CAPPUCCETTO ROSSO UNA FIABA
MODERNA, Roberto Innocenti, Aaron Frish
La Margherita 2012
ILLUSTRATI PER GRANDI (dai 10 anni)
"Avvicinatevi, bambini, e vi
racconterò una storia intessuta d'incanti.
I giocattoli possono essere
passatempi divertenti, ma una buona storia è pura magia. E non c'è
momento migliore di quando la pioggia bussa alla finestra.
Sappiate però, bambini, che le
storie sono come il cielo. Possono mutare, portarvi meraviglie,
sorprendervi proprio quando non avete addosso la giacchetta col
cappuccio.
Alzate lo sguardo, scrutate pure il
cielo, ma non saprete mai davvero quel che sta per arrivare."
È vero. Anche se è una nonna
meccanica a raccontarcela. Siamo effettivamente senza 'cappuccio' e
senza 'giacchetta' di fronte a questa storia: siamo scoperti, più
vulnerabili.
Ma nello stesso tempo siamo anche sorpresi, o più
tristemente facciamo finta di esserlo, di fronte a una foresta fatta
di palazzoni pieni di minuscoli appartamenti dove vivono centinaia di
persone differenti oppure di fronte a un sentiero che è fatto di
basoli sbrecciati, cartacce e lattine qua e là. Tanto più il
tragitto della giovane Cappuccetto si inoltra nel folto, tanto più
noi, con lei, siamo colpiti da mille insegne luminose, da mille
colori di cartelloni pubblicitari, scritte sui muri, macchine e moto
e persone che vedono ma non guardano. Il bosco, che anche nella
fiaba, è il cuore tenebroso del racconto, si trasforma in un enorme
e spaesante centro commerciale, pullulante di persone e di mille
colori che cancellano le pareti e lasciano spazio alle centinaia di
richiami pubblicitari.
Anche i sentieri deserti, ovvero vicoli
periferici, tra fili spinati e alti muri di mattoni, deserti non lo
sono mai del tutto: c'è se sempre qualuno che spia e controlla il
passaggio.
L'incontro con il lupo, o meglio con
gli sciacalli, è inevitabile anche se questa volta non hanno
quattro zampe per inseguirti, ma due robuste gambe che cavalcano
motorini e motorette. Il branco fa paura. Ma ad un passo dalla
tragedia entra in scena il cacciatore: non ha fucile ma una moto di
alta cilindrata, nera, nerissima. Conosce ogni scorciatoia, anche
quella che lo porta alla vecchia roulotte della nonna di Cappuccetto.
E così quello che sembrava un muscoloso cacciatore si trasforma in
feroce lupo...
Ma come ogni fiaba che si rispetti, bambini e ragazzi
non piangete prematuramente la scomparsa di nonna e nipote, perché
forse lo sceriffo di turno, sull'alba nascente, ha in mano il lieto fine. E la tv, testimone
onnipresente, una storia così proprio non se la può proprio perdere...
Un nuova Cappuccetto Rosso, niente
cestino, ma zaino, niente natura ma megalopoli, niente fiori ma
lattine vuote, niente casette nel verde ma baracche e alveari di
molti piani e molte parabole, niente lupi ma bulletti di strada,
niente cacciatori ma poliziotti dalla nuca grassoccia, rasata e
sudata.
Eccoci a a casa. Il Bronx (in onore
dell'editore americano?) o una delle degradate periferie italiane?
Forse tutte e due insieme. Di certo un concentrato dell'orrore in cui
spesso viviamo. Sporcizia, violenza, abbandono, solitudini, incuria
sono alcuni dei caratteri distintivi delle nostre grandi città.
Magari con un centro storico decoroso per accogliere il turista di
passaggio, ma abbandonate e pericolose le periferie. Ogni ragazzino o
ragazzina, ogni donna, ogni vecchio - non importa se indossano il
costume d'ordinanza con il cappuccetto rosso - è in potenziale e
costante pericolo come lo è la fanciulla che Perrault raccontò alle
dame della corte di Francia, a cavallo tra Seicento e Settecento o
come fecero i due fratelli Grimm che di lei e di sua nonna ebbero
pietà, mandandogli in soccorso il baldo cacciatore.
Questa è la Cappuccetto di Innocenti (Hans Christian Andersen Award 2008 per l'illustrazione), Perrault e Grimm assieme ,
questa è la nostra.
Il lupo, travestito da cacciatore, è
quasi una comparsa di fronte al vero protagonista pericoloso della
storia: l'insidioso e subdolo quanto martellante richiamo
pubblicitario o commerciale. Ad ogni angolo sembra dire: Guardami,
sono il migliore. Compra me, non potrai mai più vivere senza...
Con un gusto quasi ossessivo per il
colore rutilante, contrapposto al fosco e al grigio della periferia,
con un gusto macabro nel rievocare faccioni a noi noti che si
ostinano a riproporsi di fronte ai nostri poveri occhi, lo scenario
urbano suggerisce un 'voyeurismo' perverso nel lettore che può
letteralmente perdersi per lungo tempo nel cogliere ogni minimo
dettaglio anche nell'angolo più remoto. Dettagli, ecco la cifra di
Innocenti, dettagli che costituiscono una rete, una trama fitta che
dà origine al contesto generale. Ma ciò che sembra reale perde
invece questo suo carattere di autenticità proprio nell'equipollenza
di tutti questi particolari. Ancora una volta Roberto Innocenti ci
illude. Davanti a una sua tavola, non stiamo vedendo la realtà, ma
una sua personalissima e distorta visione della stessa.
Ed ecco la
meraviglia che vince l'orrore e finalmente si fa protagonista.
Carla
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