lunedì 27 maggio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


E QUIVI RAGIONAR SEMPRE...
Rigo e Rosa, Lorenz Pauli Kathrin Schärer (trad. A. Valtieri)
Il Castoro 2019


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)

"Qualcuno stava piangendo. Rigo si sarebbe tappato volentieri le orecchie con le zampe, se non le avesse usate come cuscino.
Il pianto non accennava a smettere. Rigo aprì un occhio e sbirciò tutt'intorno. Eccolo lì, un topolino. Era lui che piangeva.
'Gli chiedo cos'ha o me lo mangio?' pensò Rigo.
Bah! Chiediamo. A mangiarlo, sono sempre in tempo.
Il contrario è più difficile."

Il topolino piangente si chiama Rosa ed è in lacrime perché ha paura degli animali cattivi. A questo punto il disorientamento di Rigo, leopardo dello zoo di Berna, è quasi al culmine. Ma quando Rosa gli chiede con la migliore ingenuità di proteggerla dalle belve feroci che tanto la atterriscono, lui è davvero davvero disorientato. Non è dato sapere perché Rigo non la inghiotta come un cachet, e invece le porga la punta della sua coda in cui avvolgersi perché anche un topo per dormire ha bisogno di qualcosa di morbido, ma lo fa. E nulla per quei due fu più come prima. 


Con Rosa si più chiacchierare, giocare, ragionare, ci si può fidare, ci si può abbandonare alle confidenze, ai ricordi, ci si può far consolare e curare il raffreddore. Si può discutere dei massimi sistemi,oppure organizzare una festa, e si possono fare scherzi bellissimi e guardarsi dritto negli occhi. E poi, insieme, si può anche vedere uno Sgnuck.
Questa è la storia di due che sono diventati amici.

Ci sono libri che fanno come Rosa con Rigo: chiedono attenzione e, quando la ricevono e si sentono al sicuro,  non se ne vanno. Magari si allontanano, ma poi inevitabilmente tornano. Sono libri amici. 



Come spesso accade, la prima scintilla che determina l'avvicinamento e l'attenzione tra un lettore e un libro parte da un brivido di entusiasmo, del tutto personale. È inevitabile. In questo preciso caso c'è una antica e coltivata passione per Kathrin Schärer, per il suo modo disegnare a pastello gli animali. Un segno e una paletta di colori inconfondibili, e nel contempo una grande aderenza al canone classico. Le si deve riconoscere, una grande abilità nel disegno e una spiccate sensibilità nel dare a tutte le sue immagini uno spessore emotivo piuttosto evidente.
La seconda ragione, anche questa tutta personale, è data dal fatto che si tratta di un libro fatto di racconti: ventotto. Forse per esigenze di lavoro (nella lettura condivisa le storie brevi funzionano meglio, ovviamente), forse perché il racconto - se ben architettato - può avere una potenza compressa, comparabile a quella di una narrazione più lunga e complessa, fatto sta che i racconti sono gli ambienti letterari che trovo più accoglienti.
La terza ragione che ha acceso l'entusiasmo è più oggettiva e sta nel fatto che libri di buona fattura, pensati per lettori e lettrici alle prime esperienze, sono piuttosto rari. E ancora più rari sono quelli che garantiscono la qualità in tutte le sue parti, ovvero una buona idea di partenza, un buon testo, un buon disegno e una buona confezione finale.
Provo a entrare nel dettaglio. L'idea nasce da un fatto realmente accaduto: la morte del leopardo persiano di nome Rigo, che dal 1993 al 2010 ha soggiornato nello zoo di Berna e da una serie di piccoli racconti che Pauli scrisse in quel frangente, per il Bärn! Magazin.


Già sapendo questo, immediatamente il livello di empatia con i personaggi di questi racconti si alza: quel leopardo è esistito veramente.
La qualità del contenuto però è tutta nella capacità di Pauli di mettere in uno scenario autentico una sequenza di dialoghi 'impossibili'.
E ulteriormente, lo spessore di queste conversazioni arriva dall'impronta filosofica che esse hanno.
Rigo e Rosa possono essere la rappresentazione in carne e pelo di come sia l'amicizia, ma questo non rende giusto merito a ciò che non sta in superficie, ma che prende corpo solo facendo sedimentare lentamente i dialoghi divertenti e surreali di quei due. Ricorda, in questo, la capacità di lettura del mondo in chiave filosofica che va riconosciuta ad autori come Toon Tellegen o, talvolta, Bernard Friot.
In sostanza si tratta di avere uno sguardo che sappia leggere la profondità e lo sappia fare con leggerezza. E così, con grande semplicità, nei discorsi tra leopardo e topo si ragiona su che cosa significhi essere se stessi e accettarsi per quello che si è, sull'autodeterminazione, si riflette sulla fiducia e quanto essa abbia a che fare con la paura, si parla della curiosità che muove il sapere, a sentire loro due ci si intenerisce per la nostalgia di casa di un leopardo afgano chiuso in un recinto svizzero fin dalla nascita.
Si ragiona dell'ottimismo e del pessimismo, del Nulla e del Bello. 


Del diventare vecchi, della morte e del distacco. E a tutto questo si alternano giochi, diverse follie e qualche domanda di fisica.



A parte un paio di scivolate un po' retoriche, il tono si mantiene sempre a un ottimo livello ed è per questo motivo che sarebbe così bello sperare che, per disporsi bene verso la loro giornata, tutti i bambini e le bambine potessero partire da storie come queste.

Carla

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