tono leggero e una chiave comica, certo non estranea all'autore, anch'egli dislessico, noto ai più 'anziani' per aver interpretato Fonzie nella serie televisiva d'annata Happy Days.


L'editore Uovonero conferma l'attenzione nei confronti del tema della diversità, producendo testi dalle caratteristiche molto diverse, ma sempre efficaci.


Eleonora

“Hank Zipzer e le cascate del Niagara”, H. Winkler e L. Oliver, con le illustrazioni di Giulia Orecchia, Uovonero 2013


sabato 15 giugno 2013

MARGHERITA È VELLUTATA





È famosetta nella terra d'adozione, Bologna, ma anche a casa passa per essere un'ottima cuoca: estrosa, curiosa e talentuosa. Le zuppe, le creme, le vellutate, dopo i dolci, sono uno dei suoi cavalli di battaglia.

Congiunzioni astrali hanno fatto sì che lei fosse a Roma quando io, reduce dal dentista, avessi il divieto di mangiare cose calde e solide. E così la 'piccola chimica' ha prodotto una nuova vellutata, fresca ed estiva. Finalmente.




Ingredienti:

mezza cipolla

due cetrioli a persona

100 gr di yogurt ogni 2 cetrioli

brodo

erba cipollina

origano fresco

olio evo due cucchiai

sale e pepe





Prendete una pentola di coccio e mettete l'olio per un soffritto di cipolla. Quest'ultima potete anche tagliarla a grossi pezzi tanto verrà frullata alla fine.

Fatela soffriggere poi aggiungete i cetrioli tagliati tagliati a pezzi e non sbucciati, fateli rosolare per qualche minuto quindi aggiungete del brodo un po' carico fino a coprirli. Quindi lasciate cuocere per una mezz'ora abbondante a pentola scoperta.

A questo punto con il minipimer frullate il tutto fino a che non sia eliminato anche il più piccolo pezzetto. Aggiungete erba cipollina, origano e pepe (sale pochissimo perché il brodo contribuisce già) e frullate un altro po', se vi sembra troppo liquida fate cuocere altri pochi minuti (ma di solito non occorre. Lasciate raffreddare il tutto e quindi aggiungete lo yougurt. Fatelo quando la crema è ben fredda, altrimenti lo yogurt si cuoce ed è una schifezza...

Io l'ho mangiata fredda ed è una delizia. Va giù che è un piacere e come sensazione refrigerante ricorda molto quella del gazpacho (altra mia passione).




La cosa migliore è mangiarla in una calda serata di fine giugno con parenti e amici cari sul terrazzo di casa propria...

Carla