Da oggi succede questo.
Si
inaugura una nuova rubrica dentro Lettura candita.
Prende
il nome dal titolo di un meraviglioso racconto di Saki.
E nasce dal
desiderio di togliere dall'oblio di un ripostiglio, quei libri di
orecchio
acerbo
(clic) che - per l'imbarazzo che nasce da un conflitto di interessi
patente - non hanno meritato a tempo debito neanche una riga su
questo blog.
Visto che l'imbarazzo è comunque inevitabile, la rubrica avrà una cadenza grossomodo semestrale e vacanziera, agosto e dicembre.
Visto che l'imbarazzo è comunque inevitabile, la rubrica avrà una cadenza grossomodo semestrale e vacanziera, agosto e dicembre.
Date
queste premesse, la rubrica si sarebbe potuta anche chiamare: In
punta di piedi, Tutto cambia, Vacanze o ancora Oltre il giardino.
Ma
non è successo.
L'elefante più
piccolo del mondo, Alvin Tresselt, Milton Glaser
Orecchio acerbo 2020
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 4 anni)
"Per strada,
tutti erano così occupati a correre qua e là che nessuno notò un
elefante delle dimensioni di un gatto di casa, cosa molto triste per
loro. Dopotutto, non capita tutti i giorni di vedere un simile
spettacolo!
Ma di lì a poco, un
ragazzino venne giù lungo la strada.
Anche lui era
occupato. Stava cercando di non calpestare le fessure del
marciapiede, così naturalmente non ebbe difficoltà nel notare
subito l’elefante più piccolo del mondo. 'Proprio quello che ho
sempre desiderato!' gridò il ragazzino, che si chiamava Arnold. 'Un
elefante delle dimensioni di un gatto di casa!' 'Meraviglioso!'
esclamò l’elefante. 'Perché quello di cui ho bisogno è proprio
una casa.'"
L'elefante
più piccolo del mondo, non più grande di un gatto di casa, è
fuggito dalla giungla indiana dove tutti gli altri animali si
prendono gioco di lui, perché è piccolo, perché è goffo. Sebbene
sappia fare tutto quello che gli elefanti sanno fare, in primis
barrire, ciò nonostante è lo zimbello di tutti. La decisione per
lui è presa: andarsene altrove in cerca di una casa.
Si
imbarca su un cargo e arriva nella grande città dove ha la fortuna
di incontrare Arnold, un bambino determinato almeno quanto lui.
La
madre di Arnold però non è d'accordo ad avere un elefante, seppure
grande come un gatto di casa. Come animale da compagnia, tutt'al più
accetterebbe un gatto.
Ed
è così che con le dovute 'modifiche' e un paio di lezioni,
l'elefante diventa almeno in apparenza un gatto. La madre non si
accorge di nulla, ma il topo fiuta l'inganno. L'elefante è
smascherato e deve andarsene immediatamente. Deve andare dove di
norma stanno gli elefanti: al circo. Ed è lì che fa il suo secondo
incontro fortunato. Tra gli artisti che lavorano sotto quel tendone
circo lavora L'uomo più piccolo del mondo. Tra i due scatta
immediata l'intesa. Questa volta duratura.
E
il povero Arnold perde di vista il suo elefante non più grande di un
gatto di casa? No, perché il direttore del circo ha in serbo per lui
una bella sorpresa...
Pubblicato
per la prima volta nel 1959.
Ha
la stessa età del capolavoro di Lionni, Piccolo blu e piccolo giallo
(e, modestamente, mia).
Nasce
in quell'America in cui, già da un decennio, molto era in
ebollizione nell'ambito dell'editoria per l'infanzia e più in
generale della grafica.
Se
prima della Seconda guerra mondiale era l'Europa a guidare la ricerca
e le avanguardie, con l'avvento del conflitto molti fuggirono in
America e fu lì che si crearono le condizioni ideali perché
attecchisse e fiorisse una nuova idea di libro illustrato, una nuova
idea di comunicazione visuale.
Milton
Glaser, il miglior graphic designer di sempre, era lì, al centro di
tutto questo fervore (reduce da una Fulbright a Bologna
sotto la guida di Giorgio Morandi che ovviamente lasciò un segno nel suo stile). Nel
suo studio, il Pushpin Studio, fondato nel 1954, circondato di più
interessanti grafici e illustratori di quegli anni.
Tutti
votati verso idee nuove e, spesso e volentieri, rivoluzionarie.
Erano
gli anni di Lionni alla rivista Fortune.
Glaser
era giovane, nel pieno di quella fase estremamente 'decorativa', come
lui stesso ha amato definirla.
Basterebbe
paragonare i ghirigori del suo pennino o il lettering in molte parti
di questo libro, con le forme sintetiche, asciutte, date da fogli a
colori piatti strappati a mano, che invece costituiscono
l'illustrazione del libro di Lionni, per capire l'ampiezza espressiva
di quegli anni d'oro.
È
sotto gli occhi di tutti, quanto Glaser si sia divertito nel
decorare, appena la pagina e la storia glielo consentiva, a partire
dal 'fiorito' frontespizio, attraverso le casse sul cargo, fino ai
pattern dei pavimenti e dei vestiti della madre di Arnold e del
direttore del circo. Per chiudersi con un decoratissimo frontalino
della casetta su ruote...
Anche se era agli inizi della sua carriera,
era già grandissimo nell'uso di uno degli strumenti di grafici e
illustratori: il colore.
Sono ancora tempi in cui occorre risparmiare
i costi di stampa e quindi Glaser sceglie due colori non primari, ma
opposti (cosa che li rende gradevolissimi all'occhio che nel
guardarli passa continuamente da quello caldo a quello freddo):
l'arancio, ovvero un rosso con del giallo dentro, e un verde che oggi
diremmo petrolio, ovvero con del blu dentro.
Dalla loro
sovrapposizione in percentuali diverse ottiene il nero e il terzo
colore del libro, quel verde marcio che punteggia le casse o che
viene usato per gli elefanti del circo. Nella nuova edizione
americana le cose sono andate diversamente: i colori puri che sono
stati usati sono tre, oltre al nero.
Ma
in quello stesso centro pulsante si muoveva anche Alvin Tresselt.
Grafico come Glaser e autore di una gran quantità di titoli, aveva
cominciato a pubblicare libri già più di dieci anni prima e aveva
già vinto la Caldecott Medal nel 1947 per il libro White
Snow, Bright Snow, illustrato da
Duvoisin.
Lo
stesso gusto che Glaser dimostra per il 'divertimento' grafico lo si
ritrova nel testo di questo libro. Tanto vibrano le illustrazioni,
tanto suona il testo, costruito su una serie di ritornelli che lo
rendono piacevolissimo a una lettura ad alta voce.
Il
nome dell'elefante diventa di fatto 'l'elefantepiùpiccolodelmondo' e
il ripetere che non è più grande di un gatto di casa, non solo è
miccia della partenza e del grande inganno, ma è vero e proprio
tormentone per tutto il libro.
Ma
se da un lato questo libro è lieve nel testo, diventa molto profondo
nei suoi significati. Proviamo a metterli in sequenza:
1)
Grande stima e rispetto del pensiero infantile che sa 'capovolgere'
le situazioni a proprio uso e consumo. Si noterà come in un amen il
bambino organizzi un piano contro la decisione materna. Si noterà
come il bambino sia in grado di accomodarsi nel destino avverso.
2)
L'osservazione dell'infanzia. Si noterà che il bambino per strada fa
una cosa che tutti bambini hanno fatto almeno una volta nella vita.
3)
Ironia nei confronti del perbenismo. Si noterà come la madre, che
peraltro Glaser si guarda bene dal rappresentare in volto, ragioni
esclusivamente tenendo conto del giudizio degli altri.
4)
La questione della diversità, trattata in una chiave non retorica.
Si noterà che gli animali della giungla indiana non ci fanno una
gran bella figura, al contrario dei loro omologhi del circo.
5)
Il senso di positività del finale che accontenta tutti, in una sorta
di moderno 'e vissero tutti felici e contenti', dove si dimostra che
ognuno ha diritto a un suo posto nel mondo.
Anche
se oggi qualcuno potrebbe storcere il naso al sentire che quel posto
è in un circo.
Grande
annata, il '59.
Carla
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