lunedì 27 febbraio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

NERO FUMO 

Aspettando l'alba, Fabiola Anchorena (trad. Marta Rota Núñez) 
Kalandraka 2022 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

 "E da molto che non vediamo l'alba. 
 Nemmeno la luna tra le stelle, né la pioggia lenta che scende. 
Sembra che il sole se ne sia andato via. 
Sarà stata la fatica di sorgere ogni mattina?" 

Il cielo nella foresta è nero pece e un gruppo di animali, guidati da un giaguaro femmina si incamminano tra gli alberi in cerca della luce del sole. 
Lentamente sentono il calore, forse finalmente è il sole. Ma no, quel bagliore che si fa sempre più forte che li investe è il fuoco. Il fuoco di un grande incendio che sta devastando e riducendo in cenere la foresta. Non è calore che scalda, è calore che brucia. Scappano gli animali. Solo l'armadillo è rimasto un po' indietro. 
Lontano dal bagliore del fuoco, si mettono in salvo e solo allora sentono scendere sui loro mantelli le gocce della pioggia, che per tutti significa pace. Le fiamme si sono spente e lenta torna la luce del sole e con essa i colori. 
Sugli animali il fuoco ha lasciato un segno e loro non sono più gli stessi, ma la foresta lentamente rifiorirà e i colori, anche loro stanno tornando. Facciamo qualcosa perché restino. 

Al suo primo albo 'in solitario' , Fabiola Anchorena, giovane illustratrice peruviana, vince il Premio Compostela 2022. Obiettivo raggiunto. E' lei stessa a raccontare, in una bella intervista, che quando andava al liceo dichiarò a sua madre che entro il suo quarantesimo compleanno avrebbe pubblicato un libro. Ed eccolo qui, pubblicato, premiato e tradotto in 6 lingue diverse, una l'italiano. 


L'idea originaria nasce da un necessario bisogno di risarcimento, di saldo di un debito interiore, che lei ha avvertito forte e chiaro dentro di sé quando nel 2019 un devastante incendio ha distrutto parte della foresta amazzonica sul versante brasiliano, peruviano e boliviano. 
Esattamente un anno prima lei stessa aveva fatto un viaggio in quella parte del mondo in cerca di una sua perduta pace interiore e ora quegli stessi posti che le avevano ridato un po' di tranquillità erano finiti in fumo e gli animali che in quella foresta vivevano avevano fatto una fine ancora peggiore. 
Se l'idea originale c'era, tuttavia le mancava ancora una storia per poterlo raccontare. 
La storia è arrivata quando le capitò in mano un articolo in cui si raccontava che il fumo, la caligine dell'incendio in Amazzonia aveva addirittura oscurato il cielo della città di San Paolo. 
Quel cielo plumbeo è diventato il grande nero che gli animali attraversano nella loro corsa verso la salvezza. 
Una copertina nera non passa mai inosservata. E se poi quel nero dilaga anche all'interno del libro la cosa si fa anche più interessante. 
Tre sono le fasi che la storia attraversa e per ciascuna di esse Fabiola Anchorena decide di usare una dominante di colore. 
Il nero plumbeo che avvolge la loro fuga, il rosso del fuoco e infine il verde, ma soprattutto la luce che l'acqua rigeneratrice porta con sé. 
Ognuna di queste dominanti ha un suo preciso riscontro emotivo. Il nero, nonostante la bellezza dei giochi di ombre che riesce a creare con gli animali che si intravedono, con le silhouette degli alberi, porta con sé un senso di incombente pericolo e paura diffusa in quegli animali che lo percorrono di corsa. 


Del rosso arancio si comincia a percepire traccia nei tronchi, ma soprattutto nelle scintille che lei magnificamente ottiene picchiettando su un fondo scuro gocce di cloro che producono questo meraviglioso effetto. Lo stesso effetto che si ha su un tessuto che si macchia con gli schizzi di candeggina. Tutto poi rilavorato e perfezionato con il digitale. 
E anche quella pagina in cui gli animali ci guardano, o meglio capiscono che quel bagliore è dato dal fuoco e non dal sole è un piccolo capolavoro che lavora a livello sensoriale, nel senso che si percepisce con gli occhi la caligine, il caldo soffocante, la mancanza di ossigeno, cui le parole alludono.


Terzo momento importante è segnato dall'arrivo della pioggia. Anche in questo caso il passaggio è molto delicato, ma lei lo risolve utilizzando lo stesso sistema usato per ottenere le scintille del fuoco, ma è nel cambio di prospettiva visuale che tutto si accende: quel giaguaro visto dall'alto è una magnifica soluzione per creare l'effetto di refrigerio. 
Il tutto si stempera poi nelle pagine successive. Del rosso e dell'arancio restano tracce nell'angolo inferiore sinistro della pagina. Tuttavia non scompare, ma anzi si schiarisce, ossia si illumina e permea la pelliccia del giaguaro e punteggia qua e là, i fiori degli alberi e poi sempre più acceso, le piume dei pappagalli.
 

Bella idea mettere sotto gli occhi di un bambino un libro del genere. 

Carla

venerdì 24 febbraio 2023

FAMMI UNA DOMANDA!


SISTEMA SOLARE


Un nuovo libro di Aina Bestard risveglia sempre l’interesse dei lettori e delle lettrici. L’illustratrice, nata a Mallorca e cresciuta a Barcellona, nel corso del tempo ha sperimentato diverse tecniche, dal paper cut agli effetti ottici sperimentali; con ‘Paesaggi perduti della Terra’ e, ora, con ‘Paesaggi ignoti del Sistema Solare’ ha voluto rendere omaggio all’illustrazione naturalistica ottocentesca, basata sul preciso, analitico disegno a tratteggio; questo senza rinunciare alla sovrapposizione di tavole traslucide o all’effetto scenografico di grandi tavole apribili.


Qui siamo nell’ambito della divulgazione pura: il testo di Marta della Serna è accuratissimo e comunque scritto con la consulenza di Antonio Hales, astrofisico e ricercatore presso l’Osservatorio Alma, situato nel deserto di Atacama. Anche la traduzione italiana, a cura di Federico Taibi, è stata oggetto di revisione scientifica. Questo è il sigillo di serietà e di attendibilità che contraddistingue gli editori, come, in questo caso, L’Ippocampo, che prendono sul serio la divulgazione rivolta ai più giovani. 


Quanto alla struttura del libro, è molto simile a quella di ‘Paesaggi perduti della Terra’: ci sono tre capitoli introduttivi che riguardano i diversi corpi celesti, in quale parte del cosmo ci troviamo, quello che sappiamo dell’origine dell’Universo.
A questo punto seguono i capitoli concernenti il nostro sistema solare: ciascun corpo celeste viene analizzato in più pagine che riguardano la struttura del medesimo, i dati statistici, e poi, l’atmosfera e la superficie. 
Le pagine dedicate a ciascun pianeta sono di colori diversi, come a volerli caratterizzare. I testi sono sintetici e precisi, con impaginazione e caratteri di stampa efficaci per attirare l’attenzione dei lettori.
Ma indubbiamente quello che colpisce maggiormente i lettori e le lettrici sono le immagini spettacolari, suggestive che raccontano più di mille parole il mistero di questi corpi celesti.


Naturalmente nel rappresentare le superfici dei pianeti, soprattutto dei più lontani, qualche licenza poetica c’è ed è anche dichiarata, ma è funzionale a suscitare quel senso di meraviglia che accompagna l’esplorazione del cosmo.‘Paesaggi ignoti del sistema solare’, lontano dalle illustrazioni fotografiche, anch’esse validissime, affascina bambine e bambini, a partire dagli otto, nove anni, per le immagini suggestive e misteriose che li accompagnano in una seria, attendibile esplorazione del nostro sistema solare.
Lo consiglio caldamente anche alle lettrici e lettori più grandi, appassionati di illustrazione scientifica.

Eleonora

mercoledì 22 febbraio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

GLI INCUBI NON FINISCONO MAI 

Al luuuuuuupo!, André Bouchard (trad. Fabio Regattin) 
#Logosedizioni 2022 



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"'Su, su, sveglia! Sono IO, IL LUPO! Oddio, ma chi è questa? La bella addormentata Auuuuu!Auuuauauu!' 
 'Grazie tante, lupo! Mi hai svegliato!' 
'E tu chi saresti, specie di mezza calzetta? E soprattutto che ci fai qui?' 
'Sono l'incubo di questa piccina, abito sotto il suo letto.' 
'Auuuuuu! Auauaauuuuuu!' 'Basta! Così la svegli!' 
'Ma devo svegliarla, se voglio farle paura!' 
'Cosa? Ma neanche per sogno! Deve continuare a dormire, così potrò farle paura IO!' 
'Senti un po' incubo! Sono IO che faccio paura qui, non tu!' 
'E invece sì, faccio paura anch'io, una GRAN paura, se vuoi saperlo! Una paura atroce! Una paura terrib...' 
'Glom! Be' adesso non più.'" 

Interno notte. Camera di una bimbetta che nel suo letto dorme. Apparentemente serena. 
Al suo capezzale si incontrano, si scontrano, due creature che competono tra loro per rovinarle il tempo: uno cerca di terrorizzarla da sveglia, un lupo. L'altro, un mostriciattolo dentuto e pieno di artigli nelle ossute mani e braccia retrattili, che sonnecchiava sotto il letto della bambina, è lì per torturarle il sonno. Deglutito il secondo, al lupo non resta che svegliare la ragazzina e finalmente terrorizzarla, ma ode dei passi. Sarà la nonna? 
No, è l'incubo della nonna - a lei proporzionato - che, svegliato dal baccano, cerca di ristabilire il silenzio nella casa, ma poi si convince ad aiutare il lupo. 

©André Bouchard

Nonostante le urla stereo dei due, la piccola sembra dormire imperterrita, fino a che anche i due alla fine cedono al sonno... 
Ecco, sembrava dormire... perché invece era sveglissima e ora con la nonna ficca entrambi i disturbatori in due sacchi della spazzatura e li consegna ai netturbini. 
Ma no, ma no. Questo ultima parte non è successa davvero: era solo l'incubo dei due addormentati che, svegliati, di soprassalto (come dopo ogni incubo degno di questo nome) rivedono la bambina dormire placida. 
Il mostro, incubo della nonna, desiste e torna da dove è venuto e il lupo? Sente ancora dei passi in corridoio. Sarà la nonna? E che nonna... 
 Nella vita, gli incubi non finiscono mai, come gli esami. 

In un gioco geniale di scatole cinesi, oppure - visti personaggi - di matriosche, André Bouchard colpisce ancora. 
Questa volta sceglie il formato dell'albo, un grande albo. 
Del suo modo di scrivere e illustrare libri si riconoscono alcune costanti. 
La prima è come sempre data dall'angolo visuale, pieno di ironia e senza peli sulla lingua, dal quale prende l'avvio il racconto. E ancora, il tipo di avvio, che è sempre fulminante, come una sgassata a un semaforo che diventa verde. Da 0 a 100 nello spazio di due pagine. 

©André Bouchard

L'altro fattore che lo rende amatissimo è la capacità di tenere 'all'oscuro' il lettore, per prenderlo di sorpresa nel gran finale (ma qui anche prima), che, come di norma, si chiude con una fantasmagoria e una risata di gusto. 
Al principio, senza parere, Bouchard attraversa allegramente una materia comune: la fiaba. La usa come un tappeto elastico per far fare varie capriole alla storia e ai lettori. La prima capriola la si fa quando ci si rende conto che tutto converge e si focalizza nello scontro, prima dialettico, poi fattuale, tra due categorie di terrori: quelli da svegli, le fiabe e quelli da addormentati, gli incubi. 
Altra capriola la si fa in corrispondenza di alcuni giri di pagina che nascondono la vera verità: per intenderci, la bimba che fintamente dormiva e tutto quello che accade dopo intorno ai due sacchi della spazzatura è una bella giravolta che fa fare al lettore. 

©André Bouchard

Come pure lo è a un altro giro di pagina, con un bel nero, che si rivela 'illuminante' per il lettore che capisce che il camion della spazzatura era solo un brutto sogno. 
O ancora l'entrata in scena della nonna che porta con sé un passaggio necessario e propedeutico al gran finale - di cui taccio - ma che si lega molto bene al primo libro di Bouchard importato: La doppia vita di Medoro.
Insomma di capriola in capriola, le singole matriosche si riempiono, fino ad arrivare all'ultima che le contiene, in senso anche un po' letterale, tutte le altre. 
Su questo complesso ed esilarante meccanismo si spande l'illustrazione e il tipo di testo. In entrambe le espressioni Bouchard dimostra di avere un grande talento: in un disegno che nella sua completezza si coglie alla seconda o terza rilettura, nell'utilizzo sapiente che fa della pagina e del suo limite, e di tutte le parti del libro, che mette al servizio della storia. 
E ancora, nell'uso del colore che va e viene a seconda dell'esigenza narrativa, e del linguaggio che, peraltro, nelle mani di Regattin se possibile, migliora. 
Al traduttore, così ben sintonizzato con il mood generale, si deve quella piccola capriola di tradurre un doppio Mais pas de tout in un 'unico'   Ma neanche per sogno! 

©André Bouchard


 Bravo (con l'accento sulla o)! 

 Carla

lunedì 20 febbraio 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


UNA CRESTA DA IROCHESE


Christine Nöstlinger è un’autrice molto presente nei cataloghi di grandi editori italiani: da Salani e Piemme, da Bompiani a Fabbri, in molti hanno tradotto i suoi testi, soprattutto negli anni ‘90. D’altra parte è un’autrice dal valore incontestabile, riconosciutole con l’Hans Christian Andersen Award nel 1984 e con l’Astrid Lindgren Memorial Award nel 2003; recentemente, La Nuova Frontiera ha saggiamente iniziato l’impresa di ripubblicazione di testi con nuove traduzioni: nel 2020 ‘Rosa Riedl, fantasma custode’, nel 2021 le ‘Storia delle storie di pinguino’,quest’anno ‘Il lunedì è tutta un’altra storia’. Tutti con la traduzione di Anna Patrucco Becchi.
In questa storia, datata nella versione originale 1984, la protagonista è una bambina, Kathi, figlia di genitori separati, che dedica il lunedì alla nonna paterna, soprannominata Lady, decisamente giovanile e originale. A differenza della mamma, Lady riesce a comprendere bene cosa si agita nella testa della piccola Kathi, che frequenta la terza e già colleziona pesanti inimicizie. Il pragmatismo e l’anticonvenzionalità di Lady fanno sì, ad esempio, che le liti con Erich ed Erika finiscano in una bolla di sapone.
Lady ha un fidanzato, Georg, che è un bravissimo cuoco e allieta le serate del lunedì con deliziose cenette. Purtroppo questo piacevole tran tran si arresta di fronte ad un’invasione di pidocchi, che l’occhio acuto di Lady individua nella folta capigliatura di riccioli neri di Kathi. Oltre a dosi massicce di shampoo medicato, è necessario tagliare i capelli; non dovrebbe esserci problema, considerando che Lady fa la parrucchiera; ma Kathi vuole un taglio specialissimo, che ha visto su una rivista: una cresta in mezzo al cranio, colorata in rosa, verde e viola. Una vera pettinatura punk, il cui significato è del tutto oscuro, e soprattutto irrilevante, per una bambina della sua età.
Per testare la reazione dei bambini, Kathi va al parco giochi, dove attira la loro curiosità, mentre cresce lo scandalo fra gli adulti.
Ma a lei l’opinione degli adulti non interessa, scopre addirittura che conciata così può essere scambiata per maschio e può quindi giocare a calcio, attività che le piace parecchio.
L’impatto con il mondo adulto non può essere rimandato: il martedì a scuola sarà all’inizio problematico, nel pomeriggio decisamente catastrofico: la perfida Fritzi, che cura il dopo scuola, chiama scandalizzata la madre, la cui reazione è impulsiva e drastica: cercando di cancellare le tracce della cresta irochese, taglia a zero i capelli della figlia.
Questa è la scena centrale del libro, perché è nel momento del taglio dei capelli, esercitato con la forza, che si consuma lo scontro fra madre e figlia: la piccola deve constatare che ai bambini si può fare qualunque cosa, senza chiedere il loro parere, in qualunque ambito della loro vita.
Questione delicata questa, che sul piano narrativo viene risolta con il mea culpa della mamma, che riconosce onestamente di aver ecceduto. Ma resta aperto il problema del confine fra controllo e riconoscimento della libertà di un soggetto infantile: fino a che punto è giusto, se lo è, scegliere al posto dei figli?
Figlia di un’epoca ben diversa dal nostro presente, la Nöstlinger non ha dubbi: la stravaganza delle scelte infantili, o quello che agli adulti sembra tale, va accettata come un embrione di ‘visione del mondo’ che i più piccoli esprimono con i mezzi a loro disposizione.
Questa complicità con i piccoli traspare nelle descrizioni ironiche, amabili, ma anche grottesche, di adulti che spesso non sanno o non vogliono fare il loro mestiere. Sono, in fondo, dei conformisti, pronti a vietare e punire, incapaci di cogliere l’innocenza delle richieste infantili, compresa quella di Kathi, che vorrebbe vedere un uomo nudo, ma sa che non succederà mai.
Si tratta di una posizione forte e di una descrizione di personaggi che forse oggi, soprattutto nel mondo anglosassone, potrebbe essere oggetto di censura.*
Noi, nel frattempo, ci possiamo godere la freschezza e l’intelligenza di questa storia, consci che i lettori e le lettrici più giovani, dai dieci anni in poi, se anche non sapranno che farsene di una cresta punk, sapranno cogliere questa divertita descrizione dello scontro fra grandi e piccoli.

Eleonora

“Il lunedì è tutta un’altra storia”, C. Nöstlinger, trad. A. Patrucco Becchi, La Nuova Frontiera Junior 2023


* sull’inquietante tendenza a rivedere i testi di grandi autori come Dr.Seuss, Scarry e Dahl

venerdì 17 febbraio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

COSTRUIRE PER SOTTRAZIONE

Una casa, Kevin Henkes (trad. Alessandro Zontini) 
Il Castoro 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni) 

"Una casa. 
Dov'è la porta? Che colore ha? Dov'è la finestra? Che forma ha? 
Una casa al mattino. 
Dov'è il sole? Alto nel cielo? Dove sono gli uccelli? Stanno tutti volando? 
Una casa di notte." 

In una grande cornice c'è il disegno, il più riconoscibile possibile, di una casa. Solo pochi dettagli: la porta e la finestra. Il tetto a tegole e un comignolo. 
Nella pagina successiva, piccolo colpetto di zoom e la casa è un po' più vicina e quindi più grande e arrivano le prime domande. 
Nella pagina successiva torna la grande cornice che però è ocra, in onore del sole che si intravede dietro il tetto: casa di giorno. 
Di nuovo colpetto di zoom e si aggiungono particolari animati e le quattro domande di rito per il piccolissimo lettore. 
Nella pagina successiva ritorna per la terza volta il disegno della casa con la grande cornice blu notte... 

Quanto ragionamento e quanto lavoro di sottrazione richiede la semplicità? 
E se andiamo a sottrarre otteniamo la leggerezza. Leggerezza e semplicità. 
Ancora una volta il consiglio è di andare alle Lezioni americane, sull'argomento.
Questo libro colpisce per entrambe le qualità ed è capace, a saperlo guardare, di dire un mucchio di cose.
 

Andiamo con ordine. 
Libro quadrato senza titolo e autore in copertina (l'editore rimane, per orgoglio e per legge credo e autore e titolo si ritirano in quarta). 
Togliere il titolo e l'autore è una scelta che va nella direzione di quella leggerezza calviniana e per rendere ancora più focalizzato l'argomento del libro. D'altronde il titolo sarebbe superfluo per un lettore che non sa leggere: per lui è l'immagine che si fa titolo. 
Saltiamo frontespizio e crediti e andiamo al dunque. 
Scelta di un carattere tipografico tondeggiante, grande cornice, colori pastello, disegno che si compone per figure semplici e molto leggibili e spesso arrotondate, dove possibile. Pochissime ma sapienti ombreggiature. 
Questa prima pagina serve per fare conoscenza, tra libro, storia, autore e piccolo lettore con lettore grande che legge.
 

La pagina successiva prevede che tra libro e lettore si sia già rotto il ghiaccio, quindi da una parte lo si invita a guardare ancora meglio le figura che si ripete, ma più grande, e lo si apostrofa con ben 4 domande. Domande scelte perché possano essere comprese e perché la risposta arrivi sicura. 
La formula delle domande però nasconde ancora un'altra simmetria necessaria. 
Scrivere (e tradurre) che colore ha (what colori is it?) - e non di che colore è? come verrebbe spontaneo nel parlato, non è casuale: deve essere simmetrico alla successiva domanda Che forma ha? (What shape is it?). 
Nella pagina successiva compare un altro elemento di attenzione: cambia il colore della grande cornice e si allinea, questa volta allo scenario, al contesto: il sole che certifica il testo che dice "Una casa al mattino". Vi svelo un segreto: siamo in estate. 
Ma, attenzione compaiono, in lontananza anche altri personaggi, prossimi a entrare in scena.
 

A dimostrare una forte coerenza tra narrazione e immagine. E in questo, come sempre, il giro di pagina, quella piccola pausa obbligata, fa la sua parte. 
Lo schema si ripete, ossia c'è un piccolo ingrandimento di un particolare e arrivano le domande, come sempre 4, ma sale di un pochino il grado di difficoltà e il grado di attenzione richiesto al piccolo lettore. Questo ritmo, questo schema che torna regolare, nelle figure come nel testo, ha lo scopo di 'rassicurare', ma nello stesso tempo anche di incuriosire e soprattutto di 'incoraggiare' a fare un altro pezzettino di strada assieme. 
Dopo la notte arriva la pioggia (zitto zitto Henkes ci mette l'autunno e disegna nuvole e pozzanghere come sorelle) e la neve (zitto, zitto, l'inverno). 
Se andasse avanti così fino all'ultima pagina sarebbe comunque un buon libro, ma sarebbe anche un'occasione non utilizzata appieno. 
E Kevin Henkes lo sa bene, visti i riconoscimenti che hanno i suoi libri, dal Giesel honor e Caldecott Honor, alla Carnegie, fino alla Caldecott. Lui è uno bravo assai, insomma. 


Quindi, sbram, cambia la cadenza, senza però smettere di usare quegli accorgimenti, quali per esempio anticipare l'entrata in scena di nuovi personaggi. O ancora di disegnare le persone e gli animali assimilandoli a dei giocattolini, veri e propri pupazzini (compari di quelli visti in Waiting, disposti in bell'ordine sul davanzale di una finestra) - poco più che birillini - che si muovono su un prato pieno di fiori (è arrivata primavera) e compiono impercettibili gesti significativi (a voi coglierli) in un contesto che tanto ricorda un gioco di scenario, consueto allo sguardo di un piccolo. Qui, uno su tutti: la casa delle bambole. 
Continuano a esserci le domande, ma stiamo arrivando al finale. 
E il finale è sempre un'altra cosa. Adesso le domande hanno una loro risposta già nel testo che smette così di essere un dialogo per diventare di fatto un minuscolo racconto di un enorme autore.  

Carla 

Noterella al margine. Merito al traduttore che esce a testa alta dall'impaccio tra house e home, il nocciolo della questione. E merito a chi ha portato finalmente in Italia Henkes, con la preghiera che arrivino presto anche Waiting e Kitten's First Full Moon. Sì?

mercoledì 15 febbraio 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

A LETTO, BAMBINI!

 

A sessant’anni dalla morte di Sylvia Plath, Mondadori, con una nuova pregevole operazione di riproposta dal proprio catalogo, ripubblica la raccolta dei suoi testi dedicati ai bambini. Si tratta di due racconti, ‘Folletti in cucina’, illustrato da Claudio Muñoz, ‘Max e il vestito color zafferano’, illustrato da Rotraut Susanne Berner, e di una lunga poesia, ‘A letto, bambini!’ illustrato da Quentin Blake. In sostanza viene riproposta la bella edizione curata, anche per la traduzione, da Bianca Pitzorno.


Il primo racconto, ‘Folletti in cucina’, racconta la situazione paradossale originata dall’azione di due folletti, dal nome evocativo di Pepe e Sale, nella cucina perfetta di Mirtilla Maggiolina, che fa di tutto per compiacere il marito cucinando, lavando, stirando in una casa in ogni angolo perfetta. Solo che i suoi preziosi elettrodomestici si ribellano alla ripetizione della solita routine e chiedono agli sconcertati folletti di cambiare funzione, il ferro da stilo vuole cucinare e il forno vuole stirare; ne deriva un caos generale, che accoglie lo sconcertato signor De Ciliegis. Saranno i folletti a dover rimettere a posto la disastrata cucina.
Nel secondo racconto, ‘Max e il vestito color Zafferano’, troviamo una famiglia numerosa in cui Max è l’ultimo di otto fratelli: il suo unico desiderio è di avere un vestito completo, proprio come i ‘grandi’, giacca e pantaloni lunghi; lo immagina andar bene d’estate e d’inverno. Un giorno, in casa Nulli arriva un pacco, al cui interno, avvolto in fogli di carta velina, c’è un meraviglioso vestito in lana morbida e pelosa color giallo zafferano. La taglia è perfetta per il papà, che però non se la sente di indossare un colore così vistoso; l’abito passa al fratello maggiore, con qualche ritocchino apportato dalle abili mani della mamma; ma anche lui si vergogna di quell’abito, che passa al fratello successivo fino ad arrivare al felicissimo Max.


Questi racconti utilizzano a piene mani il gusto del grottesco, il ribaltamento di situazioni consuete in un doppio paradossale, gli elettrodomestici ribelli che mettono nei guai la signora Mirtilla; oppure il gusto della ripetizione, con la medesima situazione che si ripete ogni volta con lo stesso schema, con la famiglia Nulli al completo che si prova lo stesso vestito via via rimaneggiato dalla mamma. Perfetti racconti della buonanotte.
Ma dove la fantasia prende il volo è nella poesia, in quartine nell’originale inglese, ‘A letto, bambini!’: qui il comodo lettino, con le lenzuola bianche e profumate, cambia nome  e forma per trasformarsi in un Letto-Elefante, o in un Letto-Ornitologico o in un Letto-Spaziale. Così un oggetto della vita quotidiana diventa il veicolo per viaggi fantastici nello spazio, come nella giungla.
Ma quello che risulta davvero straordinario, e che è costato un lavoro difficilissimo di traduzione, è l’uso della lingua, ricchissima, trasfigurata per assecondare rime, assonanze, allitterazioni.
Alla fine del libro è riportato il testo originale che consente di farsi un’idea della grande inventiva, della speciale sonorità di queste rime.
E chi, se non Quentin Blake, poteva assecondare meglio questa debordante fantasia? Senza nulla togliere agli altri due illustratori, credo che Blake abbia interpretato nel modo migliore un testo immaginifico come quello della Plath.
Scritti quando i due figli erano molto piccoli, che li hanno letti in età adulta, questi testi ci arrivano con tutta la freschezza di un momento di serenità nella vita tormentata della poetessa americana.


Grazie alla Mondadori per averci restituito questo gioiello, che consiglio a tutti, grandi e piccoli, dai sette anni in poi.

Eleonora

 
“A letto, bambini!”, S. Plath, C. Muñoz, R. S. Berner, Q. Blake, Mondadori 2003, 2023

 


lunedì 13 febbraio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

L'ORA VUOTA 

Quando tornerà Hadda? aNNe Herbauts (trad. Maria Pia Secciani) 
Edizioni Clichy 2023 



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

 "Quando tornerà Hadda? 
Ma sono qui, tesoro mio, senti, hai addosso la mia luce. 
Quando tornerà Hadda? Ma sono qui, stellina mia, guarda, hai la mia volontà. 
Quando tornerà Hadda? 
Ma sono qui, ragazzo mio, lo so, vedrai oltre l'orizzonte." 

In una grande casa, piena di luce e di tracce di vita, piena di mobili e di cose, le finestre aperte e le tende che si muovono con il vento, giocattoli un po' ovunque sulle mattonelle dei pavimenti, scarpe appena tolte, borse della spesa appoggiate, giornalini un po' sparsi, un piatto di sardine sul tavolo della cucina che aspettano di essere pulite e cucinate. 


Una sola cosa sembra mancare: la presenza di qualcuno, se non nello sguardo che attraversa stanza dopo stanza. 
E in tutti questi ambienti luminosi si sentono due sole voci fuoricampo: la prima, insistente, che sembra proprio quella di un bambino, che ripete sempre e solo la stessa domanda: quando tornerà Hadda? e la seconda, quella di Hadda che a un suo ritorno non allude mai, come se non ce ne fosse bisogno, perché lei, il suo mondo, la sua luce, la sua dolcezza è lì, e in molti luoghi ancora, e sempre ci resterà. 

Anne Herbauts è sempre stata capace di offrire nei suoi libri un punto di vista molto personale, sempre capace di farci vedere che cosa c'è al di là delle apparenze, e a voler essere più precisi, a vedere cosa il vuoto, l'assenza, possa significare e portare in sé. 
"Il vuoto è il luogo dove le cose possono avvenire", così recitava la presentazione di una mostra a lei dedicata a Bologna nel lontano 2007 e che proprio dal titolo di un suo libro meraviglioso prendeva il nome: L'ora vuota. 
Pensiamo anche al libro Lunedì che con il vuoto e l'assenza ha molto a che fare, a partire dalla copertina piena di nulla intorno a lui, Lunedì. O ancora il suo lento svanire con il procedere della storia, fino ad arrivare alla sua assenza che però non è sparizione, ma percezione diversa della sua presenza.


L'altro aspetto che caratterizza la poetica di Herbauts sta nel suo bisogno di interrogarsi e di interrogare anche i suoi lettori su grandi domande, quelle stesse che si pongono i bambini e che non prevedono una risposta veloce e superficiale, ma al contrario un pensiero lento e profondo: 
Di che colore è il vento? oppure Cosa fa la luna di notte? 
Ecco, in questo libro troviamo intrecciate magnificamente entrambe le questioni. 
Un assiduo domandare da parte di un bambino circa un vuoto, una assenza, da colmare. Alcuni indizi hanno fatto pensare che dietro quel nome che rappresenta la grande assente, Hadda, ci sia una nonna. E probabilmente è così. Ma lo è solo in modo strumentale per dare a un bambino una forma di mancanza che possa capire, per dare alle sue tavole un soggetto il più concreto possibile, ma in realtà dietro il nome Hadda e dietro gli occhiali e le chiavi sullo stipo ci si potrebbero nascondere anche molte altre partenze. Disegnare ciò che non c'è e nello stesso tempo attestarne la presenza è - per paradosso - più facile che invece raccontarlo a parole.
 

Anne Herbauts si prende dodici tavole per dirlo con pastelli e qualche collage e undici volte si dà l'occasione di trovare con le parole la risposta, le risposte. Si tratta di brevi frasi, sempre introdotte, come un ritornello, da una visione diversa rispetto alla domanda. 
Al ripetersi del Quando tornerà?, risponde sempre una voce che smentisce la partenza: Ma sono qui (ed ecco che anche qui capita quello che era capitato in Lunedì: cambia il senso da attivare per percepire, non più gli occhi, ma le dita lì, e anche qui si dimostra che se gli occhi non vedono, non significa che qualcosa manchi davvero. Il cinema ce lo ha insegnato con il fuoricampo). 
Tutte le risposte hanno fili che le tengono assieme: la tenerezza, la fiducia e la forza del ricordo. 
Le dodici tavole invece sono costruite attraverso uno sguardo fuoricampo, appunto - che coincide con quello del lettore, circostanza che letteralmente lo chiama dentro l'esperienza visiva  - che vaga per le stanze dove, da una parte non si coglie la presenza fisica e dall'altro invece, attraverso miriadi di dettagli, si allude proprio a questa presenza. 


In sostanza, la Herbauts tanto con il testo quanto con le immagini applica un criterio a lei caro: ti mostro qualcosa e nello stesso tempo ti offro un sistema per vederlo, percepirlo, interpretarlo in modo diverso. Su tutto questo si diffonde una qualità del disegno, una vera e propria sfida personale: dai quadri e le foto alle pareti, ai pattern di pavimenti, parati e tessuti, dalla botanica sul balcone al lampadario in soggiorno, che provoca un piacere in senso estetico che raramente si incontra. 

 Carla

venerdì 10 febbraio 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

IL PARADISO DEI MATTI


Come più volte sottolineato in questo blog, l’opera dello svedese Ulf Stark è oggetto di un rinnovato, e meritato, interesse; dopo Iperborea, tocca a Feltrinelli recuperare un testo che aveva avuto già due edizioni e che ora viene riproposto, sempre con la traduzione di Laura Cangemi, nella collana Universale Economica Feltrinelli Ragazzi.
Il testo originale è del 1984 e precede di diversi anni ‘La grande fuga'. In realtà questo romanzo racconta due storie insieme, che si intrecciano strettamente: una, la principale, è quella di Simone, dodicenne con una leggera vena di follia e dal nome francese, che può indurre a imbarazzanti equivoci: è una storia che racconta del trasferimento della famiglia in un quartiere periferico di Stoccolma, dell’ingresso in una nuova scuola, con tutto quello che comporta; l’altra storia vede al centro del racconto il rapporto fra Simone e il nonno, che fugge dalla casa di riposo per passare il tempo che gli è rimasto con la famiglia.
Il primo filone narrativo utilizza un registro ironico e descrive con un certo gusto del grottesco le vicissitudine di Simone, nome proprio femminile francese, che a scuola viene scambiata dall’insegnante, soprannominata Cutrettola, per un maschio: Simon, nome proprio maschile. I diavoletti che albergano nella testa di Simone colgono la palla al balzo e Simone decide di stare al gioco, dando vita ad una serie di situazioni esilaranti. Di lei si innamora una ragazzina, baciata contro voglia e maldestramente, mentre Simone accetta tutte le sfide lanciate dai maschi, primo fra tutti Isak.
All’originalità, Simone è abituata: sua madre, illustratrice per riviste di moda, veste in modo stravagante e convive con Yngve, destinato a subire le stravaganze di madre e figlia. E non la spaventa dover inventare ogni giorno mille stratagemmi per nascondere, a scuola, la sua vera identità.
Il secondo filone narrativo, pur continuando a utilizzare uno stile sottilmente ironico, usa in realtà un altro registro: il centro di questa narrazione è rappresentato dal viaggio all’isola di Möja, dove il nonno aveva una casa in cui è vissuto fino alla morte della moglie. Arrivato qui, in sedia a rotelle, suona per l’ultima volta il violoncello, mette a posto le stanze e chiude la casa per sempre. Questo episodio viene, molti anni dopo, messo al centro del romanzo ‘La grande fuga’.
Il nonno ha capito che non gli resta molto da vivere e decide di salutare tutti con una grande festa in giardino, fra petali volteggianti e api.
In questo romanzo, che consiglierei a lettrici e lettori dai dodici anni in poi, si intravedono moltissime tematiche: dal rapporto fra le generazioni, alle difficoltà della crescita, alla scoperta della propria identità sessuale. Un romanzo denso che in nessun momento scade nel didascalico, al contrario riveste i personaggi con uno sguardo ironico e affettuoso nello stesso tempo, osservando gli ingenui tentativi dei più giovani con la stessa partecipazione con cui descrive la malinconia dei vecchi.
La vecchiaia in Stark non è mai rancorosa, al contrario è segnata da una sorridente serenità anche di fronte all’inevitabile fine; il nonno di Simone è una presenza confortante, l’unica persona a cui la ragazzina può confidare le sue bravate.
Il linguaggio dell’autore svedese è ricchissimo di metafore che, uniformandosi al momento in cui sono inserite, diventano prosaiche o poetiche, talvolta spiazzanti.
Per la sua ricchezza e originalità, anche questo teso di Stark è da considerare necessario per i ragazzi e le ragazze che amino testi intelligenti e scritti con grande maestria.

Eleonora

“Il paradiso dei matti”, U. Stark, trad. L. Cangemi, Fetrinelli 2022





mercoledì 8 febbraio 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

INIZIA SEMPRE TUTTO CON UNA STORIA

Morris
, Bart Moeyaert, Sebastiaan Van Doninck (trad. Laura Pignatti) 
Sinnos 2022 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni) 

"'Qui' gridò Morris. L'animale si girò ancora un istante, poi fu come se venisse inghiottito dalla neve. Morris si girò a sinistra, e si girò a destra. Sperava di vedere muovere chiazze nere da qualche parte sulla neve. Ma quello che sperava Morris non successe. 
Houdini era scomparsa. 
Morris pensò quello che pensava molto spesso: che tutto cambia sempre, proprio quando non vuoi. Naturalmente allora tutto cambiò di nuovo. 
Smise di nevicare. 
E lui era lì, al freddo, senza cane." 

Morris vive - solo per un po' - con la sua nonna che va matta per la sua canetta sempre fuggiasca. E compito del bambino è quello di andarla a recuperare per bricchi, con due pezzi di salame in tasca. 
Anche questa volta, sotto una nevicata mai vista, Houdini si è divincolata dall'abbraccio e ora chissà dov'è. 
Così Morris, che ha imparato a conoscere quella montagna, nonostante la neve ovunque, prova a cercarla, ma al suo posto incontra un ragazzo con il suo montone, Ajax. 
Non è amicizia a prima vista: il ragazzo sembra un duro, ma Bart non dà segno di voler indietreggiare. E così, quando il vento diventa bufera, complice il rifugio di fortuna che condividono, le durezze tra i due parrebbero risolversi. Fino alla repentina partenza del ragazzo con il montone. 
La notte si sta avvicinando, lucine dal paese si stanno staccando per salire in montagna, Morris gli va incontro fino a incrociare sui suoi passi il gelido signor Peck con un sacco per le patate, in cui un cane prigioniero si sta divincolando. 
A Houdini è sempre bastato poco per scappare, ma questa volta la sua direzione non è verso la libertà ma verso la giacca calda di Morris. 
Al signor Peck, sfuggitogli il cane, tuttavia, piace avere una preda e Morris accucciato nella neve è perfetto. Non ha fatto però i conti con coloro che lì non dovrebbero essere: il ragazzo e il suo montone, o per meglio dire, suo figlio e il suo montone. 
E siccome è proprio vero che tutto cambia sempre, proprio quando non vuoi, quello che sembrava un finale di storia già segnato dal male non lo sarà. 

Accidenti, che potenza. 
Che Moeyaert sia un eccellente scrittore e la Pignatti la sua valente voce italiana per Sinnos, non credo vada ancora dimostrato, ma in Morris, con le sue scarse sessanta pagine, riesce a concentrare così tanto valore che diventa anche difficile ragionarci senza perdersi pezzi importanti lungo la strada. 
Forse la cosa che appare più evidente è la sua capacità di essere elusivo. In qualche modo dimostra di saper usare uno degli strumenti principali dello scrittore, ossia il silenzio. 
Moeyaert tace. Sa tacere quando è il momento giusto per farlo. Per esempio, avvolge nel silenzio le prime 5 pagine. Tace su quel 'è meglio così' e lascia a chi legge il compito di annodare i fili. 
Tace sull'abete più storto del solito e Van Doninck ci scherza su.
 

E fa tacere anche i suoi personaggi: un po' come accade a Morris che tiene per sé alcuni pensieri su Peck che, se detti, diventerebbero molto pericolosi. O ancora quando tace nel percepire il pianto sommesso del ragazzo tra i Ricci. 
Il silenzio porta con sé la pazienza. Infatti, silenziosa e paziente è la nonna quando Morris di notte si sente solo e piange; lei aspetta che il suo respiro si regolarizzi poi dice una frase qualsiasi, che le lenzuola hanno un profumo buono, e chiude con 'sogni d'oro Superman'. 
E paziente è anche Moeyaert nel respiro lungo e cadenzato (adatto per le storie di montagna) che dà alla sua storia e nel tempo che si prende per la scelta delle parole. Circostanza che porta inevitabilmente a testi in grado di toccare la perfezione. E allora perfetto è il contrasto tra Piccoletto e Superman. Illuminante quel 'quasi' che potrebbe passare inosservato a proposito dell'essere fortunati. Perfetto è il nome del cane.


Elusivo, paziente, ma anche sapiente. 
Moeyaert infatti racconta una storia che è quella, unica, ma all'interno di questa trama singolare incastona perle di sapienza, per renderla ancora più bella e duratura, così come la nonna di Morris cuce assieme i suoi quadrati di stoffa che si trasformano in qualcosa di bello e destinato a durare: coperte patchwork. 
Ecco, le perle di saggezza che Moeyaert dissemina qui e là tutti le possono riconoscere, quindi sono universali. Ti colpiscono per essere così perfette nella loro rotondità e lucentezza. La prima: inizia sempre tutto con una storia. La seconda: quando piangi da solo, in segreto, non finisci mai del tutto il pianto. La terza: se taci, scompari a metà. La quarta: una cosa che serve è tenere alto il mento. La quinta: con un nome esisti più che senza
Elusivo, paziente, sapiente, ma anche evocativo.


In questo racconto, complice anche 'l'impressionismo' delle tavole, i sensi sono sempre in all'erta: senti il freddo che sale, vedi la luce che va giù, percepisci il rumore del silenzio, senti un cane in lontananza, vedi la nevicata potente, ti scaldi al calore di una casa, vedi le lucine che salgono dal paese, ti sembra di assaggiare la torta di pere e annusare la cannella e toccare il pezzo di salame. 
Elusivo, paziente, sapiente, evocativo, ma anche metaforico. 
Mi verrebbe da dire che se non sai essere metaforico, è inutile che tu scriva libri che poi finiranno in giovani mani. 
Per brevità è meglio elencare. La prima: lo sportello nelle nuvole. La seconda: nell'aria non c'era nemmeno posto per l'aria. La terza: lo schiocco dello schiaffo, che spegne di colpo tutte le lucine. La quarta: trasformare le parole in una specie di gomma americana e, ultima, in questa giornata di febbraio piena di gelo una pecora porta tre giacche, un montone probabilmente anche quattro
Beato il montone e beato chi legge Morris. 

Carla