venerdì 17 giugno 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

'PRIMA, QUAND'ERO PICCOLO...'

L'ultimo giorno d'estate, Timothée De Fombelle, Irène Bonacina 
(trad. Maria Bastanzetti) 
Terre di mezzo 2022 


NARRATIVA ILLUSTRATA 

 "Il primo mattino, nel vento della prima discesa, le lacrime mi scivolavano dall'angolo degli occhi fino alle orecchie. Pensavo all'immensa estate che mi si stendeva davanti. Così lunga che non ne vedevi la fine nemmeno se ti arrampicavi sugli alberi. Adoravo i giorni che facevano giri lunghissimi per arrivare più tardi alla sera." 

Ogni estate, lo stesso. Prende il treno da solo, arriva alla stazione, scende e lungo il binario c'è solo lui e lo zio Angelo che è venuto a prenderlo. La casa dello zio sempre piena di cose, ogni anno di più ed è circondata da campi di mais. 
Le giornate questo ragazzino le passa sulla bici che lo zio gli presta. E pedala pedala e pedala e cerca di perdersi. 
Fino al giorno in cui ci riesce davvero e arriva a scoprire che lì c'è il mare. 


Grande, immenso gli riempie gli occhi. Corre, si spoglia e fa il suo primo bagno: quel giorno è tutta una sorpresa: anche quella bambina - Esther Andersen - che insegue sulla spiaggia il suo cane Boogie. Non si parlano, incrociano solo gli sguardi (lui nell'acqua, lei sulla spiaggia), ma nulla sarà più come prima. Ritrovare la strada di casa, arrivare da zio Angelo che già annotta con la gomma bucata e nessuna voglia di raccontare del mare e della bambina. E poi a letto, nessuna voglia di leggere un libro. Zio Angelo, aggiustata la bici, lo lascia ripartire e comincia così un lungo girovagare per giorni cercando di rivederla.


D'altronde "le vacanze sono come una spirale di una chiocciola, con la casa al centro, e cerchi sempre più grandi per tentare di arrivare al bordo...
E poi qualcosa succede... 

Di rado capita di leggere libri che siano così pieni e al tempo stesso così lievi,  così esatti, libri che contengano un racconto complesso a tal punto da rivelarsi capace di toccare il profondo di chiunque li legga, libri che mostrino anche nella forma una raffinatezza e un'armonia, che spuntano da ogni suo angolino più recondito. 
Di rado capitano libri perfetti. Beh, questo lo è.  A tal punto, che risulta difficile trovare un punto per prendere l'avvio e raccontarne. 
Partiamo dal topos letterario, quello dell'estate di un ragazzino che cresce. Esistono precedenti illustri che, come è giusto che sia, lasciano indietro tutto quello che è stato fino a ieri e mettono il protagonista a un punto di partenza ideale: da solo, senza genitori e senza routine cittadine, in compagnia di un adulto sapiente, accogliente e anche un po' complice. 
La storia gli mette a disposizione tutto lo spazio e soprattutto tutto il tempo possibile e necessario. Lo si dota di una serie di svaghi diversi dai soliti: scatoloni di libri sotto il letto, un monte di oggetti raccolti, una bici grande su cui crescere negli anni.
 

Insomma lo si mette nelle condizioni di passare delle belle estati. Un anno dopo l'altro. 
Ed è esattamente questo il punto di partenza che sceglie Timothée de Fombelle per raccontare. Ideale per un bel romanzo. 
Questo però non è un romanzo. Timothée De Fombelle ha scelto un contenitore diverso: un libro illustrato. 
Ha più pagine di un albo, ma è pur sempre un libro con le figure e con poche righe di testo. Quindi deve condensare tutto il senso della sua storia in due registri diversi: qualcosa di molto vicino alla prosa poetica da un lato e dall'altro il fumetto e una sorta di copione da leggere ad alta voce.
Che idea. 
Il terzo registro, invece, non dipende da lui ed è quello visivo che Irène Bonacina accorda con grande maestria. 


Il silenzio del testo su alcuni momenti importanti. Un silenzio che scende affinché trovi un suo senso attraverso le immagini che raccontano con la medesima delicatezza delle parole: per esempio di un cane ladruncolo e di una bambina gentile, oppure di un incontro desiderato con l'estate agli sgoccioli. Punteggia, davvero in punta di pennino, tutta la gamma di emozioni che Fombelle decide di attraversare: dalla meraviglia davanti all'acqua del mare lì, alla delusione di un incontro mancato.


Irène Bonacina fa molto di più: riempie ogni disegno di minuscoli dettagli - sia il gesto di una mano aperta che sfiora le spighe (chi non lo ha fatto almeno cento volte, di sfiorarle ed averne una fra i denti), sia lo scorrere del tempo su una bici che rimpicciolisce, sia lo zio in attesa sul binario (quelle mani in tasca e quel bavero alzato sono un piccolo capolavoro), sia lo stremo di trascinare una bici bucata con la paura del buio che arriva (quella testa abbassata nello sforzo...), sia lo sguardo pudico di un ragazzino prima dell'ultimo bagno della stagione. 
Non c'è pagina che non sia un solletico per richiamare alla memoria ricordi personali: le lacrime che ti entrano nelle orecchie, le zanzare tra i denti la sera pedalando, gli spaghetti al burro, la cartolina per mamma e papà. 
E qui entra in gioco la capacità che dimostrano entrambi di saper parlare una lingua universale in cui ciascun lettore adulto può riconoscere particole della propria esperienza e contemporaneamente ciascun bambino possa cogliere l'atmosfera di questo racconto, possa sentirne i sapori e gli odori che lo attraversano. Possa immaginare e riconoscere la propria esperienza, persino quella tattile, in quella sabbia in fondo alle tasche o sul carter della bici, appiccicata. 



Che libro.

 Carla

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