INIZIA SEMPRE TUTTO CON UNA STORIA
Sinnos 2022
NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni)
"'Qui' gridò Morris. L'animale si girò ancora un istante, poi fu come se venisse inghiottito dalla neve. Morris si girò a sinistra, e si girò a destra. Sperava di vedere muovere chiazze nere da qualche parte sulla neve. Ma quello che sperava Morris non successe.
Houdini era scomparsa.
Morris pensò quello che pensava molto spesso: che tutto cambia sempre, proprio quando non vuoi.
Naturalmente allora tutto cambiò di nuovo.
Smise di nevicare.
E lui era lì, al freddo, senza cane."
Morris vive - solo per un po' - con la sua nonna che va matta per la sua canetta sempre fuggiasca. E compito del bambino è quello di andarla a recuperare per bricchi, con due pezzi di salame in tasca.
Anche questa volta, sotto una nevicata mai vista, Houdini si è divincolata dall'abbraccio e ora chissà dov'è.
Così Morris, che ha imparato a conoscere quella montagna, nonostante la neve ovunque, prova a cercarla, ma al suo posto incontra un ragazzo con il suo montone, Ajax.
Non è amicizia a prima vista: il ragazzo sembra un duro, ma Bart non dà segno di voler indietreggiare. E così, quando il vento diventa bufera, complice il rifugio di fortuna che condividono, le durezze tra i due parrebbero risolversi. Fino alla repentina partenza del ragazzo con il montone.
La notte si sta avvicinando, lucine dal paese si stanno staccando per salire in montagna, Morris gli va incontro fino a incrociare sui suoi passi il gelido signor Peck con un sacco per le patate, in cui un cane prigioniero si sta divincolando.
A Houdini è sempre bastato poco per scappare, ma questa volta la sua direzione non è verso la libertà ma verso la giacca calda di Morris.
Al signor Peck, sfuggitogli il cane, tuttavia, piace avere una preda e Morris accucciato nella neve è perfetto. Non ha fatto però i conti con coloro che lì non dovrebbero essere: il ragazzo e il suo montone, o per meglio dire, suo figlio e il suo montone.
E siccome è proprio vero che tutto cambia sempre, proprio quando non vuoi, quello che sembrava un finale di storia già segnato dal male non lo sarà.
Accidenti, che potenza.
Che Moeyaert sia un eccellente scrittore e la Pignatti la sua valente voce italiana per Sinnos, non credo vada ancora dimostrato, ma in Morris, con le sue scarse sessanta pagine, riesce a concentrare così tanto valore che diventa anche difficile ragionarci senza perdersi pezzi importanti lungo la strada.
Forse la cosa che appare più evidente è la sua capacità di essere elusivo.
In qualche modo dimostra di saper usare uno degli strumenti principali dello scrittore, ossia il silenzio.
Moeyaert tace. Sa tacere quando è il momento giusto per farlo.
Per esempio, avvolge nel silenzio le prime 5 pagine. Tace su quel 'è meglio così' e lascia a chi legge il compito di annodare i fili.
Tace sull'abete più storto del solito e Van Doninck ci scherza su.
E fa tacere anche i suoi personaggi: un po' come accade a Morris che tiene per sé alcuni pensieri su Peck che, se detti, diventerebbero molto pericolosi. O ancora quando tace nel percepire il pianto sommesso del ragazzo tra i Ricci.
Il silenzio porta con sé la pazienza. Infatti, silenziosa e paziente è la nonna quando Morris di notte si sente solo e piange; lei aspetta che il suo respiro si regolarizzi poi dice una frase qualsiasi, che le lenzuola hanno un profumo buono, e chiude con 'sogni d'oro Superman'.
E paziente è anche Moeyaert nel respiro lungo e cadenzato (adatto per le storie di montagna) che dà alla sua storia e nel tempo che si prende per la scelta delle parole. Circostanza che porta inevitabilmente a testi in grado di toccare la perfezione.
E allora perfetto è il contrasto tra Piccoletto e Superman. Illuminante quel 'quasi' che potrebbe passare inosservato a proposito dell'essere fortunati. Perfetto è il nome del cane.
Elusivo, paziente, ma anche sapiente.
Moeyaert infatti racconta una storia che è quella, unica, ma all'interno di questa trama singolare incastona perle di sapienza, per renderla ancora più bella e duratura, così come la nonna di Morris cuce assieme i suoi quadrati di stoffa che si trasformano in qualcosa di bello e destinato a durare: coperte patchwork.
Ecco, le perle di saggezza che Moeyaert dissemina qui e là tutti le possono riconoscere, quindi sono universali. Ti colpiscono per essere così perfette nella loro rotondità e lucentezza.
La prima: inizia sempre tutto con una storia. La seconda: quando piangi da solo, in segreto, non finisci mai del tutto il pianto. La terza: se taci, scompari a metà. La quarta: una cosa che serve è tenere alto il mento. La quinta: con un nome esisti più che senza.
Elusivo, paziente, sapiente, ma anche evocativo.
In questo racconto, complice anche 'l'impressionismo' delle tavole, i sensi sono sempre in all'erta: senti il freddo che sale, vedi la luce che va giù, percepisci il rumore del silenzio, senti un cane in lontananza, vedi la nevicata potente, ti scaldi al calore di una casa, vedi le lucine che salgono dal paese, ti sembra di assaggiare la torta di pere e annusare la cannella e toccare il pezzo di salame.
Elusivo, paziente, sapiente, evocativo, ma anche metaforico.
Mi verrebbe da dire che se non sai essere metaforico, è inutile che tu scriva libri che poi finiranno in giovani mani.
Per brevità è meglio elencare. La prima: lo sportello nelle nuvole. La seconda: nell'aria non c'era nemmeno posto per l'aria. La terza: lo schiocco dello schiaffo, che spegne di colpo tutte le lucine. La quarta: trasformare le parole in una specie di gomma americana e, ultima, in questa giornata di febbraio piena di gelo una pecora porta tre giacche, un montone probabilmente anche quattro.
Beato il montone e beato chi legge Morris.
Carla
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