venerdì 9 dicembre 2016

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)

Scoiattolo! Scoiattolo musicista!
Devo proprio darti ragione: questo libro, nelle sue illustrazioni ha una sua musica interna, un suo ritmo che si espande e poi ti entra dentro, in profondità.
E secondo questo ritmo, la storia va avanti e diventa sempre più interessante.
Ti ricordi? Avevamo lasciato Odaer a rimuginare sul suo progetto. Il posto migliore per farlo, il suo pensatoio, è sempre lì sulla riva dello stagno, dove l'acqua sciaborda, gli insetti ronzano, e forse la rana gracida.
Quella mattina, però, al suo arrivo Odaer trova il suo solito posto già occupato.
C'è un cane sdraiato che riposa. "Questo è il mio posto, per favore lasciami sedere." E il cane, che è creatura accomodante e mansueta, glielo cede volentieri e va a sdraiarsi poco più in là.
I cani son così: si modellano su ciò che la vita gli porta in regalo. La loro massima aspettativa è il quieto vivere. Forse, dal giorno che sono entrati a servizio dell'uomo, hanno attaccato al chiodo ogni orgoglio e hanno deciso che accontentarsi sarebbe stata la strategia vincente che li avrebbe portati lontano.
Santo cielo! Se leggi quel che si dicono quei due in queste pagine del libro salta subito alle orecchie quanto diverse e distanti siano queste due creature!
Odaer in costante tensione è sempre in cerca del meglio, mentre il cane si accontenta di ciò che ha, mettendo da parte sogni e aspirazioni.
A ben vedere, nota il pacifico cane, a nessuno pare importare nulla di ciò che tu vorresti creare, obietta. E allora non è forse meglio credere in quell'adagio che dice più o meno così, vivi e lascia vivere...?



Oh, no, caro caro scoiattolo, guarda quanto poco lui conosca l'animo di Odaer! Il desiderio di Odaer ha ben poco a che spartire con l'opportunismo; al contrario il suo sogno di portare più bellezza in questo mondo arriva direttamente dal suo grande senso di responsabilità, che ora più che mai gli grava sulle spalle.
Come ogni creatura giovane e idealista, Odaer si crede Atlante ed è convinto che siano solo le sue spalle a sorreggere il peso della Terra.
Beh, io non so dire se sia solo una convinzione o se davvero ci sia del vero in questo suo pensiero. Ma una cosa la so per certa: a Gioconda Belli glielo ho sentito dire più volte che a ogni essere umano compete una porzione di responsabilità nella tensione per migliorare il mondo.
Ed eccoci qua. Dietro il pensiero di Odaer che si sente Custode dei propri sogni, dei propri progetti, si nasconde un punto chiave della poetica di Gioconda.
Guarda qui, scoiattolino incredulo, e stupisci: portatori di sogni e farfalle sono di nuovo insieme in questi versi.


Los portadores de sueños
En todas las profecías
está escrita la destrucción del mundo.
Todas las profecías cuentan
que el hombre creará su propia destrucción.
Pero los siglos y la vida
que siempre se renueva
engendraron también una generación
de amadores y soñadores;
hombres y mujeres que no soñaron
con la destrucción del mundo,
sino con la construcción del mundo
de las mariposas y los ruiseñores.


Esercitati con lo spagnolo! Non ti farà male da semplice Scoiattolo del bosco trasformarti per un giorno in Scoiattolo del mondo.
Non è forse un miglioramento anche questo?


Formica (poliglotta)



p.s. Tu che spesso ricorri a Dürer per spiegare le molte cose insolite dei disegni di Wolf Erlbruch avrai di certo notato che uno dei suoi libri più importanti, L'anatra, la morte e il tulipano, porta in sé il titolo di un'incisione di Dürer che si intitola Il cavaliere, la morte e il diavolo, vero? Secondo te, è un caso?






Oh, cara Formica,
non che non lo è un caso! Ma oggi Dürer, ti prego, lasciamolo dov'è.
Discutiamo di cani, invece. Sono contento che tu mi abbia parlato del cane... 
Come giustamente hai sottolineato, il dialogo che hanno quei due è un punto nodale dell’evoluzione di Odaer: il suo proposito utopico sembra quasi sconfitto dall’essenzialità canina, ma è proprio da quella che Odaer troverà nuova ispirazione e legittimazione.
Ma andiamo con ordine e seguimi nel mio ragionamento (eh eh...se tu sei pedante io son prolisso...).
Torniamo indietro a guardare Odaer sconvolto dalla creatura aberrante a cui ha dato vita. Il pipistrello gli vola sulla testa ad ali spiegate, e lui si precipita fuori dal riquadro dell’illustrazione facendo cadere rovinosamente uno sgabello ritratto, proprio nel momento in cui sta per toccare terra. Ma soprattutto: nemmeno una linea retta!




Addirittura Erlbruch fa sparire l’elemento verticale del piano ortogonale, sicché guarda con quale facilità il pavimento e il tavolo possono essere trasformati dall’occhio in colline o piramidi.
Che movimento, che confusione, che mancanza di punti di riferimento e che rumore proviene da questa silenziosa illustrazione...
Poi comincia il dialogo con il cane: sembra un quadretto idilliaco e pacifico, ma osserva su che piano inclinato stanno a filosofeggiare Odaer e il cane.. chiunque si sia mai seduto su un prato scosceso sa che non è un luogo di puro rilassamento; bisogna puntellarsi bene con i gomiti, e anche riposizionarsi frequentemente perché sull’erba si tende a scivolare inesorabilmente verso il basso, ed è questa la tensione che fa vibrare anche Odaer. La sua pulsione alla creazione, la sua inquietudine, vengono evidenziate nella loro apparente insensatezza dal placido sapersi accontentare del cane.
Ma poi il cane dice qualcosa ancora.
Dice che quando lui sogna un osso di notte e poi continua a sognarlo di giorno, in genere, lo trova.
E si dichiara convinto che anche Odaer otterrà ciò che vuole.

Proprio in questo momento Erlbruch decide di illustrare una cosa apparentemente insignificante, ossia l’uscita di scena del cane.



Essa è posta come un suggello, o, come la donna sull’albero, come una dichiarazione poetica. La creazione scevra da rischi si può avere nel rispetto della propria natura. La fedeltà al sogno, a se stessi, incarnata dal cane e la tentazione della misurazione e creazione, rappresentate dal serpente, camminano insieme verso destra, pronte ad attraversare la fatidica linea di metà pagina.
Ed eccoci arrivati a dove ti volevo portare, cara paziente Formica. Che cosa ne sarà del sogno di Odaer non te lo voglio ancora svelare, ma guarda com’è il laboratorio degli insetti adesso. Guarda quante linee rette, quanti rettangoli e quanti souvenir che provengono dalla riva dello stagno in cui è avvenuto l’importante dialogo. E guarda Odaer, come è sereno di fronte alla sua nuova sperimentazione e ben piazzato sul suo nuovo sgabello che, sono quasi certo, non cadrà più...

Tu mi hai lasciato con una struggente poesia, ma dimmi Formica, non è incredibile quanto possano essere poetiche anche delle semplici linee?


Scoiattolo


[continua]






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