E' SEMPRE VERO
Il Barbagianni 2024
NARRATIVA PER GRANDI (dai 13 anni)
"La donna avvicinò il viso tondo e triste al finestrino dell'auto. 'Fate i bravi' si raccomandò.
'Capito? Voi piccoli state a sentire Dicey. Capito?'
'Sì, mamma' risposero.
'Allora va bene.' Si mise la tracolla della borsa sulla spalla e si allontanò, ciabattando con i sandali che avevano i cinturini rotti, i gomiti ben visibili attraverso i buchi del maglione troppo grande, i jeans scoloriti e sformati. Quando la sua sagoma scomparve tra la folla dei clienti che si accalcavano al centro commerciale quel sabato mattina, i tre bambini più piccoli si sporsero istintivamente in avanti, verso i sedili anteriori, dove stava seduta Dicey. Lei aveva tredici anni ed era capace di leggere le cartine stradali.
'Perché ci siamo fermati qui?' chiese James. 'La spesa l'aveva già fatta. Non c'è motivo.' James aveva dieci anni e pretendeva che tutto avesse una chiara motivazione.
'Non lo so. Hai sentito anche tu quel che ha detto, no?'
'Lei ha detto solo "adesso ci fermiamo qui" ma non ha spiegato perché."
Questo è l'inizio della storia di questi quattro fratelli, i Tillerman: Sammy di sei anni, Maybeth di nove, James di dieci e Dicey, tredicenne.
La loro madre si è appena allontanata dalla macchina. Si è diretta verso il centro commerciale, ma da loro non è più tornata. I quattro ragazzini, prima aspettano, ma con il passare delle ore, realizzano che qualcosa deve essere successo e che da questo momento in poi se la devono cavare da soli, o per meglio dire, sono passati sotto la guida della loro sorella maggiore. 'State a sentire Dicey', è stata l'ultima indicazione della madre, l'ultima frase cui appendersi...
Quella mattina erano partiti tutti per andare a Bridgeport dalla zia Cilla, una prozia che forse li avrebbe potuti aiutare. Lei è l'unica parente che ha mantenuto un contatto con loro: una cartolina a Natale, tutti gli anni. Ma poi in quella fatidica mattina qualcosa è andato storto. Adesso Dicey, con pochi dollari in tasca, si trova sulle spalle la solitudine e la responsabilità dei suoi fratelli. Piuttosto che cercare aiuto tra gli adulti, con il terrore che, in assenza di madre, li possano dividere, decide di mantenere il progetto originario, quello di andare a Bridgeport.
Ma a piedi.
Questo è il loro lungo viaggio attraverso la provincia americana, dal Connecticut al Maryland, tra parenti e gente sconosciuta, tra brave persone e malviventi. Sempre con una manciata di monete in tasca.
Questo è il loro modo di misurare se stessi, di imparare a cavarsela, il loro modo di fare i conti con la realtà, a volte anche molto dura.
Obiettivi da raggiungere: fare squadra e trovare finalmente un po' di serenità e un posto dove potersi sentire di nuovo a casa.
Riuscire finalmente a provare il senso di appartenenza, senza il quale si vive maluccio.
Questo libro ha più quarant'anni e più di quattrocento pagine.
Cynthia Voigt lo ha pubblicato, con il titolo Homecoming, nel 1981. Ambientato nell'America dei primi anni Settanta restituisce in pieno la temperie di quegli anni e delle storie on-the-road. Nella letteratura per ragazzi sono innumerevoli gli esempi e tutti - necessariamente - devono partire da un elemento determinato e comune: la solitudine, l'abbandono, la fuga, la scomparsa di tutti i punti di riferimento su cui di solito un ragazzino - qui quattro fratelli - può fare affidamento: gli adulti, o per meglio dire, una famiglia, quale che sia.
Cynthia Voigt si inserisce alla perfezione nella cornice di storie del genere.
Dalla riga cinque già si intuisce che quella madre è in difficoltà. Quel suo abbigliamento sdrucito, quel suo sguardo triste, quella sua frase sibillina sono tutti segnali che la direzione che la storia sta prendendo è quella di un abbandono.
Ci siamo. La storia on-the-road può cominciare.
Il passo successivo, nei romanzi di bambini soli diretti chissaddove, prevede la costruzione e il relativo crescendo del lato avventuroso della vicenda.
Il modello prevede, di norma, diverse prove da superare, attraverso le quali i protagonisti crescono, consolidano il loro coraggio e la personale consapevolezza e soprattutto misurano la complessità della realtà e delle relazioni interpersonali.
E anche in questo, I Tillerman rispetta il canone.
E allora dove si trova l'originalità?
In due cose principalmente: nelle cento pagine finali e nella compattezza che questa piccola squadra dimostra di avere per arrivare a vincere.
La bellezza dei Tillerman non sta tanto nel loro avventuroso viaggio, quanto piuttosto nel loro essere i Tillerman. Nessun Tillerman escluso, si intende.
Lo spessore del libro si percepisce proprio in questo loro diversissimo modo di reagire agli eventi. In tale prospettiva si costruisce, pagina dopo pagina fin quasi alla fine, lo spessore dei personaggi.
Si impara a conoscerli e a familiarizzare con loro. Si impara a capire cosa stiano cercando, si apprezza la differenza di percorsi che scelgono per arrivare all'obiettivo comune.
Ognuno di loro si distingue rispetto alle situazioni: si passa dalla mitezza di Maybeth che viene scambiata spesso e volentieri per stupidità, alla lucidità del pensiero di James, che ogni mattina si sveglia e pronuncia la frase è sempre vero, passando per il grande senso pratico e la determinazione senza scrupoli di Sammy, che lo porta più volte a un millimetro da guai seri. E poi c'è Dicey che tiene in mano il loro destino comune, dimostrando di saper governare con sapienza la barra del timone. Anche in senso letterale...
Si susseguono i fatti, si generano le singole strategie di reazione. Di volta in volta, esse si intrecciano generando trame e situazioni sempre differenti. E con lo scorrere del tempo le loro relazioni interpersonali mutano, ma inevitabilmente si consolidano. E il risultato finale è un pacchetto di mischia invincibile.
Due parole ora sulle cento pagine finali. Succede che tutto, a circa un centinaio di pagine dalla parola fine, prende un ritmo diverso.
Quel passo cadenzato, tutto sommato regolare a cui il lettore era abituato, si modifica e comincia a saltellare in diverse direzioni. Se da un lato gli scenari di sfondo e personaggi smettono di susseguirsi sulla scena - il contesto infatti ora rimane identico: una fattoria in grande disarmo a Crisfield, cittadina del Maryland e i protagonisti sono non più i quattro Tillerman, ma i cinque Tillerman (!) - dall'altro è sul piano emotivo che la storia letteralmente spicca il volo.
Si rimane incollati alle pagine, si aspetta con trepidazione che le cose vadano in un senso, si resta con il fiato sospeso quando le si vede andare in direzione contraria, ci si preoccupa, si ride, ci si appassiona, ci si commuove e poi e poi e poi...
Va letto!
Carla
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