lunedì 22 novembre 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA SOLITUDINE DEGLI OGGETTI

Oh!, Josse Goffin 
Kalandraka, 2021 


 ILLUSTRATI SENZA PAROLE 

Una mano che ti intima di andare verso destra, una tazza di cioccolata calda, un pesce, una molletta, una mela, una scarpa da uomo... 
Sono questi gli oggetti che occupano il centro delle grandi doppie pagine bianche. 
Disegnati con un tratto a matita che ne sottolinea il profilo morbido, colorati con pastelli grassi che lasciano trasparire una trama a righe sottili, quella che conosciamo come carta da pacchi, tutti loro nascondono un segreto. 
E un gioco di richiami che si scopre solo dopo un po'. 
Il segreto: la pagina di destra è doppia e si apre a sorpresa e quello che era il polsino di una mano indicatrice, diventa il polsino di una mano che tiene per la coda un coccodrillo. E metà di quella tazza di cioccolata calda disegnata al centro della doppia pagina successiva diventa la prua di una nave cargo. E la coda del pesce diventa la coda di un'anatra e le due punte della molletta di legno diventano coda di pesce e la mezza mela è diventata la schiena di qualcuno e la punta della scarpa... 


L'inevitabile taglio centrale della legatura del libro che tiene insieme, ma anche separa, i due fogli (quello di sinistra e quello di destra) - croce e delizia di molti illustratori - qui segna un confine tra ciò che è e ciò che può essere. 
E dà vita a una bellissima esperienza di disvelamento, pagina dopo pagina. Ma attenzione che in questa alternanza di ciò che vediamo e che poi vediamo trasformato in qualcosa d'altro si annida un altro gioco che ha molto a che fare con l'ordine degli oggetti che Goffin mette secondo una sequenza che potrebbe apparire casuale e invece non è. 

Pubblicato per la prima volta nel 1991 in Francia, Oh! vince il Braw nell'anno successivo e in quello dopo ancora viene pubblicato in Italia, da Emme Edizioni. 
Ora è Kalandraka che ha il merito di rimettere in circolazione questo prezioso libro d'artista che nel mondo intero ha avuto un grande successo e che a distanza di trent'anni ha ancora molto da dire e può ancora stupire - Oh! - a ogni giro di pagina intere schiere di bambini. 
L'idea di giocare con le forme che si trasformano o che diventano qualche altra cosa ha radici antiche e vanta prestigiosi esempi nelle migliore letteratura illustrata. Da Munari a Ungerer che ha giocato con scarpe o lumache, per esempio. Ma non vanno dimenticati neanche Eric Carle, con le sue code di animali, o la Agostinelli con Sembra questo, sembra quello... che gioca sull'equivoco dato dal particolare, poi smentito dalla figura intera. 
Volendo stabilire una radice comune, pare evidente che i grandi maestri hanno guardato ancora più indietro, al Surrealismo di Magritte. 


Con Munari, con Iela Mari, con Carle, ma soprattutto con Ungerer, ma anche forse con Folon, con Delessert, Goffin condivide un percorso formativo comune. 
La loro esperienza di graphic designer li tiene insieme e gli permette di avere uno sguardo particolare e in qualche modo diverso da quello che può essere quello di un illustratore puro. 
Il grafico non teme la solitudine degli oggetti sulle pagine e non teme di concentrare lo sguardo su una forma singola, grande e solitaria. 
Un grafico affida al profilo dell'oggetto la sua forza comunicativa. Affida il dialogo con il lettore non tanto alla narrazione quanto piuttosto alla purezza del segno che deve colpire all'istante per leggibilità. 


Al contrario, per mantenere desta l'attenzione ha bisogno di altro: necessaria è l'ambivalenza - o forse sarebbe meglio dire l'ambiguità - della forma. E qui, per Goffin che ha scelto questa strada, si rende necessario l'uso della pagina di destra con una grande ala che si solleva, poco più piccola della mezza pagina (onde evitare qualsiasi equivoco per il piccolo lettore e magari ritardare di un po' la piegatura involontaria degli angoli delle mezze pagine libere). 
Iela Mari invece ha lavorato sul profilo degli oggetti che si modificava impercettibilmente ma inesorabilmente, fino a diventare altro dal palloncino di gomma iniziale. Mentre Ungerer nascose forme di scarpe diverse e spirali di gusci di chiocciola in tutto quello che la realtà gli concedeva. L'occhio di lince di un bambino avrebbe fatto il resto. 
Goffin, belga di nascita, appartiene a una temperie culturale felicissima, ovvero quel nutrito numero di artisti, tutti nati intorno agli anni Trenta del Novecento, che hanno fatto della comunicazione visiva il loro linguaggio espressivo, fosse il design per copertine di dischi o manifesti politici o di stagioni teatrali, o fosse l'illustrazione per libri, riviste e giornali, poca differenza fa. 
Quello che conta è la qualità del pensiero che ne è alla base e la qualità del disegno. 


In questo Goffin non è stato secondo a nessuno. 
Restano solo due brevi considerazioni da fare. La prima: sarebbe bello vedere in Italia pubblicato anche Ah! che precede di un anno Oh! con cui condivide l'impianto, ma con una logica interna piuttosto diversa. 
La seconda: il grande silenzio che Goffin ha voluto intorno al suo libro, rigorosamente muto di parole, non potrà rimanere tale a lungo perché il piccolo lettore lo sonorizzerà inevitabilmente. Ma il grande che lo legge, quel silenzio dovrebbe rispettarlo fino in fondo, quanto meno per le due ragioni suddette. E in questa prospettiva, dovrebbe leggere il titolo - l'unico suono che il libro prevede - come si dovrebbe, ossia poco più che un respiro mozzato dalla sorpresa. 
Insomma, non avere paura di tutto quel bel bianco, di tutto quel bel silenzio; quindi tenere a freno le mani che indicano qui e là, togliendo la scoperta ai bambini che non sono cretini e non ne hanno bisogno, e togliendo anche tutte le altre interiezioni che non siano quell'unico e pulitissimo Oh! 
Il libro è talmente ben fatto che non ha bisogno di sostegni esterni. 

 Carla

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