lunedì 31 dicembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


PER AFFETTO E PER SIMMETRIA

Era esattamente un anno fa quando scrivevo da questo computer, da questo tavolo, da questa casa, da questo angolo sperduto della Liguria una mail per me importante a Fausta Orecchio, il direttore editoriale di orecchio acerbo.
Così il mio 2012 iniziava pensando intensamente ai libri di quella casa editrice. Mi è parso giusto che, per simmetria se non altro, l'anno vecchio si chiudesse e il nuovo si aprisse con un libro loro.
Di alcuni tra i titoli più recenti avrebbe senso parlare ora, in questa riflessione-bilancio dell'anno appena passato.
Penso a Salto, il breve racconto di Tolstoj, che meglio di altri ha rappresentato il mio stato d'animo di fronte al grande vuoto, alla grande incognita che avevo davanti, al principio del 2012.
A che pensi? è stato, invece, il titolo che meglio racconta il mio percorso per imparare un nuovo mestiere.
Di entrambi però ho già detto a tempo debito.
A ben vedere è Apri la scatola! il libro perfetto per capodanno: un libro fatto tutto di belle sorprese, affetto e un poco di follia. Tre cose che mi auguro segnino il nostro anno a venire.


APRI LA SCATOLA!, Dorothy Kunhardt
Orecchio acerbo 2012



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Ogni giorno l'uomo del circo si metteva davanti al suo grande tendone rosso e sollevava con la mano qualcosa perché tutti lo potessero vedere. Teneva in mano una piccola minuscola mini SCATOLA e gridava a SQUARCIAGOLA...Venite tutti, avvicinatevi al mio tendone, venite tutti, ho qualcosa di incredibile da mostrarvi, tra un momento potrete vedere cosa c'è in questa piccola SCATOLA, quindi accorrete tutti!"

 
In quella minuscola scatola gialla c'è un minuscolo cane rosso, dal nome indimenticabile. Pipìui. Non sa fare nulla di nulla, non sa fare le capriole e neanche dare la zampa, ma tutti lo amano lo stesso. Tutta la gente del circo, l'acrobata, l'equilibrista, la donna cannone e l'uomo più magro del mondo, ma anche gli elefanti o la capra che sfida il fuoco, sono pazzi di lui.


Quando però il mini mini Pipìui inaspettatamente comincia a crescere fino a diventare un cane normale, per lui non c'è più posto sotto il grande tendone rosso del circo, dove tutti sono un po' speciali. Deve andarsene. Ma se per caso il cane Pipìui avesse deciso di stupirci di nuovo? Infatti eccolo lì che ricomincia a crescere, crescere e ancora crescere, fino a diventare di nuovo un po' speciale. Un cane enorme, che tutti chiamano ancora caro piccolo Pipìui, adesso si nasconde, prima di ogni spettacolo, in un grandissimo scatolone da cui al momento giusto spunta fuori, ed è felice, tanto felice!


E noi con lui. Siamo felici di averlo incontrato in questo bel libro e non possiamo fare a meno di volergli bene. Adorabile perché così piccolo, adorabile perché non sa fare nulla, adorabile anche da grande, perché non possiamo certo dimenticarci di quando era piccolo... 
Dorothy Kunhardt,in questo classico che sta per compiere ottant'anni, assolutamente perfetto per essere letto ad alta voce, racconta la storia di un piccolo che diventa grande, e lo fa con grande modernità attraverso un linguaggio fatto di parole semplici e continui giochi linguistici, che tanto ricordano quelli inconsapevoli dei bambini, fatti di ripetizioni, accrescitivi, diminutivi e attraverso un disegno di una matita dalla punta grossa che arrotonda, addolcisce e sintetizza ogni profilo con solo due colori dominanti: il tanto rosso e il tanto giallo. 
Questa è una storia che parla ai bambini come parlano i bambini e racconta loro la storia di un meraviglioso circo e la storia di un cagnetto minuscolo e poi enorme. La adoreranno.
Ma questa è anche una storia che parla agli adulti.
Sotto metafora mi pare leggibile il percorso di crescita di un bambino.
Sotto metafora ci dice anche che chi è grande, un genitore per esempio, deve saper amare comunque chi è piccolo, un figlio per esempio.
Ci dice anche che sotto il grande tendone del circo, un luogo metaforico per eccellenza, ognuno può essere unico e speciale e ha diritto a un suo posto sulla pista illuminata.

Che il 2013 vi porti belle sorprese, minuscole ed enormi.
Che il 2013 vi offra l'opportunità di voler bene senza chiedere nulla in cambio.
Che il 2013 vi permetta di essere 'speciale' per tutti o per qualcuno.

E così sia.

Carla

domenica 30 dicembre 2012


Dedicato agli instancabili della Banda Naranja

È QUI CHE REGALANO LE ARANCE?

Tutto avvenne quel fatidico giovedì 13 dicembre. Quel che segue è un resoconto puntuale che Anna ha fatto di quel pomeriggio convulso. Il resto non è che la naturale conseguenza che io ne ho tratto: una dozzina di barattoli di marmellata di mandarini inaspettati. 
Prologo 
SOS...Rosarno chiama - Roma Nord risponde: vendonsi agrumi non sporcati dal sangue di lavoratori africani, bio, freschi, buoni, prezzo trasparente... come dire di no?
129 casse, ovvero 1143 kg di agrumi partono dalla Calabria in direzione di Ottavia. Li hanno ordinati i gasisti di Roma Nord.
Sì, partono... ma quando?
E qui comincia l'avventura... 
Prima parte - l'attesa 
Andrea, il nostro coordinatore, ci avvisa: lo scarico avverrà lunedì, forse, oppure martedì o mercoledì. Tenetevi pronti!
Il tam tam parte: Anna supera i pregiudizi e tira fuori dal cassetto un vecchio cellulare: ci teniamo pronti! La “banda Naranja” (Andrea, Pasquale, Angelo, Anna, Salvatore) si prepara: appuntamento ad Ottavia alle 15, di un giorno che ancora non si sa, per scaricare. 
Lunedì 10 
Anna: “Andre', si sa qualcosa?”
Andrea: “Ancora no...forse domani o mercoledì" 
Anna: SMS a tutto il gruppo del cerco...piteco (dopo 2 ore per capire come si invia un SMS multiplo!): tenetevi pronti, non oggi, forse domani...
Risposte varie: “Io sono alle terme da mercoledì a venerdì, come faccio?”
“Martedì io sono ad un corso, come faccio?” “Per me martedì è veramente impossibile, come faccio?”
Anna: “Arrangiatevi, trovate un sostituto!” 
Martedì 11 
Anna: “Andre', si sa qualcosa?”
Andrea: “Ancora no...stasera ci fanno sapere, leggete la mail” 
Mercoledì 12 
Email di Andrea: “La arance arrivano domani pomeriggio, il corriere è Bartolini (nazionale, “affidabile”), ma...non sappiamo a che ora. ” 
Giovedì 13 mattina 
Anna: “Andre', si sa qualcosa?”
Andrea: “Ancora non sappiamo l'ora. Diamo l'appuntamento alle 18”
seconda parte – ore 17: lo scarico
Alle 16.30 la banda Naranja è schierata. Alle 17 arriva il corriere. Apre il camion e... sorpresa! Le cassette sono slegate e le arance sono rovesciate!
Anna: “Ma non le hai legate?”
Corriere: “L'ho detto a mio figlio di legarle..." 
Alla faccia del corriere nazionale e affidabile! E mo' che famo?
Foto per testimoniare l'incidente, telefonata a Rosarno. Rimediamo al volo una bilancia per pesare le cassette. Scarichiamo. Nel frattempo cominciano ad arrivare i gasisti.
Una signora che abita nelle case popolari di fronte scende con un barattolo di marmellata di limoni, cercando Pasquale: l'anno scorso lui le regalò un po' di limoni e quest'anno lei gli offre la marmellata: che memoria!
C'è chi scarica, chi pesa, chi dà suggerimenti...
Manteniamo la calma, raccogliamo i soldi, contiamo le cassette – sono molte di più di quelle che abbiamo ordinato. Ma la bolla dà solo il peso totale: 20 quintali. Peccato che noi ne abbiamo ordinati 12! Da Rosarno non capiscono, da Roma men che meno.
Cominciamo la distribuzione.
terza parte – ore 19: il tam tam 
Rimangono una ottantina di cassette invendute, tra arance, limoni, mandarini e clementine. Parte il tam tam!
Telefonata all'amica che ha un bar: ne prende un paio di casse; all'altra che abita in zona, che accorre e ne prende altre due; all'amico che arriva con una macchina grande (dopo mezz'ora passata a girare per Ottavia!) che ne carica un bel po'. Tra noi ne compriamo ancora un po' per la mamma, la suocera, la sorella...
Alla fine rimangono sul terreno una decina di cassette. Che fare? Le regaliamo!
Pasquale chiama la signora della marmellata, che accorre con il carrello della spesa, tutta felice. Se ne va col carrello pieno. Fermiamo un signore che sta passeggiando col cane, che ne prende un po'. Nel frattempo la voce si sparge: arriva una ragazza in Smart: “è qui che regalano le arance?” Poi ne arriva un altro a piedi: “Un vicino mi ha detto che regalate arance: visto che non ci pagano lo stipendio...” e poi un altro ancora. Alla fine le arance pulite di Rosarno sono tutte piazzate :-) 
Epilogo 
Angelo: “La prossima volta ci vado io col camion a Rosarno.”
Andrea: “Ma che stai a scherza'?”
Angelo: “No, dico sul serio, affittiamo un camion e andiamo”
Andrea: “Mi sa che hai ragione. In fondo da Rosarno ci hanno invitato ad andare a vedere come lavorano”
Pasquale: “Mi piace, ci vengo anch'io! Secondo me pure Salvatore ci sta”

Ebbene sì: il GAS è anche questo!





Questa è la ricetta (dal libro Die Marmeladen Bibel di Christine Ferber, l'imperatrice alsaziana della marmellata!


Ingredienti:
1 chilo di mandarini non trattati
1 chilo di zucchero
il succo di un limone

Prendete una pentola capiente, riempitela d'acqua e portatela a ebollizione. Quando l'acqua bolle spegnete il gas e metteteci i mandarini ad ammorbidirsi per 5 minuti. Quindi tirateli su con una schiumarola e buttateli nell'acqua fredda. 


Una volta raffreddati, tagliateli a metà nel senso della larghezza per poterli denocciolare facilmente. Tutti i semi raccolti, chiudeteli in una garza e teneteli da parte. Vi serviranno, perché sono un addensante perfetto. 


Ora le metà dei mandarini tagliatele a cubetti e metteli in una pentola adatta alla cottura della marmellata, ovvero con il fondo spesso. Mettete nella pentola anche i semi nella garza, un chilo di zucchero e il succo di un limone. Girate con un mestolo di legno quindi accendete il fuoco e, dal momento che comincia ad andare in ebollizione, fate cuocere per 10 minuti e non di più.
A questo punto mettete la composta dentro un mixer e frullate per poco in modo da rompere ancora un po' le bucce più grandi. Togliete il tutto e passatelo nel passaverdure con una rosetta a buchi grandi. La polpa che ne fuoriesce, ma anche le fibre che non sono passate, le rimettete nella pentola, rimescolandole (nulla va sprecato). Riaccendete il fuoco per quel poco tempo che permetta alla marmellata di raggiungere la giusta temperatura per essere imbarattolata senza pericolo per la conservazione (in 2 o 3 minuti, se siete stati veloci nelle operazioni per ottenere il passato di mandarini, dovreste raggiungere di nuovo l'ebollizione).


Imbarattolate e capovolgete i contenitori per ottenere il sottovuoto. Tenete al caldo per almeno una giornata.
Strepitosa!

Carla 

Noterella al margine: a seppur parziale risarcimento del loro encomiabile e caparbio impegno e dedizione i membri della Banda Naranja riceveranno la dovuta dose di marmellata.





sabato 29 dicembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL 'BAMBINO DIMEZZATO'

STORIA DEL BAMBINO BUONO/STORIA DEL BAMBINO CATTIVO, Mark Twain, Roger Olmos
Logosedizioni 2012

NARRATIVA PER MEDI (dagli 8 anni)


"C'era una volta un bambino buono di nome Jacob Blivens. Obbediva sempre ai suoi genitori, per quanto assurde e irragionevoli fossero le loro richieste, e studiava sempre e non arrivava mai in ritardo alla scuola domenicale [...] nessuno degli altri bambini riuscì mai a capirlo, si comportava in modo così strano.


C'era una volta un bambino cattivo di nome Jim - anche se, fateci caso, nei vostri libri della scuola domenicale i bambini cattivi si chiamano quasi tutti James [...] e hanno madri malate che insegnano loro le preghiere e cantano le canzoni della buonanotte con voci dolci e sommesse e poi danno loro un bacio e si inginocchiano di fianco al letto e piangono."

Da un lato, un bambino buono che non giocava mai a biglie la domenica, non dava le monetine arroventate alle scimmiette dei suonatori di organetto, e passava il suo tempo a cercare di imitare i bambini buoni che 'leggeva' nei libri che gli davano al catechismo: il suo sogno era incontrarne uno, ma quelli morivano tutti anzi tempo... 


dall'altro un bambino cattivo, senza mai un rimorso di coscienza, io direi addirittura privo di coscienza, che non chiese mai perdono per nessuna malefatta. A lui le cose andaron diversamente...
Nei libri i bambini buoni fanno buone azioni e vengono premiati, e tutti alla fine gli vogliono bene. In quegli stessi libri i bambini cattivi fanno ogni tipo di nefandezza, ma poi si pentono, e tutti alla fine gli vogliono bene.
Ma a questo bambino buono e al suo omologo cattivo le cose andarono in altro modo. Al primo non ne andava mai una dritta: preso a bastonate dal cieco che aveva salvato dai monelli, morso dal cane che aveva sfamato, ed infine saltato in aria, per amor di gustizia e coscienza troppo immacolata...
Al secondo, al contrario, nonostante nessun pentimento, andò sempre alla grande. Nel rubare le mele, non cadde mai dall'albero, non affogò mai andando in barca, non fu mai punito dal maestro, 

 

non fu mai colpito da un fulmine per aver pescato nel giorno del Signore, non bevve mai per sabaglio l'acido nitrico rubando l'essenza di menta, anzi divenne ricco e famoso e, in qualità di membro dell'assemblea legislativa, godette del rispetto di tutti.

Mark Twain, 1865: The Story of the Bad Little Boy-The Story of the Good Little Boy. Due racconti speculari, da leggere in sequenza (la Logos che mette le due storie in un unico libro da leggersi upside down ci consiglia prima la storia di quello buono, perché mette il codice a barre sulla copertina della Storia del bambino cattivo...) che Twain scrisse per prendersi gioco di certa letteratura edificante e per mettere in ridicolo, attraverso una satira feroce, la società americana dell'epoca, fatta di perbenismo, ipocrisia e corruzione che favoriva chi si dimostrava senza scrupoli e premiava i peggiori.
Tracce di letteratura edificante ci sono ancora, ma grandi passi sono stati fatti in quella direzione. A partire dallo stesso Tom Sawyer con Huckleberry Finn, l'Alice di Carroll, il Giannettino di Collodi, il Mestolino di Yambo, il Gianburrasca di Vamba, la Bibi di Karen Michaelis, oppure Pippi ed Emil della Lindgren, fino ai meravigliosi bambini di Dahl, che danno la fatale medicina alla nonna orrenda, per 'renderla migliore' hanno ormai sdoganato il 'bravo bambino' tout court.
Pur tuttavia, discutere di Bontà e Cattiveria, non ci può far male. 
A parte l'evidente j'accuse nei confronti della società dell'epoca (di stringente attualità, peraltro...) che premiava i 'cattivi', mi pare che Twain - nell'aver voluto scrivere questa storia doppia - ci stia anche mettendo sull'avviso che l'essere umano, nella sua naturale imperfezione, è fatto di regola e trasgressione. D'altronde il sommo Italo Calvino, a quasi ottant'anni di distanza, con Medardo di Terralba, diviso tra Gramo e Buono, non ci ha dimostrato che la completezza è fatta di due metà?

Visto il tema del libro, vista la doppia prospettiva del racconto, chi meglio di Roger Olmos, bad good boy dell'illustrazione, poteva cimentarsi con Twain? Verdognolo, rosso di capelli, spettinato, con un cervello appeso a due ali di pipistrello il bambino cattivo, guance rosee, taglio di capelli più alla moda, cravattino e occhi celesti e cervello appeso a due ali d'angelo il bambino buono, ma le due metà,  di calviniana ispirazione, che si 'incontrano' nella pagina centrale del libro sono i due pezzi di un medesimo puzzle e tra loro in qualche modo potrebbero anche combaciare, chissà...

carla 

venerdì 28 dicembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL PRINCIPE MALVAGIO, Hans Christian Andersen, Georges Lemoine
Gallucci, 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)




"C'era una volta un principe malvagio ad arrogante.
Egli pensava solo a conquistare il mondo e a terrorizzare tutti con il proprio nome, mettendo a ferro e a fuoco ogni cosa. I soldati calpestavano i campi di grano e incendiavano le case dei contadini. Alte fiamme avvolgevano gli alberi e lasciavano sui rami neri e bruciati solo i frutti inceneriti." 

Tutti fuggivano al loro arrivo, le madri si nascondevano con i bambini tra le braccia, ma i soldati le scovavano. E allora era finita.
Le campagne e i paesi devastati. I raccolti distrutti.



Ogni giorno il potere del principe aumentava e aumentavano le ricchezze, frutto delle innumerevoli ruberie del suo esercito. Con tutto quel denaro strappato alla povera gente, il principe costruì un meravigliosa città e tutti quelli che la visitavano dicevano: Che splendore! Che gran principe!
La sua sete di potere però era inestinguibile e così il principe arrivò a conquistare il mondo intero. Tutti i sovrani erano ormai in catene, a lui soggetti, ma non bastava. Sfidò anche il potere di Dio. Con un vascello dalle mille bocche di cannone, avvolto nelle piume di pavone e sollevato dalle aquile, il principe partì alla conquita del cielo. Ma Dio, vedendolo avvicinarsi, mandò gli angeli che il principe cercò di colpire con i suoi proiettili. Solo una goccia di sangue macchiò l'ala di uno di loro, ma la pesantezza di quella goccia si abbattè sulla nave volante e la fece precipitare. Salvatosi grazie ai fitti rami di una foresta, che ne attutirono la caduta, il principe giurò a se stesso che non sarebbe finita così. Sette anni gli occorsero per ricostruire una flotta di navi invincibili d'acciaio. Il miglior esercito al mondo era al suo fianco, ma Dio, vedendolo ripartire all'attacco del cielo, questa volta gli mandò contro un nugolo di zanzare. Nonostante si fosse avvolto in stoffe pesanti per proteggersi dalle punture, una zanzara riuscì a infilarsi nel suo orecchio e proprio lì lo punse. Il veleno arrivò al cervello e, irresistibile, lo costrinse a strapparsi le vesti e a dimenarsi nudo davanti al suo esercito. Beffato dai suoi stessi soldati, il principe folle che aveva sfidato Dio, ora era lì sconfitto da una sola piccolissima zanzara. 
Il principe malvagio. (Una leggenda) fu scritta da Andersen nel 1840. Come nella maggioranza delle sue fiabe, anche questa ha un incedere molto diverso dalle fiabe classiche che conosciamo di Basile, Perrault o dei Grimm. In Andersen viene spesso accantonato l'aspetto 'magico' per lasciare posto ad un aspetto più 'storico' del racconto. Spesso le sue fiabe si distinguono per un gusto più 'contemporaneo' e certamente più letterario. Non a caso lui stesso teneva a precisare che erano rivolte a un pubblico adulto più che non bambino, ma non tanto per i contenuti quanto piuttosto per il loro valore 'stilistico'. E Il principe malvagio non fa eccezione: per tema e per linguaggio è soprattutto una vera e propria prova d'autore.
Se da un lato, il tema trattato può addirittura essere letto in una chiave simbolica di grande attualità, dall'altro lo stile ricorda un 'crescendo' musicale, sempre più roboante: le ali potenti delle aquile si spezzarono, il vento ruggì circondando il principe e il fumo che si levava dalle città bruciate disegnò nell'aria mostruose creature marine dalle chele affilate, pesanti macigni e draghi sputafuoco. 
Tanto più roboante è il principe con le sue manie di onnipotenza, tanto più immaginifiche le sue flotte volanti, tanto più risulta 'ad effetto' il finale affidato alle mani, o per essere precisi nel pungiglione sottile, di una minuscola zanzara. 
Il senso di tutto questo racconto è ovviamente in primo luogo leggibile dai grandi cui spetta però il compito di mediarlo ai più piccoli.
A questi ultimi, invece, è diretta la lettura molto personale che Georges Lemoine, illustratore francese di enorme talento, classe 1935, pluripremiato, fa di questo testo. Un principe apparentemente invincibile, chiuso nella sua armatura, un esercito di uomini-corvi rapaci al suo servizio, agghiaccianti come quelli di Hitchcock, una nave volante che ricorda una pagoda armata di temibili rostri e becchi puntuti, un mondo contadino fatto di verdi vallate coltivate, di mulini, di fattorie, di aie, di contadine spaventate e ciliegie tante ciliegie...



Carla

Noterella al margine. Questo libro fu publicato ben 17 anni fa da The Creative Company, casa editrice statunitense che di norma non sbaglia un colpo. Nella ripubblicazione in Italia da parte di Gallucci le illustrazioni hanno mantenuto in pieno il loro valore, mentre la progettazione grafica della bravissima Rita Marshall -sebbene di grande raffinatezza- mi pare denunci i suoi anni.

giovedì 27 dicembre 2012

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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UMANI TROPPO UMANI



Di Anthony Browne Carla ha già ampiamente parlato nel post dedicato a King Kong. Qui invece parliamo di un altro suo libro, uscito nel 2011 e pubblicato recentemente da Kalandraka: Un gorilla. Un libro per contare. Eh, sì, si tratta di un ‘semplice’ libro per contare: un gorilla, due oranghi, tre scimpanzé…ma che sguardi, che umanità negli atteggiamenti, nelle espressioni! L’autore, evidentemente, sente, e descrive con stupefacente efficacia, la vicinanza fra noi ‘umani’ e i nostri cugini, da cui ci divide un’anticchia di dna.


Che dire delle espressioni complici dei mandrilli, o dei macachi che immaginiamo immersi nelle calde acque termali del Giappone. Il libro termina con un autoritratto e la dicitura: Tutti primati, tutti una famiglia, tutti la mia famiglia. Tutti la nostra famiglia, di cui siamo gli esponenti con le maggiori capacità creative e distruttive.
Direte: troppo? Sull'auto consapevolezza dei primati si dibatte da decenni, sulle capacità inventive ormai ci sono prove inconfutabili; pensate che è stata dimostrata sperimentalmente la capacità dei cani di leggere le espressioni umane, figuriamoci quanto di inespresso o incompreso può esserci nella testa di un primate.
Ma se anche questo non vi turba, l’illustrato di Browne è una straordinaria prova di bravura, che in più instilla qualche salutare dubbio, non sul sistema decimale, ma sull’unicità dell’essere umano.




Eleonora


“Un gorilla. Un libro per contare”, A. Browne, Kalandraka 2012


martedì 25 dicembre 2012


È NATALE!


Anche quest'anno ci siamo arrivati. Con tanta fatica, ma ci siamo.
Molte cose sono cambiate.
Basta guardare il post del 24 dicembre 2011 per verificare che alla conta, qualcuno non risponderà, mentre qualcun altro si è aggiunto.
Le malinconie me le tengo per me ma voglio darvi un suggerimento, ormai fuori tempo massimo, quindi per il natale 2013.
Prendete nota: i giorni prima di natale fate due tegliate di biscotti allo zenzero e date loro la forma di omini, stelle, campane (molto pasquali...) orsetti, e quant'altro. Quindi prendete dello spago da arrosto e costruite dei cappietti per poterli appendere al vostro albero di natale. 
Questo è il risultato.


Se lo farete è mio dovere segnalarvi i lati positivi della faccenda: 
Vi profumerà la casa intera.
Zero impatto ambientale perché così non dovrete riporre alla fine delle feste le decorazioni. Ve le sarete mangiate. E quindi non dovrete constatare l'anno successivo che alcune si sono frantumate nel cercare di infilarle a forza nello scatolone che dovrebbe contenerle.
Non dovrete più scendere in cantina e cercarle all'umido con la luce fioca.
Avrete di che rosicchiare dalla Befana in poi, una volta smontato l'albero, qualora lei vi abbia portato solo il carbone, ma anche i lati negativi della faccenda:

se avete un cane (o un gatto) con un buon naso, monello e molto vorace, finirà in un batter d'occhio tutta la vostra profumata decorazione e dovrete ricominciare daccapo.
E per tutto il periodo sarà difficile distogliere dalla mente del vostro cane l'idea che in casa sia cresciuto 'miracolosamente' da un pavimento in parquet un albero di biscotti, molto rigoglioso, molto...


Ora la ricetta:
175 gr di farina bianca 00
1 cucchiaino di lievito in polvere
1/2 cucchiaino di zenzero in polvere
80 gr di burro freddo a cubetti
40 gr di zucchero di canna
50 gr di miele liquido
1 cucchiaino di acqua

50 gr di cioccolato bianco fuso per la decorazione 

mettete nel frullatore tutti gli ingredienti tranne l'acqua e fatelo andare con la modalità impulsi fino ad ottenere un impasto 'sabbioso'.
Toglietelo dal frullatore e mettetelo in una ciotola con il cucchiaino d'acqua. Impastate fino ad ottenere un impasto morbido quindi spianatelo con il matterello in uno strato sottile mezzo centimetro sulla tavola leggermente infarinata. Tagliate i biscotti con gli stampini che avete scelto e quindi disponeteli nella leccarda coperta di carta da forno. Decorateli conle palline d'argento come ho fatto io, oppure lasciateli così come sono e decorateli poi con il cioccolato bianco fuso.
Fateli cuocere a 170° per 20 o 30 minuti ( a seconda dello spessore).
Quando sono cotti ma ancora caldi prendere uno stecco da spiedino e fate i buchi nei biscotti (mi raccomando delicatezza perché sono molto friabili) per poi infilarci lo spago per appenderli all'albero.
Quando si sono ben freddati potete procedere alla decorazione con il cioccolato bianco che avrete precedentemente sciolto a bagno maria e messo in un sac a poche. Capelli, occhi, nasi, bottoncini, stivali, camicie dal collo tondo e così via, sfogate la vostra fantasia per decorare tali profumatissimi biscotti.
Abbiate un buon natale da tutte noi



Carla e co.

Noterella al margine. Io, per il mio albero e indirettamente per il mio cane, ho fatto doppia dose delle quantità date qui nella ricetta. Quest'ultima viene dal libro che non smetterò mai di consigliarvi:
Isidora Popovic, Al forno, ricette biologiche per dolci e torte salate, Logos 2010


domenica 23 dicembre 2012


KITCHEN THERAPY

Di solito dicembre mi sfugge dalle mani. I giorni prima di Natale si rincorrono così veloci che non mi ricordo mai che cosa effettivamente ho fatto in questo mese pieno di luci.
Quest’anno è stato diverso. Mi sono ritrovata senza lavoro e per fortuna la mia reazione è stata positiva: ho fatto tutto quello che non sono mai riuscita a realizzare: acquisto di regali ponderato, intreccio di piccole ghirlande per decorare i doni, intreccio di una grande ghirlanda per la porta di casa, ma soprattutto ho avuto a disposizione il tempo per cucinare insieme ad amiche vecchie e nuove. Susanna propone di chiamare quest’attività kitchen therapy. Non so se sia una vera terapia ma vi assicuro (l’ho scritto già molte volte) che fa stare meglio.
Come ho preannunciato nell’ultimo post abbiamo preparato insieme il pangiallo che penso sia l’unico dolce natalizio del Lazio. È una preparazione antica come dimostrano gli ingredienti fondamentali: mandorle, noci, nocciole, miele, cioccolato, cibi dell’inverno ricchi di calorie per scaldare il corpo.
Noi l’abbiamo preparato seguendo la ricetta del Cucchiaio d’argento, il popolare libro di cucina pubblicato nel 1950. Ora è possibile consultare il sito internet: http://www.cucchiaio.it/.
Si tratta della versione del pangiallo tipica di Palestrina, paese nelle vicinanze di Roma, che abbiamo modificato eliminando gli ingredienti che non avevamo già in casa: pinoli e buccia di arancia candita.

Per ottenere dieci panetti abbiamo usato:
375 gr di uvetta
375 gr di zucchero
375 gr di miele
la scorza grattugiata di 2 arance
375 gr di mandorle
375 gr di nocciole
375 gr di gherigli di noci
100 gr di cioccolato fondente
300 gr di farina tipo 0

La kitchen therapy in questo caso è consistita nello sbucciare insieme mandorle, nocciole e noci. Eravamo in quattro e ognuna di noi ha preparato 10 panetti quindi abbiamo ottenuto un totale di 4500 gr di frutta secca, anche se qualcuno ha schiacciato e mangiato in contemporanea...



Abbiamo messo l’uvetta ad ammorbidirsi in una ciotola (o meglio in 4 ciotole) di acqua tiepida.
Nel frattempo abbiamo schiacciato la frutta secca e, una volta pronte le mandorle, le abbiamo stese in un vassoio e messe in forno molto caldo (200° C) per farle tostare (per 15 min). Lo stesso abbiamo fatto con le nocciole. Abbiamo frullato le tavolette di cioccolato (che erano state precedentemente in frigo) lasciando però dei pezzi grossi.

Poi ognuna di noi ha curato il suo impasto personale. A due per volta abbiamo messo in una capiente casseruola lo zucchero, il miele, la bucce grattugiate delle arance.
Una volta messo sul fuoco, abbiamo portato il tutto a ebollizione girando costantemente con il cucchiaio di legno.
Quindi abbiamo aggiunto le mandorle e, dopo alcuni minuti, le nocciole. Alla fine abbiamo unito le uvette, le noci, il cioccolato e la farina.
Il tutto ha cotto per cinque minuti.
Con un mestolo abbiamo suddiviso l’impasto in dieci porzioni e con le mani bagnate l’abbiamo modellato a forma di palla e leggermente infarinato.
Ognuna aveva portato la placca del forno e quindi vi abbiamo disposto i panetti per farli asciugare. Sono tornata a casa in metropolitana con il mio prezioso bottino nascosto dentro una grande scatola. Nel tragitto si sono un po’ aperti ma li ho nuovamente modellati dando loro una forma a cupola.
I miei 10 pangialli hanno riposato ancora per quattro ore, poi li ho cotti a 170° C per venti minuti. Una volta intiepiditi ho migliorato ancora la forma (è un grande piacere toccare i pangialli) e li ho lasciati su un tagliere per alcuni giorni.
Li ho avvolti in carta oleata e poi rivestiti a festa come potete vedere nella foto.
Auguri a tutti.

Lulli

venerdì 21 dicembre 2012

ECCEZION FATTA

ERI TU IL PIU' FORTE!



Eri il più bello, il più furbo e il più simpatico!


Ci hai fatto ridere, tanto e di gusto. Ci hai commosso, spesso.


Hai permesso a intere generazioni di maestri e maestre, di papà e di mamme, di bibliotecari e bibliotecarie di esercitarsi nella lettura condivisa, dando ogni volta  voce - o vocione- a quel lupo, gradasso, codardo e goffo, ma tanto tanto divertente.


Hai permesso a intere generazioni di maestri e maestre, di papà e di mamme, di bibliotecari e bibliotecarie di intenerirsi leggendo i guai del povero piccolo Nuno con la sua corona troppo grande.
Hai permesso a intere generazioni di maestri e maestre, di papà e di mamme, di bibliotecari e bibliotecarie di insegnare ai bambini a contare tra elefanti, giraffe e scimmie.
E adesso quegli stessi maestri e maestre, papà e mamme, bibliotecari e bibliotecarie a cui si aggiungono librai e libraie, editori ed editrici sono inconsolabili. Per non parlare delle sentite lacrime dei lupi, dei porcelli, dei coccodrilli , delle scimmie, degli elefanti, dei topi, dei leoni, dei pappagalli, dei fenicotteri e dell'unico ragno....

Carla

giovedì 20 dicembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CAPPUCCETTO ROSSO UNA FIABA MODERNA, Roberto Innocenti, Aaron Frish
La Margherita 2012


ILLUSTRATI PER GRANDI (dai 10 anni)

"Avvicinatevi, bambini, e vi racconterò una storia intessuta d'incanti.
I giocattoli possono essere passatempi divertenti, ma una buona storia è pura magia. E non c'è momento migliore di quando la pioggia bussa alla finestra.
Sappiate però, bambini, che le storie sono come il cielo. Possono mutare, portarvi meraviglie, sorprendervi proprio quando non avete addosso la giacchetta col cappuccio.
Alzate lo sguardo, scrutate pure il cielo, ma non saprete mai davvero quel che sta per arrivare."

È vero. Anche se è una nonna meccanica a raccontarcela. Siamo effettivamente senza 'cappuccio' e senza 'giacchetta' di fronte a questa storia: siamo scoperti, più vulnerabili. 


Ma nello stesso tempo siamo anche sorpresi, o più tristemente facciamo finta di esserlo, di fronte a una foresta fatta di palazzoni pieni di minuscoli appartamenti dove vivono centinaia di persone differenti oppure di fronte a un sentiero che è fatto di basoli sbrecciati, cartacce e lattine qua e là. Tanto più il tragitto della giovane Cappuccetto si inoltra nel folto, tanto più noi, con lei, siamo colpiti da mille insegne luminose, da mille colori di cartelloni pubblicitari, scritte sui muri, macchine e moto e persone che vedono ma non guardano. Il bosco, che anche nella fiaba, è il cuore tenebroso del racconto, si trasforma in un enorme e spaesante centro commerciale, pullulante di persone e di mille colori che cancellano le pareti e lasciano spazio alle centinaia di richiami pubblicitari.


Anche i sentieri deserti, ovvero vicoli periferici, tra fili spinati e alti muri di mattoni, deserti non lo sono mai del tutto: c'è se sempre qualuno che spia e controlla il passaggio.
L'incontro con il lupo, o meglio con gli sciacalli, è inevitabile anche se questa volta non hanno quattro zampe per inseguirti, ma due robuste gambe che cavalcano motorini e motorette. Il branco fa paura. Ma ad un passo dalla tragedia entra in scena il cacciatore: non ha fucile ma una moto di alta cilindrata, nera, nerissima. Conosce ogni scorciatoia, anche quella che lo porta alla vecchia roulotte della nonna di Cappuccetto. E così quello che sembrava un muscoloso cacciatore si trasforma in feroce lupo...

Ma come ogni fiaba che si rispetti, bambini e ragazzi non piangete prematuramente la scomparsa di nonna e nipote, perché forse lo sceriffo di turno, sull'alba nascente, ha in mano il lieto fine. E la tv, testimone onnipresente, una storia così proprio non se la può proprio perdere...

Un nuova Cappuccetto Rosso, niente cestino, ma zaino, niente natura ma megalopoli, niente fiori ma lattine vuote, niente casette nel verde ma baracche e alveari di molti piani e molte parabole, niente lupi ma bulletti di strada, niente cacciatori ma poliziotti dalla nuca grassoccia, rasata e sudata.
Eccoci a a casa. Il Bronx (in onore dell'editore americano?) o una delle degradate periferie italiane? Forse tutte e due insieme. Di certo un concentrato dell'orrore in cui spesso viviamo. Sporcizia, violenza, abbandono, solitudini, incuria sono alcuni dei caratteri distintivi delle nostre grandi città. Magari con un centro storico decoroso per accogliere il turista di passaggio, ma abbandonate e pericolose le periferie. Ogni ragazzino o ragazzina, ogni donna, ogni vecchio - non importa se indossano il costume d'ordinanza con il cappuccetto rosso - è in potenziale e costante pericolo come lo è la fanciulla che Perrault raccontò alle dame della corte di Francia, a cavallo tra Seicento e Settecento o come fecero i due fratelli Grimm che di lei e di sua nonna ebbero pietà, mandandogli in soccorso il baldo cacciatore.
Questa è la Cappuccetto di Innocenti (Hans Christian Andersen Award 2008 per l'illustrazione), Perrault e Grimm assieme , questa è la nostra.
Il lupo, travestito da cacciatore, è quasi una comparsa di fronte al vero protagonista pericoloso della storia: l'insidioso e subdolo quanto martellante richiamo pubblicitario o commerciale. Ad ogni angolo sembra dire: Guardami, sono il migliore. Compra me, non potrai mai più vivere senza...
Con un gusto quasi ossessivo per il colore rutilante, contrapposto al fosco e al grigio della periferia, con un gusto macabro nel rievocare faccioni a noi noti che si ostinano a riproporsi di fronte ai nostri poveri occhi, lo scenario urbano suggerisce un 'voyeurismo' perverso nel lettore che può letteralmente perdersi per lungo tempo nel cogliere ogni minimo dettaglio anche nell'angolo più remoto. Dettagli, ecco la cifra di Innocenti, dettagli che costituiscono una rete, una trama fitta che dà origine al contesto generale. Ma ciò che sembra reale perde invece questo suo carattere di autenticità proprio nell'equipollenza di tutti questi particolari. Ancora una volta Roberto Innocenti ci illude. Davanti a una sua tavola, non stiamo vedendo la realtà, ma una sua personalissima e distorta visione della stessa. 
Ed ecco la meraviglia che vince l'orrore e finalmente si fa protagonista.


Carla