Björn. Una primavera di scoperte, Delphine Perret
(trad. Maria Bastanzetti)
"Come ogni
anno, prima di andare a ispezionare tutto ciò che durante l'inverno
potrebbe essere cambiato, Björn fa qualche passo davanti alla sua
caverna e stiracchia ben bene le dita dei piedi. Quest'anno,
nell'erba accanto a lui c'è un carapace."
Si
è appena svegliato, dimagrito e con la bocca impastata. Come accade
sempre dopo un lungo sonno come è quello del letargo. Appena fuori
dalla sua caverna c'è una tartaruga di passaggio con cui l'orso
Björn si incammina per fare una passeggiata in avanscoperta. Insieme
vedono cose che prima non c'erano e incontrano vecchie conoscenze.
Insieme si chiacchiera dell'inverno appena trascorso, sotto una
pioggia di petali di fiori di ciliegio. L'erba sta diventando verde e
soffia un venticello tiepido.
Signori,
è arrivata la primavera. E quando c'è un'arietta così piacevole e
tiepida è bello muoversi un po' ed è facile fare incontri diversi:
un telefono perduto con un ultimo cincino di batteria (lo stretto
necessario per chiamare anche una pizzeria), un picnic e un giro
sull'autobus 43 con gli amici di sempre, un appuntamento fissato in
città con Ramona, bambina che lo invita in piscina.
Quando poi la sera si torna a casa è bello trovare posta in cassetta.
Ci
sono libri necessari. Necessari per la direzione contraria che
indicano, per la voce diversa che hanno.
La
loro urgenza di esistere è direttamente proporzionale alla loro
rarità.I libri di Björn, questo è il secondo, appartengono a questa categoria.
In
cosa si concretizza il loro essere anomali? Il tono, il ritmo, il
contesto e il testo, il disegno.
Il tono è basso, quasi un sussurro. Non si ride a crepapelle, non ci si commuove (forse solo qualche adulto particolarmente sensibile), ma piuttosto si racconta ciò che lo sguardo incontra, si dà voce a qualche pensiero, talvolta molto profondo, si fa festa, si sta assieme -orsi, tassi, lepri, volpi, cince - con la più grande semplicità. Tutto avviene senza strepiti e la vita scorre in una sorta di armonia pervasiva e permanente, data forse dalla consapevolezza interiore di ciascuno di loro di essere parte di un gioco più grande e, in qualche modo, superiore e misterioso. Riconoscerlo, può solo giovare.
Il
ritmo, seconda anomalia, ovviamente è specchio di questo tono basso.
È un ritmo lento, pieno di indugi, che permette di percepire ciò in
cui ci si trova immersi, che permette e assicura a tutti i personaggi
di Björn delle serene relazioni interpersonali, fatte di rispetto e
sincero affetto. Il ritmo così pieno di lentezza dà loro
l'opportunità di godere dello stare insieme, e di condividere
emotivamente delle esperienze comuni o messe in comune, attraverso il
racconto.Il tono è basso, quasi un sussurro. Non si ride a crepapelle, non ci si commuove (forse solo qualche adulto particolarmente sensibile), ma piuttosto si racconta ciò che lo sguardo incontra, si dà voce a qualche pensiero, talvolta molto profondo, si fa festa, si sta assieme -orsi, tassi, lepri, volpi, cince - con la più grande semplicità. Tutto avviene senza strepiti e la vita scorre in una sorta di armonia pervasiva e permanente, data forse dalla consapevolezza interiore di ciascuno di loro di essere parte di un gioco più grande e, in qualche modo, superiore e misterioso. Riconoscerlo, può solo giovare.
Tono e ritmo prendono, o forse sarebbe più giusto dire danno forma a un contesto talmente scevro da sovrabbondanze che diventa quasi primordiale, archetipico. Certamente universale.
Il bosco di Björn rappresenta l'idea di bosco. Ovvero luogo naturale per eccellenza, microcosmo originario.
E non a caso in queste ultime sei storie che si concedono diverse 'escursioni' nella vita vera, convulsa e rumorosa (il piccolo telefono, per il tempo della sua breve vita, rende immediatamente 'agitate' anche le relazioni tra gli amici di Björn. Salvo poi morire per esaurimento della batteria, permettendo così di ristabilire, la precedente armonia e lentezza), si apprezza sempre tanto il ritorno a casa, nella pace e nei pochi suoni tra gli alberi e l'erba.
Il bosco di Björn tanto mi ricorda il bosco di Tellegen: luogo dove il pensiero ha tutto l'agio di potersi esprimere, dove l'umanità -quella filosofica- trova parola, anche sotto mentite spoglie.
Testo e contesto qui sono felicemente allineati: si parla poco, ma con parole che trovano peso e leggerezza nel loro essere molto pensate, felicemente tradotte, e misurate.
Ultimo ma non ultimo il segno. Anomalo, nella sua timidezza, eppure di enorme efficacia e coerente con testo e contesto. Mai preponderante rispetto alle parti scritte in quel sottile maiuscolo, dedicato a quanti sono primi lettori e lettrici. Delphine Perret è maestra di sintesi. Basta guardare le tante cose belle che ha disegnato e scritto finora.
Riflessione finale sulla necessità di libri del genere.
Carla
* Björn, primo volume, è in concorso per il Premio Scelte di classe - Leggere in circolo.
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