mercoledì 17 giugno 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

UGHM

Essere me, Luca Tortolini, Marco Somà
Kite Edizioni 2020


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Vivo in una casa così grande che molti non riuscirebbero nemmeno a sognarla.A due passi dall’oceano. La gente fa la fila per venire a stringermi la mano o anche solo per guardarmi.
Sono quello che viene definito un divo. Tutti pensano che io viva in un sogno da fiaba. Mi dicono 'come vorrei essere nei tuoi panni'.
Ma il mio più grande desiderio sarebbe andare in giro nudo. E non mi è permesso."

Neanche un momento libero, sempre qualcuno alle calcagna che suggerisce ciò che è meglio fare o dire. Qualcuno che gli tenga compagnia, che gli consigli cosa mangiare, come vestirsi: i fotografi potrebbero essere in agguato...
Anche sul lavoro, la libertà è un sogno. La pubblicità, i film, le interviste sono tutte cose impossibili da rifiutare, per non parlare delle feste a cui è utile presenziare. Tutto scritto, tutto programmato, tutto stabilito.
Anche in amore, nessuna libertà.
Il modo in cui tutto è cominciato non è stato per niente piacevole. Al contrario. Abbindolato da mille lusinghe, è stato sradicato dalle sue abitudini, la sua famiglia, i suoi alberi. 


Con la promessa di girare un film di cassetta, lo hanno caricato su una nave e portato in un ambiente ben diverso, una metropoli americana. Lungo e faticoso il lavoro di adattamento, lo studio della lingua, gli esercizi. Caldo, fatica e neanche un amico vero.
La solitudine incalza, nessuna notizia da casa, fanno sì che arrivi quello che si definisce il punto di non ritorno. Ed è proprio di un ritorno che si tratta. Un piroscafo che lo riporti a casa e che con il vento in poppa gli tolga di dosso tutto ciò che non è suo.

La morale di questa storia è presto detta e si riassume nella lettura in sequenza del titolo e della quarta.
Come se ci potessero essere dubbi, la dedica è a King Kong, quel gorilla portato via dall'Isola del Teschio perché ultimo esemplare della specie del Gigantopiteco. Nella realtà, King Kong non è un autentico gorilla, ma un personaggio inventato da Merian C. Cooper, un automa ricoperto di pelliccia di coniglio.
La storia del primo King Kong, film kolossal americano degli anni Trenta, è nota a tutti. Ed è anche risaputo a tutti che il personaggio, costruito perché colpisse l'immaginazione del pubblico, ma anche perché -con la sua triste storia- toccasse le corde più profonde dell'animo degli spettatori, è diventato immediatamente un mito.


Tortolini parte dalla corda profonda che si muove quando pensiamo a King Kong. Ovvero quando ci dimentichiamo l'automa, il modellino, l'animatrone di Rambaldi, e lo immaginiamo invece come un gorilla vero, enorme, strappato via dalla sua terra, l'Isola del Teschio, appunto, e dal suo branco. Questo allontanamento prevede inevitabilmente una rinuncia a essere se stesso, gorilla nella giungla, per essere invece quello che gli altri si aspettano che lui sia. Quando King Kong appare a tutti come una creatura fuori contesto, diventa subito mito nell'immaginario comune, però nessuno pensa al suo impaccio nell'indossare panni non propri. Nessuno si cura del peso che hanno le aspettative di chi ti circonda.


Ed è proprio su questo suo essere unico, diverso, che la celebrità mette radici e pretende un costo da pagare.
Fama alla quale è impossibile sottrarsi e che trasforma quella che fino a ieri era vita privata in vita pubblica, con tutte le suddette controindicazioni del caso. Ma qui si innesta la questione più profonda, ovvero quella della autodeterminazione, quell'essere me del titolo. A ogni costo.
Tortolini per rendere ancora più chiara e forte questa necessità si serve di una icona del nostro immaginario, il gorilla King Kong, perfetto per raccontare la difficoltà di essere se stessi, in una 'giungla' metropolitana. Lo strappo che lo trasporta da una vita all'altra è ancora più doloroso e la distanza tra passato e presente è ancora più grande.
Insomma passare inosservati e in più essere se stessi da gorilla a New York non è per niente facile. 


Nonostante Marco Somà, da par suo, faccia di tutto per 'ambientarlo' negli anni Trenta, corredando le tavole di ambienti, architetture, suppellettili, arredi, abbigliamenti, costruiti con ossessiva precisione e adatti a creare il giusto contesto, altrettanto cerca di smentirsi, disseminando bucce di banane o ramoscelli ovunque e giocando, altrettanto da par suo, sui dettagli che denunciano una tensione che si muove in senso contrario. L'altro gioco dialettico, altrettanto ben riuscito, lo stabilisce tra colore e bianco e nero, tra tavola piena e disegno libero a matita, sulla pagina bianca.
A queste interessanti tensioni, si aggiungono un bel po' di cose non dette a parole che sono disseminate nelle immagini: uccellini fedeli ma liberi, carte da parati allusive, lumi portati come souvenir, piroscafi con il nome adatto. 


Su tutto ciò, quella palette di colori che ormai è un marchio per Marco Somà. Con un po' di rosa in più.

Carla

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