TRAGEDIA A RITMO DI UN RAP
‘La lunga discesa’, opera del 2017
di Jason Reynolds, appena pubblicata da Rizzoli, è a dir poco
spiazzante: scritto in versi, cui la traduzione italiana non può
essere completamente fedele, è il racconto sincopato di una discesa
ineluttabile verso l’inferno da parte di un ragazzino
afroamericano, Will, a cui è stato appena ucciso il fratello.
Nella giungla urbana ci sono tre regole
che devono essere sempre rispettate, soprattutto davanti ad un lutto:
non piangere, non fare la spia, vendicarsi.
Ma Will non è ancora pronto, non sa
come fare a vendicare la morte del fratello Shawn, il cui corpo giace
ancora caldo sul selciato.
Comunque sia, sa che deve farlo, deve
uccidere l’assassino di suo fratello, che pensa di aver
individuato in Riggs, un vecchio amico passato a una gang rivale.
Prende la pistola di Shawn, ben
nascosta in un cassetto, e prende l’ascensore per scendere
dall’ottavo piano, dove abita. A ogni piano sale una persona, che
via via il protagonista riconosce come un personaggio fondamentale
della sua vita, lo zio, il padre, l’amica d’infanzia, infine il
fratello: si proprio lui, quello appena morto, perché ciò che lega
tutte queste persone, oltre ai rapporti affettivi, è la morte, sono
tutti morti ammazzati, tutti morti in ossequio alla legge della
giungla urbana, in cui si spara prima di pensare, prima di sapere se
stai davvero uccidendo la persona ‘giusta’. Ciascuno di loro
racconta la sua storia, come è potuto succedere il ritrovarsi a
terra col corpo attraversato dai proiettili. Da questi racconti
emerge l’insensatezza di una ‘legge’ che non lascia scampo,
che segna un destino ineluttabile, foriero di lutti. E quando
l’ascensore arriva al piano terra , Will dovrà scegliere se
seguire quel destino o sottrarvisi.
Jason Reynolds ci regala una storia
potente, nera, disperata, con un unico barlume di incerta speranza,
che qualcuno possa prima o poi sottrarsi al proprio destino.
In un linguaggio scarno, ritmato,
ripetitivo, ci viene descritta la vita degli afroamericani poveri,
quelli che vivono di spaccio e di espedienti, il cui teatro è la
strada, dove a fatica devono conquistarsi un posto. Persone normali,
in fondo, con un universo di affetti destinati al dolore, con le loro
manie, i gusti, gli orologi di marca o la maglietta all’ultima
moda. Ma nessuno di loro può sottrarsi alla legge primitiva che
chiede vendetta, che genera a sua volta altre vendette e altre morti
e dolore e solitudini. Le gang, le loro leggi tribali, le prove di
coraggio e le pistole.
Will, prima di affrontare la sua prova,
rivede i destini tragici dei suoi familiari, degli affetti più
cari; capire l’inutilità di tutto questo è possibile, è
possibile avere un’altra prospettiva di vita?
L’autore ci lascia con questo
interrogativo, lui che dedica il libro ai ragazzi e le ragazze
afroamericani che affollano i centri di detenzione, tutti figli della
legge della giungla urbana.
E’ un libro dal forte impatto
emotivo, che trasuda dolore, povertà, ignoranza. La sua lettura
richiede un lettore, o lettrice, maturi, dai quattordici anni in su.
Bella la copertina che inquadra una
pulsantiera graffiata e sporca e le pagine interne in cui le parole
sembrano graffiti estemporanei, sfondo perfetto per una storia di
degrado e solitudine.
Reynolds si conferma scrittore di
talento, capace di esplorare territori diversi, linguaggi diversi.
Da leggere in un giorno di sole, con un
cielo pieno di rondini.
Eleonora
“La lunga discesa”, J. Reynolds,
Rizzoli 2018
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