EVAN IL TERRIBILE
Un'isola tutta per noi, Sally Nicholls (trad. Anna Becchi)
San Paolo Edizioni 2021
NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)
"Ho aperto il cassetto. Era
pieno di cose sue, cose che credo zio Evan e Jo avessero portato o
tirato fuori dalla sua borsetta o giù di lì. 'Cosa? Queste?' ho
tirato su gli auricolari. 'Questa?'. Una scatola di pillole.
'Questo?'. Un pacchetto di polo alla menta. 'Questo?' Ho tirato fuori
quello che sembrava un libro e lei ha iniziato ad agitarsi veramente
parecchio. Ha smesso di dare colpi e ha mosso le mani facendomi dei
segni. Ho guardato ciò che tenevo fra le mani. Era un albo
fotografico, uno di quelli piccoli con una singola foto per ogni
pagina e con in tutto lo spazio per una ventina di foto.
Mi ha sorpreso che zia Irene avesse
una cosa del genere."
Zia Irene, è
sempre stata una donna molto particolare: tecnologica e, da sempre,
piena di segreti e misteri riguardo ai suoi possedimenti; convinta
che nella vita ognuno dovesse guadagnarsi il proprio posticino nel
mondo attraverso l'impegno personale.
Ora è in fondo a
un letto di ospedale: ha avuto un ictus. A gesti e a bocconi di
parole sta cercando di convincere Holly, 12 anni, a prendere
quell'album e considerarlo un suo regalo, ma soprattutto la incita a
'uuaare... uuaare'. E ancora di più le preme che né il marito Evan
né la figlia Jo, assistano alla scena. Ma loro fortunatamente sono
al bar dell'ospedale...
In quelle poche
foto - non si tratta di foto artistiche, o foto ricordo di persone,
piuttosto sembrano foto per provare un nuova macchina fotografica -
sono immortalati luoghi ai loro occhi sconosciuti: rotaie, spiagge,
uffici. Un vero mistero per i tre orfani Kennet, ai quali
evidentemente la zia, in punto di morte, sta offrendo un bandolo di
una intricata matassa per arrivare ai suoi gioielli, di cui saranno -
per sua espressa volontà testamentaria - i futuri proprietari.
Bisognosissimi di
soldi, i tre orfani Kennet - Jonathan 18 anni tutore dei suoi
fratelli, Holly di 12 e Davy di 7 dal momento della morte della loro
mamma - sono per ovvie ragioni un nucleo familiare piuttosto
originale che può contare poco sull'aiuto dei parenti, mentre un po'
di più sul sistema di welfare britannico. Ma è sempre poca cosa:
finiti i risparmi della madre, con il sussidio dello stato e il magro
stipendio di barista, Jonathan a malapena riesce a pagare l'affitto
della loro casa e il cibo (spesso vanno a 'panini'). Ma tutto ciò
che è un extra o, peggio, un imprevisto, come per esempio la
malattia di Sebastian, il coniglio di Davy, mette in crisi il loro
precario sistema di autosussistenza.
Quindi i gioielli
di zia Irene, sarebbero proprio un bel colpo di fortuna, che
metterebbe i tre fratelli nelle condizioni finalmente di fare una
vita un po' più adatta alla loro età. E magari anche di salvare il
loro coniglio.
Grazie a una serie
di felici intuizioni di Holly, con il supporto di una squadra di
'aiutanti' adulti un po' sui generis, comincia così la loro
avventurosa, quanto macchinosa ricerca di questo 'tesoro' che li
porterà fino su una piccola isola scozzese, nell'arcipelago delle
Orcadi.
La cosa che
colpisce di più in questo buon romanzo è l'abilità della Nicholls
di essere credibile, pur nell'apparente assurdità dell'intera
vicenda.
Il piacere che
spesso la buona letteratura genera nei propri lettori, ovvero la c.d.
sospensione dell'incredulità: lo so che non è vero ma ci voglio
credere, qui è diffuso e capillare.
In primo luogo, la
situazione di partenza: tre fratelli che vivono da soli, sotto la
tutela del maggiore, è già un bell'avvio, narrativamente parlando.
Di fatto, nella vita di questi ragazzini ora non c'è nessun adulto
di riferimento: padri andati o morti, madre fatta fuori da un cancro,
nonni affettuosi, ma anziani e in una casa di riposo, zia Grace
anaffettiva e basata in Australia, cugina Jo troppo occupata, zio
Evan gretto e meschino, al limite della perfidia: di certo il
peggiore. Se tutto questo può sembrare effettivamente un buon inizio
per un romanzo di fine Ottocento, nel 2021 potrebbe sembrare
inverosimile, e anche un po' stucchevole. E invece questo non
succede. Perché nella voce narrante, quella di Holly, c'è talmente
tanta verità che il lettore, pagina dopo pagina, le va dietro. E
basta. I singoli personaggi che, attraverso gli occhi di Holly, anche
il lettore vede riga dopo riga, assumono spessore e credibilità nel
loro essere la risultante di un complesso intreccio tra bene e male,
tra difetti e pregi, tra debolezze e forza. Esattamente come accade
nella realtà: qui nessuno è buonissimo o cattivissimo, ma tutti si
muovono in quella zona intermedia che appartiene alla finitezza
umana. Holly sa vedere i difetti, le manie, le fragilità, i limiti,
ma anche le aspirazioni, le sensibilità e in generale i sogni di
ciascuno.
Attraverso il suo
racconto, ci si rende conto che anche l'inverosimiglianza che un
diciottenne possa avere legalmente la gestione dei propri fratelli
minori, può stare in piedi (non a caso è la stessa Nicholls a
presentare, sotto forma di ringraziamento, le sue pezze d'appoggio
sulla questione).
Lo stesso si può
dire per il surreale scenario umano del Maker Space: i tre fratelli
frequentano uno di questi luoghi di condivisione tecnologica che
nella realtà esistono (anche ai loro frequentatori è tributato un
sentito ringraziamento) e sono 'abitati' da nerd 'socievoli', ovvero
che hanno, al contrario del nerd duro e puro, uno spiccato senso di
comunità e mettono i loro sapere al servizio degli altri. Qui,
fondamentali per la soluzione della questione.
Ovviamente sono
verissime anche le isolette delle Orcadi.
Un po' meno
verosimile invece risulta la questione delle valigette disseminate
per il mondo dalla zia Irene, contenenti pezzi di eredità da
recuperare. Ma anche qui lo sforzo di crederci arriva sulla scia di
tutto il resto e quindi lo si può prendere per buono. D'altronde è
più volte detto che la zia Irene era molto originale.
A conclusione forse
vale la pena tornare indietro e fare un'ultima considerazione su
quanto detto prima, ovvero sull'autenticità di quello sguardo, di
quella voce di tredicenne in cerca di felicità. In lei c'è un
pragmatismo e una ferma volontà di superare i problemi che mi sento
di riconoscere come proprio dei più piccoli: poche chiacchiere,
mettiamoci in moto! Per capire a cosa si vuole alludere, basterebbe
metterlo a confronto con la prudenza velata di pessimismo del
fratello maggiore, e l'inconsapevolezza in cui abita ancora il
piccolino di casa.
Nessuna deroga alla
retorica, al contrario divertenti siparietti nel reparto biancheria
di un grande magazzino, o al capezzale di una afasica moribonda.
E brava la Nicholls che riconosce che questa bella mistura di fragilità e forza è il marchio
di fabbrica di chi non ha ancora passato il guado dall'infanzia
all'essere adulto.
Carla
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