CLICHY E CLICHÉ
Una storia senza
cliché, Davide Calì, Anna Aparicio Català
Edizioni Clichy 2021
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 4 anni)
"È la storia
di un cavaliere che andava a salvare una...
Ah no! Basta con i
cavalieri che vanno sempre a salvare le principesse!
È un cliché
sessista.
Le principesse sono
capacissime di salvarsi da sole!
Ok, ok, allora è la
storia di un cavaliere che andava a uccidere un drago cattivo...
Perché cattivo?
anche questo è un po' un clichè, no?"
Continua
così lo slalom di questo dialogo. Il cavaliere che salva una
principessa o uccide un drago sono entrambe soluzioni che non portano
a nulla. Forse è meglio dirottare il racconto nel Far West, pensa la
voce narrante, con un cowboy che spara a cavallo di un cavallo mentre
galoppa in un canyon. Ma anche qui la direzione presa non sembra
incontrare il favore di chi sta ascoltando e quindi alla sua
rimostranza che sono sempre i maschi i protagonisti, fa sì che il
narratore dirotti su una storia di una strega. Ahi, altra trappola:
perché le femmine nelle storie sono sempre principesse o streghe?
Si torna rapidi nel Far West e il cowboy è in realtà una ragazza
dalle lunghe trecce tutta vestita di rosa...
Il
cavallo sottodimensionato, un abbigliamento inadeguato sono tutti
ostacoli che fanno perdere smalto al narratore... che si dichiara
sconfitto e la storia passa nella voce di chi prima stava ascoltando.
Attenzione
però che chi non è bravo a fare lo slalom tra i cliché è anche
spesso e volentieri un bacchettone...
Ne
usciranno i nostri eroi?
Vincente
l'idea, di matrice rodariana, quella di tenere su una storia solo su
un dialogo.
Due
voci, fuori campo fino a due pagine dalla fine.
Nelle
orecchie torna l'eco di A sbagliare le storie
che ha fatto ridere legioni di ragazzini e ragazzine. Qui la
situazione è lievemente mutata, non c'è l'aggravante dell'errore
dettato da una memoria fallace di un nonno, ma invece l'inciampo
continuo di un probabile genitore che al tavolo da disegno sta
faticosamente mettendo insieme materiale per una storia da raccontare
e illustrare e come 'tester' usa una probabile figlia, decisamente
emancipata. L'altro elemento che con Rodari e la sua 'grammatica' ha
molto a che fare è il continuo ribaltamento, cambiamento di
direzione della narrazione, però sempre nutrito di un immaginario
condiviso: in questo caso, fiabe e western. D'altronde se tutto deve
ruotare intorno alla demolizione degli stereotipi, cosa c'è di
meglio? E visto che di cliché si parla la scelta si fa obbligata: da
un lato cavalieri e principesse o streghe delle fiabe e dall'altra
cowboy e saloon di un fumetto o un film western. Il gioco è tutto
lì, invertendo i due cliché si otterrà una ragazza cowboy o una
cavaliera. Salvo poi scontrarsi con il politicamente corretto di un
adulto e con le tisane alla verbena.
E a
questo non c'è rimedio.
La
cosa che colpisce in questo libro è il tono. Un tono condiviso che
vede da una parte Davide Calì e dall'altra Anna Aparicio Català
intendersi parecchio (peraltro sono già al loro terzo o quarto libro
insieme).
Speculare
al tono scanzonato che Davide Calì mette in bocca ai due
interlocutori, c'è quello folle delle illustrazioni.
Purtroppo
qui meno che altrove, la botanica invasiva di Anna Aparicio Català
(che tanto mi ricorda quella di Moreau o di Crowther, nella
stilizzazione delle forme e nel suo rigoglio) fa capoccella solo in
alcune tavole, tuttavia rimane la sua assoluta libertà
nell'utilizzare la doppia pagina come uno spazio in cui compiere le
proprie evoluzioni acrobatiche e cromatiche. Elementi che
giganteggiano, altri che si snodano con fare sinuoso, siano essi
chiome o sentieri nei boschi.
Su tutto si dipana una costruzione
dell'immagine molto complessa, piena di dettagli geniali, ben al di
là dell'assurdo: con bisonti che sonnecchiano sul tetto o cavalli
che servono dietro il bancone di un saloon.
Insomma,
il tutto è molto divertente! Molto allegro! Molto sottile in una
serie di snodi delicati e nel finale che non porta a niente, come
c'era da augurarsi che fosse, visto l'intento falsamente pedagogico!
E
chi deve intendere, intenda.
A
parte tutto ciò, un bell'esercizio di ironia, nella speranza che
anche gli adulti la sappiano cogliere. A tal punto che mi fa ridere e
mi pare divertente persino il fatto che un libro sui cliché lo
pubblichi Clichy...
Carla
Noterella
al margine. Se qualcuno non avesse intercettato mai una immagine di
questa giovanissima e talentuosa illustratrice catalana, sappia che
la ragazza cowboy la si può considerare una sua sosia su carta.
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