venerdì 16 luglio 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

CLICHY E CLICHÉ
 
Una storia senza cliché, Davide Calì, Anna Aparicio Català
Edizioni Clichy 2021


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
 
"È la storia di un cavaliere che andava a salvare una...
Ah no! Basta con i cavalieri che vanno sempre a salvare le principesse!
È un cliché sessista.
Le principesse sono capacissime di salvarsi da sole!
Ok, ok, allora è la storia di un cavaliere che andava a uccidere un drago cattivo...
Perché cattivo? anche questo è un po' un clichè, no?"


Continua così lo slalom di questo dialogo. Il cavaliere che salva una principessa o uccide un drago sono entrambe soluzioni che non portano a nulla. Forse è meglio dirottare il racconto nel Far West, pensa la voce narrante, con un cowboy che spara a cavallo di un cavallo mentre galoppa in un canyon. Ma anche qui la direzione presa non sembra incontrare il favore di chi sta ascoltando e quindi alla sua rimostranza che sono sempre i maschi i protagonisti, fa sì che il narratore dirotti su una storia di una strega. Ahi, altra trappola: perché le femmine nelle storie sono sempre principesse o streghe? Si torna rapidi nel Far West e il cowboy è in realtà una ragazza dalle lunghe trecce tutta vestita di rosa...
 
 
 
Il cavallo sottodimensionato, un abbigliamento inadeguato sono tutti ostacoli che fanno perdere smalto al narratore... che si dichiara sconfitto e la storia passa nella voce di chi prima stava ascoltando.
Attenzione però che chi non è bravo a fare lo slalom tra i cliché è anche spesso e volentieri un bacchettone...
Ne usciranno i nostri eroi?

Vincente l'idea, di matrice rodariana, quella di tenere su una storia solo su un dialogo.
Due voci, fuori campo fino a due pagine dalla fine.
Nelle orecchie torna l'eco di A sbagliare le storie che ha fatto ridere legioni di ragazzini e ragazzine. Qui la situazione è lievemente mutata, non c'è l'aggravante dell'errore dettato da una memoria fallace di un nonno, ma invece l'inciampo continuo di un probabile genitore che al tavolo da disegno sta faticosamente mettendo insieme materiale per una storia da raccontare e illustrare e come 'tester' usa una probabile figlia, decisamente emancipata. L'altro elemento che con Rodari e la sua 'grammatica' ha molto a che fare è il continuo ribaltamento, cambiamento di direzione della narrazione, però sempre nutrito di un immaginario condiviso: in questo caso, fiabe e western. D'altronde se tutto deve ruotare intorno alla demolizione degli stereotipi, cosa c'è di meglio? E visto che di cliché si parla la scelta si fa obbligata: da un lato cavalieri e principesse o streghe delle fiabe e dall'altra cowboy e saloon di un fumetto o un film western. Il gioco è tutto lì, invertendo i due cliché si otterrà una ragazza cowboy o una cavaliera. Salvo poi scontrarsi con il politicamente corretto di un adulto e con le tisane alla verbena.
E a questo non c'è rimedio.
La cosa che colpisce in questo libro è il tono. Un tono condiviso che vede da una parte Davide Calì e dall'altra Anna Aparicio Català intendersi parecchio (peraltro sono già al loro terzo o quarto libro insieme).
Speculare al tono scanzonato che Davide Calì mette in bocca ai due interlocutori, c'è quello folle delle illustrazioni. 
 

Purtroppo qui meno che altrove, la botanica invasiva di Anna Aparicio Català (che tanto mi ricorda quella di Moreau o di Crowther, nella stilizzazione delle forme e nel suo rigoglio) fa capoccella solo in alcune tavole, tuttavia rimane la sua assoluta libertà nell'utilizzare la doppia pagina come uno spazio in cui compiere le proprie evoluzioni acrobatiche e cromatiche. Elementi che giganteggiano, altri che si snodano con fare sinuoso, siano essi chiome o sentieri nei boschi. 
 

Su tutto si dipana una costruzione dell'immagine molto complessa, piena di dettagli geniali, ben al di là dell'assurdo: con bisonti che sonnecchiano sul tetto o cavalli che servono dietro il bancone di un saloon.
Insomma, il tutto è molto divertente! Molto allegro! Molto sottile in una serie di snodi delicati e nel finale che non porta a niente, come c'era da augurarsi che fosse, visto l'intento falsamente pedagogico!
 

E chi deve intendere, intenda.
A parte tutto ciò, un bell'esercizio di ironia, nella speranza che anche gli adulti la sappiano cogliere. A tal punto che mi fa ridere e mi pare divertente persino il fatto che un libro sui cliché lo pubblichi Clichy...
 
Carla


Noterella al margine. Se qualcuno non avesse intercettato mai una immagine di questa giovanissima e talentuosa illustratrice catalana, sappia che la ragazza cowboy la si può considerare una sua sosia su carta.


 

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