IN MORTE DI UN PAPA' - (COME POSSO DIRTI?)
IL
TRENO, Silvia Santirosi, Chiara Carrer
Logos,
2012
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)
Come
posso dirti
che
le persone che amiamo
muoiono,
ci lasciano e vanno via?
Come
posso dirti
che
l'amore e la gioia fanno parte della vita
come
il dolore e la tristezza?
Che
esiste il rosso, il verde e il giallo,
ma
anche il nero?
Come
posso dirti tutto questo, bambina mia?
Come
posso dirti? Sono due giorni che ci penso, a come si può dire. Penso alla mia piccola
amica dalla lunga treccia che a otto anni, l'altro ieri, ha perso il
suo papà.
Nel
libro Il treno una bambina, che un po' le rassomiglia perché
anche lei ha perso un genitore, ogni notte sogna un treno che la
lascia a terra. Lei corre tirandosi dietro la sua pesante valigia,
il treno è fermo, pare la stia aspettando, ma lei lo ha davanti ma
non riesce a salire e il treno parte senza di lei. Tutte le notti la
stessa delusione.
Davanti a una finestra con un cielo stellato, la
bambina racconta il sogno al suo papà (a lei è mancata la mamma) e
gli indica anche una stella. Se chiude un occhio quella stella le
sembra così vicina, ma non riesce a prenderla. Di nuovo
irraggiungibile, come il treno.
Al
padre nel libro, alla carissima mia amica riccia, il duro compito di
dire ad una bambina che le persone che amiamo ci lasciano, muoiono,
vanno via.
Il
papà del libro racconta la storia di un cieco che ha sognato il
bianco e va cercando di capire come è il colore bianco chiedendolo
al suo vicino di casa. Il bianco è il colore del latte, il bianco è
il colore della farina, il bianco è il colore della neve. Allora,
pensa il cieco, il bianco è fresco come il latte, delicato come la
farina, freddo e soffice come la neve. No, risponde il vicino, fresco
è il latte e soffice è la neve. Sta qui il problema. Come posso
descrivere qualcosa che non ha forma? Come posso vedere ciò che è
invisibile? Eppure il cieco, tornando a casa, sorride perché ora sa
di aver sognato il bianco.
Forse
è proprio qui un tentativo di spiegare ad un bambino (ma anche a un
grande, perché no?) l'improvviso passaggio dal corporeo
all'incorporeo di un genitore. E' una stella che ci pare così
vicina, che vediamo, ma che non ci è dato di toccare. E' un affetto
che continua a esistere ma che non è fatto più di quotidiane e
tangibili verifiche. E' un maglione abbondante che porta ancora la
sua forma, in sua assenza, pur essendo vuoto. Ma se lo indossi, tu ci
entri dentro e sei tu a dargli volume con il tuo esserci.
In un
libro di poco più di quaranta pagine, la consolazione arriva prima,
di quanto arrivi nella vita vera, e così la bambina, quella stessa
notte sogna qualcosa di diverso: su quel treno finalmente riesce a
salire.
Temo
che alla mia amica dalla lunga treccia occorrerà più tempo, ma
spero tanto che anche lei riesca a trovare consolazione e un giorno
scopra una sua stella, irraggiungibile ma vicina, trovi in un
cassetto un maglione che le faccia ritrovare slabbrature care e
conosciute, riporti odori perduti. E dentro quel maglione
intrufolarsi per dare forma e corpo a chi forma e corpo non ha più.
Ma c'è.
Carla
Noterella
al margine. Ora, nel silenzio, lascio parlare le toccanti immagini di
Chiara Carrer.