IL
LUOGO DELL'ANIMA
La casa sul lago,
Thomas Harding, Britta Teckentrup
(trad. Carla
Ghisalberti)
Orecchio acerbo 2020
ILLUSTRATI PER MEDI
(dai 7 anni)
"Tanto tempo
fa, c’era una piccola casa di legno sulle rive di un lago. Era
stata costruita da un medico gentile e dalla moglie sorridente,
perché entrambi, con i loro quattro bambini, volevano vivere lontano
dalla frenesia della grande città. Coltivavano asparagi e lattuga e
raccoglievano le uova delle loro galline.
Giocavano nel
giardino e nuotavano nel lago.
La sera, il dottore
si sedeva accanto al fuoco e leggeva storie ai bambini.
E quando tutta la
famiglia dormiva, la casa tratteneva i loro sogni."
La
casa era stata costruita alla periferia sudovest di Berlino sul lago
di Groß
Glienicke ed era subito diventata una casa di vacanze dove i grandi
avevano i loro momenti di riposo e i bambini i loro momenti di gioco.
Siamo alla fine degli anni Venti del Novecento. Groß Glienicke è un
villaggio tranquillo per chi viene dalla grande città e da questa
distante solo 40 minuti di viaggio.
Piccola,
ma costruita e curata in ogni dettaglio, la casa è lo specchio delle
persone che la progettarono e la costruirono.
Sono
anni belli per la famiglia del dottore, Alfred Alexander, un
affermato pneumologo di origine ebraica che ha il suo studio
frequentato da personaggi come Marlene Dietrich o Albert Einstein.
Per i quattro figli e per i coniugi Alexander, quella casa sulla riva
del lago diventa un rifugio amatissimo. Ilse, la secondogenita, lo
definisce il suo luogo dell'anima.
Tuttavia
Groß Glienicke si trova per sorte in un punto così tanto strategico
che quella calma e quella tranquillità non durano a lungo. Gli
Alexander, per di più, sono ebrei.
Così,
a partire dal 1933, tutti i membri della famiglia, uno dopo
l'altro, fuggono da Berlino e abbandonano la casa sul lago. Nel 1936
sono ufficialmente rifugiati in Inghilterra. La casa resta vuota, ma
non per molto.
A
un prezzo irrisorio, rispetto al suo valore, è Will Meisel a
prenderla e ad abitarla con la sua famiglia. Compositore ed editore
musicale ci vive fino al momento in cui anche per lui diventa
pericoloso rimanere in Germania.
Groß
Glienicke continua a essere al centro degli eventi: nel 1939 proprio
da lì partono i mezzi blindati leggeri del 67° reggimento corazzato
con l'obiettivo di invadere la Polonia. Allo scoppio della Seconda
guerra mondiale, la casa sul lago sembra ancora essere un posto
ancora relativamente tranquillo, sebbene già nel 1942 a pochi
chilometri di distanza, lungo il Wannsee, si discute la famigerata
Soluzione finale.
È
il 1943 quando anche Meisel viene richiamato a combattere e, per
paura di finire al fronte, fugge con tutta la famiglia in Austria.
Lascia le chiavi della casa al suo direttore artistico, Hanns
Hartmann che, con la moglie ebrea, vi si nasconde per la durata di un
durissimo inverno.
All'arrivo
dei carri armati sovietici che stanno per occupare Berlino, oramai
arresasi, fuggono anche loro e ritornano in città, pensando che le
pareti di legno della casa di villeggiatura li avrebbero difesi
peggio delle solide mura della loro dimora berlinese.
Passano
alcuni anni, ma Groß Glienicke continua a essere centrale. Berlino è
una città occupata. A due passi dal lago, c'è Gatow l'aeroporto
britannico, base di uno dei tre ponti aerei che riforniscono i berlinesi
del settore ovest.
E
le stoviglie nella casa vuota tremano a ogni passaggio.
Per
un periodo, la casa è occupata abusivamente, fino al momento in cui
nel 1958 arriva Wolgang Kühne e la sua famiglia. Per un breve
periodo informatore della Stasi, ma soprattutto guidatore di camion,
Wolfgang in fondo è un uomo innocuo e tranquillo e si occupa con
dedizione alla risistemazione della casa, che ne ha estremo bisogno.
Fino al giorno in cui arriva l'esercito che lavora alla costruzione
del muro che fa di Berlino un'isola in territorio di Germania
orientale. Dalla visuale della casa sparisce il lago e si sentono
solo i latrati dei cani. Se i suoi figli non possono più andare a
fare il bagno, lo potranno fare i suoi nipoti, perché nel 1989
quella linea di confine fortificato viene smantellata. E la Germania
non è più divisa.
Fino
al suo ultimo giorno, Kühne ormai vecchio, cura la casa. E quando
Ilse dalla Gran Bretagna torna a visitare, ormai novantenne, il suo
luogo dell'anima, è a lui che intima - con il suo dito indice magro
- di rispettarla e amarla. Lui lo farà, ma dopo la sua morte,
inevitabilmente la casa sul lago viene abbandonata o abitata
'abusivamente' da uomini e animali.
Arriva
il degrado e la natura si riprende il giardino. Ed è così che per
la prima volta la vede, in pessime condizioni, il nipote di Ilse,
quando nel 2013 arriva a Groß Glienicke.
Vuole
guardare con i suoi occhi il luogo dell'anima della sua nonna.
Con
un lungo e caparbio lavoro di restauro, con l'aiuto di tutta la Groß
Glienicke di oggi, Harting è riuscito a farne un 'monumento' alla
memoria: AlexanderHaus è oggi un centro per l'educazione e la
riconciliazione.
Il
cerchio si chiude. Thomas Harding dedica a questa casa ben due libri
con il medesimo titolo: il primo è il romanzo pubblicato da Ponte
alle Grazie nel 2016, ed è il racconto che lui, da storico, ha
ricostruito attraverso testimonianze e documenti (ed è anche la
fonte principale di quanto scritto testé).
Il
secondo è questo albo illustrato.
La
differenza tra i due testi, a parte l'aspetto formale e il pubblico a
cui si rivolge, sta nell'oggetto messo a fuoco. Nel romanzo è la
Storia, quella con la esse maiuscola, che tiene su la narrazione. E'
lei che determina inevitabilmente le vicende umane di quelle
famiglie, ma segna anche il destino di quel luogo che per sorte è al
centro di una pazzesca sequenza di eventi.
Nell'albo
illustrato, pensato per bambini e bambine, la Storia è sullo sfondo
(salvo poi gettare molti ami alle curiosità storiche dei giovani
lettori, nella breve introduzione e nelle appendici finali) e al
centro c'è lei, la casa.
Tutta
la complessità dei personaggi che la abitano vengono smussate,
perché il nocciolo del racconto si concentra solo su di lei.
Tutte le luci e le ombre che nel romanzo sono affidate al
racconto, qui sono nelle illustrazioni e non nelle parole.
Tutto
nell'albo è filtrato al fine di rendere quel luogo pulsante e vivo e
soprattutto testimone attento di ciò che accade dentro e fuori le
proprie mura.
Della
casa sul lago Harding racconta i rumori, i colori e le atmosfere.
Atmosfere.
E in questa prospettiva, si rivela determinante la mano di Britta
Teckentrup, che meglio di chiunque altro ha la capacità di
trasformare in effettive luci e ombre il susseguirsi degli eventi.
Che diventano luminose primavere, o inverni spenti.
È
presumibile che la scelta sia caduta su di lei per la sua evidente
sensibilità nel rendere palpabili le atmosfere (ma è stata davvero
capace di dare forma all'anima di Ilse in quel gatto che scompare con
lei e riappare solo per sovrintendere i lavori di restauro?).
Ma
non solo: probabilmente anche per il fatto che Britta Teckentrup vive
a Berlino e di quella città così particolare ne ha percezione viva
e costante.
Al
suo attivo ha circa un centinaio di libri, tradotti in 20 paesi, che
declina secondo due stili tra loro piuttosto diversi. Da un lato i
libri per i più piccoli e dall'altro, a lei decisamente più
congeniale, uno stile molto più maturo e complesso. Per intenderci,
la Teckentrup di libri come L'uovo
o come Worauf wartest Du?
o ancora il bellissimo Alle Wetter.
Questa
differenza, spiega lei stessa, è il frutto di una evoluzione e di un
lavoro di crescita artistica che l'ha impegnata per anni. A Londra ha
studiato arte e illustrazione, ma il cuore è sempre stato rivolto
alla pittura.
Al
principio non era sua intenzione diventare illustratrice o autrice di
libri per bambini; ne aveva solo fatto un mestiere per potersi
mantenere. A interessarla era l'arte tout court, poi nel corso del
tempo ha capito che le due attività potevano convivere sulla stessa
pagina. Al principio però è stato difficile. Occorreva un editore
coraggioso che scommettesse su quel tipo di illustrazione, di segno.
Jakoby &
Stuart di Berlino lo è stato. E tutto è andato avanti.
Il suo
lavoro sul colore è molto evidente e anche la tecnica usata è molto
originale: si tratta d una tecnica mista di carta con particolari
texture, collage e lavoro digitale. I primi libri, in verità, erano
molto più dei collage puri. Le carte venivano stampate e poi
ritagliate con forbicine da unghie. Con il tempo e l'esperienza, la
tecnica si è evoluta e sebbene continui a stampare, ora le texture
vengono scansionate e rielaborate a monitor, ottenendo effetti che
rendono inconfondibili le sue tavole.
Come
si può notare per tutto il libro, ama i grandi spazi e il vuoto.
Dimostra una predilezione per il buio, le ombre e la loro ambiguità,
più che non la luce piena. Infatti tutti i personaggi, animali
compresi, ma anche oggetti come i panzer sono poco più che
silhouette, e sono il frutto di una
rielaborazione a computer che mette i diversi piani prospettici su un
medesimo livello, ottenendo così quell'effetto particolare di
sfocatura (un effetto che ricorda un po' lo sfumato leonardesco).
Spesso
silhouette e spesso ritratti di schiena per privilegiare il punto di
vista che è comune a quello di chi legge.
Brava
Teckentrup!
E,
laddove questo non accade, a guardar quelle tavole abbiamo la
sensazione di avere tra le mani una fotografia.
Una
fotografia di un luogo dell'anima e di un tempo che è stato, ma non
va dimenticato.
Poter
discutere, attraverso la storia di questa piccola casa di legno che
ha attraversato quasi un secolo, del senso che ha per ciascuno di noi
il concetto di abitare, è occasione da non perdere.
Carla
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