Lento lentissimo, Jon Fosse, Lucio Schiavon (trad. Eva Valvo) 
Iperborea 2025 
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 
"Prendo la banana ed entro in cucina. 
'Mi hanno dato una banana'. 
La mamma è ai fornelli, non risponde. 
Ma in realtà non è vero che mi hanno dato una banana.
L'ho rubata, ecco. Oggi sono stato proprio cattivo. Non ero mai stato così cattivo. Se la mamma lo sapesse, farebbe la faccia spigolosa. Se lo sapesse, preferirei quasi che il papà fosse a casa. Ho rubato una banana a una vecchietta. E' successo proprio qua sotto, vicino alla stazione dei pompieri. Era una signora molto anziana, con il bastone e una borsa da cui spuntava una banana. 
'Ti hanno dato una banana? domanda la mamma. 
'Sì' rispondo." 
Le cose sono andate così: mentre tornava a casa questo ragazzino che va veloce perché in ritardo,  incrocia sulla sua strada una vecchietta che ha il suo cestino con la spesa in mano. Lui la sorpassa e vede che dalla sua sporta esce una banana. Da lì a desiderarla passa una frazione di secondo: la ruba e scappa, più veloce di prima, verso casa. 
La vecchina prosegue lungo il suo cammino lenta, lentissima senza accorgersi di nulla. 
Tornato a casa, trova sua madre con la faccia non ancora spigolosa - quella è la più temibile ed è meglio che quando la mette su ci sia anche suo padre - che lo rimprovera perché quando lei non lo vede arrivare al solito orario si preoccupa. 
Lei vede la banana e gli chiede da dove arrivi e lui per risponderle, le dice la prima bugia, dicendole - lei è di spalle in cucina che prepara da mangiare - che una vecchietta gliela ha regalata.
La madre sgrana gli occhi e poi dice la frase di rito: e tu l'hai ringraziata? 
Lui non se la sente di dire un'altra panzana, così ammette di non aver detto grazie a quella vecchietta lenta, lentissima. 
Bene, pensa sua madre togliendosi il grembiule per uscire con lui: non sarà difficile ritrovarla per strada, correrle dietro e ringraziarla... oh, beh beh! 
"Io faccio il possibile per scrivere ciò che non si può dire" questa è una frase che Jon Fosse ha usato per riassumere la sua poetica e leggendo questa sua prima storia per bambini, pubblicata in Norvegia nel 1989, non si può altro che assentire. 
Riassumiamo: questo ragazzino è ritardatario, è un po' ladro perché ha appena rubato una banana a una vecchietta. È un bugiardo perché a sua madre ha detto che è stata la vecchietta a regalargliela.
È un po' furbetto quando cerca in ogni modo di sviare l'attenzione di sua madre su altro, ossia l'arrivo a casa del tanto desiderato papà.
È un po' codardo perché capisce che succederà un bel guaio quando con sua madre troverà la vecchietta e quella cadrà dalle nuvole e sua madre farà due più due e la verità verrà a galla. 
Ma questo ragazzino ritardatario, bugiardo, furbetto e codardo è veloce di pensiero almeno di quanto lo è di gambe. Ma è anche onesto, a suo modo. 
Senza entrare troppo nel dettaglio per non rovinare la sorpresa davanti alla sua capriola per salvarsi, va detta una grande verità, anzi due. 
La prima: quel ragazzino di parole, carta e pennelli è proprio un bell'esempio di ragazzino in carne e ossa. 
La seconda: Jon Fosse non si preoccupa minimamente di mettere in una storia per bambini altri bambini che siano bugiardi, furbetti, codardi e ritardatari. 
Questo è un bello scarto. Credo che il Nobel per la letteratura nel 23 non glielo abbiano dato a caso. 
E a parte questo che è già tantissimo, secondariamente, si potrebbe anche notare che una casa editrice italiana, seppure lasciando maturare al punto giusto le coscienze italiane per più di trentacinque anni, si assume questo rischio e pubblica questo testo. Magari confidando che l'adulto compratore non sia troppo perbenista e bacchettone e che nella capriola finale riesca a cogliere il sapore di una redenzione. Quale di fatto parrebbe essere. 
E per voler sottolineare un ulteriore merito della medesima casa editrice, va detto che affidarne le illustrazioni a Lucio Schiavon, è stata proprio una bella mossa. Ma anche questa, piuttosto controcorrente. 
Schiavon è un assoluto drago della comunicazione visiva e se si conoscono un po' le sue opere di graphic design non ci si deve stupire che lavori per una committenza di altissimo livello. 
La sua sperimentazione artistica va in direzioni molto diverse, pur riuscendo a mantenere un tratto che lo rende inconfondibile, primo fra tutti i suoi occhioni, che sono l'espressività fatta disegno, i tagli prospettici che sono figli della sua passione per il fumetto, poi la palette di colori e quelle pennellatone o pennellatine che sono la risultante di una estetica pittorica che dice di aver eletto a canone e poi su tutto una grande libertà e gusto nel realizzare tutto nell'atto stesso del fare. 
Io non posso dire con certezza se Schiavon sia anche dietro la composizione del testo, ma presumo di sì. Mi sembrano bellissimi e significativi i blocchetti di testo che spesso hanno il valore della confessione e che mai entrano in contatto con il disegno, mentre invece quando la storia deve accelerare o focalizzarsi su un'emozione le frasi attraversano la pagina e passeggiano indisturbate sui disegni, in mezzo ai suoi grandi occhioni, per esempio. 
Bello! 
L'ultima cosa che mi pare geniale in questa storia è come viene raccontato il tempo. Senza parere è la spina dorsale di questa storia, laddove la lentezza della vecchietta e la velocità del ragazzino sono la chiave di tutto. Ma esiste anche un tempo ancora diverso, quello che dà cadenza alle emozioni. 
Una madre che marcia con le sue convinzioni e le sue regole da applicare, un ragazzino che è un fulmine a rubare e che lo è altrettanto nel trovare la soluzione al suo incipiente problema materno: e per farlo deve correre e anticipare il passo marziale di sua madre. 
E poi c'è lei, la vecchietta che scorre lenta, lentissima, verrebbe da dire inesorabile,  attraverso l'eternità. 
Gran libro, ripeto! 
Carla





 
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