venerdì 26 aprile 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL MESTIERE DELL'ARTE

Il bambino tutto solo, Roland Topor
Vanvere Edizioni 2019


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 6 anni)

"C'era una volta un bambino che viveva tutto solo... nel cavo di un albero in mezzo alla foresta.
Non aveva né padre né madre.
Non parlava mai e non aveva nemmeno un nome, perché non c'era nessuno a chiamarlo."



Ogni sera arrivava un uccello con un paniere di cibo nel becco. 



Tra una visita a l'altra però lui si annoiava. Tutto cambia un giorno quando il bambino trova per terra una piuma di quell'uccello e se la metta come avrebbe fatto un indiano.
La grande novità è che ora intorno a quell'albero sono in due: il bambino e l'indiano. Dividono e spartiscono tutto: insieme giocano, si azzuffano e soprattutto si contendono la giovane principessa che l'uccello un giorno qualsiasi ha scaricato dal paniere. Per avere il suo amore il bambino e l'indiano farebbero di tutto. E quando lei, malinconica, sogna di tornarsene al suo castello, entrambi le promettono di ricondurla dal padre. Litigano forte tra loro per la supremazia e nella zuffa la piuma va persa. Senza di lei, non c'è più neanche l'indiano e tutto ritorna come era un tempo: silenzio e solitudine e albero cavo. Finché un giorno un taglialegna passa di lì, e lo prende con sé.
E di nuovo tutto cambia.

Ecco. La chiave forse che rende un libro migliore di un altro sta proprio in questo cambiamento che porta in sé: un movimento, talvolta una giravolta, che sposta i connotati della questione e necessariamente costringe l'osservatore a impostare un nuovo, e inedito, punto di osservazione.
Direi che questo è il mestiere dell'arte.
Topor di cose ne ha spostate un bel po'. 

Copertina di Graphis N° 151  1970
Basta scorrere rapidamente i suoi disegni per rendersi conto del suo originale modo di leggere il mondo. Lui stesso ha più volte dichiarato insopportabile la realtà e ha suggerito il gioco come unico rimedio praticabile per resistere al suo peso:
"La realtà in sé è orribile, mi dà l’asma. La realtà è insopportabile senza gioco, il gioco consente una immagine della realtà. Io non posso perdere il contatto con la realtà, ma per sopportarla ho bisogno di questo gioco astratto che mi permette di trovare quello che può essere ancora umano.

Prisoners of Conscience 1977

Da qui, viene naturale creare un legame con il Surrealismo, in cui Topor ad evidenza radica. E se si chiama in causa il Surrealismo non è possibile non chiudere il cerchio chiamando altrettanto in causa l'infanzia e la lettura istintivamente 'surrealista' che della realtà fanno i bambini, e per l'appunto attraverso il gioco.
Se ne deduce che Topor, se messo in mano a ragazzini e ragazzine, si rivela molto adatto a loro. Semplicemente perché linguaggio e visione sono condivisi.
Il lato perturbante, qui lievemente sadico, di Topor, che tanto me lo fa amare e avvicinare a Gorey, se offerto a dei giovani lettori potrebbe potenziare l'affinità di cui sopra, sempre che superi il vaglio 'moraleggiante, perbenista, politicamente corretto e protettivo' degli adulti.
Facciamo finta che (!) l'adulto non si curi del fatto che questo bambino sia solo, non si preoccupi del suo sdoppiamento, non si allarmi del fatto che nel libro si succedono diverse scazzottate, e non si turbi se l'oggetto del contendere è una 'femmina', per di più principessa. E speriamo anche che l'adulto in questione conosca almeno un po' l'arte di Topor e la riconosca come tale. Ecco, date tutte queste condizioni, il libro potrebbe arrivare serenamente nella mani di un bambino o di una bambina.
Cosa piacerebbe a loro?
In ordine:
1) La sconfinata solitudine in cui agisce il protagonista. Un vero alieno che ha preso casa in un albero.
2) La semplicità del vivere. Occorre un tronco cavo, un corvo puntuale e generoso. Una banana ogni tanto. Degli abiti. E una buona dose di immaginazione.

 
3) La fiaba (c'era una volta) e l'oggetto magico. La piuma che accende l'immaginario temporaneamente sopito, e la principessa, immancabile simbolo per eccellenza.
4) La sostanziale autonomia di pensiero delle principesse.


5) Il gioco, di ruolo. Il facciamo finta che che diventa immediatamente realtà. Lo so che è un gioco, ma ci credo.
6) L'onnipotenza, ovvero essere senza sforzo contemporaneamente molte persone diverse.


7) La sfida. Combattere e guerreggiare per vincere. Non per partecipare.


8) La seconda possibilità. I bambini, se lasciati fare, sono maestri delle sconfitte e, nella continua ricerca di un percorso che si riveli per loro vincente, apprezzano molto le seconde possibilità che vengono loro offerte per ritentare.
9) Una mano sulla testa. Qualcuno che, nel momento estremo, arrivi a salvarli, riconoscendo l'urgenza del caso.



10) C'è un tempo per ogni cosa. Avere ben chiaro nella testa che c'è il tempo per l'amicizia, per la lotta e poi anche quello per l'amore.
11) L'economia, ovvero il percorso più dritto per arrivare al dunque. Anche a costo di sacrificare un po' di realismo sull'altare dell'assurdo.
12) Il nitore. Di testo e figura. La loro 'luminosa chiarezza'. Nulla abbonda (meno di 400 parole, una pagina bianca ogni due), tutto quello che si vede è semplicemente necessario.
13) Il lieto fine...è pur sempre una fiaba, o no?

Più di una dozzina di ragioni per farlo arrivare nelle mani giuste.



Carla


Nessun commento:

Posta un commento