venerdì 13 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

UN POOL DI CERVELLI

Enigmi a tutti i piani. Criminali allo sbaraglio, Paul Martin 
(trad. Serena Tardioli) 
Il Castoro 2025 


LIBRO-GIOCO ILLUSTRATO (dai 6 anni)
 
"I Marmokki a palazzo. 
Quando il gruppo rock i Marmocchi soggiorna all'hotel Star Palace, porta sempre un gran scompiglio. Stamattina il cantante è stato tramortito e gli hanno rubato tutti i soldi del concerto della sera precedente. Gli unici ospiti dell'hotel sono i musicisti della band. 
Leggi le dichiarazioni dei testimoni e dei sospettati e osserva l'interno e l'esterno dell'hotel." 

Tre sono le domande: Dov'è il bottino? In quale camera soggiornano i componenti della band e naturalmente chi è il colpevole... 
Questo è il primo caso dei diciassette che uno dopo l'altro occorre risolvere. 
Le cose che l'investigatore/lettore ha in mano sono le dichiarazioni dei sospettati e dei testimoni e, naturalmente della vittima. A sentir loro tutti o quasi stavano provando il loro pezzo, chi al sax, chi al basso elettrico, chi alla batteria. Infatti nei corridoi c'era una bella baraonda che ha impedito alla signora delle pulizie di capire meglio cosa stesse succedendo. 
E, come se non bastasse, c'è stato anche un blackout doloso. A detta del custode, che è dovuto scendere nel seminterrato per riaccendere l'intero impianto, qualcuno deve aver provocato un corto circuito... 
I sospettati - Tim Zozzokkio, quel coatto di Jack Forzokkio, e le due ragazze del gruppo, Tina Birbokkio e Pam Bellokkio, e per ultimo Dan Fetokkio - hanno qualcosa da dire e, pezzetto dopo pezzetto, l'intero scenario si ricostruisce e diventa sempre più chiaro chi sia il colpevole. 

Il libro - GENIALE - funziona così. 
La pagina a dx è sempre divisa in due lungo la sua altezza. Da un lato c'è il breve antefatto e poi l'enigma, o meglio i tre enigmi. Nell'altra metà è disegnata la metà dello scenario, visto da fuori. 
La doppia pagina successiva, ai lati raccoglie le figure e le parole di vittima, testimoni e sospettati: un bel po' di testo. Al centro, ossia a dx e a sin del taglio centrale appare il lato interno dello scenario dove è avvenuto il crimine, in questo caso uno spaccato, una sezione dell'interno dell'albergo. 
Nella pagina successiva, c'è l'altra metà dello scenario esterno e un elenco di indizi che aiutano a risolvere il caso (quelli che in gergo si chiamano gli aiutini). 
La principale cosa che l'investigatore lettore deve fare è piegare le due pagine dedicate al caso dei Marmokki lungo la loro metà in modo che le due metà degli scenari esterni si ricompongano.
A dirlo a parole sembra una roba difficilissima, ma siccome, prima che tutto cominci c'è una bella spiega disegnata su come fare punto 1 punto 2 punto 3 ecc ecc anche i più legnosi capiranno e si divertiranno. 


Questo procedimento si ripete per ben 17 volte, quanti sono i casi da risolvere e ogni volta con scenari diversissimi: dai pompieri al saloon, tutto quello che ci si potrebbe immaginare in mezzo, ci sta! 
Ideona. 
Ho 65 anni e una certa esperienza e malizia nell'osservare i libri e quindi fibrillo di rado. Ma qui sono proprio saltata sulla sedia e son qui che mi centellino i casi e penso, accidenti sono s-o-l-o 17. 
Una bella idea che si irradia in diverse direzioni.


Chi l'ha pensata, e mi pare di capire dal frontespizio si tratti di un pool di cervelli, ha dovuto studiarla dal punto di vista grafico, la cartotecnica, ha dovuto progettare i singoli casi da risolvere, si è preso anche il gusto di fare un sacco di giochi con i nomi dei personaggi (e la traduttrice gli è andata dietro) e come si non bastasse ha creato una sorta di graduatoria di difficoltà caso per caso. 
Per esempio, il caso dei Marmokki, con il quale il libro si apre, è un grado basso, solo un teschio su tre. 


Tanti più sono i testimoni e minore il numero dei sospettati, tanto più il caso va considerato di facile soluzione, mentre se i sospettati sono addirittura otto, come nel caso Allarme al Museo, la soluzione è più complessa. Ovviamente. 
A tutto questo si deve aggiungere il disegno, che ha molti punti di tangenza con il fumetto, linguaggio di cui Martin è maestro in Francia. 
Ultima noterella. 
Cosa farne di un libro del genere? 
Da adulti, sbirciarci dentro e provare e risolvere i casi - senza farsi beccare, autodenunciandosi per aver piegato le pagine lungo la fustella. 
Con noncuranza, metterlo in mano a ragazzini e ragazzine perché passino una bella estate, facendo nel contempo un atto rivoluzionario: si facciano vedere con un libro in mano. 
E, magari, alla fine constatare con rammarico che sono stati più svegli di noi nel risolvere i casi. 

 Carla

mercoledì 11 giugno 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

CORPO - FORMA – NORMA 

Lorenzo Ghetti arriva al terzo volume di un ragionamento sviluppato a fumetti cominciato nel 2018 con “Dove non sei tu”, poi con “In alto abbastanza” (2021) e ora con “La forma che mi hai dato”. Tutti usciti per Coconino Press. Un ragionamento, si diceva, che sposta le questioni dell’oggi in un tempo futuro e in un contesto fantascientifico dove, attraverso storie agite da giovani protagonisti, Lorenzo Ghetti mette in scena le dinamiche e i temi della costruzione delle identità individuali e collettive. 
Una sorta di trilogia, dunque, che tiene al cento l’adolescenza, le relazioni, gli affetti, i desideri, i corpi, l’immagine di sé, le costruzioni sociali, la tecnologia, l’idea di futuro. 


L’Isola, in cui ci porta con quest’ultimo racconto, è divisa in due parti separate e in tutto e per tutto diverse: c’è un fuori e c’è un dentro. Tra loro c’è un confine che non deve essere attraversato. 
Fuori vivono gli Esploratori, il loro spazio è aperto, connotato da una specie di super esposizione alla luce, i colori sono caldi e accesi e vanno dal giallo all’arancio al rosso. Uno spazio brulicante di corpi celati, quasi del tutto coperti da stole, veli e stracci. Dentro vivono gli Esemplari, in una torre alta e algida: le loro vite sono regolate da una ferrea e gerarchica disciplina, comunicano tra loro in maniera funzionale. Il loro spazio è chiuso, colorato con colori freddi che vanno dal blu al verde. Gli Esemplari indossano tute aderenti che evidenziano la forma dei corpi, perfetti nella loro “normalità”. 


Al centro della storia, al centro esatto del libro, scopriamo il Motore, un nucleo centrale che dà forma all’intero sistema sociale come ai singoli abitanti dell’Isola: un nucleo piatto, tondo, bianco, perfettamente vuoto, uno spazio che si legge per sottrazione in una doppia pagina densa di cavi, elettrodi e varia tecnologia. Quando i primi coloni arrivarono sull’Isola erano un unico equipaggio e furono gli Esploratori ad allontanarsi per primi dal Motore. I loro corpi mutarono a contatto col nuovo ambiente. Da quel momento l’esigenza primaria, per gli uni come per gli altri, sarà quella di preservare la normalità originaria. Gli Esploratori lavoreranno al servizio degli Esemplari per nutrirli e difenderli da eventuali e fantomatici attacchi esterni all’Isola. Gli Esemplari vigileranno sulla propria normalità tenendosi alla larga dal contatto con l’esterno. Un rito ciclicamente ripetuto, la “cerimonia del corpo”, servirà a rinsaldare il legame con la forma originaria dei corpi esemplari, quelli giusti. Nessun dubbio, nessun interrogativo, nessuna eccezione sarà ammessa. Nessuna rivolta. Nessun affetto dovrà mettere in discussione lo status quo. Ciascuno al suo posto, ciascuno schiavo della perfetta normalità, posseduta o anelata. 
Il passato, l’origine, diventerà l’unico motore del futuro. 


Ma… 
È davvero possibile vivere perché nulla cambi? Cosa è normale e cosa non lo è? Chi è il nemico e di chi lo è? Cosa fa di uno schiavo, uno schiavo e di un padrone, un padrone? Esiste una purezza contrapposta alla contaminazione? Cos’è che tiene insieme una società? E cosa tiene insieme un’identità? Le storie di Lorenzo Ghetti sono sempre generative di domande alle quali fortunatamente l’autore non dà risposte univoche. Ci pensa la storia stessa ad esplorare eventi e conseguenze. In questa storia arriveranno due personaggi: Mari, una Esemplare che tempo prima aveva deciso di abbandonare l’Isola e Figura, la cui forma non assomiglia a quella di nessuno, o meglio, può somigliare a quella di tutti perché può diventare come chiunque voglia che lui/lei sia. 


Mari è colorata in scala di Grigi. Figura è dello lo stesso bianco del Motore. Sono loro i personaggi che ci portano nella parte più enigmatica e ricca della storia: Mari ha cercato il coraggio di andare a guardare oltre l’Isola al di là delle forme date e conosciute; Figura non ha una forma propria ed è la capacità di totale contaminazione, il vuoto che può trasformarsi in ogni pieno. La forza del coraggio e la forza della trasformazione saranno deflagranti ed apriranno alla possibilità di un nuovo futuro: una nuova “coppia originaria”, se così possiamo dire, attraverserà un mare giallo e si inoltrerà fuori dalla pagina, nel mondo sconosciuto. 
Insomma una storia ricca di una complessità che trova corrispondenze nei contenuti come nella forma grafica: la scelta dei colori che identificano i personaggi e i contesti, la ripartizione delle vignette che crea un ritmo ogni volta diverso anche nel senso di lettura. Particolarmente interessante è il ragionamento grafico sulle forme geometriche: il cerchio che già appare in copertina ritagliato nella sovracoperta è inscritto sia in un quadrato che in un poligono. Anche la successione dei capitoli è segnata da forme geometriche inscritte in un cerchio: per il primo capitolo vi è solo una retta, per il secondo le rette diventano due incidentali, al terzo si chiuderanno in un triangolo e via via fino a costruire, capitolo dopo capitolo, un poligono con un numero sempre maggiore di lati… che nell’ultimo capitolo disegneranno un cerchio. Pure al centro del petto di Figura c’è un cerchio, vuoto, che con l’andare della storia, con l’avvicendarsi degli eventi sarà segnato, ogni volta di più, da rette che ne disegneranno spicchi. 
Trasformazione, conflitto, complessità, alterità, futuro. 


Una storia che scandaglia, su diversi piani, la costruzione dell’identità individuale e collettiva, il ciclo innovativo delle nuove generazioni e il conflitto che ne deriva, la potenza della ricerca interiore e della sperimentazione. Il tutto in uno scenario distopico, a cui Lorenzo Ghetti ci ha abituato già nei due titoli precedenti, caratterizzato da un segno grafico arrotondato che riesce a tratteggiare personaggi e ambienti familiari eppur futuristici. 
La ricchezza delle metafore, la molteplicità dei punti di vista, lo spessore dei profili individuali, la contrapposizione -niente affatto semplificata- tra individualità e normatività, la costruzione grafica del racconto che incastra vignette che zoomano e vignette che allargano lo sguardo con grande libertà nell’ingombro della pagina, l’originale utilizzo dei balloon, sono gli aspetti che, insieme agli altri che la sensibilità di chi leggerà potrà ritrovare, rendono questa graphic novel molto interessante e adatta alla lettura e alla riflessione di lettori e lettrici a partire dai 14 anni. 

 Patrizia 

 “La forma che mi hai dato”, Lorenzo Ghetti, Coconino Press - Fandango 2025 


lunedì 9 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL CONFINE

La ragazza pesce, Søren Jessen (trad. Eva Valvo) 
Camelozampa 2025 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dagli 8 anni) 

"Frede allunga la mano verso la scatola di biscotti. 
'No, adesso basta' dico tirando la scatola a me. Non dobbiamo fare lo stesso errore dell'aranciata. I primi tempi ne abbiamo bevuta troppa. Non pensavamo di rimanere soli così a lungo. Ma ormai non possiamo farci più niente. Ci accontenteremo dell'acqua. Di quella ce n'è ancora un sacco. 
'Quando tornano mamma e papà?'." 

Sono in casa da soli, fratello e sorella. Da giorni. Hanno un po' di scorte con loro. Ma non più molta roba. Senza corrente, con un generatore che non parte. Segregati in casa perché fuori c'è solo acqua: piogge infinite e il mare in tempesta che ha sommerso tutto. La loro casa, costruita in cima alla collina, sembra resistere. Ma per quanto? 
Questo è quello che c'è all'esterno. 
Ma invece all'interno della loro casa qual è lo scenario? Sotto il tavolo da pranzo, un rifugio nel rifugio, ammesso che la loro casa possa essere considerata un un luogo sicuro, il piccolo Frede sta giocando con i suoi animali giocattolo, le sue macchinine e Bruto, il brachiosauro del cuore.


Il suo gioco ha qualcosa di apocalittico: macchine che fanno incidenti a catena, l'enorme pupazzo di Bruto che piomba sugli altri inermi animali della fattoria... Poi arriva l'ora di cena, scatolette dalla dispensa, che la sorella prepara sulla bombola a gas, sperando che lui mangi. Frede è troppo magro per la sua età, lo dice anche il dottore, e poi spesso ha crisi in cui l'unica cosa che riesce a fare e sbattere la testa contro il muro o il pavimento. Ma adesso sembra tutto sotto controllo. Poi arriva l'ora di andare a dormire nel lettone, adesso vuoto, perché mamma e papà non sono lì a occuparlo. 
Ma quando tornano?... 

Quel grande azzurro e tutta quell'acqua che attraversa e riempie l'intero racconto ricorda quello di un'altra storia: Il sogno del Nautilus scritta da David Almond e illustrata da Dieter Weissmüller. In entrambi i casi siamo davanti a due scenari sottomarini e soprattutto postapocalittici. 
Il mondo intero è sprofondato negli abissi. Il Tower Bridge è attraversato dai delfini nel Sogno del Nautilus, qui i banchi di pesce azzurro attraversano quando il semaforo è verde. 


Ma a parte questa somiglianza negli scenari sottomarini, con una qualità di segno che li distanzia, e una varietà di linguaggi che Jessen persegue anche a scopo contenutistico, al contrario di Weissmüller, che resta molto più fedele al canone classico dell'albo illustrato. 
La varietà e la maturità di Jessen nel saper dosare testo e immagine, nel saper decidere chi far parlare con voce più alta, di pagina in pagina, se l'immagine o il testo (o ancora come disporli reciprocamente nelle pagine) è forse la qualità che per prima colpisce. Un bel contrappunto nelle prime pagine con il disegno di un mare in burrasca e solo poche parole che rassicurano e raccontano di una tranquillità casalinga (anche i biscotti di mamma sono citati).
Ma non posso negare che è altro quello che mi interessa mettere a fuoco. 
 Da un lato, il rapporto tra fratello piccolo e sorella grande che se ne prende in carico la cura. 
Immediatamente dopo mi pare interessante che i genitori non ci siano e punto. Non sono morti, molto semplicemente non sono lì con i due bambini. Nessuna spiegazione in merito, solo il vuoto che hanno lasciato nelle loro vite. Per sempre? Per un po' di giorni? Non è dato saperlo 
Ecco, il non sapere, o meglio il non dire è l'altro pregio nella scrittura di Jessen. 
Talvolta si dilunga, ma più spesso tace su un sacco di questioni e richiede ai suoi lettori uno sforzo immaginativo non indifferente. In questo caso c'è da capire che cosa effettivamente stia capitando in quella porzione di mondo, e ulteriormente ciò sta capitando solo in quell'isoletta o coinvolge l'intero pianeta? Da quanto sta succedendo quello che sta succedendo? Libertà di interpretazione quasi assoluta per il lettore. 
Lo stesso finale, su cui si deve necessariamente tacere, avviene nell'assoluto silenzio del testo.
Solo un suono ci guida. Bella idea. 
Nella stessa relazione tra fratello e sorella si percepiscono piccole sfumature emotive che ci permettono di ipotizzare che questa ragazzina stia - suo malgrado - provando a gestire una situazione molto più grande di lei e che cerchi di farlo al meglio, provando a mantenere salde le poche cose che legano entrambi alla vita di prima: le loro abitudini. 
E qui entra in gioco un'altra qualità di questo racconto, ossia la costruzione della relazione tra fratelli che, qui davvero esasperata dalle contingenze, resiste ad ogni pressione. Si percepisce con chiarezza che la maggiore sta cedendo, ma decide e sa che non deve mollare, e che il piccolo, per parte sua, dimostra di essere capace di fermarsi sempre a un passo dal diventare ingestibile. 


Sono magnifici nel loro fare 'pacchetto di mischia' di fronte al grande problema che entrambi hanno al momento. Per questo sono stati capaci di costruirsi un loro ménage alternativo a quello che dovrebbe essere quello consueto. 
Sullo sfondo un grande non detto, ossia il senso di privazione. E non solo quello dato dall'assenza dei genitori, ma anche di tutto il resto: dal cibo all'energia elettrica (ricorda qualcosa?). 
Quante e quali sono effettivamente le cose di cui non è proprio possibile far a meno per sopravvivere? beh, su questo ci sarebbe un monte di cose da dire. E un monte di esempi da portare. 
E così in qualche modo si ritorna al punto di partenza, ossia a quella commistione di assolutamente straordinario e di altrettanto assolutamente quotidiano che convivono sulle pagine dello stesso libro, della stessa storia. Quanto è sottile questo confine? 
Verrebbe da dire grosso quanto lo spessore di una parete ed esile quanto la sottigliezza di una finestra...

Carla

venerdì 6 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

TOM DE SAVOIE

Pesce Chiappa
, Pauline Pinson, Magali Le Huche (trad. Odile Ribaldi Sánchez) 
La Nuova Frontiera Junior 2025 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

"Pesce Chiappa sembra un sedere. 
Glielo dicono tutti. Pesce Chiappa non sa cosa rispondere. È vero che la sua faccia ricorda un sedere. Decide così di fare delle puzzette con la bocca. I suoi amici si divertono un mondo e smettono di prenderlo in giro. 
Ma dopo un po' Pesce Chiappa non ha più voglia di essere divertente, vuole solo essere normale." 

E così decide di andarsene altrove e parte in esplorazione delle grandi profondità marine. Tanto più giù va, tanto più trova pesci molto strani: pesci imbuto, pesci chiave inglese e persino un pesce fontina. Con lui però è diverso: è amicizia a prima vista. Se era curioso avere la forma di un sedere, figuriamoci averne una da fetta di formaggio valdostano. 


Damien e Steven, rispettivamente Chiappa e Fontina, giocano a palette: una sorta di tennis subacqueo e Steven, che ha un sacco di abilità, ne insegna parecchie a Damien; come scrivere sulla sabbia del fondo marino con la coda o fare musica con le conchiglie. È tutto un grande spasso fino al momento in cui una rete di pescatori li tira a secco...Ma il fatto di essere così 'brutti' si rivela una fortuna perché immediatamente vengono rimessi in acqua dal pescatore che li guarda disgustato. La vita in fondo al mare è davvero piena di belle sorprese, compresa quella che capovolge, nel senso più letterale possibile, il punto di vista... 

Un successo editoriale inaspettato quanto grandioso: 50.000 copie vendute, nove paesi ne acquisiscono i diritti e in Italia arriva con La Nuova Frontiera Junior. Alla fiera di Bologna molti ne parlano e infatti sparisce all'istante dai tavoli degli stand...


Un fenomeno che potrebbe spiegarsi con il fatto che nel realizzarlo sono successe alcune belle cose. 
La prima delle quali è la grande intesa che c'è fra quelle due monelle di Le Huche e Pinson. Hanno già collaborato più volte su libri come Non sono stato io, è stata la balena (Tourbillon 2014) e La famiglia Cacca (Tourbillon 2014), gli unici due arrivati fin qui. Gli altri sono francesi. 
Entrambe condividono il modo di concepire le storie per bambini: entrambe sono lì a cercare di farli ridere e nello stesso tempo di mettere su pagina cosette anche più profonde che li possano toccare. L'altra bella cosa che succede riguarda gli adulti: il libro - almeno in francese -  gioca e allude. Una per tutte: il nome Steven che in italiano è divertente, ma vabbè, in francese è invece Tom de Savoie, che parlando di formaggi, fa molto più ridere ed è un magnifico gancio per conquistare l'acquirente, ammesso che ami il camembert (in Francia) o la fontina (in Italia)! 


E in tutto questo gran ridere vediamo prima un pesce da solo che decide di non stare più al gioco che gli altri esigono da lui per divertirsi e tenerlo dentro il gruppo e poi vediamo l'incontro con un altro pesce appartenente alla categoria degli 'scartati' dalla società. 
Addirittura il pescatore li ritiene inguardabili e quindi invendibili. Inutile tirarli a secco.
Questo dettaglio, se ben utilizzato, diventa per i due nuovi amici una risorsa. 
E ancora, tra una risata e l'altra, vediamo come cambia il punto di vista di Damien che, al principio, sulla scia di quanto dicono i suoi vecchi amici, considera il pesce Fontina effettivamente brutto, salvo poi ricredersi quando lo conosce più a fondo e smette di vederne solo l'aspetto esteriore. 
Naturalmente il grande successo, è inutile girarci intorno, dipende dal fatto che nel titolo e per tutta la storia si ruota intorno a un sedere. 
Splende in copertina, in tutto il suo rosa su fondo nero e fin dal principio la storia cerca spunti riguardo a tutto quello che un sedere può fare, puzzette annesse. 
Però però pero. Le due non sono nuove a cavalcare questa tigre, ma lo fanno con un garbo tale che anche al lettore più smaliziato non viene in mente che si tratti di una strizzatina d'occhio ai lettori, fin troppo facile. Lo si capisce nel momento in cui tanto più va in profondità (in senso latto e letterale), tanto più il pesce chiappa esce dallo stereotipo, fino ad arrivare al climax (preparato a dovere con la sequenza di pesce gatto, sega, pilota, lanterna, imbuto e poi chiave inglese) rappresentato dal pesce fetta di fontina. 
Ed ecco che qui arriva l'altra grande qualità del libro, ossia il disegno di Magali Le Huche. Alle tavole corali, spesso doppie si alternano brevi e concitati dialoghi a fumetto tra i protagonisti, oppure piccole scenette sul bianco della pagina. 


Ma per togliere ogni dubbio circa la sua bravura, basta osservare la fetta di fontina al cinema...
Vedere per capire! 

Carla

mercoledì 4 giugno 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

ALTRO CHE PARADISO TERRESTRE! LA CREATIVITÀ DELLA CREAZIONE 


È appena (ri)uscito per Mondadori questo volume che raccoglie trentadue racconti di Ted Hughes originariamente pubblicati in tre libri separati da Faber and Faber tra il 1963 e il 1995: How the Whale BecameTales of the Early World e The Dreamfighter e poi arrivati in Italia con Emme, nel 1981, e quindi con Mondadori nel 1992.
Si raccontano i giorni della creazione: quello che nella Genesi accade tra il quinto e il sesto giorno in maniera perfetta e definitiva, qui si dilata in una quotidianità brulicante di fatti e fatterelli che raccontano come ciascun essere vivente divenne ciò che oggi è; come è andata quando tutto cominciò. 
Gli esseri viventi “non avevano idea di cosa sarebbero diventati” e dio era impegnato a dare vita ad esseri di ogni sorta, dando prova di infinita ed ingovernabile creatività. Ingovernabile la sua creatività ed altrettanto ingovernabile il creato. Per esempio, la Balena. 
Lei spunta nell’orto di dio come un ortaggio sconosciuto allo stesso creatore che, curioso di vedere cosa ne sarebbe venuto fuori, lo lascerà crescere. Ma l’ortaggio cresce e cresce raddoppiando e triplicando ogni giorno le sue dimensioni. Sai dirmi che razza di creatura sei? Lo sai o no? le chiederà. E lei: Sono la Pianta Balenina. Avrai sentito nominare la Rosa Canina e l’Erba Viperina. Bene, io sono la Pianta Balenina. La pianta balenina rischiava di ricoprire tutta la terra così dio raduna gli animali e dopo tre giorni di consultazioni, tra i suggerimenti di tutti, e con una presa in giro bella e buona, la pianta balenina fu sradicata e gettata in mare contro la sua volontà, con la promessa che un giorno, forse, sarebbe riuscita a tornare nel suo orto. 
Se nella Genesi il soggetto è il creatore, in questi racconti lo spazio dell’azione è condiviso: il creatore e il creato interagiscono alla pari. Alcuni esseri viventi, come si è visto per la balena, arrivano al mondo in completa autonomia. Un interessante punto di partenza per raccontare un divenire piuttosto caotico e assai divertente. Nessuna idea di perfezione, né di compiutezza traspare da questi racconti: il creatore è piuttosto un artigiano puntiglioso ma anche distratto, saggio ma a tratti ingenuo, onnipotente e allo stesso tempo sopraffatto egli stesso dalla creatività del creato. Ne vengono fuori dei racconti parecchio fantasiosi in cui gli esseri viventi si affannano a trovare il loro posto nel mondo. 
C’è quello che sarebbe diventato un cane selvatico, che però voleva tanto essere un leopardo, e lo seguiva e lo imitava in modo da diventare come lui. Ma alla fine di un lungo ed inutile apprendistato, sempre alle calcagna del leopardo, riuscirà soltanto a diventare la iena, che del leopardo mangia solo gli avanzi. 
Oppure l’asino, che voleva diventare Ogni Animale, e si esercitava a diventare ora l’uno, ora l’altro, e pure quando l’uomo lo assume per tirare l’aratro, l’asino pensa di allenarsi mentalmente durante le ore di duro lavoro. Presto si accorse di essere molto bravo a fare ciò. Poteva immaginare per ore e ore di essere tutti gli animali che desiderava (uno Stambecco, per esempio, che spicca salti tra le nuvole di balza in balza, o un Salmone che risale l’impetuosa corrente dei fiumi) soltanto nella sua testa. Per poi adattarsi ad essere proprio e soltanto un asino. “Dopo un po’ che gli animali erano sulla Terra, cominciarono a stancarsi di ammirare gli alberi, i fiori e il Sole e presero ad ammirare se stessi. Ogni animale era sempre più desideroso di essere ammirato e impiegava ogni giorno una parte del suo tempo a farsi bello. 
Ben presto cominciarono a tenersi delle gare di bellezza. 
Qualche volta il primo premio lo vinceva la Tigre, qualche volta l’Aquila e qualche volta la Coccinella.” Furbizia, vanità, invidia, solidarietà, vanno a comporre un universo parecchio rassomigliante al mondo degli umani. 
Quando il Gufo divenne Gufo, la prima cosa che scoprì fu che riusciva a vedere di notte. La seconda cosa che scoprì fu che nessun altro uccello ci riusciva. La terza cosa fu che trovò presto un modo per gabbare i suoi simili e poterseli mangiare a piacimento variando la dieta di topi, ratti e scarafaggi che gli erano toccati fino ad allora. Certo il suo piano dopo un po’ fallì, ma lasceremo ai lettori i dettagli di questo struggente racconto. 
L’Uomo e la Donna, anche loro vengono creati: l’Uomo con estrema facilità: Dio si limitò a plasmare l’argilla, ci soffiò dentro la vita e oplà! l’Uomo ne è saltato fuori, bello che pronto. Dopodiché non gli restava che fare la sua migliore metà. Dio si impegnò molto e fu compiaciuto di averla creata perfetta. Ma, ecco il problema! Non riusciva a soffiarle dentro la vita. Lei era lì, ancora calda nelle mani di Dio, perfettamente plasmata. Molto più perfetta dell’Uomo. Ma ancora senza vita. Lo sconforto di dio era grande ma quello dell’uomo si era tramutato presto in una crisi isterica: come poteva vivere infatti senza la sua migliore metà? (hi! hi! hiI! ndr). L’operazione si rivelava davvero impossibile tanto che dio chiese aiuto con un proclama da pubblicità: Ricompense divine per chiunque riesca a far vivere la Donna! 
Sarà la mamma di dio a trovare la soluzione: con precise indicazioni che coinvolgeranno in primis la luna, verrà alla luce un bambino umano e a custodirlo sarà posta una terribile tigre che spaventerà lo stesso onnipotente, come se quel bambino umano che aveva preso vita senza il suo soffio vitale fosse troppo per lo stesso dio. Non mancano i buchi neri, un Poltergeist, un demone responsabile della nascita dell’ape e certi alieni che si mascherano da incubi e che si insinuano nell’orecchio di dio togliendogli il sonno. 
Siamo di fonte a un’opera complessa che presenta molteplici livelli di lettura utilizzando una lingua piana e ariosa, facilmente godibile da orecchie piccole e curiose. Una lingua capace di mostrare caratteri e paesaggi di un mondo che risulta allo stesso tempo primitivo ed attuale. Racconti di metamorfosi che hanno molto a che fare col mito e ben poco con la ricerca della perfezione. 

Patrizia 

 “Com’è nata la balena e altre storie”, Ted Hughes, trad. Riccardo Duranti, ill. Fabio Visintin, 
Mondadori 2025 
 

martedì 3 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA NOSTRA ADORATA ADA 

Ada e le formiche nella pancia, Stefanie Höfler, Philip Waechter 
(trad. Anna Patrucco Becchi) 
Uovonero 2025 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni) 

"Ada non capisce proprio perché dovrebbe mettere per forza la testa sott'acqua! 
Ci sono molti animali che non lo farebbero mai, cavalli, mucche maiali, asini. I gatti preferiscono stare lontani dall'acqua in generale, i cani nuotano con la testa fuori dall'acqua e l'insetto pattinatore cammina addirittura sulla sua superficie. E le anatre ci si immergono solo brevemente, quando vogliono mangiare le alghe. 
Ada non ha per niente paura dell'acqua. 
Soltanto che non vuole stare con la testa sott'acqua!" 

Come di solito accade nella vita dei bambini tedeschi, e Ada è una bambina tedesca, l'apertura della piscina scoperta, segna un momento di cambiamento. 
Segna l'arrivo dell'estate. 
Nel caso di Ada, non un'estate qualsiasi, ma quella di passaggio dalla scuola materna alle elementari. Finisce l'inverno, la pioggia, la scuola è agli sgoccioli e anche le solite routine lasciano il posto ad alcune novità, al gioco all'aria aperta e a quel meraviglioso periodo che si chiama vacanza. 
Il tempo non è ancora molto stabile: alle giornate di sole si alternano ancora quelle un po' nuvolose, e talvolta arrivano improvvisi anche i temporali. 


Ma poi spunta di nuovo il sole. 
Ecco, questo è quello che sta anche un po' succedendo nella vita di questa bambinetta di sei anni, alle soglie della scuola elementare: momenti di assoluta felicità si alternano a momenti un po' più scuri o a situazioni un po' fastidiose come lo è, per l'appunto, la pioggia. O ancora a momenti un po' burrascosi e non previsti, come lo sono i temporali. 
Questo è il racconto di quei mesi, un po' ai bordi della vasca, un po' ai bordi della vecchia scuola e di quella nuova, un po' in casa, un po' da sola, un po' con la sua amica del cuore Laila, spesso con il fratello più piccolo Max, con la sua mamma e con la sua nonna che non sta sempre alle regole, ride come un motorino e le regala una gallina per il compleanno, con Paul, un amico di mamma, che suona il violoncello e che ha scommesso che lei entro l'estate avrebbe messo la testa sott'acqua... 


Le cose belle che succedono in questo libro sono queste. 
La prima è l'idea di raccontare, usando la metafora meteorologica, un paio di mesi della vita di una ragazzina. Vita che non è sempre soleggiata, serena e senza improvvisi rovesci... 
Attraverso il racconto di singoli episodi della sua vita quotidiana conosciamo, guardandoci attraverso, i membri della sua piccola famiglia, mamma, nonna, Max, Paul, la sua ristrettissima cerchia di amicizie, Leila, Amina e Linus e un paio di maestre che ne stanno curando il transito da una scuola all'altra. 
E soprattutto conosciamo le relazioni interpersonali che tengono insieme questa piccola comunità.
Capiamo subito che Ada è una bambina dalla spiccata personalità. 
Conosce piuttosto bene se stessa (ma anche tutti gli altri, tranne uno), sa fare i conti con i suoi limiti e sa mettere in campo i suoi punti di forza, come per esempio l'affidabilità e una buona dose di pazienza nei confronti del fratello. 
Come tutti i bambini, è agitata da sentimenti, forti ed emozioni che la scuotono e non la lasciano mai indifferente. 
E' leale, generosa, attenta, ma non sempre i suoi pensieri si possono definire edificanti, ma sempre autentici. 


Ed è qui che accade la seconda cosa bella. Ada non è perfetta, ma ha il coraggio di ammetterlo. Fa sbagli, sapendo di farli. Accetta le sue parti più oscure e impara a misurarsi con esse. 
Ovviamente di tutto questo dobbiamo essere grati a Stephanie Höfler che è stata in grado di disegnare un profilo di bambina in cui non è difficile riconoscersi, anche a molti anni di distanza dalla propria infanzia. 
Come accade in questi casi, ossia quando si può parlare di una buona onestà intellettuale, è perché chi scrive, ossia un adulto, ha saputo andare a pizzicare corde interiori che suonano con egual forza, tanto nella propria sfera emotiva quanto in quella dell'infanzia. 
E ancora. E siamo a tre: la struttura narrativa e il suo dialogo serrato con le immagini di un Waechter davvero ispirato. 
I brevi racconti funzionano come un puzzle e le illustrazioni ne determinano il profilo ogni volta differente, e quindi l'incastro perfetto in un preciso punto e non in un altro. 
La cosa che succede: spesso e volentieri il testo lascia in sospeso la questione che, invece, attraverso il disegno si chiarifica. La soluzione fumettistica che Waechter adotta per chiudere 'in bellezza' l'episodio L'unicorno con gli occhiali e la sua relativa restituzione al legittimo proprietario è uno dei diversi esempi. O ancora la tavola che chiude, anche questa volta 'in bellezza', l'episodio Max è morto! 


O ancora la personificazione dell'anima: una delle diverse questioni complesse che torna più volte. O il magnifico quanto piccolo disegno che riassume ciò che le parole avrebbero reso forse troppo mieloso nel finale di Non sono stata io! 
Da leggere e guardare con attenzione, senza se e senza ma. 

Carla 

Noterella al margine. A proposito di attenzione. Un po' di cose che si potevano togliere: le righe finali di alcuni capitoli che sono lì a spiegare cose che il lettore ha già molto ben chiare. Un pugnetto di refusi, e almeno un paio di verbi che stridono con il buon italiano e il buon senso...

venerdì 30 maggio 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL GIOIELLO 

Lo scheletro nell'armadio, Lilija Berzinska, Anna Vaivare 
(trad. Rita Tura, Margherita Carbonaro) 
Iperborea 2025 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dagli otto anni) 

"Allora non ci sarebbero stati né il fresco venticello primaverile né il caldo torrido e odoroso di fieno dell'estate. Lollo Mollo non avrebbe potuto arieggiare la casa e lo scheletro sarebbe rimasto nell'armadio per un altro anno. 
Questi pensieri gli fecero venire mal di pancia. Bisognava fare le cose per bene e tirare fuori lo scheletro dall'armadio, proprio come ogni anno. Eppure l'ansia continuava a graffiargli il petto. E se la primavera fosse arrivata dappertutto tranne in quel posticino solitario, lasciandolo immerso nell'alito gelido e ostile dell'inverno? Cosa avrebbe fatto?" 

La questione è complessa. Lollo Mollo ogni anno si prefigge questa incombenza: tirare fuori l'armadio da casa, pesante e scomodo, ma con le fette di patata sotto le zampe ce la fa, e dopo averlo caricato sulla carriola, arrivare sulla collina isolata e solo lì tirare fuori lo scheletro dall'armadio per spolverarlo a dovere, togliere gli eventuali ragni che si sono annidati tra le costole, mettere due palline di antitarme nell'armadio (non si sa mai).
Tutto questo richiede una bell'aria di primavera un bel sole, una collina isolata, appunto, dove nessuno lo veda. 
Questa incombenza va svolta in assoluta solitudine: è sempre stato così e così sarà per sempre. 
Ma quella mattina tutti i segnali, compreso l'entusiastico vociare di Gracchio che annuncia in giro la primavera, confermano che il sole e il caldo sono arrivati. 
Si può procedere. 
Portata a termine la consueta procedura, Lollo Mollo si siede soddisfatto e comincia a pensare quando quello scheletro era apparso per la prima volta nel suo armadio... E mentre è lì che pensa si chiede anche che cosa sarebbe potuto succedere se gli altri abitanti del bosco avessero saputo del suo scheletro nell'armadio... Certo potersi confidare gli sarebbe piaciuto, ma come farlo? E gli sarebbe anche tornato utile che gli altri gli dessero una mano nel trasporto dell'armadio. Ma no! 


La cosa migliore era continuare a conservare il proprio segreto. E mentre lo pensa, temendo la pioggerella primaverile, si sincera che nessuno sia in vista per ricaricarsi l'armadio e rimetterlo a posto in casa. Con lo scheletro dentro. 
Intanto Occhiolungo e Gracchio, non lontano da lì, decidono di non andare al mare perché se Lollo Mollo ha rimesso dentro l'armadio con il suo scheletro, vuol dire che la pioggia sta davvero per arrivare... 

Se un libro di racconti (il genere e passo narrativo che amo di più) esordisce così, con un piccolo gioiello perfetto, da lì in poi la voglia di proseguire nella lettura schizza a mille. E infatti è quello che accade. Due parole sul gioiello. 
Molto giusto che dia il titolo all'intero libro, se lo merita. 
Il ritmo pacato. 


La scrittura esatta al millimetro. 
L'ambientazione che è quella di un gruppo di case tra bosco e mare, tra fiaba e realtà. 
Ed è un contesto che ricorda molto quello di altri potentissimi libri: il migliore tra tutti, Lettere dal bosco di Tellegen. 
Il gioco linguistico che dà l'avvio all'intero racconto e che ne costituisce l'ossatura, lo riempie di una sana follia. Lo scheletro nell'armadio è contemporaneamente metaforico e letterale e su questo si regge l'intero dialogo tra i due significati e di fatto l'intera storia. Bella idea, non l'unica. 
La piacevolezza della lingua delle due traduttrici lo illumina possibilmente ancora di più: una lingua curata, parola per parola. 
Il colpo di teatro finale che ti lascia lì, stupito, sorridente e intenerito. 
Da qui in poi, tutto quello che viene dopo questo gioiello iniziale. 
Siamo piombati nel mezzo di una piccola comunità pacifica di animali diversi - e alcuni piuttosto inconsueti - e una ragazzina, di nome Sipriki, che vale uno come tutti gli altri. 


Vivono insieme, condividono con grazia e gentilezza lo spazio e il tempo comuni. 
Non tutti loro agiscono all'unisono. Ci sono storie a due, per esempio quella di Leprotto e Lupo di mare (!) - sono io che stravedo o potrebbe essere una allusiva declinazione del mito della donna foca? Ci sono storie più corali in cui si impara a conoscere la personalità dei singoli protagonisti. Alcuni di loro portano nel nome la loro fragilità: Goffofredo o Sperperina, per esempio. 
E alla fine, letti tutti e nove i racconti, è possibile avere una visione di insieme che tanto da vicino ci riguarda in quanto razza umana. 
Questo attesta che l'intero libro può essere letto come collezione di racconti oppure come piacevole trattatello di filosofia. 
In questo diffuso e generale stato di grazia, grandi domande attraversano le singole storie: Stridulone che non vuole lasciar andare la giornata perfetta. L'inadeguatezza di Farfalla che, per la sua ala a cui manca un pezzetto, non si sente vera e completa...Riccio e il suo problema di misantropia, o Pigolino non proprio convinto che nella vita il traguardo sia tutto.... 
A ben vedere si tratta di grandi questioni che si pongono, tra gli altri, un gatto, Occhiolungo, un corvo, Gracchio, un lumacone, Lollo Mollo, un leprotto, Leprotto, un lupo, Lupo di mare... 


E poi c'è lei: la traduzione, ossia la lingua scritta che tutto tiene insieme. 
Studiata e limata per essere perfetta nel suo essere rispettosa dell'intreccio fittissimo di doppi significati, di allusioni lessicali. 
Tanto per dire: la brillante scelta dell'onomastica dei singoli personaggi è un raffinato lavoro di cesello, che in un gioiello, appunto, ci sta perfetto. 
Libro necessario, da tenere stabile per mesi o anni sul comodino, per leggerlo e rileggerlo ogni sera, prima di fare bei sogni. 

Carla

mercoledì 28 maggio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

SI POTREBBE DIRE RADICI 


Stufo di stare nell’angolo della classe dove ha aiutato generazioni di bambini e bambine nello studio dell’anatomia umana, ormai vecchio e malandato, lo scheletro della scuola decide di andare in pensione. È la maestra ad accorgersi che qualcosa è cambiato e a telefonare al vecchietto per proporgli la bizzarra adozione. Così, dopo aver aggiustato la macchina, il vecchietto va a prendere lo scheletro, lo porta a casa, riattacca con il fil di ferro quasi tutte le ossa che la scuola gli ha consegnato. Poi, insieme alla vecchietta lo vestono e gli danno un nome: Martin. 


Anche se potrebbe sembrare strano a qualcuno, Martin lo scheletro entra piano piano a far parte della vita quotidiana dei vecchietti: a volte, è lui a entrare in casa con loro, altre sono loro a raggiungerlo all’aperto. Nella cucina estiva, poi, lo scheletro ha una sua poltrona, un tavolino e una tovaglietta di pizzo. E in inverno, una morbida coperta. Non si può poi dire che Martin sia un tipo sedentario. Che dire ad esempio di quando ha fatto fuggire i ladri facendosi cadere la mandibola sulle ginocchia, oppure di come ha saputo consolare il vecchietto per la vergogna di aver scambiato dentista e barbiere. E alla potatura dei meli, quando la vecchietta è sempre agitata? Martin era lì, con lei, a gettare i rami tagliati nel fuoco fissando le fiamme alte. 


Martin, Martin, Martin. Martin dappertutto. Sullo slittino e in sauna, nella vasca da bagno e pure nella favola della rapa. Chi ha aiutato i nipotini quella volta dei mostri notturni? Chi ha tenuto il cesto di funghi che la vecchietta non era riuscita a riempire per via dello gnomo dei boschi? Chi era con lei per risolvere la faccenda della scimmia di neve? 


Forse per questo, il vecchietto ha cominciato a desiderare di avere Martin con sé anche nella tomba. Forse è stato proprio per questa convivenza quotidiana, assidua, fatta di minuzie e piccole attenzioni scambievoli - coperte sulle ginocchia, tovagliette di pizzo, favole della buonanotte – che quando la vecchietta è morta, Martin ha sentito il bisogno di essere consolato. Il vecchietto ha chiuso le braccia attorno alle ossa di Martin, facendolo quasi scomparire, mentre il vapore del tè al tiglio riempiva la stanza dello stesso odore che c’era quando lei era viva. Sembrava quasi che la vecchietta fosse li! Anzi, a guardar bene, la potevi sentire: di chi se non suoi i gesti replicati per ottenere la calda bevanda, lo stesso inconfondibile aroma? 


Tre i punti forti di questo (apparentemente) piccolo romanzo. 
In primo luogo la storia: una vicenda che nasce nel territorio dell’assurdo, apparentemente leggera, che si attraversa con umorismo, tenerezza e un pizzico di salvifica insensatezza, sfiorando temi e metafore importanti senza tuttavia mai toccarli direttamente. La presenza di uno scheletro che decide di andare in pensione, fatto di per sé straordinario, viene presto riassorbita – come succede con tutte le cose – da un quotidiano denso di piccoli gesti, accortezze e minuti presenti. 


Poi, le illustrazioni. Il bianco e nero dinamico e movimentato di una matita felice interrotto da dettagli e campiture di un fucsia (quasi) fluo: per suo mezzo l’attenzione viene convogliata su tutt’altro – il fazzoletto da testa, un gallo, una rapa, un pettine, ma anche parole, minuzie, cieli interi – e vengono disinnescate alcune inibizioni e schermature che spesso accompagnano la presenza di uno scheletro nella narrazione. 


Il terzo elemento è proprio lui: lo scheletro. Deposto il collegamento con le tematiche horror e Halloween, indebolito il legame quasi automatico che scheletro e ossa nude hanno con la narrazione frontale della morte, ecco che in questo testo è possibile fruire di alcune metafore forti che lo scheletro porta con sé e che spesso rimangono sullo sfondo del ragionamento. 


Che cos’è uno scheletro infatti? È una complessa struttura di ossa, robusta ed elastica, che permette al corpo intero di stare in piedi, camminare, correre, raccogliere i funghi e abbracciare. È un sostegno imprescindibile, tuttavia nascosto da strati di muscoli, pelle e vestiti, in ultimo fatto scomparire dalla sua presenza costante e comune. E se è vero che esso si palesa nella morte e nella decomposizione, quando tutto il resto scompare, è anche vero che – incredibilmente! – lo scheletro è sempre, sempre, sempre presente, sempre con noi, in noi, a rendere possibile e significativo ogni passo e ogni respiro. 


Martin, lo scheletro, è dappertutto. Martin, che ha passato la vita a mostrare il fondamento del corpo umano, perfeziona da queste pagine il suo insegnamento, allargando l’idea di corpo umano a quella di corpo sociale, superando l’idea dei legami familiari per approdare a quella di interdipendenza di ogni cosa. Le schegge di fucsia che esplodono qua e là sono illuminazioni che interrompono la conformità dei grigi e spalancano lo sguardo sulla struttura invisibile che sottostà ai gesti quotidiani, sulla sua pervasività muta e fondante Il bagno dei bambini, la raccolta delle lumache, le favole raccontate ogni volta in maniera un po’ diversa sono il corpus di gesti, consuetudini e usanze sotterranee che innervano, irrobustiscono, rinsaldano, sostengono: attraverso questo reticolo non passano solo gli affetti e i legami, ma l’intera esistenza acquisisce senso e coerenza.


Si potrebbe dire radici, scomodare la questione del passato, della memoria, della tradizione, se non fosse che è proprio sull’aspetto del tempo che il libro esplode: infatti se è vero che ogni gesto presente assume rilevanza in virtù del suo radicamento, è il fatto che avvenga nel presente, che possa avere significato unicamente nel momento presente, la vera meraviglia. Illuminante al riguardo è l’interdipendenza tra Infanzia e Vecchiaia, messa in luce nel rapporto tra vecchietta e vecchietto e nipotino e nipotina: non meri personaggi ma estremi senza nome con una precisa, eterna funzione: passarsi il testimone di una continuità che pur essendo circolare ha solo un punto per brillare. 
E forse, quando succede, ha proprio il colore fucsia. 

Giorgia

 “Martin lo scheletro”, Triinu Laan, Marja Liisa Plats, (trad. Daniele Monticelli), Sinnos, 2024


lunedì 26 maggio 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

PUNTARE IL DITO

Accadde a Salem
, Jonah Winter, Brad Holland (trad. Guia Risari) 
Settenove 2025 


ILLUSTRATI PER MEDI (dagli otto anni) 

"Potrebbe accadere ovunque, in qualsiasi momento. 
Sai di cosa parlo. 
Si inizia col mormorare delle cose su una persona, cose che fanno male, che sai che metteranno questa persona nei guai, cose false che pian piano, nella tua testa, diventeranno vere. 
E non lo fai di nascosto... Lo fai con la protezione del gruppo. 
Vi ritrovate e puntate il dito contro qualche malcapitato di cui ora avete l'assoluta certezza che se lo meriti, felici di non essere voi al suo posto..." 

Il gioco sta appunto nel non essere mai da soli, nell'accusare qualcuno. Se rimani nel gruppo di quelli che puntano il dito, ti sentirai al sicuro. Il gruppo ti protegge e nessuno quel dito lo punterà su di te. 
Questo è quello che accadde per esempio nel 1692 in un piccolo centro del Massachusetts: Salem. 


Due ragazzine cominciarono a dare segni di inquietudine: straparlavano e facevano gesti inconsulti. Crisi convulsive e grida e contorcimenti. Erano rispettivamente la figlia e la nipote del predicatore del villaggio, il reverendo Parris. 
Nessuno si spiegava cosa fosse loro accaduto. Anche i due dottori convocati non trovarono una vera ragione che spiegasse tutto ciò: il primo non riscontrò in loro nulla di fisiologico, mentre il secondo fu colui che piantò il seme da cui poi crebbe la pianta che sconvolse quella comunità: parlò di influenza malefica. 
La voce che corse da quel momento nel villaggio fece come il vento: qualcuno aveva colpito entrambe con un maleficio. Qualcuno, imputabile quindi del reato di stregoneria, avrebbe pagato. Ma chi? 
La prima a essere accusata fu naturalmente una schiava afroamericana Tituba, che sotto tortura decise di confessare il suo reato mai commesso. 
Il gioco al massacro era stato avviato. 
Il numero delle false accuse crebbe di giorno in giorno: era facile. Bastava puntare il dito contro una persona e dichiarare il falso. In molti lo fecero e nessuno si oppose. Solo uno si rifiutò di mentire, ma fu anche lui ucciso per questo. 
Nessuno, nella piccola comunità, si interrogò sull'eventualità che quelle ragazzine stessero mentendo e che le loro stranezze fossero costruite ad arte. Per loro avere finalmente così tanto potere in mano da poter esercitare sulle vite degli altri era un modo facile per arrivare ad avere una grande visibilità e attenzione, che in altro modo non avrebbero mai ottenuto. 
Una dopo l'altra furono condannate 19 persone. Numerose donne e diversi uomini furono processati per stregoneria e condannati all'impiccagione. 
Questa è la storia vera di uno dei più eclatanti esempi di follia collettiva. Non il primo e non l'ultimo. 

La cosa che succede in questo libro è l'intreccio di due discorsi, fatti al medesimo lettore. Anzi, i discorsi sono tre. 


Nel primo lo si mette in guardia. Nel secondo gli viene raccontata una storia vera. 
La storia vera è propedeutica al primo discorso sul pericolo che esiste ogni volta che si accusa qualcuno, lo si taccia di qualche colpa e lo si emargina e lo si addita e lo si esclude e poi lo si condanna.
La storia dei processi che hanno interessato la comunità di Salem sono un emblema di quello che oggi si chiama per convenzione 'caccia alle streghe'. 
L'intento di Jonah Winter è quello di raccontare come trecento anni fa sia davvero bastato pochissimo perché in una piccola comunità prendesse l'avvio e poi si scatenasse in tutta la sua violenza un vero e proprio fenomeno di frenesia di massa. E di come ci siano voluti ben più di tre secoli perché le figure di queste persone accusate di un reato di fatto inesistente - la stregoneria, la magia nera - fossero ricordate e riabilitate in un monumento e i loro nomi elencati, come quelli di vittime innocenti dell'ignoranza e della superstizione. 
Jonah Winter sente come imprescindibile il bisogno di connettere il passato al presente: e lo fa nelle poche righe iniziali in cui il lettore è chiamato dentro e nella domanda che chiude il libro. 
Il fatto che nei processi di Salem le prime accusatrici siano due ragazzine di nove e dodici anni, se da un lato è una patata bollente da mettere in un albo, dall'altra è assolutamente necessario a rendere il racconto modellabile sulla contemporaneità anche per chi quell'età e quel problema lo sta vivendo o facendo vivere ad altri.
Setacciare la complessità dei fatti che accaddero a Salem fino a farli diventare un concentrato che abbia un senso per dei piccoli lettori è stata quindi una bella sfida. Ma evidentemente, necessaria.
A mio parere, però è il terzo discorso, quello visivo, che fa Brad Holland, paradossalmente a rivelarsi il più necessario e quindi efficace (e il più alto per qualità) dei tre, perché una immagine, se vuole, più di qualsiasi parola va dritta al punto, come una freccia.
Uno sguardo che non molla in copertina, due bocche che parlottano sottovoce prima che anche il libro cominci, un uomo alla gogna e siamo ancora al frontespizio. 


E poi il serpente, le bocche spalancate nell'urlo, le donne accusate nascoste nelle loro cuffie, le donne che accusano nascoste altrettanto nelle loro cuffie, le donne che pendono dai patiboli e le tante dita accusatrici, che segnano il crescendo delle accuse, fino a quello finale, cambio di passo, una sorta di simbolica spirale in bianco e nero dopo tanto colore, che tutto riassume. 
Questo è per dire che, come accade quando si è di fronte a tanta qualità e bellezza, quella che in ogni tavola di Brad Holland si può percepire con forza, non è possibile distogliere gli occhi. 


Ma questo è anche per dire che, come accade quando si è di fronte a una voce così potente, come è quella di Brad Holland e delle sue figure, non è possibile far finta di non sentirla, o peggio non voler capire cosa ci stia dicendo. 
Quel dito e quegli occhi accusatori in copertina non lasciano scampo: ragazzi, ci siamo tutti dentro fino al collo. 

Carla