sabato 31 maggio 2014

SI REPLICA: 
VORTICI DI DISCHI AL CIOCCOLATO

Mi è piaciuto talmente tanto preparare i rotolini della scorsa settimana che oggi replico con dei biscottini al cioccolato fatti con lo stesso sistema.



Occorrono:

250 gr di burro
250 gr di farina tipo 0
100 gr di zucchero a velo
30 gr di cacao amaro in polvere
2 tuorli
la scorza grattugiata di 3 arance
3 cucchiai di zucchero integrale di canna
3 cucchiai di caffè solubile

Mettete in una ciotola il burro molto morbido e la scorza grattugiata. Lasciate per un quarto d'ora in maniera che il grasso riesca ad accumulare tutto l'aroma dell'agrume.
Unite la farina precedentemente seteacciata, poi lo zucchero a velo, il cacao (anch'essi passati al setaccio) e i tuorli.
Il composto sarà molto appiccicoso: mettetelo in frigorifero per un paio d'ore.
Dopodiché dividete l'impasto in tre parti e, con ciascuna di esse, preparate un cilindro lungo circa 33 cm. Se volete avere biscotti uguali i cilindri devono avere lo stesso peso e la stessa lunghezza.
Rimettete in frigo ancora per un'ora.
Fateli rotolare in un miscuglio di zucchero di canna e caffè solubile. Metteteli per un quarto d'ora in frigo.
Ora potete tagliare i cilindretti in fette di 1 cm circa di altezza.
Metteteli sulla teglia ricoperta di carta da forno, e lasciate spazio tra uno e l'altro perché cresceranno in diametro.
Infornate a 160°C per 20 minuti.

La loro bontà (estrema) sta nel contrasto fra l'amaro del contorno con il caffè solubile, che la lingua percepisce prima di tutto, e l'interno dolce e fondente (nel senso che si scioglie in bocca).

Lulli

giovedì 29 maggio 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


VENITE A DARE UN'OCCHIATA?

Il buco, Øyvind Torseter
Orecchio acerbo 2013


Illustrati per medi (dai 6 anni)

"...SÌ, SALVE...HO TROVATO UN BUCO...NEL MIO APPARTAMENTO...SÌ...NO...SI SPOSTA... SÌ POTETE VENIRE A DARE UN'OCCHIATA? NO... NO D'ACCORDO...PORTARVELO? COME...PRONTO?"

Uno strano personaggio ha appena traslocato nel suo nuovo appartamento. Scatoloni da trasportare, fatica. Per concedersi una pausa decide di mangiare due uova fritte così tira fuori la padella e il piatto dallo scatolone Stoviglie e prepara. Solo quando si siede e lo scatolone dei Libri gli fa da tavolo, si accorge che nella parete di fronte c'è un buco. 
 
Ma si rende subito conto che non è un buco consueto: questo si muove. È un buco vivo. Dalla parete si sposta sul pavimento, fa inciampare il nuovo inquilino e poi comincia a giocarci a nascondino. 



Che situazione insolita! L'unica cosa da fare è rivolgersi a chi ne sa di più: gli scienziati. Una volta chiuso in un cartone del trasloco, il buco docilmente si fa portare per la città fino ad arrivare al laboratorio. Lì, viene sottoposto a diverse prove, quindi chiuso in un barattolo e messo in un cassetto.
 "Le faremo sapere" è il laconico finale da parte della scienziata.

A malincuore se ne torna nel suo nuovo appartamento. È stata una giornata piuttosto dura: prima il trasloco, poi questa strana storia del buco semovente. Ora non resta che buttarsi sulla brandina con il suo pigiama a quadretti e chiudersi dentro il sacco a pelo. Ma sarà meglio non guardare verso la parete, perché l'indomito buco è di nuovo là...
I buchi è duro colmarli!


Post posteriore. Di norma scrivo di libri prima di averne testato a lungo la validità con i lettori. Questa volta vado in direzione contraria. Il libro Il buco l'ho letto e l'ho riletto ormai a centinaia di ragazzini, con loro ho fatto bei laboratori, e per questo l'ho esplorato in ogni sua più recondita piega.
Qual è in giudizio?
È un gran libro.
È intelligente nell'idea che lo ha generato.
È 'spiazzante': infatti ibambini ci 'cascano' in quel buco perché Torseter crea una grande illusione.
È innovativo. Nulla del genere era mai stato pensato, nonostante i libri bucati non siano una novità.
È stimolante perché dà modo di ragionare con i bambini sui buchi che esistono in natura.
È raffinato dal punto di vista formale. Nell'uso parsimonioso del colore, si esalta il tratto sottile.
È profondo perché mette davanti agli occhi dei bambini il significato dei buchi, siano essi fisici siano emotivi.
È bello: nel senso che è un oggetto ben concepito in tutte le sue parti e attira l'attenzione dei ragazzini, pur in quella copertina grigia a porosa che si contrappone alla luminosità del giallo della costa e dei risguardi.

Tutto questo è per dire che Torseter è a Roma. Venerdì sera dalle 19 alle 21 a Viale Aurelio Saffi 54, presso la casa editrice Orecchio Acerbo, Oyvind Torseter incontrerà i suoi lettori, me in prima fila.
NON BUCATE L'OCCASIONE!!


Carla

martedì 27 maggio 2014

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

CI SON PIU' COSE IN CIELO E IN TERRA...


Ambientare il secondo romanzo d'avvenura ancora nel Parco Nazionale d'Abruzzo è per Giuseppe Festa una bella scommessa. Abituati come siamo a percepire il mondo intorno a noi come un fondale di plastica o come un parco giochi, stentiamo a credere che si possa vivere un'avventura nello stile Into the wild a pochi chilometri da Roma.
Come nel precedente romanzo, Il passaggio dell'Orso, anche in L'Ombra del Gattopardo protagonisti sono i giovani volontari che affiancano i guardiaparco nel loro lavoro di vigilanza e di tutela nel Parco; questa volta capitano proprio nel momento in cui avvengono misteriose predazioni, che fanno riemergere dalla memoria la leggenda del gattopardo, detto anche lupo cervino, un felino di grandi dimensioni di cui si afferma la presenza nei racconti dei vecchi pastori.
Cercarlo è il compito del giovane guardiaparco Sandro, incaricato dall'ambizioso direttore del parco di individuare e fotografare questo raro esemplare. Per affinare le tecniche fotografiche il guardiaparco effettua un viaggio in Finlandia, presso un famoso fotografo naturalista. Fra sconfinamenti, fughe precipitose ed un panorama abissalmente diverso, va a buon fine la 'cattura fotografica' di una maestosa lince.
Nel frattempo, nel Parco d'Abruzzo continuano le indagini per individuare il predatore che è in grado di abbattere vittime di grandi dimensioni. I ragazzi coinvolti nelle attività di tutela vivono a contatto della natura come non avrebbero mai pensato fosse possibile.
Al ritorno di Sandro dalla Finlandia riprende la caccia al felino misterioso, con esiti imprevedibili e con una morale della favola ampiamente condivisibile, anche se non molto popolare.
Pensare agli animali selvatici in termini sensazionalistici o, all'opposto, disneyani, è del tutto fuorviante; rispettare la natura e far sì che possa continuare ad esistere nelle sue molteplici manifestazioni vuol dire anche saper fare un passo indietro, rispettare un ambiente anche a costo di restarne al di fuori. Non tutto può essere 'consumato' in termini turistici, ci sono situazioni in cui ci si deve accontentare di uno sguardo fugace o di un unico scatto rivelatore. Vi ricordo, a riguardo, il bel libro sui lupi d'Appennino (qui).
E se deve essere leggenda, che leggenda sia.
Mi sembra che in questo secondo romanzo Festa riesca a dare una chiave ancor più avventurosa alla sua narrazione, riuscendo davvero nel miracolo di portarci il mito dell'altrove selvaggio a un passo da casa. E' indiscutibilmente una lettura avvincente, per niente retorica, per ragazze e ragazzi coraggiosi a partire dai dodici anni, ma direi anche un invito a vivere in prima persona l'esperienza del contatto vero con la natura. Ma se i giovani lettori decidessero davvero farsi conquistare dal sapore dell'imprevedibile impatto con il selvaggio, che si affidino all'esperienza e alla passione di chi questa natura la conosce e la difende.
Se invece, per ragazzi decisamente più grandi, l'avventura dovesse avere una chiave più intima ed esistenziale, consiglio di inspirarsi alla vicenda di Paolo Cognetti, che la racconta in Il ragazzo selvatico. Quaderno di montagna, edito da Terre di mezzo.

Prendetevi 11 minuti di pausa e godetevi questo video:
 

Se avete solo 3 minuti godetevi questo:

 

Eleonora

“L'ombra del Gattopardo”, G. Festa, salani 2014


lunedì 26 maggio 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


ZOOM

Bottoni d'argento, Bob Graham
EDT Giralangolo, 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Alle 9.59 di un giovedì mattina Giulia disegnò un'anatra. Cappello a cilindro, bastone da passeggio e stivali di morbidissima pelle. Sugli stivali mise dei bottoni d'argento: uno... due...Il pennarello di Giulia indugiò a mezz'aria prima di posarsi sul foglio per l'ultimo bottone.
Suo fratello Leo si alzò lentamente in piedi. Barcollò, si accigliò, si sbilanciò in avanti...e fece il suo primo passo."

Giulia è accovacciata per terra, nel soggiorno e sta disegnando. Suo fratellino è seduto a pochi passi da lei. E il cane sonnecchia tra i due. Poi succede qualcosa di insolito: Leo si alza e barcollando si accinge a fare il suo primo passo. In quel preciso momento il mondo sta andando avanti, infatti la mamma, in cucina, è lì che si esercita con il flauto e sul tetto un piccione fa il nido. La bambina che abita di fronte infila legnetti nel cancello e una signora con il passeggino sta correndo proprio davanti a quel cancello; un po' più in là un signore compra il pane e in un isolato ancora più lontano un soldato abbraccia in un saluto la sua mamma. Nel parco, in quello stesso momento, una vecchia signora spinge un carrello con tutti i suoi averi...
Questo è quello che capita in quel preciso minuto, tra le 9.59 e le 10 di quella mattina.


Ci allontaniamo dal punto in cui Leo, tremante, comincia a camminare, e possiamo vedere il mondo allargarsi sotto i nostri occhi e, per paradosso, abbiamo una visuale di tutto quello che sta accadendo in tutta la città e anche oltre.
Ed è esattamente questo il grande gioco del libro di Graham.
Un libro che anni fa colpì l'immaginario di molti fu Zoom (Istvan Banyai, Il Castoro, 2003), albo senza parole, che giocava su questo esatto concetto. Qui però la storia ha un andamento più intimo e narrativo e parte da un evento di grande forza emotiva.
Mentre quel bambino sta facendo la sua prima prova di coraggio in nome della propria autonomia, mentre la sua vita prende un andamento 'eretto', mentre per lui e per tutta la sua famiglia da quel momento molte cose cambieranno, intorno a lui succedono cose enormi come una nascita di un bambino o piccolissime come il disegno di un bottone d'argento sullo stivale di una papera.
Questa è davvero una buona idea da raccontare ai bambini perché offre interessanti spunti di riflessione sul concetto di contemporaneità, sul concetto di complessità e sui nessi che si possono creare tra fatti apparentemente slegati. Mi pare stimolante il fatto che, girando le pagine, si trovino in sequenza geografica -da un centro di attenzione si allarga la visuale come con i cerchi concentrici nell'acqua o come girando al contrario lo zoom di una macchina fotografica- fatti quotidiani che danno lo spessore della complessità della realtà.
Dal dettaglio al generale e ritorno. Dal piccolo al grande, dal vicino al lontano, per poi ritornare in quel salotto dove Leo ha fatto il suo primo passo.


A una lettura più attenta viene a galla un'altra serie di altri spunti: in primo luogo, attraverso i tagli di prospettiva delle tavole, caratteristici di Graham, sembra evidente il fatto che il passaggio dal gattonare al camminare debba considerarsi evento centrale nel percorso di crescita di un bambino e non solo. Secondariamente il contesto entro cui si svolge la scena di partenza intenerisce per autenticità: i panni stesi davanti al camino per asciugare prima, quella cucina così vissuta in cui la mamma si esercita con il suo flauto, lo sguardo del cane un po' spaventato dall'incombente pericolo dato dalla precarietà di quel primo passo. Ma l'autenticità si allarga in senso concentrico: nonni e nipoti che giocano al parco, abbracci prima di partire forse per una missione pericolosa, telefoni che squillano in tutti quei grattacieli pieni di uffici.


Raffinato, attento, poetico in ogni particolare, il libro è pieno di richiami all'attenzione per il lettore, a partire dal titolo che porta altrove rispetto al centro della storia, fino ad arrivare ai risguardi dove quella piuma, nel tempo di lettura del libro, ha avuto modo di posarsi...

Carla

Noterella al margine: Graham lo abbiamo appena visto in Come curare un'ala spezzata (Il Castoro, 2014): di nuovo la quotidianità al centro, di nuovo uno sguardo dall'alto, di nuovo un altro bel libro di questo pluripremiato autore australiano.

sabato 24 maggio 2014


VORTICE DI DISCHI AL LIMONE

Questa settimana torno a una golosissima ricetta della scuola di pasticceria, i dischi di limone e vaniglia.

Ingredienti:
250 gr di burro
280 gr di farina tipo 0
30 gr di tuorlo (in pratica 2 tuorli)
100 gr di zucchero a velo
la scorza grattugiata di due limoni
i semi di una bacca di vaniglia
un po' di zucchero di canna integrale

Mettete in una ciotola il burro molto morbido e aggiungete i profumi, limone e vaniglia, affinché nel grasso si possano fissare al meglio gli aromi sprigionati.
Dopo qualche minuto aggiungete la farina e impastate.
Unite quindi lo zucchero e i tuorli.
Sigillate la ciotola con la pellicola trasparente e mettete in frigo per almeno due ore così l'impasto si rassoderà al punto giusto.
Dividete il composto in tre parti uguali (pesandole) e, aiutandovi con un po' di farina (dal momento che sarà ancora appiccicoso), preparate 3 cilindretti di 33 cm di lunghezza che avranno un diametro di 2,5 cm.
Questo è un metodo semplice e veloce per avere tutti biscotti uguali senza usare il tagliapasta: dividere l'impasto in parti uguali e fare cordoncini della stessa lunghezza. A me piacciono i biscotti piccoli, ma volendo si possono fare dischi di diametro maggiore.




Mettete nuovamente in frigo i cilindri e fateli riposare per almeno un'ora.
Arrotolateli nello zucchero di canna e tagliate dei dischi di 1 cm di spessore.
Metteli in una teglia rivestita di carta da forno opportunamente distanziati perchè in cottura cresceranno.
Cuoceteli in forno a 160 °C per 20 minuti.


Lulli


venerdì 23 maggio 2014

OLTRE IL CONFINE (libri dall'estero)


PANCIA MIA, FATTI CAPANNA...

Le ventre de Basile, Camille Louzon
Magnani 2013


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Je m'appelle Basile, et je suis né sans ventre.
Tout me passe à travers, parfois même le ballon du voisin.
Je suis souvent seul car tout le monde me trouve bizarre."


Effettivamente Basile è piuttosto insolito: lui è un uomo a cui manca la pancia. Tra il suo petto e il suo bacino c'è una fascia vuota, semplicemente aria. La gente lo evita perché è bizzarro così lui decide di andare da un mago a chiedere consiglio. Ora, il consiglio dell'esperto si rivela insolito altrettanto: nessuna possibilità di avere una pancia nuova, ma una vasta gamma di riempitivi. Dall'acqua, all'erba, il legno e persino la paglia, ma ogni volta c'è una 'controindicazione'. Una pancia d'acqua si riempie di pesci, metà dell'erba di una pancia d'erba la mangia una mucca e la paglia di una pancia di paglia lo trasforma in uno zerbino.


Ma Basile non demorde, finché arriva a riempirsi la pancia di chiodi e, contrariamente ad ogni previsione, trova l'amore.


Tra i libri riportati da Bologna Le ventre de Basile gode di una buona posizione nella classifica dei preferiti. Mi ha colpito per molteplici ragioni.
La prima: l'idea di partenza, ovvero un uomo a cui manca la pancia del tutto. Geniale.
La seconda: dal punto di vista formale, il tipo di disegno a tempera, con colori forti, dati per grandi campiture e mai sfumati.
La terza: l'immediatezza dell'immagine, solo apparentemente semplice. A ben vedere sottilmente ironica e raffinata.
La quarta: il finale insospettato e piuttosto brusco nel suo 'precipitare' verso una conclusione positiva di quella data situazione che si prospettava piuttosto ingarbugliata.


Posso immaginare che agli occhi di un ragazzino almeno tre su quattro delle mie ragioni lo trovino consenziente.
L'assurdità del punto di partenza, la grande comunicativa del disegno, la potenza del colore così deciso e il gioco interno tra soluzione trovata e inconveniente derivante.
Questo è il suo primo libro pubblicato, ma mi pare che la giovane Camille abbia in testa un bel po' di progetti per altri bei libri come questo.
Nel suo sito, tra i libri che verranno c'è la storia di un uccello che non vuole volare con le proprie ali, oppure quella abitata da personaggi che non vogliono rassegnarsi all'idea che con gli occhiali ci si vede meglio (io sono fra questi), o che non si fidano del taglio del barbiere (io sono fra questi) o che sono un po' nottambuli (io non sono fra questi)...
A parte la semplicità del segno, senza mai essere banale, come si può notare anche in questi casi i punti di partenza sono tutti generati da una vena di follia che rende Camille immediatamente a me cara...
Non perdiamola di vista!

Carla



mercoledì 21 maggio 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


PERSEGUIRE IL SOGNO

Se vuoi vedere una balena, Julie Fogliano, Erin E. Stead
Babalibri 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Se vuoi vedere una balena
avrai bisogno di una finestra
e di un oceano
e di tempo per aspettare
e di tempo per vedere
e di tempo per chiederti 'quella è una balena?'
e di tempo per realizzare 'no è solo un uccellino'."

Quel bambino che vuole vedere una balena sembra il fratello di quell'altro bambino che piantò i semi aspettando la primavera (E poi... è primavera, Babalibri 2013). Entrambi esercitano l'arte rara di saper aspettare. Il primo aspettava con l'orecchio a terra per sentire il gorgoglio dei semini mentre germogliavano. E questo, galleggiando sulla sua poltrona gialla, non troppo comoda, con il fedele cagnone, testimone muto, aspetta. Quindi si attrezza e, in punta al molo, sa che non deve guardare quel veliero che con le bandiere al vento naviga veloce. Non può neanche distrarsi guardando il pellicano perché un pellicano non è una balena. Non bisogna guardare le cose infinitamente piccole, perché la balena è infinitamente grande. Neanche guardare le nuvole perché se stai con il naso per aria, rischi di non vedere passare la balena. 

 
Per vederla devi fare la cosa giusta: prendere la tua barchetta gialla, il cagnone fedele e fissare entrambi gli occhi sul mare e poi solo aspettare e aspettare e aspettare...

I libri di Julie Fogliano sono poesie che prendono forma nei disegni di Erin Stead. La delicatezza delle parole si ripete come un'eco nelle immagini rarefatte. Pochi personaggi, colori pastello, una linea dell'orizzonte che schiaccia sempre un po' i piccoli protagonisti che sembrano ancora più indifesi nel grande mondo, sia esso un ampio campo marrone, sia esso uno sconfinato oceano.

I libri di Julie Fogliano sono poesie in qualsiasi direzione tu li guardi. Ci hanno raccontato l'attesa, in tutte le sue fasi. Struggimento misto a tensione verso ciò che non sappiamo, sbagli e abbagli che si avvicendano e infine l'emozione di essere esauditi nel desiderio: questo è ciò che abbiamo visto in quel bambino che aspettava trepidante che i semi piantati sbucassero con il loro verde pallido primaverile dal marrone compatto della terra invernale. E con lui il suo cane, muto e solidale, come solo i cani sanno essere talvolta.
Anche in Se vuoi vedere una balena c'è un bambino che aspetta, anche qui il suo gran cane, ma in questo caso la sua missione è diversa e richiede un impegno maggiore: lui non solo deve aspettare ma, contemporaneamente, deve anche saper restare attento. Per vedere una balena occorre una finestra aperta sull'immenso oceano. Mica poco. Il vedere la balena, riuscire a incrociare il suo sguardo, dipende dal caso ma anche molto dalla sua concentrazione, dal suo impegno determinato. Ed è per questo che la poltrona non può essere troppo comoda e la coperta troppo morbida, perché altrimenti rischierebbe, nella confortevolezza, di perdere di vista il suo obiettivo. Non deve guardare neanche il pellicano, perché non è una balena: sembra un'ovvietà affermarlo, ma distrarsi può essere pericoloso...


Saper aspettare e nello stesso tempo saper essere concentrati e ben determinati a raggiungere un scopo è arte difficile e poco praticata in questi strani tempi.
Siamo abituati e abituiamo i piccoli ad andare sempre più veloci, Crediamo e facciamo credere ai piccoli che la velocità sia di per sé un valore. Ma non lo è sempre: perseguire un sogno richiede concentrazione, sforzo e molta, molta pazienza.
Secondo una metafora dal sapore tutto americano mi sembra di cogliere in questo libro che parla di finestre sull'oceano, di pellicani e di balene una storiellina zen in cui si incitava l'allievo a concentrarsi sul bersaglio e solo quando gli occhi avessero visto il cerchio rosso centrale e null'altro intorno, l'arciere sarebbe stato pronto per scoccare la sua freccia.

Carla

Noterella al margine: Raccontammo altrove come Erin E. Stead lavora e riesce ad ottenere questo effetto così rarefatto nelle sue poetiche tavole.

martedì 20 maggio 2014

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


BIBI LA BABY SITTER



Spesso abbiamo sottolineato come la narrativa per i lettori alle prime armi, fra la seconda e la terza elementare, sia soprattutto orientata verso piccole collane, che stanno via via soppiantando il Battello a Vapore. Ogni tanto si affermano eccezioni interessanti, come la serie di Jolibois e Heinrich o il cane pasticcione di Jutta Richter.
Ora si affaccia nell'agone libraio un piccolo libro intelligente, Come un cetriolino su un biscotto, di Julie Stenberg, con le illustrazioni di Matthew Cordell.
L'incipit: Ho avuto un agosto terribile.
Un agosto davvero terribile.
Terribile come un cetriolino su un biscotto.
Terribile come una ragnatela su una gamba...
Cosa è successo di così terribile nella vita di Eleanor, detta Ellie, la piccola protagonista? E' successo che la sua baby sitter Bibi, che per anni l'ha lavata, vestita, accompagnata a scuola, nutrita, consolata e via discorrendo, è dovuta partire e non ritornerà.
Come si può sopravvivere al distacco, alla lontananza, alla nostalgia? Scrivendo lettere, ricordando i momenti belli, aggrappandosi a riti propiziatori che fanno sentire vicino chi è lontano. Così dopo qualche giorno di lutto stretto, arriva il momento di incontrare la nuova baby sitter, Natalie, che certo non potrà mai sostituire l'amata Bibi, ma farà di tutto per far star bene la piccola Ellie.
Raccontato in prima persona, la storia di Eleanor e Bibi scorre veloce con un tono delicato e leggero , ovvero come raccontare un dolore, un dolore vero, legato al separarsi anche temporaneo da qualcuno cui si vuole bene, senza retorica, sentimentalismi, sottolineature melò, ma con intelligente scherzosa ironia, raccontando ai bambini che essere lontani non sempre significa perdersi e che la vita è fatta di tanti incontri, alcuni dei quali destinati all'interruzione; ma c'è sempre il modo di ricominciare.
Ecco un buon esempio di come si possa fare della narrativa mantenendo un tono leggero, che non scade mai nel banale, pur trattando di un tema serio e molto sentito dai bambini, che rifuggono dalle razionalizzazioni degli adulti: l'abbandono, la separazione, la nostalgia sono sentimenti che, sia pure con gradi diversi, sono ben presenti nelle vita dei piccoli. Come un cetriolino su un biscotto è il primo di una serie, prodotta dalla Harry Adams inc., sempre con la nostra Ellie, ed è tradotto in itallia dall'editore Clichy. Se volete saperne di più, ci sono diverse interviste fatte della Stenberg  (qui)

Eleonora

Come un cetriolino su un biscotto”, J. Sternberg e M. Cordell, Edizioni Clichy 2014


lunedì 19 maggio 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


A RACCONTAR LE STORIE 
 
A Ritrovar le Storie, Annamaria Gozzi, Monica Morini, Daniela Iride Murgia
Edizioni Corsare, 2014


ILLUSTRATI PER MEDI (Dai 6 anni)

"Tanto tempo fa, quando i pesci volavano e le rape crescevano sugli alberi, le storie se ne andavano a spasso portate dal vento.
Uomini, bestie, piante, tutti erano protetti dal suono delle parole che, intrecciandosi, raccontavano e raccontavano.
Poi, chissà quando, le parole cominciarono a sbiadire, a rimpicciolire. Accadde lentamente."


Ma inesorabilmente. Le parole andandosene portarono con sé le storie che si accorciarono a tal punto che le bocche tacquero. Ma un giorno comparve un Saltimbanco con un'oca sotto il braccio e cominciò a tirare fuori parole dalla sua tenda gialla. La prima fu BICICLETTA. Appesa lì su quel cartello, la parola lentamente riaccese la memoria di una donna che cominciò a raccontare e un bambino la stette a sentire. Raccontò di un ragazzo che tanto tempo prima aveva attraversato quella stessa piazza sulla sua bici rossa, guidando senza mani... E da parola nacque parola, da racconto nacque racconto, così uscirono fuori SO FARE, PAURA, ANIMALI. E ognuna di queste riaccendeva ricordi, discorsi, narrazioni. Così il mondo che fino a quel giorno era stato silenzioso cominciò a riaccendersi di brusii di mille racconti intrecciati, che parlavano di SCUOLA, di MORTE, di LIBRI. Con le parole tornarono i racconti e le storie che si allungavano ogni giorno di più, ma si riaffacciarono qui e lì anche le domande. E non fu più silenzio.
Il Saltimbanco un giorno, così come era arrivato, se ne andò. E la sua fedele oca lo seguì, ma una sua piuma restò nel paese di Tarot a disegnare un gioco: un Gioco dell'Oca.


Partiamo dal fondo: da quel bel Gioco dell'Oca che correda l'ultimo libro di Edizioni Corsare che oltre a far giocare ha anche lo scopo di accendere la memoria e il racconto: ad ogni casella ci si ferma per rispondere a una domanda e per farlo bisogna raccontare e chi non racconta sta fermo un giro. Domande piccole, come per esempio Hai mai avuto una bicicletta? ma anche domande grandi, come per esempio Perché si vive? oppure Sai riconoscere la felicità?
Le domande, ben più di trenta, chiamano risposte da piccoli ma anche da grandi come a dire che a questo gioco ci si può giocare a casa con mamme e papà e nonni, ma ci si può giocare anche a scuola con i maestri che sanno bene quale sia l'importanza del ricordo e del racconto. 


Ricordare e Raccontare è, infatti, il nido di pensiero, il nocciolo di senso che è all'origine dell'intera storia di Annamaria Gozzi e di Monica Morini. Un storia che sa essere di grande attualità (siamo spesso un popolo senza memoria, ormai è evidente a molti) e nello stesso tempo ha un sapore antico nel suo essere scritta così. In una atmosfera rarefatta, di un paese che va piano, abitato da vecchi cercatori di funghi e da gente che va in bicicletta, da ragazze che ballano le mazurke sulle note delle fisarmoniche oppure da ragazzini che cercano le bisce nei canali, arriva un personaggio, che ricorda un po' il Matto dei Tarocchi, e riaccende i ricordi che si erano persi e il racconto che si era ammutolito.
Annamaria Gozzi ha con sé il gran dono di sapere creare l'incanto. Tanto mi era piaciuta ne I pani d'oro della Vecchina, tanto mi piace ora, in coppia con Monica Morini. Entrambe, approdate in questo libro, arrivano dal teatro (A Ritrovar le Storie è anche uno spettacolo che la loro compagnia, la Compagnia dell'Orsa, mette in scena). Il teatro si sente in questa loro naturale capacità di far diventare vive le parole che usano. Altrettanto continua a piacermi Daniela Iride Murgia, terzo importante elemento del libro.Perfetta per dare forma a queste atmosfere tra il sogno e un mondo di altri tempi, è capace di generare nel lettore un'ulteriore meraviglia trasformando in immagini quelle potenti suggestioni che arrivano dalle parole. E lo fa con il suo consueto linguaggio colto e raffinato, complesso, e ricco di citazioni che, in taluni casi, suonano come veri e propri omaggi ad alcuni tra i più grandi maestri dell'albo illustrato. Erlbruch, fra tutti.

Carla


domenica 18 maggio 2014


TORTA DI CAROTE E ARANCIA

Nel giro dei passaparola tra amiche (sono principalmente donne le persone con cui ho scambi culinari) dal mondo vegano mi è arrivata questa ricetta a base di carote e arance, due ingredienti molto presenti nella mia dieta quotidiana.
E' una torta non troppo dolce, saporita ma leggera, ottima per la colazione del mattino o per accompagnare una tazza di tè.
Essendo una ricetta vegana prevede l'uso di burro di soia, e io l'ho preparata così, ma penso che se ci fossero preclusioni a priori, sostituendolo con del normale burro funzioni altrettanto bene (forse ne perderà un po' la leggerezza).




ingredienti
dose per una teglia da 24 cm
225 gr farina
150 gr zucchero di canna tipo mascobado
100 gr burro di soia
100 gr di carote grattugiate
la scorza grattata di un'arancia non trattata
1/2 bustina lievito per dolci
2 cucchiaini cannella in polvere
un pizzico bicarbonato
Iniziate lavorando a crema il burro con lo zucchero* a cui aggiungerete poi le carote grattugiate a julienne e la scorza dell'arancia.
Impastate bene e unite poi la farina mescolata con il lievito e il bicarbonato e cannella a volontà.
Trasferire nella teglia foderata di carta da forno e cuocere a 180° per 40/50 minuti.
Dato che l'impasto finale che si ottiene prima della cottura è molto compatto penso che si possa provare a farne anche dei biscottoni in modo da aumentare la superficie della crosta, sempre che amiate questa parte delle torte, oppure cuocerlo in pirottini da muffin. In questi casi va regolato il tempo di cottura in modo proporzionale alla dimensione dei dolcetti.
Spolverizzare con zucchero a velo e gustare.

Gabriella

* dato che da un po' girava nella credenza un cucchiaio di zucchero in granella che non aveva trovato utilizzo, l'ho unito allo zucchero di canna pensando che si sarebbe sciolto insieme al resto. Invece, probabilmente perché l'impasto è piuttosto asciutto, i granelli sono rimasti quasi integri anche dopo la cottura creando un piacevole effetto di punte di zuccherinità dentro una pasta più moderata. Non male davvero.