venerdì 17 maggio 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


L'AFFETTUOSA VICINANZA

Clown, Quentin Blake
Camelozampa, 2018


ILLUSTRATI

Per festeggiare 
il PREMIO ANDERSEN 2019 - MIGLIOR LIBRO SENZA PAROLE *

Comincia così: una signora di una certa età e di un certo piglio, filo di perle, tacchetti e grembiulino per le faccende, sta scendendo i pochi gradini di casa che la separano dalla strada. Ha in mano un mucchio di vecchi peluche malandati. Lo tiene a distanza da sé: con le braccia tese in avanti, sta per sbarazzarsene, buttandolo nel vicino bidone della spazzatura. Tra questi vecchi giocattoli, c'è un orsetto spelacchiato, un coniglio verde, un elefante e un pappagallo giallo e arancione e tutti finiscono tra torsoli e altri rifiuti. Tra loro anche un pagliaccio, un clown Bianco con il cappello a punta di rito, che ha la fortuna di finire sul bordo. Un colpo di reni ed è fuori dal bidone, con l'obiettivo di andare a cercare aiuto per salvare gli altri compagni.



Questa è la sua storia. 


La sua straordinaria storia che lo vede passare di mano in mano: da una festa in maschera di bambini a scuola, arriva in un lussuoso appartamento, poi, gettato di nuovo, evita per un pelo la bocca di un cane, atterra infine sul pavimento di una casa modesta dove una ragazzina sta consolando il pianto del suo fratellino in carrozzina. Soli in casa, i due bambini aspettano che la mamma torni la sera dopo il lavoro. Come tutti i clown Bianchi, anche questo è serio, con la sua lacrima dipinta sul viso, ed è determinato a portare a termine la sua missione: tornare al bidone per recuperare gli amici. Per farlo, ha bisogno di aiuto e l'aiuto è una merce che si può barattare con altro aiuto. Così come la cura...

Le motivazioni del Premio Andersen dicono questo:
* Per l’incalzante e serrato ritmo di una vicenda dove umorismo e poesia, denuncia sociale e invenzione fantastica si fondono mirabilmente insieme. Per essere un’opera per tutti ma, al tempo stesso, affettuosamente vicina al mondo magico dell’infanzia. Per la bellezza delle immagini di uno dei grandi maestri dell’illustrazione internazionale.
Se si procede con ordine abbiamo 1) il ritmo 2) l'umorismo 3) la poesia 4) la denuncia sociale 5) la fantasia 6) la bellezza delle immagini 7) la loro fusione felice. A questo si aggiunga l'ottavo elemento, ovvero che è una storia che sa essere bella per tutti. E poi si arriva al quid 'il mondo magico dell'infanzia' a cui Quentin Blake si avvicina 'affettuosamente'.
Ed è principalmente questo 'ente' - il mondo magico dell'infanzia - che merita un po' di ragionamento, come pure quel 'affettuosamente vicino'.
Se li si mette in sequenza: magia, infanzia, affetto e vicinanza mi sembra che si possa trovare una delle chiavi di lettura per spiegare la poetica di questo gigante, che è Quentin Blake. E nel contempo per spiegarsi proprio questa grandezza che gli ha fatto attraversare più di un cinquantennio di libri (oltre 300) senza mai perdere un colpo.


Mettere insieme la magia con l'infanzia può suonare spesso retorico e vuoto. E spesso questo avviene purtroppo, conferendo al termine magia un significato che ha a che fare più con la carineria o tutt'al più con il fiabesco, ma poco con lo stupore.
Nel caso di Blake però la magia dell'infanzia sembra piuttosto essere la constatazione di una alterità da parte di un adulto nei loro confronti. In altre parole riconoscerne la magia, ovvero l'inspiegabilità, lo stupore appunto nel non afferrarla mai completamente, significa accettare dell'infanzia la sua incommensurabilità. Dice Blake: Cerco di identificarmi con loro (i bambini) e non guardarli dall’alto con la benevolenza degli adulti. E questa è la prima mossa corretta. 
Il secondo passo, ovvero quell'avvicinamento affettuoso, in cosa consiste? Sta proprio in quel tentativo discreto ma costante di identificazione partecipe - affettuosa - a cui verrebbe da aggiungere anche una sua lunga militanza. La lunga militanza, per esempio, con i bambini e le bambine di Dahl e la lunga militanza con Dahl stesso e la sua personalissima e rivoluzionaria idea di infanzia. Non è facile capire quanto quei due si siano ibridati l'uno dell'altro, sta di fatto che entrambi hanno regalato al mondo un'immagine di bambine e bambini condivisibile e sperabilmente oggi accettata (ma sarà vero?). 
Entrambi sensibili e consapevoli dello spirito di sopravvivenza dei piccoli nei confronti degli adulti, entrambi lontani da ogni intento educativo, entrambi rivoluzionari nelle soluzioni narrative, entrambi sensibili agli aspetti sociali in cui far agire l'infanzia e quindi entrambi decisi a raccontare l'assurdo e la realtà con uguale rigore, sono forse quelli che di più hanno tentato di trasformare un immaginario. Quello degli adulti nei confronti dell'infanzia.
Se si torna a Clown in cosa consiste, di fatto, quell'affettuosa vicinanza. In cosa si concretizza? 
 

Mi sentirei di dire che è proprio la sensibilità a fare la differenza. Quella sensibilità che fa fare a Quentin Blake gli affettuosi disegni del Michael Rosen's Sad Book.
E in Clown come si esplica? In cosa è visibile? In molti elementi, ma per brevità ne citerei uno per i tanti. La convinzione che gli oggetti abbiano una loro vita. Ci vuole sensibilità, fede poetica per crederlo.
E Quentin Blake, semplicemente ce l'ha.
Intendiamoci, quando si parla di vita non si tratta di durata, ma di vita vera, quella che prevede il battito del cuore, il respiro, le emozioni, lo spirito, l'intelligenza, la fame, il sonno, il movimento ecc. ecc.
Quentin Blake condivide con i bambini questa fede profonda, di cui l'infanzia è sacerdotessa suprema, e che conferisce agli oggetti un'anima. Penso alla vita del bastoncino di Scheffler, al pallone di cuoio di Andersen o al suo soldatino di stagno. L'elenco sarebbe lunghissimo e meraviglioso (più che magico). Ad esso appartengono intere legioni di pupazzi, dal capostipite Puh, fino all'Orso di nome Sabato o al coniglio Tulane.
E tra loro, anche Clown.



Carla

Noterella al margine. Sarebbe stato bello poter ragionare della maestria del disegno di Blake, della sua freschezza 'ragionatissima', del suo magistrale uso del bianco della pagina... sarebbe stato bello, sarebbe stato.

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