lunedì 29 novembre 2021

FAMMI UNA DOMANDA!

IL RITORNO DEL LUPO


Torniamo a parlare di lupi con un bel libro pubblicato da Editoriale Scienza: ‘Quattordici lupi’, scritto dalla divulgatrice Catherine Barr e illustrato da Jenny Desmond. Si racconta, quasi come in una leggenda, la reintroduzione dei lupi nel Parco di Yellowstone, dopo che, sterminati dai cacciatori, ne erano scomparsi. La loro scomparsa aveva determinato un profondo squilibrio nell’ecosistema del Parco: i wapiti, una specie di cervi di grandi dimensioni, non avendo predatori erano talmente cresciuti numericamente da danneggiare la crescita di alberi e piante, così determinando una serie di reazioni a catena, detta cascata trofica, dall’impatto decisamente negativo: specie di uccelli e di pesci, quasi scomparsi, rive di fiumi talmente impoverite da non contenere le inondazioni e così via.
Così, non senza trovare una fiera opposizione, nel 1995 furono prelevati in Canada quattordici esemplari di lupi e, dopo un periodo di adattamento, furono introdotti nel Parco. Seguì un secondo inserimento, per un totale di una trentina di esemplari. Ora è presente una popolazione stabile, che ha contribuito a riequilibrare il rapporto fra le specie, animali e vegetali.


L’aspetto scientifico di questo straordinario esperimento di reinserimento di una specie, scomparsa dal suo habitat naturale, è sviluppato in tre parti, che Catherine Barr dedica alla descrizione della situazione precedente al 1995, al reinserimento dei lupi canadesi e, infine alla spiegazione delle complesse interazioni che mantengono in equilibrio un ecosistema.
Ma quando si tratta di lupi, nessuna descrizione può prescindere dal fascino che questi animali esercitano sui lettori grandi e piccoli. E qui entra in campo la bravura di Jenny Desmond, illustratrice che ben conosciamo, che a quel fascino riesce a dare forma.
Le sue immagini ritraggono il gruppo dei lupi ‘importati’ nei primi momenti della scoperta del nuovo territorio, nella formazione dei branchi, con le nascite di nuove cucciolate.
E poi le cacce, le predazioni, l’espressione della grande potenza che questi animali possiedono.


Questo è davvero un bell’esempio di divulgazione che coniuga una importante dose di corrette e approfondite informazioni scientifiche con il necessario coinvolgimento emotivo che le immagini suggeriscono, senza mai trascendere nel sentimentalismo o nella edulcorazione di quella che è la realtà della vita naturale fatta di prede e predatori.
Si raggiunge così un prezioso punto di equilibrio che rende il libro apprezzabile da parte di chi ama i lupi e di chi vuole farsi un’idea più precisa di cosa significa proteggere un ecosistema.
Lettrici e lettori appassionati di natura, a partire dai sette, otto anni, ma anche decisamente più grandi, non potranno che apprezzare questo libro, che ci sentiamo di consigliare caldamente per i prossimi regali di Natale.

Eleonora

“Quattordici lupi”, C. Barr e J. Desmond, Editoriale Scienza 2021





venerdì 26 novembre 2021

ECCEZION FATTA!

FOTO DI GRUPPO CON AUTORE

Miroslav Šašek, Martin Salisbury (trad. Gabriella Tonoli) 
Lupoguido 2021 


SAGGI ILLUSTRATI 

"Lo sguardo di un artista emigrato può essere particolarmente illuminante e spesso ci aiuta a vedere quel che appare familiare come se fosse la prima volta. Le trame e i ritmi della vita quotidiana a cui diveniamo indifferenti vengono divorati con entusiasmo dall'appetito visivo dello straniero. Esempi calzanti di questo fenomeno sono la New York di Saul Steinberg, la Londra di Felix Topolski e la Parigi di Ronald Searle.

Queste sono le prime righe dell'introduzione che Martin Salisbury dedica a questo grande artista ceco che fece del mondo la sua patria. 
Emigrato una prima volta a Parigi nel 1947, quindi lasciata la Cecoslovacchia in modo definitivo nel 1948, M. Šašek - così firmava le sue opere - girò il mondo in lungo e in largo per realizzare la sua fortunatissima collana di libri per bambini, intitolata This is.... una sorta di guida turistica illustrata che di volta in volta era dedicata a una città o a un preciso paese: This is Paris, This is London... e via andare. 


Da Parigi, Londra a New York, Roma, Venezia, Edimburgo, fino ad arrivare a Hong Kong passando per Israele, per la Grecia o il Texas, fino ad approdare alle Nazioni Unite. L'ultima, che risale al 1970, è dedicata all'Australia, anche se ancora nel 1974 ne concepiva una sull'antica Britannia. 
Titolo questo, che chiude la collana.


Ancora un paio di libri strepitosi e poi nel 1980 Miroslav Šašek muore. 
La qualità assoluta delle sue illustrazioni - il suo modo di usare il colore, il bianco/nero, la fotografia, il collage - è sotto gli occhi di tutti nelle più di 100 pagine che questo saggio gli dedica; la sua straordinaria carriera come artista, grafico e illustratore la racconta con rigore e chiarezza Martin Salisbury, illustratore lui stesso, ma anche studioso e accademico di caratura mondiale che insegna alla Cambridge School of Art. 
Chi si occupa di letteratura illustrata avrà avuto modo di conoscere e apprezzare il suo punto di vista raccontato in saggi imprescindibili come per esempio Childrens Picturebooks: The Art of Visual Storytelling, oppure Illustrating Children's Books: Creating Pictures for Publication o ancora nel suo ultimo 100 Great Children's Picture Books, sorta di catalogo di libri illustrati preferiti presi dalla sua collezione personale. 
Almeno due sono i motivi di gioia nell'avere per le mani questo libro. 
Da una parte c'è l'oggettiva bellezza dell'oggetto, che Lupoguido porta in Italia traducendo l'edizione originale inglese di Thames and Hudson, con una veste grafica preziosa e degna di plauso, dall'altra il piacere di vedere riconosciuto un approccio di studio che personalmente sostengo da anni, andando in giro a tenere seminari interminabili che stanno tutti sotto un unico titolo: Foto di gruppo con autore
Mi sto riferendo all'ottica di conoscere e approfondire lo studio della letteratura illustrata attraverso l'indagine sui singoli autori, ossia indagarne la poetica attraverso un'attenta analisi della loro storia personale, delle loro scelte nel campo della formazione, delle loro esperienze lavorative, degli incontri fatti nel corso della loro vita, che hanno segnato profondamente le loro scelte in campo artistico, quanto la loro carriera. 


Da anni ormai mi sono convinta che sia uno dei modi più sicuri per arrivare a capire nel profondo il valore che la letteratura illustrata di qualità porta con sé e che dalle sue pagine irradia. 
Credo che in questo modo di affrontare lo studio ci sia, ancora una volta, una storia personale dietro: la mia. 
Se non fossi stata una storica dell'arte per vent'anni della mia esistenza, forse adesso non sarei lì a pontificare che senza Ruth Krauss e Ursula Nordstrom, forse Sendak avrebbe continuato a guadagnarsi da vivere, facendo il vetrinista per un altro po' di anni. 
Forse Eric Carle se non avesse incontrato Lionni a New York avrebbe fatto il pubblicitario di prodotti farmaceutici ancora del tempo. 
Se l'infanzia di Kitty Crowther fosse stata diversa, la sua sensibilità verso le piccole cose sarebbe stata un'altra.
Se Ungerer non avesse patito così intimamente l'annessione dell'Alsazia da parte dei tedeschi, se Steig non fosse sbarcato in USA negli anni giusti, portandosi dietro il suo bagaglio di cultura europea trasmessogli dal suo professore di liceo, molte cose sarebbero andate diversamente: le loro vite, la loro sensibilità nel leggere e raccontare il mondo, insomma i loro disegni sarebbero stati altri. 
Ecco. 


Questo tipo di interesse e di approccio allo studio della materia - lo stesso che è alla base questa collana curata da Quentin Blake e da Claudia Zeff per l'editore inglese - ora approda anche in Italia. 
I saggi monografici su autori e illustratori sono piuttosto diffusi in ambito anglosassone e francese (e penso ai dossier, che ha curato il Centre National de la littérature pour la jeunesse, nella sua rivista o ai libri monografici di Leonard Marcus), ma in Italia sono pochi i titoli dedicati all'opera di singoli autori. 
Molto più spesso il taglio è di tipo tematico o comunque legato a una visione più onnicomprensiva delle questioni. Non è che questo tolga valore alla qualità, ma si tratta di una prospettiva che per forza di cose 'schiaccia', ossia sovrasta il lettore che non sia più che esperto. 


Focalizzare invece l'interesse su una unica figura di riferimento, pur offrendo le coordinate per orientarsi nella temperie culturale nella quale si trova immerso, porta a due vantaggi. 
Da una parte permette al lettore di poter seguire con più facilità il percorso artistico dei singoli illustratori, libro dopo libro, e dall'altra insegna a 'leggere' attraverso il racconto biografico la poetica di un autore, ma anche il contesto culturale di un'epoca, di un paese. 


Non è un caso che io abbia scelto tra Raymond Briggs (l'altro titolo uscito per Lupoguido in concomitanza) e Miroslav Šašek, quest'ultimo per fare un paio di riflessioni più teoriche su come studiare e conoscere la letteratura per l'infanzia. Due le ragioni che sono alla base di questa scelta: da un lato la preferenza di gusto verso la sua arte, il taglio modernista, a mio parere è ancora attualissimo, rispetto alle sfumate matite morbide e tondeggianti di Briggs che oggi mi paiono invece molto datate. 
Dall'altro, la filosofia, lo spunto creativo, che sta dietro i suoi libri This is... : quella sua profonda e sensibile attenzione esplorativa volta a catturare l'essenza di un luogo. 
Šašek prima di intraprendere i suoi viaggi, studiava e leggeva. 


Poi, iniziato il viaggio, girava per giorni con gli occhi ben aperti e guardava le città in ogni direzione, imparava a conoscerle, ne coglieva ogni dettaglio, le osservava, le ascoltava. 
Per trovarne, appunto l'essenza. 
Esattamente la stessa cosa, mutatis mutandis, mi pare si debba fare anche con gli artisti: studiarli e leggerne. Girare per giorni con gli occhi ben aperti e guardarli in ogni direzione, imparare a conoscerli, coglierne ogni dettaglio, osservarli, ascoltarli. 
Per trovarne, appunto, l'essenza. 

Carla

mercoledì 24 novembre 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

TARTARUGA OSCURA


Una trama inconsueta caratterizza il romanzo che Luigi Ballerini firma per i tipi delle Edizioni San Paolo, ‘La case del tempo nascosto’.
Inizia come una ‘normale’ storia di fantasmi, per poi evolvere in tutt’altra direzione, affrontando un tema difficile.
In breve la trama: il protagonista è un ragazzino di nome Marco che ci racconta in prima persona una giornata passata insieme alla madre, agente immobiliare, visitando diverse case in vendita.
Già dalla prima comincia a manifestarsi una strana presenza: un bambino, un po’ più piccolo di Marco, ed una vetrinetta illuminata contenente le miniature di diversi animali. Il bambino è spaventato da una gigantesca tartaruga, molto aggressiva. Marco la identifica come una tartaruga alligatore.
Ma anche nella casa successiva, e poi nelle altre, il bambino si manifesta e Marco viene sempre più risucchiato nelle sue vicende: quando scappa lo segue, nello stesso modo quando si rifugia dalla zia. Ad ogni passaggio compaiono nuovi animali, un’upupa, un cucciolo di ippopotamo, alla fine un alce dall’udito finissimo.
La vita del nostro protagonista è, all’apparenza, una vita normale: i giochi online con gli amici, il primo timidissimo amore per la giovane barista cinese, che incontra ogni giorno. Ma la sua vita non è stata affatto normale.
Le apparizioni che tanto lo coinvolgono non sono che reminiscenze di un passato drammatico, legato ad un padre violento; gli animali scelti nella sua maniacale collezione rappresentano le diverse persone coinvolte in questo dramma, per finire con l’alce, ovvero l’analista che lo sta aiutando ad affrontare il suo passato.
Mi dispiace dover svelare il colpo di scena che cambia il senso di tutta la storia, ma capire di cosa l’autore ci sta raccontando è indispensabile per sottolineare quanto questo sia un argomento rimosso: al di là della retorica, raramente ci si chiede cosa succede ai bambini che sono stati testimoni o che sono stati coinvolti direttamente in episodi di violenza familiare. Discorso sicuramente difficile, volentieri evitato proprio perché ci mancano le parole per dirlo; mancano in primo luogo ai bambini, ma mancano anche agli adulti che con loro hanno a che fare.
Eppure proprio la parola, la parola che cura, è indispensabile per poter elaborare un vissuto traumatico. Quanto di tutto questo può entrare in un romanzo? La forma scelta dall’autore, una grande metafora del processo di guarigione, è forse una delle poche vie percorribile per rendere accettabile, agli occhi di lettrici e lettori, una storia molto più ‘oscura’ di quel che sembra.
Lettura non facile, ma certamente utile a illuminare un aspetto della vita dei bambini cui non pensiamo.
Se il romanzo ha un centro emotivo, rappresentato dalla storia di Marco, è anche interessante per la cura con cui sono descritte le case, gli stili, gli arredi, le epoche: l’architettura dev’essere una passione che accomuna l’autore al suo personaggio, descrivendoci Milano con un occhio particolarmente attento alle sue diverse facce.
La lettura è adatta a ragazze e ragazzi sensibili alle vite degli altri, a partire dai dodici anni.

Eleonora

“Le case del tempo nascosto”, L. Ballerini, Edizioni San paolo 2021



lunedì 22 novembre 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA SOLITUDINE DEGLI OGGETTI

Oh!, Josse Goffin 
Kalandraka, 2021 


 ILLUSTRATI SENZA PAROLE 

Una mano che ti intima di andare verso destra, una tazza di cioccolata calda, un pesce, una molletta, una mela, una scarpa da uomo... 
Sono questi gli oggetti che occupano il centro delle grandi doppie pagine bianche. 
Disegnati con un tratto a matita che ne sottolinea il profilo morbido, colorati con pastelli grassi che lasciano trasparire una trama a righe sottili, quella che conosciamo come carta da pacchi, tutti loro nascondono un segreto. 
E un gioco di richiami che si scopre solo dopo un po'. 
Il segreto: la pagina di destra è doppia e si apre a sorpresa e quello che era il polsino di una mano indicatrice, diventa il polsino di una mano che tiene per la coda un coccodrillo. E metà di quella tazza di cioccolata calda disegnata al centro della doppia pagina successiva diventa la prua di una nave cargo. E la coda del pesce diventa la coda di un'anatra e le due punte della molletta di legno diventano coda di pesce e la mezza mela è diventata la schiena di qualcuno e la punta della scarpa... 


L'inevitabile taglio centrale della legatura del libro che tiene insieme, ma anche separa, i due fogli (quello di sinistra e quello di destra) - croce e delizia di molti illustratori - qui segna un confine tra ciò che è e ciò che può essere. 
E dà vita a una bellissima esperienza di disvelamento, pagina dopo pagina. Ma attenzione che in questa alternanza di ciò che vediamo e che poi vediamo trasformato in qualcosa d'altro si annida un altro gioco che ha molto a che fare con l'ordine degli oggetti che Goffin mette secondo una sequenza che potrebbe apparire casuale e invece non è. 

Pubblicato per la prima volta nel 1991 in Francia, Oh! vince il Braw nell'anno successivo e in quello dopo ancora viene pubblicato in Italia, da Emme Edizioni. 
Ora è Kalandraka che ha il merito di rimettere in circolazione questo prezioso libro d'artista che nel mondo intero ha avuto un grande successo e che a distanza di trent'anni ha ancora molto da dire e può ancora stupire - Oh! - a ogni giro di pagina intere schiere di bambini. 
L'idea di giocare con le forme che si trasformano o che diventano qualche altra cosa ha radici antiche e vanta prestigiosi esempi nelle migliore letteratura illustrata. Da Munari a Ungerer che ha giocato con scarpe o lumache, per esempio. Ma non vanno dimenticati neanche Eric Carle, con le sue code di animali, o la Agostinelli con Sembra questo, sembra quello... che gioca sull'equivoco dato dal particolare, poi smentito dalla figura intera. 
Volendo stabilire una radice comune, pare evidente che i grandi maestri hanno guardato ancora più indietro, al Surrealismo di Magritte. 


Con Munari, con Iela Mari, con Carle, ma soprattutto con Ungerer, ma anche forse con Folon, con Delessert, Goffin condivide un percorso formativo comune. 
La loro esperienza di graphic designer li tiene insieme e gli permette di avere uno sguardo particolare e in qualche modo diverso da quello che può essere quello di un illustratore puro. 
Il grafico non teme la solitudine degli oggetti sulle pagine e non teme di concentrare lo sguardo su una forma singola, grande e solitaria. 
Un grafico affida al profilo dell'oggetto la sua forza comunicativa. Affida il dialogo con il lettore non tanto alla narrazione quanto piuttosto alla purezza del segno che deve colpire all'istante per leggibilità. 


Al contrario, per mantenere desta l'attenzione ha bisogno di altro: necessaria è l'ambivalenza - o forse sarebbe meglio dire l'ambiguità - della forma. E qui, per Goffin che ha scelto questa strada, si rende necessario l'uso della pagina di destra con una grande ala che si solleva, poco più piccola della mezza pagina (onde evitare qualsiasi equivoco per il piccolo lettore e magari ritardare di un po' la piegatura involontaria degli angoli delle mezze pagine libere). 
Iela Mari invece ha lavorato sul profilo degli oggetti che si modificava impercettibilmente ma inesorabilmente, fino a diventare altro dal palloncino di gomma iniziale. Mentre Ungerer nascose forme di scarpe diverse e spirali di gusci di chiocciola in tutto quello che la realtà gli concedeva. L'occhio di lince di un bambino avrebbe fatto il resto. 
Goffin, belga di nascita, appartiene a una temperie culturale felicissima, ovvero quel nutrito numero di artisti, tutti nati intorno agli anni Trenta del Novecento, che hanno fatto della comunicazione visiva il loro linguaggio espressivo, fosse il design per copertine di dischi o manifesti politici o di stagioni teatrali, o fosse l'illustrazione per libri, riviste e giornali, poca differenza fa. 
Quello che conta è la qualità del pensiero che ne è alla base e la qualità del disegno. 


In questo Goffin non è stato secondo a nessuno. 
Restano solo due brevi considerazioni da fare. La prima: sarebbe bello vedere in Italia pubblicato anche Ah! che precede di un anno Oh! con cui condivide l'impianto, ma con una logica interna piuttosto diversa. 
La seconda: il grande silenzio che Goffin ha voluto intorno al suo libro, rigorosamente muto di parole, non potrà rimanere tale a lungo perché il piccolo lettore lo sonorizzerà inevitabilmente. Ma il grande che lo legge, quel silenzio dovrebbe rispettarlo fino in fondo, quanto meno per le due ragioni suddette. E in questa prospettiva, dovrebbe leggere il titolo - l'unico suono che il libro prevede - come si dovrebbe, ossia poco più che un respiro mozzato dalla sorpresa. 
Insomma, non avere paura di tutto quel bel bianco, di tutto quel bel silenzio; quindi tenere a freno le mani che indicano qui e là, togliendo la scoperta ai bambini che non sono cretini e non ne hanno bisogno, e togliendo anche tutte le altre interiezioni che non siano quell'unico e pulitissimo Oh! 
Il libro è talmente ben fatto che non ha bisogno di sostegni esterni. 

 Carla

venerdì 19 novembre 2021

FAMMI UNA DOMANDA!

IL GRANDE NORD

Esce per i tipi di Clichy, e non di Lemniscaat italia, un bel libro che l’editore olandese, Lemniscaat, dedica al Grande Nord. L’autrice è Marieke ten Berge, supportata per i testi da Jesse Goossens, appassionata delle regioni polari e in particolare delle isole Svalbard, in Norvegia.
Il libro è sostanzialmente una raccolta di tavole, tutte molto belle, accompagnate da un testo dedicato a ciascun animale.


La pagina di testo racconta le caratteristiche dei diversi soggetti, raccontandoli in prima persona; ma non manca una piccola scheda tassonomica che consente di inquadrare meglio l’animale trattato.
I territori presi in esame comprendono sia il Polo Nord che le zone all’interno del circolo polare artico, la Groenlandia, la Siberia e così discorrendo.
Alcuni animali sono molto noti: dalle renne alle lontre, dai narvali alle linci; altri decisamente meno noti: l’alca minore crestata, per dirne una, oppure il Re degli edredoni. Prede e predatori di ecosistemi fragili, le cui caratteristiche stanno mutando, più velocemente di quanto vorremmo: riduzione dei ghiacci, scioglimento del permafrost sono alcuni aspetti di queste trasformazioni. Non tutti gli animali risentono nella stessa misura di questi cambiamenti: alcune specie sono gravemente minacciate, come gli orsi polari, trichechi, i beluga; altri hanno maggiori capacità di adattamento e un habitat più esteso.
Il testo in prima persona attira la lettura dei più giovani, che trova descritte sinteticamente le caratteristiche di ciascun animale, ritratto nelle abitudini alimentari e riproduttive, ma soprattutto attraverso quegli aspetti particolari che maggiormente possono incuriosire. In un riquadro le informazioni tassonomiche, nelle quali a volte, curiosamente, ‘carnivori’ è sostituito con ‘predatori’.


Ma quello che maggiormente può colpire la fantasia di lettrici e lettori, dai sei anni in poi, sono le tavole, precise, efficaci, coloratissime: ciascuna di esse completa il ritratto dei diversi soggetti, cogliendone gli aspetti essenziali: le ‘zampone’ delle lepri delle nevi, la curiosa livrea della fratercula dai ciuffi, l’imponenza della megattera e del capodoglio. Sono delle belle incisioni, realizzate con studi preparatori accuratissimi, come si può vedere dal video realizzato dall’autrice.
Ne deriva un libro molto curato sul piano grafico, elegante, ma, nello stesso tempo, accattivante anche per i più piccoli che cercano di coltivare la loro passione per gli animali.


L’argomento affascinante, il Grande Nord e i suoi animali, è anche di stretta attualità, per le varie tematiche ambientali legate al cambiamento climatico e alla tutela delle specie minacciate di estinzione. La fragilità di questi habitat esalta la drammaticità degli effetti dell’innalzamento delle temperature. Ma intanto possiamo ancora guardare con stupore alla bellezza di questi panorami e di questi animali.
Lettura consigliata a chi si interessa di animali, di ambiente e che apprezza i libri ben fatti, a partire dai sei anni.

Eleonora


“Nord”, M. ten Berge & J. Goossens, Clichy 2021




mercoledì 17 novembre 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

CREDERCI E BASTA

Quando arrivi è Natale
, Barbara Ferraro, Serena Mabilia 
Lupoguido 2021
 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 6 anni) 

"'Eccoci! Allora, cinture ben allacciate?'
'Tobia?' 'Sì, allacciate!' 
'Junior?' 'Sì, allacciate!' 
'Allora andiamo... pronti via! Papà arriviamo!' 
'Aspetta mamma, mi scappa la pipì...' 
'E su! Dai! Risaliamo, ci mettiamo un momento.' 
'Aspetta mamma, prendo Junior...'" 

Tutto è pronto per la partenza verso le vacanze di Natale a casa dai nonni. Le valigie e le borse sono stipate nel bagagliaio già da prima, manca solo di passare a prendere papà al lavoro e poi il lungo viaggio può incominciare. Nella testa di Tobia c'è tutta la frenesia della vigilia, del viaggio in macchina, c'è la gioia di rivedere i nonni, di sentire il freddo della campagna e il caldo del camino. 


In tutti questi suoi pensieri, con lui c'è sempre Junior, l'orso. 
E poi però c'è quella pipì fuori programma. 
I grandi sono frettolosi, la circostanza è frettolosa. 
E l'orso Junior resta lì sul pavimento davanti al bagno, dimenticato. 
Quando Tobia se ne accorge, ormai è tardi per poter tornare indietro. Junior passerà le vacanze di Natale solo a casa e per lui non ci saranno dolcetti, o cacce all'insetto nei legni davanti al camino, non ci saranno gli abbracci di Tobia, né le riparazioni della pelliccia consumata che la nonna è così brava fare. E anche per Tobia sarà un Natale malinconico lontano dal suo orso con cui parlare, con cui costruire torri, e in cui affondare a fine giornata il naso prima di dormire. 
E poi però c'è quel gabbiano che sente gli ululati di un orso lasciato sul pavimento che si sente molto solo. Ed è così che comincia il lungo e avventuroso viaggio di un orsetto di pezza a cavallo di un gabbiano determinato e di buon appetito e poi di un pesce volante e inconsapevole. 
Viaggio che termina di fronte alla collina con dodici pini altissimi, perché è quello è il punto dove atterrare. Lì c'è la casa dei nonni. Ed è lì che con Tobia si ritroveranno. 
E sarà di nuovo un buon Natale, per tutti, ma proprio tutti. 

Nelle storie bisogna credere. 
Se è chiaro a tutti che qui la storia vera si ferma su quel pavimento di casa e riprende davanti alla porta della casa dei nonni, è pur vero che dobbiamo prestare fede anche a tutto il viaggio di Junior a cavallo del gabbiano e del pesce. 


Coleridge le ha dato un nome, the willing suspension of disbelief, ma già Shakespeare la pretendeva dal suo pubblico nell'Enrico V, invocando la necessaria fantasia per attraversare in un volgere di clessidra tempo e spazio. 
Tuttavia una differenza esiste tra grandi e piccoli e risiede proprio in quel willing
Un bambino non ha bisogno di imporsela, ci crede e basta. 
Un adulto deve fare un passo indietro e decidere di mettersi in quella condizione in modo volontario. Ciò non toglie che la sospensione dell'incredulità sia uno dei principali motori della felicità quando ci si immerge in certa letteratura: farsi trasportare in un altrove esercita un grande fascino, a patto però che il viaggio abbia una sua precisa coerenza interna e rispetti alcuni canoni. 
Quando arrivi è Natale dimostra di avere una sua precisa coerenza interna e quindi al lettore, anche quello adulto, non resta che godersi il meraviglioso 'senso del meraviglioso'; sorridere per i dialoghi tra un gabbiano abbastanza furbo e parecchio affamato e un orso un po' confuso e molto disperato; preoccuparsi per la caduta del gabbiano stordito dai fuochi d'artificio, e per il rocambolesco passaggio di consegne tra uccello e pesce.
 

D'altronde la buona letteratura non è nuova a viaggi fantastici a cavallo di un volatile e vanta illustri precedenti, da Pinocchio a Nils Holgersson, ed è anche piena di orsetti avventurosi che marciano compatti dietro la bandiera di Winnie. E anche i pesci volanti godono di una loro fama e hanno una loro letteratura dedicata. 
Questa percezione quasi fisica della meraviglia, la trasmettono le matite morbide, sfumate, volutamente mai nitide di Serena Mabilia, che in tal modo parrebbe voler ribadire la più generale condizione di sospensione anche per quello che riguarda lo sguardo. 
Ai colori, e a quel periodico tornare sugli alberi e sui loro intrecci di rami affida, silenziosamente, la sensazione di essere immersi davvero nelle atmosfere dei nostri natali. 
Accanto a tutto questo però c'è anche altro: una bella storia di bambini e pupazzi e quella - lo sappiamo tutti - è proprio vera vera. 


Scrivere storie del genere, che raccontino il legame che nella vita reale tiene insieme bambini e peluche, credo abbia, tra gli altri, anche il merito di risarcire, almeno in parte, l'infanzia del proprio status di 'paese' autonomo e sovrano. 
Nel senso che come adulti, la prima cosa che è necessario imparare a fare è quella di rispettare la capacità che hanno i bambini di crearsi un mondo altro per poter dignitosamente provare a sopravvivere in quello terribilmente reale dei grandi che non gli appartiene. Ed è naturale che i primi abitanti di questo 'paese' che hanno diritto di cittadinanza, si potrebbe dire addirittura ne ricevano la cittadinanza onoraria, sono orsi, paperi, topi, dinosauri, pipistrelli, marmotte, delfini. Tutti rigorosamente di pezza, tutti segnati e consumati dal tempo e dall'effetto. 
L'atto di scriverne con tanta lucida fede, riconoscendone di fatto l'esistenza, oltre a essere cosa buona e giusta, è anche necessaria. 

 Carla 


Noterella al margine: Quali siano le cose che dall'infanzia decidano di non andarsene mai e che da adulti ti restino dentro è davvero un mistero. Ad alcuni, me compresa, è capitato in sorte di continuare a essere certi, come si faceva da bambini, che gli animali di pezza siano vivi e abbiano un'anima per sentire, una testa per pensare e una voce silenziosa per farsi capire.

lunedì 15 novembre 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

PLEISTOCENE



Mi aspettavo un romanzo più ‘facile’, e l’autore non me ne voglia, e invece ho trovato un romanzo che squaderna una serie di questioni spinose all’interno di una trama coinvolgente, dal finale inaspettato. Si tratta de ‘L’ultimo cacciatore’, firmato da Davide Morosinotto per i tipi di Mondadori.
Partiamo dalla trama: l’azione si svolge alla fine del Pleistocene, in una zona dell’attuale Florida. Protagonisti un gruppo di ragazzini, cinque nati quasi contemporaneamente e una sorella di loro, che restano improvvisamente soli, dopo che un incendio devasta il loro villaggio e uccide le loro famiglie. Sono in un’età di passaggio, ancora non hanno fatto la prima vera caccia, ma non sono più bambini. Il protagonista della storia è uno di loro, Roqi, un po’ più piccolo, un po’ imbranato, senza una vera ‘vocazione’, o talento o abilità. È relegato in fondo al gruppo, insieme alla più piccola, Hana, che un talento ce l’ha e riguarda gli animali, che ama e non vorrebbe venissero mai uccisi.
Il mondo in cui vivono è popolato da animali giganteschi, la cosiddetta megafauna: mammut, megateri, ovvero bradipi terricoli, tigri dai denti a sciabola e così continuando.
Non a caso la prova di coraggio che segna il passaggio all’età adulta è proprio la caccia al mammut. Gli avvistamenti di questi giganteschi mammiferi si fanno sempre più rare, perché? Alla fine dell’ultima era glaciale, i cambiamenti climatici hanno messo in difficoltà numerose specie animali e la contemporanea presenza di un predatore sistematico come l’uomo le ha spinte progressivamente verso l’estinzione.
Questo è lo sfondo su cui si svolge l’azione. Il gruppo di Roqi, dunque, cerca di organizzarsi sfruttando le proprie competenze e abilità, sopravvivendo come può a tutte le insidie che li circondano. Il primo di loro a cadere non sopravvive alle ferite riportate nello scontro con un volatine gigantesco, intento a sottrarre una preda. L’incontro con un viaggiatore solitario sembra, viceversa, portare loro conforto. Li accompagna da un’altra tribù e i ragazzi portano in dono l’avvistamento di un mammut, avvistamento che attribuisce momentanea gloria a Roqi. Si organizza quindi la caccia non tanto al maschio solitario quanto al piccolo branco di femmine che lui sta seguendo.



L’esito della caccia è tragico, anche se porta alla tribù tutta la carne necessaria a superare l’inverno. Roqi viene accusato di portare il malocchio e viene bandito da tutti, anche dai suoi vecchi amici. Comincia il suo peregrinare solitario, basato sulle sole regole della sopravvivenza che gli richiedono di trovare tutti i giorni da mangiare, da bere e un riparo per la notte. Ma ci sono ancora sorprese: Roqi incontra sul suo cammino il vecchio maschio di mammut e decide di affrontare da solo la sua iniziazione e ricompare Hana, la bambina che non lo ha dimenticato e lo ha seguito fin lì grazie al fiuto del cucciolo di megaterio (almeno penso che sia quello l’animale descritto), adottato all’inizio della storia.
Morosinotto, come sua consolidata attitudine, ricostruisce l’ambiente con documentata precisione, inventandosi un lessico allusivo, che fa indovinare dietro gli strani nomi, gli animali che discendono da quelli preistorici; così come ricostruisce gli usi e i costumi di un’antica tribù di cacciatori raccoglitori, enumerandone non solo gli strumenti, ma anche le abitudini, le credenze; ne descrive la fragilità di fronte ai predatori, alle malattie, alle stesse superstizioni.
Tutto questo fa de ‘L’ultimo cacciatore’ un sapiente romanzo d’avventura. Ma c’è il finale a scompaginare le carte, perché non è il finale che ci si aspetterebbe in un romanzo per ragazze e ragazzi; non c’è un ‘happy end’ consolatorio, al contrario la descrizione di un mondo, quello del Pleistocene, al suo tramonto, mentre la specie cui apparteniamo già mostra le sue capacità distruttive.
Quanto al protagonista, Roqi rivela tutta la sua umana fragilità di fronte ad una natura soverchiante, ma al tempo stesso vittima di un agire umano inconsapevole.
Tutto questo non è rassicurante, non disegna la gloriosa storia dell’umanità come una linea retta che corre verso il futuro; e mette in luce i mali e le superstizioni di un piccolo gruppo umano, disarmato di fronte alle piccole e grandi tragedie della vita.
È un romanzo che apre numerose questioni: sul ruolo che abbiamo avuto e abbiamo nella biosfera dell’unico pianeta che abbiamo, su cosa sia vero coraggio, talvolta il non fare sarebbe meglio del fare, ma non siamo capaci di fermarci. Siamo ancora quel piccolo caparbio cacciatore, che non può vedere a cosa porterà uccidere tanti mammut, che non può pensare il futuro?
Non è un romanzo ‘facile’, nonostante sia avvincente, sostenuto dal ritmo dei colpi di scena, delle battute di caccia, delle svolte narrative, delle delusioni e dei tradimenti che portano il protagonista alla solitudine; è, al contrario, spiazzante, molto più denso di quanto potrebbe apparire a dare una scorsa alla trama. Un romanzo utile ad aprire questioni, direi quasi necessario, per diventare grandi.
Lettura caldamente consigliata a ragazze e ragazzi, partire dai dodici anni.

Eleonora

“L’ultimo cacciatore”, D. Morosinotto, ill. di F. Visintin, Mondadori 2021




venerdì 12 novembre 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

EHILA'? EHILA'!

La Ester più Ester del mondo, Anton Bergman, Emma Adbåge 
(trad. Samanta K. Milton Knowles) 
Beisler 2021 


 
NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 9 anni) 

"'Ehilà?' grida Ester entrando nell'ingresso buio. Si sbriga ad accendere la luce. 'La tua mamma è in casa?' chiedo. 'Il mio papà, semmai' risponde. 'Lui a volte c'è Ma a quanto pare oggi no'. Mi tolgo le scarpe e noto che ce ne sono solo due paia all'ingresso. Un paio di scarpe da corsa grandissime e un paio di stivali di gomma della misura di Ester. Ester ci mette anche le sue. 'Ecco, io vivo qui!' dice Ester indicando verso il soffitto in fondo all'ingresso." 

Questa è la prima volta che Signe va a casa della sua nuovissima amica Ester. 
Solo da oggi è arrivata in classe questa nuova bambina che nessuno conosce, eppure già hanno fatto un bel po' di cose assieme. Quasi tutte rappresentano la prima volta per Signe: andare in due sull'altalena, andare a casa di un'amica, andarci a piedi da sola con lei. 
Questa nuova amicizia le mette addosso un formicolio che forse dipende dal fatto che Ester sembra avere una vita e delle abitudini molto diverse da quelle di Signe. Questa bambina, che per Signe è naturalmente ancora un po' un mistero, sembra vivere molto del suo tempo da sola, con la sua gatta 'grassa'. Il papà è spesso assente e della mamma apparentemente c'è solo una foto in bianco e nero accanto al letto sul soppalco; d'altronde, a quando afferma Ester, lei fa l'attrice, si chiama Greta ed è sempre fuori... 
Così questa bambina dai lunghi capelli castani gode di una sua bella indipendenza, ha le chiavi di casa, cucina e va a fare la spesa da sola, ha un cellulare sempre con sé perché il papà la possa raggiungere in ogni momento e ha anche un bel modo di sollevare il sopracciglio.  


Il fascino che esercita su Signe, che, invece, vive con mamma e papà e il fratellino piccolo, che non ha le chiavi di casa e nemmeno il permesso di tornare a casa da sola o di andare a fare la spesa, e che per il cellulare deve ancora aspettare il suo compleanno, è molto grande. 
La cosa però che Signe le invidia più di tutte è il suo coraggio nell'affrontare le sfide, ossia nel fare quelle cose che sono considerate proibite, non perché siano pericolose, ma perché semplicemente infrangono le regole di cui i grandi amano riempire la vita dei bambini. Nello stesso tempo la inorgoglisce e le fa formicolare la pelle sentirsi prescelta, tra le altre. 
Questa è la storia di una bellissima amicizia che nasce e cresce. 

La letteratura del Nord ci ha messo sotto il naso un modo diverso di raccontare l'infanzia e soprattutto ci ha fatto vedere un tipo di rapporto tra adulti e bambini, quanto meno in ambito familiare, piuttosto inusuale per i nostri standard mediterranei. 
Non a caso i bambini italiani hanno sempre dimostrato un grande interesse - magari anche non del tutto consapevole - per le storie che arrivano dal Nord. Sono storie in cui i piccoli dimostrano al mondo di essere capaci di organizzarsi la vita, senza fare poi troppo ricorso alla presenza dei grandi, che spesso e volentieri sono dietro le quinte, se non del tutto assenti. 
Evviva! 
Nella storia di queste due bambine abbastanza diverse che però si attraggono, il nocciolo centrale sembra proprio essere il delicato equilibrio che regola le relazioni all'interno dei loro piccoli nuclei affettivi. Quello di Signe e quello di Ester sono tra loro molto differenti e le ragioni che ne sono alla base le si conoscono solo leggendo. In un certo senso la lenta scoperta di chi sia nel fondo la piccola e indipendente Ester la vive Signe in prima persona, ma noi - come lettori - siamo lì dietro di lei. Condividiamo i suoi dubbi quando le differenze sembrano insormontabili, quando i timori dell'una cozzano con l'ardire dell'altra, quando la sua fiducia nei confronti dell'amica pare vacillare. 
E siamo ancora con lei anche quando si rende conto che la sua piccola rete di affetti familiari possono diventare un luogo piacevole anche per la piccola Ester. 
Se questo è uno dei nodi del libro, ne esiste anche un altro. Altrettanto importante e altrettanto connesso alla questione dell'equilibrio nei rapporti interpersonali, ed è la questione relativa all'amicizia di queste due bambine. 


La loro diversità in qualche modo è il legante che le tiene assieme. Signe segue, o cerca di seguire, le orme di Ester per guadagnarsi una sua maggiore autonomia, per sentirsi grande, per provare a se stessa di essere anche capace di fare cose 'vietate', come rubare dalla sala insegnanti un paio di fette di torta al cioccolato, ma nello stesso tempo si dimostra accogliente nei confronti dell'amica quando ne coglie le fragilità e in quel caso mette a disposizione il proprio bagaglio di risorse affettive. 
Accanto al piacevolezza data da un testo asciutto, nella traduzione di Samanta K. Milton Knowles, ci sono i disegni bellissimi di Emma Adbåge che dimostra ancora una volta di saper riassumere nel suo implacabile segno a matita, le imperfezioni umane e nello stesso tempo la loro essenza più profonda. Perfetta per raccontare bambini e grandi nei loro gesti, nelle loro relazioni reciproche: basterà godersi la scena in cui un'insegnante ha appena beccato una bambina con due fette di torta che le pendono dalle mani, oppure quando una mamma rianima un gattino appena nato. 
E la Adbåge è altrettanto perfetta per raccontare come sono davvero le case normali, i loro tavolini e i loro i pavimenti: e per queste basterà godersi tutte le altre figure. 

 Carla 

Noterella al margine. Non solo percepire la letteratura del Nord come un luogo ameno da esplorare, ma anche prendere in prestito dalla Svezia la ricetta dei cavalieri poveri, i fattiga riddare!