mercoledì 6 marzo 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL CONTRATTO SOCIALE 
 

Alfred e la gogna, Jesper Wung-Sung (trad. Eva Valvo) 
Uovonero 2024 

NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni) 

"Alla sera, sgombrate le bancarelle e tornati tutti alla proprie dimore, in piazza rimanevano soltanto lui, Alfred, e un gran numero di ratti e topi. Le bestiole pelose schizzavano a destra e a manca in cerca di cibo e, con tutti i frutto e ortaggi marci che venivano lanciati ad Alfred, trovavano sempre un bel mucchietto di avanzi ai suoi piedi. 
Di tanto in tanto un ratto o un topo gli mordeva il ditone, ma non ci riprovava più, perché lui gli mollava un calcio che lo faceva volare fin sopra i tetti." 

Alfred, da che tutti si ricordino, è sempre stato in quella piazza con mani e collo imprigionati in una gogna. La ragione precisa perché lui si trovi lì, alla berlina, zimbello di tutti, sembra risalire alla prima volta che dileggiò senza pietà il re in occasione dell'incoronazione. Ma anche questa circostanza si perde nella notte dei tempi. Apparentemente Alfred si accende di rabbia così, come uno zolfanello, e poi prende a male parole i sovrani, uno dopo l'altro, incoronazione dopo incoronazione. E la cosa strana è che il tempo non sembra essere passato per lui. Le generazioni di sovrani si sono succedute, tutti a turno hanno inflitto ad Alfred altri anni di gogna per le sue male parole, ma lui sembra non patirne e men che meno invecchiarci in quei ceppi. 
Le sue giornate sono un po' tutte uguali: male parole per chi gli passa accanto, lancio di ortaggi marci da parte della popolazione che se ne fa gioco, pur temendolo un po', quattro chiacchiere con il ratto di turno - se ne sono susseguiti 515 stando ai conti dello stesso Alfred che li ha battezzati uno per uno. Qualche acrobazia con il cibo che atterra ai suoi piedi e una sostanziale "atarassia" nei confronti delle intemperie. Mani e piedi luridi, pelle cotta dal sole e dal freddo, capelli lunghi e lerci, ma sotto due grandi occhi verdi e un viso da ragazzo. 
Questa routine che fa di Alfred un "monumento alla rabbia feroce e indomabile" a un certo punto si inceppa per l'arrivo di una ragazza, Rebekka, e del nuovo giovane re. 
Il loro sguardo su Alfred è del tutto nuovo. E questa è la storia di come un re possa anche essere un buon sovrano, di come una contadina possa essere anche una buona compagna, e un matto possa essere anche un brav'uomo... 

Sono varie le cose che stupiscono in questa storia che arriva dalla Danimarca. E che quindi la rendono interessante. 
La prima è la circostanza di partenza. Un contesto decisamente insolito, un'epoca passata non definita con precisione, che potrebbe oscillare tra il Medioevo, in cui la gogna era in grande voga (prima citazione nel Salterio di Utrecht nel IX secolo), fino all'Ottocento, quando venne in larga parte abolita. E uno spazio, per converso, limitatissimo. Tutto il racconto ruota intorno a un metro quadro di spazio, che è l'area di azione o non azione di Alfred. E degli altri che ronzano là attorno. 
La seconda cosa originale è Alfred stesso. Molto esplicito il suo pervicace risentimento verso il mondo tutto e in particolare i governanti, risentimento che, a ben vedere, spesso e volentieri, ha la capacità di sfuggirgli di bocca. Quasi fosse suo malgrado. E qui impariamo a prendere atto che la personalità di Alfred, apparentemente il matto del villaggio (le sue mani lo sono ancora più di lui), ossia uno sciocco che non sa tenere mai la lingua a freno, in realtà è piuttosto complessa, piena di ombre e lati oscuri, di fragilità e delicatezze inaspettate. Alfred è magnifico e grottesco. Dolcissimo e implacabile. Fragile e resistente.
Decisamente interessante. 
La terza cosa degna di attenzione è ancora Alfred, nel suo essere abitante del tempo e, per assurdo, dello spazio. Attraversa le stagioni da non si sa quanto, senza che queste abbiano effetto su di lui e anche con lo spazio ha un rapporto davvero originale. Un po' come se entrambi non fossero importanti, non lasciassero segni durevoli. 
O almeno non lo sono fino a un punto esatto della narrazione, ovvero quando il suo essere 'immobile' non gli basta più perché qualcuno gli sta 'muovendo' i pensieri verso il passato e soprattutto verso il futuro e lo sta anche portando qui e là, nella bottega del cappellaio oppure sul fiume, oppure, oppure... con l'unico mezzo a lui concesso: l'immaginazione. 
Ma l'atto di pensare al futuro non è forse uno dei segni più evidenti dell'essere diventati grandi? Finisce anche per Alfred l'età del qui e ora.
La quarta cosa interessante è la sua rabbia e il suo rapporto con essa. Qui si entra in una dimensione speculativa, se si vuole andare al di là dal divertimento del suo modo di esprimersi quando è arrabbiato, ossia quasi sempre. Quali siano le debolezze e le incrinature che essa crea nei pensieri delle persone. Quali le conseguenze, quale la difficoltà di organizzarne l'energia verso altri obiettivi. 
La quinta cosa interessante richiede di nuovo uno scatto ulteriore da parte del lettore. Ed è il racconto di come avvenga l'incontro tra persone. E di cosa possa - o debba succedere - dopo. E di che senso ed esito esso abbia. Amore? Rispetto? Comprensione? Di sicuro, cambiamento. Cosette così.
Questa è forse la parte più filosofica che emerge in tutta la sua grandezza e importanza. La cosa che più di tutte ci accompagna nella lettura, senza mai essere esplicita. Seguiamo i monologhi che poi si fanno dialoghi tra il giovane re - ex Piccolo Principe? - e Alfred, oppure tra Rebekka e Alfred, i piccoli 'teatrini' e scenari che lei imbastisce per lui, e tutto scorre tra i fili della trama e poco più. 
Solo a libro chiuso, ci ritroviamo nelle mani un ricamo magnifico che ci interroga su cosa voglia dire nel profondo essere creature sociali. 
Gran libro. 

Carla

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