venerdì 31 maggio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

È SUCCESSO A DIVERSI ANIMALI

Gli spaesati, Mia Lecomte, Andrea Rivola,
Verbavolant 2019




ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"Dalle Ande scende il lama Paquito:
senza sforzo si ritrova in Lapponia.
Era allegro quando un tempo è partito,
Si aspettava una gran cerimonia:
Ma a ogni sputo che lancia è pentito,
Prende atto della propria miseria
Mentre grandina sul muso stupito
La saliva congelata in materia."



Il lama è uno degli animali spaesati che hanno preso la via del mare per andare altrove. E altrettanto spaesato, nel senso di confuso, magari disorientato e non proprio a suo agio, c'è il bradipo Angel che dai tropici è arrivato in Islanda e con un vulcano deve fare i conti e correre anche un po'. La lucciola è atterrata su una cupola a cipolla a San Pietroburgo ma nelle notti bianche il suo bagliore si perde. Più contenta, chissà poi perché, la balena Helga che dall'Alaska è arrivata in una fontana britannica, in tasca conserva una foto della regina...



Quindici animali, insetti, mammiferi, uccelli e pesci che prendono il largo: pappagallo e canguro, talpa e stambecco, kiwi, formica gigante e aquila reale. Per ognuno di loro c'è un destino inaspettato e non previsto. Ci sono condizioni di clima e abitudini diverse da quelle conosciute così il bradipo indossa un maglione e la formica un kimono. Arrivano con i loro ricordi e con gli sguardi rivolti in avanti.


                   È successo a diversi animali
                Tutt’a un tratto di cambiare paese,
                   Per ragioni più o meno banali
                    Si son persi la fine del mese.
                   Stanno soli, sperduti e astrali
                  Come sassi nell’acqua turchese
                 A confondersi tra i beni e i mali,
                 I rimpianti mescolati alle attese.


Chi vuole capire, capisce.
Già da qui, ovvero ancor prima che il libro cominci, in queste poche righe in rima. Le maglie larghe di questo testo lasciano intravedere questioni ben più profonde. Ma le suggeriscono e non le dichiarano (e non le prescrivono) e questo è il primo merito degli Spaesati.
Il secondo motivo che è apprezzabile è il registro, ovvero la rima nel testo e il colore nelle figure.
Entrambi concorrono a rendere questo oggetto pieno di luce, brillante.
A Mia Lecomte va innanzitutto attribuita la dote di aver saputo scegliere nel panorama zoologico, così tanto visitato nei libri per l'infanzia, animali non immediatamente sfruttati e triturati nell'immaginario comune: kiwi, stambecchi, formiche giganti e di aver dato loro un nome (in quella prospettiva  cui si alludeva in principio, ovvero di una lettura più profonda di significati non solo e non proprio divertenti, il fatto di dare un nome a ciascuno spaesato non mi pare dettaglio trascurabile). 



E ulteriormente di aver costruito con loro accoppiate interessanti e soprattutto originali con i luoghi di destino.
La foca in laguna, il kiwi a Hollywood, lo stambecco a Ipanema... E di averlo fatto con una vena di follia: lo sputo del lama che diventa grandine o la lacrima del coccodrillo che evapora all'istante sono semplicemente colpi di genio.



E di averlo fatto, ancora, con una lingua (anzi due, visto che sono entrambe le sue lingue madri) attenta, puntuale e quasi sempre felice. A partire dal titolo che tanto avrebbe da dire nell'etimologia che è sotto gli occhi di tutti.
Questi connubi inaspettati e questa vena di assurdo alzano inevitabilmente il livello di attenzione e di curiosità e di stupore di chi lo sfoglia.
Bene così.
Evidentemente, hanno contribuito anche a generare qualcosa d'altro, ovvero hanno offerto il giusto spazio ad Andrea Rivola, il quale ha saputo occuparlo a meraviglia, armonizzando la sua voce a questo divertimento di fondo. 



Anzi, Rivola ha fatto di più: è riuscito a potenziarne il valore, giocando a sua volta, nel senso più letterale del termine, con il dettaglio nel disegno. Le ali dell'aquila, il costume da Carnevale di un animale cornuto, il cocktail con l'oliva lì dove l'ha messo per quel becco a cannuccia. Ma si potrebbe continuare. E il risultato finale è percepibile in un dialogo serrato, quanto silenzioso, tra testo e figura. Laddove l'immagine si infila e aggiunge, esalta, gioca con le parole del testo, già per loro stesse belle frizzanti.



A questo punto è piuttosto chiara la stratificazione e la complessità dei giochi fatti negli Spaesati (tra i molti, la bellezza e l'utilità degli itinerari che attraversano la terra e le pagine).  Questo solo per mettere sull'avviso quelli che pensano che i libri per l'infanzia siano 'roba facile' e che potrebbero definire frettolosamente questo libro, una divertente sequenza di filastrocche a tema animale.
Intendiamoci, lo si può anche fare fare, ma sarebbe l'ennesima occasione persa di mettere a frutto l'intelligenza.

Carla

mercoledì 29 maggio 2019

FAMMI UNA DOMANDA!


LA DANZA DELLE RANE


E’ il titolo, calzante, di un libro, scritto a due mani da Guido Quarzo e Anna Vivarelli, dedicato a Lazzaro Spallanzani. Ma non è, come si potrebbe immaginare, l’ennesima biografia, simile alle tante che sono uscite negli ultimi mesi, a riempire gli scaffali delle librerie. E’ il racconto, del tutto di fantasia, ovviamente, di un giovane aiutante dell’abate Spallanzani, un gesuita di larghe vedute, dedito alla ricerca scientifica.
Antonio, questo è il nome del giovane protagonista, è un ragazzino, figlio del mugnaio del paese di Scandiano e all’inizio dell’estate incontra per caso Spallanzani, impegnato nella cattura di rane e raganelle. Lo scienziato passa l’estate in campagna, dedicandosi alla ricerca sul campo. Il ragazzino viene assunto come aiutante, sapendo leggere e scrivere: dovrà compilare i cartellini da applicare alla collezione di reperti naturalistici del grande scienziato. Lavorando nella sua casa, ad Antonio è data la possibilità di conoscere l’oggetto delle ricerche di Spallanzani: con esperimenti proprio sulle rane l’abate vuole dimostrare che non esiste la ‘generazione spontanea’, ovvero a produrre i girini sono le uova di rana, opportunamente fecondate, e non la fanghiglia dei fiumi e degli stagni.
Ma questo non è l’unico argomento di suo interesse: è anche un appassionato collezionista di fossili e la sua vasta collezione è ancora visibile nei musei civici di Reggio Emilia.
Proprio intorno ai fossili gira il fulcro della narrazione: il parroco del paese vede negli studi di Spallanzani un vero attentato alla fede e alla dottrina della Chiesa e cerca di sottrarli, tentativo sventato dal nostro Antonio.
Se la trama è questa, lineare e di immediata chiarezza, sono di grande interesse le tematiche che, attraverso dialoghi veloci, vengono sottoposte alle lettrici e ai lettori. Spallanzani è un fulgido esempio di quel Secolo dei Lumi cui la nostra cultura deve moltissimo; il superamento delle credenze, il richiamo a quello che noi chiamiamo ‘metodo scientifico’, il rifiuto delle superstizioni sono una pietra miliare, da cui non bisognerebbe mai allontanarsi. Ma in questa storia non c’è solo il richiamo al clima culturale del Settecento; c’è, attraverso la vicenda dei fossili, la rappresentazione dello scontro fra la visione laica del mondo e quella religiosa, intesa come l’insieme dottrinale considerato valido in quel momento.
Dar credito agli studi sui fossili voleva dire non credere più alla Bibbia, alla datazione del mondo, alla creazione degli esseri viventi che sono così come Dio li ha creati.
Questione talmente grande e importante che ha pervaso il rapporto fra scienza e fede fino, si può dire, ai giorni nostri e dando vita a polemiche, come quella sul darwinismo, tutt’altro che sopite.
Trovo davvero intelligente la modalità di esposizione scelta dagli autori e dal loro illuminato editore, Editoriale Scienza: nulla di pedante, didascalico, noioso. La narrazione è vivace, scorrevole, capace di incuriosire anche il lettore più disattento. Questo approccio, già sperimentato per esempio nella collana Rivoluzioni dell’editore Istos, che unisce efficacemente divulgazione e narrazione, è capace di raccontare temi complessi con grande semplicità, lanciando semi di conoscenza da coltivare insieme a giovani lettrici e lettori a partire dai dieci anni.

Eleonora

“La danza delle rane”, G. Quarzo e A. Vivarelli, Editoriale Scienza 2019


lunedì 27 maggio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


E QUIVI RAGIONAR SEMPRE...
Rigo e Rosa, Lorenz Pauli Kathrin Schärer (trad. A. Valtieri)
Il Castoro 2019


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)

"Qualcuno stava piangendo. Rigo si sarebbe tappato volentieri le orecchie con le zampe, se non le avesse usate come cuscino.
Il pianto non accennava a smettere. Rigo aprì un occhio e sbirciò tutt'intorno. Eccolo lì, un topolino. Era lui che piangeva.
'Gli chiedo cos'ha o me lo mangio?' pensò Rigo.
Bah! Chiediamo. A mangiarlo, sono sempre in tempo.
Il contrario è più difficile."

Il topolino piangente si chiama Rosa ed è in lacrime perché ha paura degli animali cattivi. A questo punto il disorientamento di Rigo, leopardo dello zoo di Berna, è quasi al culmine. Ma quando Rosa gli chiede con la migliore ingenuità di proteggerla dalle belve feroci che tanto la atterriscono, lui è davvero davvero disorientato. Non è dato sapere perché Rigo non la inghiotta come un cachet, e invece le porga la punta della sua coda in cui avvolgersi perché anche un topo per dormire ha bisogno di qualcosa di morbido, ma lo fa. E nulla per quei due fu più come prima. 


Con Rosa si più chiacchierare, giocare, ragionare, ci si può fidare, ci si può abbandonare alle confidenze, ai ricordi, ci si può far consolare e curare il raffreddore. Si può discutere dei massimi sistemi,oppure organizzare una festa, e si possono fare scherzi bellissimi e guardarsi dritto negli occhi. E poi, insieme, si può anche vedere uno Sgnuck.
Questa è la storia di due che sono diventati amici.

Ci sono libri che fanno come Rosa con Rigo: chiedono attenzione e, quando la ricevono e si sentono al sicuro,  non se ne vanno. Magari si allontanano, ma poi inevitabilmente tornano. Sono libri amici. 



Come spesso accade, la prima scintilla che determina l'avvicinamento e l'attenzione tra un lettore e un libro parte da un brivido di entusiasmo, del tutto personale. È inevitabile. In questo preciso caso c'è una antica e coltivata passione per Kathrin Schärer, per il suo modo disegnare a pastello gli animali. Un segno e una paletta di colori inconfondibili, e nel contempo una grande aderenza al canone classico. Le si deve riconoscere, una grande abilità nel disegno e una spiccate sensibilità nel dare a tutte le sue immagini uno spessore emotivo piuttosto evidente.
La seconda ragione, anche questa tutta personale, è data dal fatto che si tratta di un libro fatto di racconti: ventotto. Forse per esigenze di lavoro (nella lettura condivisa le storie brevi funzionano meglio, ovviamente), forse perché il racconto - se ben architettato - può avere una potenza compressa, comparabile a quella di una narrazione più lunga e complessa, fatto sta che i racconti sono gli ambienti letterari che trovo più accoglienti.
La terza ragione che ha acceso l'entusiasmo è più oggettiva e sta nel fatto che libri di buona fattura, pensati per lettori e lettrici alle prime esperienze, sono piuttosto rari. E ancora più rari sono quelli che garantiscono la qualità in tutte le sue parti, ovvero una buona idea di partenza, un buon testo, un buon disegno e una buona confezione finale.
Provo a entrare nel dettaglio. L'idea nasce da un fatto realmente accaduto: la morte del leopardo persiano di nome Rigo, che dal 1993 al 2010 ha soggiornato nello zoo di Berna e da una serie di piccoli racconti che Pauli scrisse in quel frangente, per il Bärn! Magazin.


Già sapendo questo, immediatamente il livello di empatia con i personaggi di questi racconti si alza: quel leopardo è esistito veramente.
La qualità del contenuto però è tutta nella capacità di Pauli di mettere in uno scenario autentico una sequenza di dialoghi 'impossibili'.
E ulteriormente, lo spessore di queste conversazioni arriva dall'impronta filosofica che esse hanno.
Rigo e Rosa possono essere la rappresentazione in carne e pelo di come sia l'amicizia, ma questo non rende giusto merito a ciò che non sta in superficie, ma che prende corpo solo facendo sedimentare lentamente i dialoghi divertenti e surreali di quei due. Ricorda, in questo, la capacità di lettura del mondo in chiave filosofica che va riconosciuta ad autori come Toon Tellegen o, talvolta, Bernard Friot.
In sostanza si tratta di avere uno sguardo che sappia leggere la profondità e lo sappia fare con leggerezza. E così, con grande semplicità, nei discorsi tra leopardo e topo si ragiona su che cosa significhi essere se stessi e accettarsi per quello che si è, sull'autodeterminazione, si riflette sulla fiducia e quanto essa abbia a che fare con la paura, si parla della curiosità che muove il sapere, a sentire loro due ci si intenerisce per la nostalgia di casa di un leopardo afgano chiuso in un recinto svizzero fin dalla nascita.
Si ragiona dell'ottimismo e del pessimismo, del Nulla e del Bello. 


Del diventare vecchi, della morte e del distacco. E a tutto questo si alternano giochi, diverse follie e qualche domanda di fisica.



A parte un paio di scivolate un po' retoriche, il tono si mantiene sempre a un ottimo livello ed è per questo motivo che sarebbe così bello sperare che, per disporsi bene verso la loro giornata, tutti i bambini e le bambine potessero partire da storie come queste.

Carla

venerdì 24 maggio 2019

FAMMI UNA DOMANDA!


VOLATILI!

Per una curiosa coincidenza, almeno credo che sia così, escono quasi in contemporanea tre libri sugli uccelli e sul volo.


Il più erudito, ed esteticamente rilevante, è un libro olandese, che avevo segnalato a Bologna; si tratta di un libro, illustrato con le immagini originali, ispirato ad un libro naturalistico di fine ‘700, un grande repertorio sugli ‘Uccelli Olandesi’. 


Le tavole originali, qui riprodotte con grande efficacia, erano dipinte ad acquarello, copia per copia, e rappresentano uno di quegli esempi di illustrazione ‘enciclopedica’ che caratterizza gli erbari e i bestiari prima della fotografia. Il testo è di un’autrice olandese, una specialista di divulgazione, Bibi Dumon Tak, che ha reso ‘leggera’ la lettura, con schede degli uccelli scelti e un commento garbatamente spiritoso, relativi alle immagini selezionate dal testo originale.
Il volume è di grande formato ed è una vera gioia per gli occhi, con le tavole dettagliatissime e i disegni più verosimili del vero; l’editore italiano, Rizzoli, ha scelto il titolo, non troppo originale, ‘Il Grande Libro degli Uccelli’, che non rende ragione della bella operazione editoriale.


Di tutt’altro stile, e tutt’altro livello, ‘Il Libro degli Uccelli’, di Yuval Zommer, con le immagini di Barbara Taylor, pubblicato da Electa kids: come i precedenti dell’autore, si alternano tavole con temi di carattere generale, come la costruzione del nido o le uova, ad altre tavole con gruppi particolari di uccelli, per esempio gli uccelli che non volano, o singole specie. Il libro, che ad un primo sguardo non mi sembra presenti le sbavature rilevate in almeno un precedente lavoro, è anche un libro-gioco, del tipo cerca-trova, con particolari nascosti nell’immagine. 


La fascia d’età di riferimento è ovviamente diversa; il volume olandese richiede una lettrice e un lettore non solo motivato, ma anche capace di cogliere la bellezza delle riproduzioni. Il lettore del libro Electa è intorno ai sette, otto anni ed è mosso essenzialmente dalla curiosità, che il mondo degli uccelli sicuramente alimenta. Qui l’immagine, nella funzione esplicativa, prevale sul testo e trasmette uno sguardo divertito sul mondo animale, pullulante di creature buffe e originali.
Ma se si volesse allargare lo sguardo e si volesse fare un bel ripasso di inglese, c’è un altro libro che mi sento di suggerire: ‘Book of Flight. 10 records-breaking animals with wings’, di Gabrielle Balkan con le illustrazioni di Sam Brewster, pubblicato da Phaidon. 


Ciascun animale trattato viene introdotto con un indovinello , tipo chi è il volatore più veloce? Ne segue una descrizione precisa, accompagnata da un’illustrazione nitida, ma schematica, segno bianco su sfondo blu; nella doppia pagina successiva c’è l’immagine a colori, con una sottolineatura tattile, accompagnata dalla spiegazione. In questo caso non si tratta solo di uccelli, ma in generale di animali dotati di ali, quindi, per esempio, libellule, pesci volanti, scoiattoli e così via.


Contenti di questa abbondanza editoriale saranno tutti gli appassionati di ornitologia, piccoli e grandi, ma anche chi apprezza le belle edizioni, ben progettate, fatte salve poche distrazione nelle traduzioni.

Eleonora

“IL grande Libro degli Uccelli”, B. Dumon Tak, Rizzoli 2019
“Il libro degli uccelli”, Y. Zommer e B. Taylor, Electa kids 2019
“Book Flight. 10 Record-Breaking Animals with Wings”, G. Balkan e S. Brewster, Phaidon 2019


mercoledì 22 maggio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


NONOSTANTE TUTTO

La ballata del naso rotto, Arne Svingen (trad. Lucia Barni)
La Nuova Frontiera Junior, 2019


NARRATIVA per GRANDI (dagli 11 anni)

"Il bello della vita è che non sai mai cosa succederà, un po' come se ogni giorno fosse un regalo: scartalo e vedi cosa c'è dentro. Mi serve solo un po' più di ossigeno prima di entrare nel cortile della scuola. Non si può mica essere sempre allegri per tutto, nella vita."

Nella vita di Bart (in onore di quel Bart che tutti conoscono: Bart Simpson) le cose per cui non essere allegri sono un certo numero, ma lui è un ragazzino che dalla vita sa sempre cogliere anche quel poco di buono che pare offrirgli.
Nelle sue ore di scuola, Bart galleggia in una apparente calma piatta: di norma i prepotenti lo ignorano. Studia il giusto per non essere preso di mira dai professori.
Quando non è a scuola, è a casa - minuscola, disordinata e in un palazzo piuttosto degradato. Lì condivide l'unica stanza con sua madre, della quale si prende cura con amore e dedizione.
Quando non è né a scuola, né a casa, vuol dire che è in palestra. Sta imparando a boxare, ma senza grande esito. Troppi pochi muscoli e troppa poca cattiveria nel tirare pugni. Ha una discreta guardia e un'infinita ammirazione per Muhammad Ali e non vuole deludere sua madre che lo ha iscritto lì perché il suo bambino deve imparare a difendersi.
Quando cammina da solo (quasi sempre), quando è a casa da solo (molto spesso) Bart dà spazio alla sua grande passione: il canto. Ma non quello che ogni adolescente ascolta, ma il bel canto, la lirica. Per strada si sfonda le orecchie con i tenori, a casa si esercita, chiuso nel bagno davanti allo specchio. Impensabile esibirsi davanti a chiunque.
Queste sono le sue routine che vengono interrotte rispettivamente da: Ada, la sua amica di scuola che non sa mantenere i segreti e che lo caccia in diversi guai; dalla sua amatissima mamma che non riesce a darsi una regolata e che lo caccia in diversi guai; dal suo vicino di casa tossico, Geir, che nei diversi guai ci si caccia da solo. Unico punto di riferimento, la nonna. E un forse padre all'orizzonte.

In linea con un progetto editoriale coerente, che ha come zona di scandaglio la narrativa nordeuropea, si inserisce questo ultimo titolo di provenienza norvegese. Non il più felice tra tutti, irraggiungibili sono Hotel Grande A e Come ho scritto un libro per caso, ciò nonostante La ballata del naso rotto è capace di non scivolare, se non di rado, nel convenzionale, nel prevedibile, nello stereotipo o nell'inverosimile.
A parte l'originale paradosso nel mettere insieme la boxe e la lirica, che genera un bel po' di scintille narrative, il tono generale invece si stabilizza su una certa moderazione, la mediocritas di cui parla Orazio. Lontano dagli eccessi, Svingen è capace con il suo tono pacato e sottilmente speranzoso, di rendere il contesto, spesso e volentieri duro, tutto sommato percorribile senza troppi danni anche da un ragazzino di dodici anni. Lontano dagli accessi, Bart quindi non è il classico 'sfigato', lasciato ai margini della classe, anche se non gli vengono risparmiate una serie di angherie dall'arrogante di turno. Non è completamente solo, anzi ha addirittura una compagna di banco, amica affettuosa, sebbene un po' troppo chiacchierona. Può contare su una nonna un po' ruvida ma assidua, molto meno può fare affidamento su sua madre, alcolizzata e obesa, sebbene lei, nelle sue tante fragilità, lo ami sopra ogni cosa. Non è un ragazzino senza speranze, da recuperare a fine romanzo; al contrario fin dal principio lui è capace di coltivare delle passioni e un un sogno, quello di cantare e quello di ritrovare suo padre.
Bart, nonostante tutto, cerca il più possibile di andare dritto per la sua strada e, sebbene all'apparenza possa apparire un codardo, in verità ha coraggio da vendere. Questo lo rende immediatamente simpatico ai suoi lettori che non possono non dimostrarsi empatici nei suoi riguardi e fare il tifo per lui.
Sempre, fino all'ultima riga.

Carla

lunedì 20 maggio 2019

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


L’EPICA DEL CALZINO SPAIATO


Certo, dopo il leggendario ‘Manuale dei calzini selvaggi’, del compianto Pablo Prestifilippo, anche questa nuova opera sul tema dei misteriosi calzini solitari viene un po’ oscurata da tanto impareggiabile precedente. Ma non per questo non merita di essere segnalata come una nuova tappa di un’epopea che non ha limiti e che evidentemente corrisponde a un comune sentire, quell’alone di mistero che circonda la sparizione sistematica di alcuni calzini, al momento del lavaggio in lavatrice.
Il nuovo capitolo di questa epopea picaresca è intitolato ‘L’incredibile avventura dei 10 calzini fuggiti. (4 destri e 6 sinistri)’, di Justyna Bednarek, con le illustrazioni di Daniel de Latour, pubblicato recentemente da Salani.
In questa raccolta di racconti cogliamo alcune fondamentali verità: i calzini sono dotati di vita propria e proprio intelletto, sono maschi e femmine e, cosa che non ci dovrebbe sorprendere, sotto ogni lavatrice si nasconde un buco, una formidabile via di fuga per chi sceglie la libertà.


Le tipologie delle calzine e dei calzini sono molteplici: dai rozzi lanosi, ai raffinati setosi, dai calzini perduti da piccoli ai calzini solidali. C’è un calzino che nella sua fuga sbuca in un prato, dove diventa l’amorevole papà di una cucciolata di topolini riamasti orfani, c’è un ardimentoso calzino lanoso che salva un gattino da un teppista e diventa parte di un maglione. C’è la calzina generosa che decide di scaldare il piede di un senza tetto, e un’altra che accudisce una nidiata di cornacchie. Alcune avventure sono decisamente esotiche, con pericolosi viaggi per mare o lotte contro i draghi, ma perché stupirsi, i calzini e le calzine che fuggono sono pur sempre i più coraggiosi della loro stirpe, disposti ad abbandonare i congiunti per vivere la propria vita in libertà.


Sono storie brevi, dal ritmo veloce, punteggiate di invenzioni e di trovate che catturano anche il lettore più pigro. Lo stile dell’autrice polacca è chiaramente ironico, leggero, spigliato. Piacerà sicuramente a bambine a bambini dai sette anni in poi, per l’allegria che trasmette e per la vivacità delle illustrazioni di Daniel de Latour, supportate da un’impaginazione efficace e da un lettering accuratamente adattato da Andrea Cavallini. Pagine coloratissime dove i nostri calzini, muniti braccia e di gambe, scorrazzano impavidi da un’avventura all’altra.
Il libro, pubblicato nel 2015, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti in Polonia, e direi che tutto sommato li merita, per la narrazione scanzonata, per la cura grafica dell’impaginazione e dell’illustrazione e per la salutare dose di ironia che lo pervade.

Eleonora

“L’incredibile avventura dei 10 calzini spaiati”, J. Bednarek e D. De Latour, Salani 2019

venerdì 17 maggio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


L'AFFETTUOSA VICINANZA

Clown, Quentin Blake
Camelozampa, 2018


ILLUSTRATI

Per festeggiare 
il PREMIO ANDERSEN 2019 - MIGLIOR LIBRO SENZA PAROLE *

Comincia così: una signora di una certa età e di un certo piglio, filo di perle, tacchetti e grembiulino per le faccende, sta scendendo i pochi gradini di casa che la separano dalla strada. Ha in mano un mucchio di vecchi peluche malandati. Lo tiene a distanza da sé: con le braccia tese in avanti, sta per sbarazzarsene, buttandolo nel vicino bidone della spazzatura. Tra questi vecchi giocattoli, c'è un orsetto spelacchiato, un coniglio verde, un elefante e un pappagallo giallo e arancione e tutti finiscono tra torsoli e altri rifiuti. Tra loro anche un pagliaccio, un clown Bianco con il cappello a punta di rito, che ha la fortuna di finire sul bordo. Un colpo di reni ed è fuori dal bidone, con l'obiettivo di andare a cercare aiuto per salvare gli altri compagni.



Questa è la sua storia. 


La sua straordinaria storia che lo vede passare di mano in mano: da una festa in maschera di bambini a scuola, arriva in un lussuoso appartamento, poi, gettato di nuovo, evita per un pelo la bocca di un cane, atterra infine sul pavimento di una casa modesta dove una ragazzina sta consolando il pianto del suo fratellino in carrozzina. Soli in casa, i due bambini aspettano che la mamma torni la sera dopo il lavoro. Come tutti i clown Bianchi, anche questo è serio, con la sua lacrima dipinta sul viso, ed è determinato a portare a termine la sua missione: tornare al bidone per recuperare gli amici. Per farlo, ha bisogno di aiuto e l'aiuto è una merce che si può barattare con altro aiuto. Così come la cura...

Le motivazioni del Premio Andersen dicono questo:
* Per l’incalzante e serrato ritmo di una vicenda dove umorismo e poesia, denuncia sociale e invenzione fantastica si fondono mirabilmente insieme. Per essere un’opera per tutti ma, al tempo stesso, affettuosamente vicina al mondo magico dell’infanzia. Per la bellezza delle immagini di uno dei grandi maestri dell’illustrazione internazionale.
Se si procede con ordine abbiamo 1) il ritmo 2) l'umorismo 3) la poesia 4) la denuncia sociale 5) la fantasia 6) la bellezza delle immagini 7) la loro fusione felice. A questo si aggiunga l'ottavo elemento, ovvero che è una storia che sa essere bella per tutti. E poi si arriva al quid 'il mondo magico dell'infanzia' a cui Quentin Blake si avvicina 'affettuosamente'.
Ed è principalmente questo 'ente' - il mondo magico dell'infanzia - che merita un po' di ragionamento, come pure quel 'affettuosamente vicino'.
Se li si mette in sequenza: magia, infanzia, affetto e vicinanza mi sembra che si possa trovare una delle chiavi di lettura per spiegare la poetica di questo gigante, che è Quentin Blake. E nel contempo per spiegarsi proprio questa grandezza che gli ha fatto attraversare più di un cinquantennio di libri (oltre 300) senza mai perdere un colpo.


Mettere insieme la magia con l'infanzia può suonare spesso retorico e vuoto. E spesso questo avviene purtroppo, conferendo al termine magia un significato che ha a che fare più con la carineria o tutt'al più con il fiabesco, ma poco con lo stupore.
Nel caso di Blake però la magia dell'infanzia sembra piuttosto essere la constatazione di una alterità da parte di un adulto nei loro confronti. In altre parole riconoscerne la magia, ovvero l'inspiegabilità, lo stupore appunto nel non afferrarla mai completamente, significa accettare dell'infanzia la sua incommensurabilità. Dice Blake: Cerco di identificarmi con loro (i bambini) e non guardarli dall’alto con la benevolenza degli adulti. E questa è la prima mossa corretta. 
Il secondo passo, ovvero quell'avvicinamento affettuoso, in cosa consiste? Sta proprio in quel tentativo discreto ma costante di identificazione partecipe - affettuosa - a cui verrebbe da aggiungere anche una sua lunga militanza. La lunga militanza, per esempio, con i bambini e le bambine di Dahl e la lunga militanza con Dahl stesso e la sua personalissima e rivoluzionaria idea di infanzia. Non è facile capire quanto quei due si siano ibridati l'uno dell'altro, sta di fatto che entrambi hanno regalato al mondo un'immagine di bambine e bambini condivisibile e sperabilmente oggi accettata (ma sarà vero?). 
Entrambi sensibili e consapevoli dello spirito di sopravvivenza dei piccoli nei confronti degli adulti, entrambi lontani da ogni intento educativo, entrambi rivoluzionari nelle soluzioni narrative, entrambi sensibili agli aspetti sociali in cui far agire l'infanzia e quindi entrambi decisi a raccontare l'assurdo e la realtà con uguale rigore, sono forse quelli che di più hanno tentato di trasformare un immaginario. Quello degli adulti nei confronti dell'infanzia.
Se si torna a Clown in cosa consiste, di fatto, quell'affettuosa vicinanza. In cosa si concretizza? 
 

Mi sentirei di dire che è proprio la sensibilità a fare la differenza. Quella sensibilità che fa fare a Quentin Blake gli affettuosi disegni del Michael Rosen's Sad Book.
E in Clown come si esplica? In cosa è visibile? In molti elementi, ma per brevità ne citerei uno per i tanti. La convinzione che gli oggetti abbiano una loro vita. Ci vuole sensibilità, fede poetica per crederlo.
E Quentin Blake, semplicemente ce l'ha.
Intendiamoci, quando si parla di vita non si tratta di durata, ma di vita vera, quella che prevede il battito del cuore, il respiro, le emozioni, lo spirito, l'intelligenza, la fame, il sonno, il movimento ecc. ecc.
Quentin Blake condivide con i bambini questa fede profonda, di cui l'infanzia è sacerdotessa suprema, e che conferisce agli oggetti un'anima. Penso alla vita del bastoncino di Scheffler, al pallone di cuoio di Andersen o al suo soldatino di stagno. L'elenco sarebbe lunghissimo e meraviglioso (più che magico). Ad esso appartengono intere legioni di pupazzi, dal capostipite Puh, fino all'Orso di nome Sabato o al coniglio Tulane.
E tra loro, anche Clown.



Carla

Noterella al margine. Sarebbe stato bello poter ragionare della maestria del disegno di Blake, della sua freschezza 'ragionatissima', del suo magistrale uso del bianco della pagina... sarebbe stato bello, sarebbe stato.

mercoledì 15 maggio 2019

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

RAPINA IN CORSA


La parte più indispensabile di questo libro, una graphic novel per apprendisti lettori, è la presentazione dei personaggi. Indispensabile perché in un racconto di sole immagini e dialoghi è un po’ difficile tenere il filo.
Il libro in questione è ‘La grande rapina al treno’, di Federico Appel, pubblicato da poco da Sinnos.
Il canovaccio è essenziale: il protagonista, l’io narrante, è un ragazzino vivace e curioso, in viaggio con una zia poco divertente. E’ circondato da una pletora di personaggi da film western: l’imbonitore, lo sceriffo, l’indiano buono e, naturalmente, i banditi, rappresentati dalla famigerata banda dei tredici, qui presenti solo in tre.
Mentre il giovane protagonista, annoiandosi a morte, va in giro per i vagoni del treno, facendo conoscenza con i vari viaggiatori che ne occupano gli scompartimenti, si avvicinano i feroci banditi, determinati a compiere la più grande rapina del secolo.
Ne deriva un forsennato parapiglia in cui, fra cambiamenti di fronte e colpi di scena, i banditi ovviamente alla fine hanno quello che si meritano.


Originale la scelta dell’autore di far parlare soprattutto le immagini, che via via assumono le caratteristiche di un corto d’altri tempi, una comica finale alla Buster Keaton. Da un inizio pacato, in cui vediamo i diversi passeggeri intenti in varie attività, il ritmo accelera velocemente con l’arrivo dei tre banditi, brutti come si conviene, uno dei quali a cavallo di un maiale. Da quel momento la struttura dell’immagine, con personaggi che compaiono dietro o sopra al treno, si complica. L’azione scorre velocemente : più personaggi entrano in azione, dall’indiano-professore che diventa un eroe e s’innamora della signorina lettrice, all’orso da circo che, liberato, interviene con la sua forza bruta, allo sceriffo imbranato che rincorre il treno cavalcando uno struzzo.
Talvolta tutto corre in una direzione, altre volte i personaggi sul treno corrono in direzione opposta.
Insomma molta molta animazione per una narrazione basata essenzialmente sul ritmo e sul grottesco, con personaggi disegnati per rappresentare la propria tipologia di appartenenza fino in fondo: la zia noiosa non può non avere gli occhiali, la signorina romantica ha un cappellino guarnito di fiori e così continuando.


‘La grande rapina al treno’ si presenta come un divertente movimentatissimo primo approccio dei lettori più giovani, di sei sette anni, al linguaggio del fumetto e della graphic novel; pur essendo di grande semplicità, è un testo ricco di riferimenti alle ambientazioni western, ai primi film e alle comiche, con il ritmo sincopato che le contraddistingue. I lettori e le lettrici dovranno imparare a districarsi in un’azione così veloce, ma lo faranno sicuramente con grande divertimento.

Eleonora

“La grande rapina al treno”, F. Appel, Sinnos 2019