venerdì 21 novembre 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

DOPPIO AH!

L'ometto a cui non piaceva nulla, Pépito Matéo, Irène Bonacina 
(trad. Eleonora Armaroli) 
Terre di Mezzo 2025 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Lo si sentiva mormorare il suo solito ritornello: 
che fastidio questo mondo, ha toccato proprio il fondo 
giran tutti come bestie, il tempo non è di mio interesse 
per non parlare poi del resto, che di certo io detesto 
che schifo qua, che schifo là, mamma mia che follia e così via! 
Quel giorno, a forza di borbottare e camminare - cosa che comunque non gli piaceva -, sempre con il naso all'ingiù, era uscito senza volerlo dalla città." 

Lui è fatto così: nulla gli piace. E di tutto si lamenta. Ma da quando? Che importanza può avere... 
Non ama alzarsi dal letto, né uscire di casa. Detesta i tombini grigiolini, l'immondizia e la sporcizia (come dargli torto?!). Non ama neanche gli animali e persino il sole lo infastidisce, al punto che con il dito inquisitore e il naso stranamente all'insù ha il coraggio di gridargli contro che lui della sua luce proprio non sa che farsene. 


E così il sole in punta di piedi esce dalla vita dell'ometto. Lo stesso fanno le nuvole, i monti, la terra e gli alberi: insomma, tutto quello che gli si para davanti in quella passeggiata in campagna piano piano sparisce dalla sua visuale. 
Togli questo e togli quello alla fine intorno a lui non rimane nulla: solo un gran silenzio. Un gran gran silenzio. Ma si sa che troppo silenzio, e anche troppo vuoto intorno, schiaccia sempre un po' e l'ometto comincia a preoccuparsi, e poi ad arrabbiarsi fino a davvero spaventarsi... 
"Che ti succede, ometto?"..."Vorrei vedere una stella brillare". 
Clic! 

Non è dato sapere se Irène Bonacina venga scritturata dai suoi editori per illustrare solo storie magnifiche, oppure se dipenda dal suo 'naso' nel scegliere di illustrare questa o quella, ma è un fatto che quando arrivano i suoi disegnini lievi, dietro c'è sempre un grande racconto. 
Anche in questo caso la sua presenza alle figure conferma che la storia di Pépito Matéo è molto ben concepita e scritta e, fortunatamente, anche molto ben tradotta. 
La scintilla che ha fatto venire in mente a Pépito Matéo di raccontare, e lui lo fa così bene, ai bambini la storia dell'ometto perennemente scontento è una signora scintilla, che viene da lontano, nel tempo e nei luoghi. 
Lui stesso lo racconta in poche righe nei risguardi: un cantastorie amerindo, incontrato in Luisiana durante un suo viaggio, gli racconta una storia che suo padre gli aveva raccontato perché a sua volta l'aveva sentita dal suo. 
E la storia diceva così: "tutte le mattine i nativi ringraziavano ogni cosa necessaria all'esistenza, in modo che nulla scomparisse sulla Terra." 
Come sempre dai nativi non possiamo fare altro che imparare. Sembrerebbe quasi che loro siano i depositari della memoria del mondo e resistano - quei pochi che non abbiamo sterminato - per testimoniare. 
La questione parrebbe bella grossa e può essere affrontata da vari lati. 


Senza voler fare un pippone filosofico, mi sembra che dietro alcune parole si possa comunque scavare un bel po' e arrivare a mettere in piedi bei discorsi: parole come ringraziare, cose necessarie, scomparire, nominare... 
Altrettanto interessanti sembrano essere i modi in cui tutto questo si è fatto libro. 
Il racconto di Pépito Matéo, ovvero il suo modo di scrivere, è figlio del suo mestiere di narratore, attore, appassionato autore di scrittura orale: lo hanno definito un 'maestro di parole'. E accipicchia se lo è! 
La lettura di questa storia la si potrebbe paragonare a una giovane pattinatrice che fa scorrere veloce le lame dei suoi pattini, si muove con sicurezza, accelera verso il centro del suo esercizio, e quando è lì fa salti e piroette in aria. E poi riatterra per chiudere in bellezza con un inchino. 
Se il testo, così pieno di poesia (con un sacco di rime) e di filosofia, letteralmente canta nel leggerlo ad alta voce, dimostra tutta la sua difficoltà nell'essere illustrato. 


Un paio di esempi di come anche la Bonacina pattini leggera con i suoi pennelli e la sua china: far sparire le singole cose che mette in elenco, senza mai diventare ridondante con il testo, senza farlo diventare didascalia. Ah! 
Per converso non cade nella trappola di costruire un catalogo visivo di oggetti che il testo nomina per vederli ricomparire. Ah! 
Ma soprattutto, dimostra un grande talento per aver saputo creare visivamente il vuoto, il nulla e il relativo silenzio. E di averlo creato nel suo divenire. Doppio ah! 
Ma lei è Irène Bonacina. 

Carla

Nessun commento:

Posta un commento