mercoledì 26 novembre 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

...(R)ESISTERE ALLA PIOGGIA 


Criniera arruffata, serrande abbassate, cappuccio nero calato in testa, Zebrina affronta giorni un po’ tristi. Meno male che la zia piccola decide di mandarle un regalo di compleanno in anticipo. E siccome zia è un po’ pazzerella, il suo non è un regalo qualsiasi, ma un armadio magico, capace di fornire ogni giorno un completino diverso che Zebrina potrà indossare con una certa soddisfazione. 
Certo dovrà avere cura di lavare i vestiti ogni sera e fare attenzione alla pioggia, ma cosa vuoi che sia, a confronto della possibilità di indossare nuovi vestiti? 


Il mattino successivo Zebrina schiude le antine con la dovuta eccitazione e indossa con gran gusto i vestiti che il magico mobile le fa trovare pronti. E, sarà che la salopette ha sempre fatto tanto campagna, vuoi che ogni vestitino (tanto più se non devi fare la fatica di assemblare combinazione e modelli) ha il potere di trasformarci un po’: ecco che Zebrina decide, dopo molto tempo di casa e oscurità, di uscire per una passeggiata. A sera, le raccomandazioni della zia si concretizzano: gettati nell’acqua saponata, i vestiti si sciolgono come fossero fatti di zucchero. Le conclusioni di Zebrina sono semplici quanto ficcanti: essi possono essere indossati una volta sola. 


Stimolata e sostenuta dalle più svariate combinazioni di camicette, abiti, scarpe e foulard, Zebrina attende con nuova eccitazione i giorni successivi. La gonna a palloncino chiama la sala da tè, i pantaloni arancioni a zampa di elefante ispirano una gita in bicicletta, una camicetta di flanella introduce delle approfondite pulizie, un abito in lino color carbone fa subito pittrice; e quando dall’armadio spunta un grembiule…beh, Zebrina passa immediatamente a progettare la torta di cinque piani per il suo compleanno pregustando, oltre al dolce, la specialissima sorpresa del magico armadio. 


Il fatidico giorno, però, Zebrina trova soltanto un cappellino di carta. Disdetto in fretta e furia il festeggiamento, Zebrina si rifugia sotto le coperte. E lì, nell’oscurità, può sognare un risveglio tra i più attesi, quello in cui le sue strisce nere e il suo muso dentuto e un po’ sgraziato si tramutano nel manto opalescente di un unicorno, con tanto di criniera lucente e un corno lunghissimo piantato in fronte. Peccato per la pioggia…


Un paio di questioni mi hanno fatto tremare durante la lettura di quest’ultimo, denso lavoro di Baek. 
Primo: la rappresentazione dell’ombra come parte costituente dell’interezza di Zebrina. La campitura nera con cui apre l’albo, il passamontagna scuro calato sul viso, le inquadrature della protagonista, catturata spesso di spalle o in penombra…la mestizia di certi giorni incerti – che non sono certo esclusiva dell’adultità – viene raccontata con la delicata naturalezza di uno sguardo capace di abbracciare e restituire anche questo aspetto della quotidianità come fisiologico. Necessario, addirittura.


Nello stesso pacchetto stanno alcuni segnali di irriducibilità di Zebrina. 
La presenza del cappuccio a terra qui e là, ad esempio, ma anche l’inaudito coraggio di smantellare la festa di compleanno già organizzata: un atto passibile di maleducazione ed egoismo, ma che va letto qui come segnale preciso di rispetto del proprio sentimento non soltanto quando questo è roseo, zuccheroso, bello e accettabile, ma anche quando comporta spinosità ed allontanamento degli altri. 
Per molti, esercitare questa libertà sarebbe una conquista. 


Secondo: l’introduzione del concetto di irripetibilità come occasione di rivelazione di ciò che irripetibile non è. 
Attraverso i vestiti, la loro intercambiabilità, il loro potere di costruire e consolidare identità – senza tuttavia arrivare al vero e proprio mascheramento – si manifesta il sottile legame tra ciò che della persona è modificabile e ciò che invece è costante. Il cappuccio nero e lo smarrimento che rappresenta si rivelano essere il ponte da attraversare per ricongiungere due aspetti integrati dell’identità. 
I vestiti si sciolgono, i sogni si interrompono, ma Zebrina, con il suo manto a righe, la sua energia, esiste sempre. Non solo, è il suo corpo a riempire i vestiti, la sua dimensione spirituale a dare spazio a desideri, visioni e sogni. A volte capita la tristezza, è vero, ma anche questo fa parte del gioco.


Buon Compleanno! non è solo una storia sul tempo e sugli effetti che esso provoca su grandi e piccoli di giorno in giorno. È forse soprattutto un racconto che mette a fuoco il punto di equilibrio dove si toccano mutamento e identità. Perché l’infanzia è tradizionalmente il momento dello stupore assoluto, ma anche il tempo in cui quello che è certo muta repentinamente. Ed è questo che Baek riesce a raccontare in questo albo traversale: quel mischiarsi agrodolce di emergente consapevolezza e residuo incanto tipico di ogni momento di crescita. 
Uno spazio liminale dove si sperimenta, tra grazia e sconcerto, quel delicato equilibrio tra ciò che è momentaneo e ciò che invece rimane, imparando a (r)esistere se non addirittura ad apprezzare entrambi gli stati: i momenti irripetibili e i vestiti di sempre, quelli che non scompaiono mai, nemmeno quando piove. 


Giorgia 

Noterella a margine: che Baek sia autrice di una consolidata raffinatezza e sensibilità lo abbiamo già potuto notare in Le caramelle magiche , e in La fata dell’acqua e in Io sono un cane
Tuttavia fa sempre piacere potersi soffermare a gustare quei dettagli che amplificano la dimensione del racconto restituendo con discrezione gli strati della storia e dei personaggi. I pattini di Zebrina, cechovianamente appesi al muro con una certa indifferenza, i suoi sogni da unicorno, mai declamati, ma da scorgere lentamente, nella seconda o terza lettura, sullo sfondo del cellulare o nei quadretti appesi al muro riescono ad alludere a storie e personaggi che travalicano il confine della pagina e dell’albo stesso. Raro e bello. 


 “Buon compleanno!” Heena Baek, (traduzione di Dalila Immacolata Bruno), 
Terre di Mezzo Editore 2025 

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