mercoledì 5 agosto 2020

IL RIPOSTIGLIO (libri belli e impolverati)


IL LUOGO DELL'ANIMA

La casa sul lago, Thomas Harding, Britta Teckentrup
(trad. Carla Ghisalberti)
Orecchio acerbo 2020


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"Tanto tempo fa, c’era una piccola casa di legno sulle rive di un lago. Era stata costruita da un medico gentile e dalla moglie sorridente, perché entrambi, con i loro quattro bambini, volevano vivere lontano dalla frenesia della grande città. Coltivavano asparagi e lattuga e raccoglievano le uova delle loro galline.
Giocavano nel giardino e nuotavano nel lago.
La sera, il dottore si sedeva accanto al fuoco e leggeva storie ai bambini.
E quando tutta la famiglia dormiva, la casa tratteneva i loro sogni."

La casa era stata costruita alla periferia sudovest di Berlino sul lago di Groß Glienicke ed era subito diventata una casa di vacanze dove i grandi avevano i loro momenti di riposo e i bambini i loro momenti di gioco. Siamo alla fine degli anni Venti del Novecento. Groß Glienicke è un villaggio tranquillo per chi viene dalla grande città e da questa distante solo 40 minuti di viaggio.
Piccola, ma costruita e curata in ogni dettaglio, la casa è lo specchio delle persone che la progettarono e la costruirono.


Sono anni belli per la famiglia del dottore, Alfred Alexander, un affermato pneumologo di origine ebraica che ha il suo studio frequentato da personaggi come Marlene Dietrich o Albert Einstein. Per i quattro figli e per i coniugi Alexander, quella casa sulla riva del lago diventa un rifugio amatissimo. Ilse, la secondogenita, lo definisce il suo luogo dell'anima.
Tuttavia Groß Glienicke si trova per sorte in un punto così tanto strategico che quella calma e quella tranquillità non durano a lungo. Gli Alexander, per di più, sono ebrei.
Così, a partire dal 1933, tutti i membri della famiglia, uno dopo l'altro, fuggono da Berlino e abbandonano la casa sul lago. Nel 1936 sono ufficialmente rifugiati in Inghilterra. La casa resta vuota, ma non per molto. 
A un prezzo irrisorio, rispetto al suo valore, è Will Meisel a prenderla e ad abitarla con la sua famiglia. Compositore ed editore musicale ci vive fino al momento in cui anche per lui diventa pericoloso rimanere in Germania.
Groß Glienicke continua a essere al centro degli eventi: nel 1939 proprio da lì partono i mezzi blindati leggeri del 67° reggimento corazzato con l'obiettivo di invadere la Polonia. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, la casa sul lago sembra ancora essere un posto ancora relativamente tranquillo, sebbene già nel 1942 a pochi chilometri di distanza, lungo il Wannsee, si discute la famigerata Soluzione finale. 

 
È il 1943 quando anche Meisel viene richiamato a combattere e, per paura di finire al fronte, fugge con tutta la famiglia in Austria. Lascia le chiavi della casa al suo direttore artistico, Hanns Hartmann che, con la moglie ebrea, vi si nasconde per la durata di un durissimo inverno.
All'arrivo dei carri armati sovietici che stanno per occupare Berlino, oramai arresasi, fuggono anche loro e ritornano in città, pensando che le pareti di legno della casa di villeggiatura li avrebbero difesi peggio delle solide mura della loro dimora berlinese.


Passano alcuni anni, ma Groß Glienicke continua a essere centrale. Berlino è una città occupata. A due passi dal lago, c'è Gatow l'aeroporto britannico, base di uno dei tre ponti aerei che riforniscono i berlinesi del settore ovest.
E le stoviglie nella casa vuota tremano a ogni passaggio.
Per un periodo, la casa è occupata abusivamente, fino al momento in cui nel 1958 arriva Wolgang Kühne e la sua famiglia. Per un breve periodo informatore della Stasi, ma soprattutto guidatore di camion, Wolfgang in fondo è un uomo innocuo e tranquillo e si occupa con dedizione alla risistemazione della casa, che ne ha estremo bisogno. Fino al giorno in cui arriva l'esercito che lavora alla costruzione del muro che fa di Berlino un'isola in territorio di Germania orientale. Dalla visuale della casa sparisce il lago e si sentono solo i latrati dei cani. Se i suoi figli non possono più andare a fare il bagno, lo potranno fare i suoi nipoti, perché nel 1989 quella linea di confine fortificato viene smantellata. E la Germania non è più divisa.
Fino al suo ultimo giorno, Kühne ormai vecchio, cura la casa. E quando Ilse dalla Gran Bretagna torna a visitare, ormai novantenne, il suo luogo dell'anima, è a lui che intima - con il suo dito indice magro - di rispettarla e amarla. Lui lo farà, ma dopo la sua morte, inevitabilmente la casa sul lago viene abbandonata o abitata 'abusivamente' da uomini e animali.


Arriva il degrado e la natura si riprende il giardino. Ed è così che per la prima volta la vede, in pessime condizioni, il nipote di Ilse, quando nel 2013 arriva a Groß Glienicke.
Vuole guardare con i suoi occhi il luogo dell'anima della sua nonna.
Con un lungo e caparbio lavoro di restauro, con l'aiuto di tutta la Groß Glienicke di oggi, Harting è riuscito a farne un 'monumento' alla memoria: AlexanderHaus è oggi un centro per l'educazione e la riconciliazione.


Il cerchio si chiude. Thomas Harding dedica a questa casa ben due libri con il medesimo titolo: il primo è il romanzo pubblicato da Ponte alle Grazie nel 2016, ed è il racconto che lui, da storico, ha ricostruito attraverso testimonianze e documenti (ed è anche la fonte principale di quanto scritto testé).
Il secondo è questo albo illustrato.
La differenza tra i due testi, a parte l'aspetto formale e il pubblico a cui si rivolge, sta nell'oggetto messo a fuoco. Nel romanzo è la Storia, quella con la esse maiuscola, che tiene su la narrazione. E' lei che determina inevitabilmente le vicende umane di quelle famiglie, ma segna anche il destino di quel luogo che per sorte è al centro di una pazzesca sequenza di eventi.
Nell'albo illustrato, pensato per bambini e bambine, la Storia è sullo sfondo (salvo poi gettare molti ami alle curiosità storiche dei giovani lettori, nella breve introduzione e nelle appendici finali) e al centro c'è lei, la casa. 

 
Tutta la complessità dei personaggi che la abitano vengono smussate, perché il nocciolo del racconto si concentra solo su di lei. 
Tutte le luci e le ombre che nel romanzo sono affidate al racconto, qui sono nelle illustrazioni e non nelle parole.


Tutto nell'albo è filtrato al fine di rendere quel luogo pulsante e vivo e soprattutto testimone attento di ciò che accade dentro e fuori le proprie mura.
Della casa sul lago Harding racconta i rumori, i colori e le atmosfere.
Atmosfere. E in questa prospettiva, si rivela determinante la mano di Britta Teckentrup, che meglio di chiunque altro ha la capacità di trasformare in effettive luci e ombre il susseguirsi degli eventi. Che diventano luminose primavere, o inverni spenti.
È presumibile che la scelta sia caduta su di lei per la sua evidente sensibilità nel rendere palpabili le atmosfere (ma è stata davvero capace di dare forma all'anima di Ilse in quel gatto che scompare con lei e riappare solo per sovrintendere i lavori di restauro?).
Ma non solo: probabilmente anche per il fatto che Britta Teckentrup vive a Berlino e di quella città così particolare ne ha percezione viva e costante.
Al suo attivo ha circa un centinaio di libri, tradotti in 20 paesi, che declina secondo due stili tra loro piuttosto diversi. Da un lato i libri per i più piccoli e dall'altro, a lei decisamente più congeniale, uno stile molto più maturo e complesso. Per intenderci, la Teckentrup di libri come L'uovo o come Worauf wartest Du? o ancora il bellissimo Alle Wetter.
Questa differenza, spiega lei stessa, è il frutto di una evoluzione e di un lavoro di crescita artistica che l'ha impegnata per anni. A Londra ha studiato arte e illustrazione, ma il cuore è sempre stato rivolto alla pittura.
Al principio non era sua intenzione diventare illustratrice o autrice di libri per bambini; ne aveva solo fatto un mestiere per potersi mantenere. A interessarla era l'arte tout court, poi nel corso del tempo ha capito che le due attività potevano convivere sulla stessa pagina. Al principio però è stato difficile. Occorreva un editore coraggioso che scommettesse su quel tipo di illustrazione, di segno.
Jakoby & Stuart di Berlino lo è stato. E tutto è andato avanti.
Il suo lavoro sul colore è molto evidente e anche la tecnica usata è molto originale: si tratta d una tecnica mista di carta con particolari texture, collage e lavoro digitale. I primi libri, in verità, erano molto più dei collage puri. Le carte venivano stampate e poi ritagliate con forbicine da unghie. Con il tempo e l'esperienza, la tecnica si è evoluta e sebbene continui a stampare, ora le texture vengono scansionate e rielaborate a monitor, ottenendo effetti che rendono inconfondibili le sue tavole.
Come si può notare per tutto il libro, ama i grandi spazi e il vuoto. 


Dimostra una predilezione per il buio, le ombre e la loro ambiguità, più che non la luce piena. Infatti tutti i personaggi, animali compresi, ma anche oggetti come i panzer sono poco più che silhouette, e sono il frutto di una rielaborazione a computer che mette i diversi piani prospettici su un medesimo livello, ottenendo così quell'effetto particolare di sfocatura (un effetto che ricorda un po' lo sfumato leonardesco). 

 
Spesso silhouette e spesso ritratti di schiena per privilegiare il punto di vista che è comune a quello di chi legge.
Brava Teckentrup!
E, laddove questo non accade, a guardar quelle tavole abbiamo la sensazione di avere tra le mani una fotografia.
Una fotografia di un luogo dell'anima e di un tempo che è stato, ma non va dimenticato.


Poter discutere, attraverso la storia di questa piccola casa di legno che ha attraversato quasi un secolo, del senso che ha per ciascuno di noi il concetto di abitare, è occasione da non perdere.

Carla

Nessun commento:

Posta un commento