NON TUTTE LE CIAMBELLE
riescono con il buco...
Ho
acquistato un libro della serie 'Scuola di cucina SlowFood' sui
biscotti e piccola pasticceria e lì vi ho trovato la ricetta dei
Bùslanéin, tipiche ciambelle piacentine, dicevano.
Dato
che benché venuta da altrove, vivo da vent'anni in terra piacentina
mi sono stupita di non averle mai incontrate e ho anche fatto
riflessioni a partire da qui sugli strani percorsi in cui incontriamo
le informazioni.
Non
da un contatto diretto, come sarebbe stato logico ma attraverso un
testo redatto da persone che sono passate di qua. Un lungo giro per
tornare alla base. Peraltro è una cosa comune ormai dato il livello
di connessione tra i luoghi del mondo.
Visto
che in tutto questo mi mancava l'oggetto concreto mi sono messa a
farle, anche perché mi incuriosiva molto il passaggio della ricetta
in cui si dice che i biscotti vanno 'scottati in acqua bollente' come
i gnocchi.
Il
passaggio in acqua in effetti mi ha lasciato un po' perplessa perché
si sono molto rammolliti però alla fine il risultato sono stati dei
biscotti secchi (le mie non si può certo chiamarle ciambelle) buoni
soprattutto bagnati nel latte o nel vino dolce.
Però
volevo sapere se erano venuti come dovevano anche perché la ricetta
non era corredata da foto e allora ho chiesto ad un paio di vere
piacentine. La prima mi ha risposto che non le conosceva, la seconda
che il nome bùslanéin lo
conosceva ma non rispondeva al biscotto che le stavo facendo
assaggiare, senza però darmi informazioni più precise.
A
questo punto non mi restava che la ricerca in internet dove ho capito
che i veri bùslanéin hanno
origini antiche, sono ciambelle del peso esatto di 10 gr, sono
tipiche della Val d'Arda e/o Valtidone, ed un tempo venivano infilate
in cordoncini di nastro colorato che andavano a comporre una collana
che le ragazze del paese indossavano insieme all’abito
tradizionale, nel giorno di sagra e/o venivano regalate dai padrini
ai cresimandi.
Sulla
formula della ricetta ho trovato però un dibattito aperto: sì/no al
passaggio in acqua calda che però non deve essere bollente, lisci o
rugosi, con o senza farina e/o zucchero sopra. Niente di definitivo.
Quindi
vi riporto la mia esperienza a partire dalla ricetta di SlowFood e
lasciamo che per altri percorsi arrivi o meno quella vera.
Ingredienti
(per 20 pz)
200
gr di farina
90
gr di zucchero
50
gr di burro
1
uovo
8
gr di lievito per dolci
la
scorza di 1 limone
sale
Ho
disposto la farina a fontana e ho messo al centro il burro a pezzetti,
lo zucchero e poi l'uovo, il lievito, la scorza grattugiata di limone
e il sale. Ho poi impastato aggiungendo acqua sufficiente ad ottenere
un impasto morbido ma consistente.
Da
qui ho ricavato delle biscioline di 10 cm circa di lunghezza e un
dito di spessore che ho chiuso bene a ciambella.
E
qui viene il tuffo in acqua. La ricetta diceva di buttarle in acqua
bollente e tirarle fuori appena venivano a galla. E così ho fatto.
Il passaggio ha prodotto una schiumosità superficiale interessante,
ma le ha rese anche molto fragili e mollicce, il che mi ha impedito
di rotolarle nella farina come invece veniva indicato. Ho solo fatto
scolare il più possibile l'acqua, le ho disposte su una placca da
forno un po' distanziate in previsione della lievitazione e le ho
cotte a 180° per circa 20 minuti, fino a che non sono state ben
dorate, come raccomandato.
Il
risultato lo potete vedere nella foto: biscottoni un po' piatti e
molto rugosi leggermente aromatizzati al limone ottimi come già
detto per la colazione o il vino dolce.
Gabriella
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