SÌ MA NO
La figlia del
dottor Baudoin, Marie-Aude Murail (trad. Sara Saorin)
Camelozampa, 2017
NARRATIVA PER GRANDI
(dai 14 anni)
"Una lineetta
verticale color malva doveva comparire al centro della finestrella di
sinistra se il test era stato effettuato correttamente. Se una
seconda lineetta verticale appariva nella finestrella di destra , il
test era positivo. In tre minuti, Violaine ebbe ampiamente il tempo
di immaginare di non essere incinta, rompere con Dom, iscriversi a
una scuola di giornalismo, partire per un reportage in Afghanistan,
farsi sequestrare dai talebani, poi invece, di essere incinta,
abbandonare gli studi e partorire due gemelli, una femmina e un
maschio. A quel punto la prima lineetta verde apparve."
Ha
diciassette anni, ha gli occhi quasi del colore del suo nome, è
chiusa in un bagno e spera che chiudendo strette strette le palpebre,
la realtà possa essere un'altra. Non è così: riaperti gli occhi,
Violaine è ufficialmente incinta. Per smentire il bollo di
'repressa' quella sera di un mese prima aveva pensato che con Domi,
se fosse stato attento, non sarebbe stato poi così pericoloso
andarci a letto.
È
davvero sottile la linea di confine tra la tranquillità di un giorno
qualunque e l'agitazione dovuta a un evento del tutto imprevisto.
Rimanere
incinta all'ultimo anno di liceo è un considerevole imprevisto.
Nonostante
il fatto che tecnicamente una ragazza abbia tutti gli strumenti per
poter gestire questa situazione, tuttavia la paura dell'incognita fa
tremare e se 17 anni sono sufficienti per sentirsi 'grandi' alla resa
dei conti non lo sono ancora abbastanza per esserlo davvero, grandi.
E
così Violaine è lì che si macera, in solitudine, e si sente
piccola, ancora troppo piccola. Nel silenzio della sua stanza,
teneramente si accarezza la pancia e nello stesso istante se la
vorrebbe strappar via.
Troppo
poca la distanza tra un bambolotto e un bimbo vero...
Con
chi parlarne per cercare di venirne a capo? Quale la cosa giusta da
fare?
Un
po' di informazioni orecchiate qua e là, una amica devota con cui
ragionare a voce alta e, dopo mille dubbi, sì ma no, la decisione, l'unica che al momento le pare
possibile, è presa: IVG.
Per
fare questo però occorre un dottore, e il primo sulla sua strada è
proprio suo padre: Jean Baudoin, medico cinquantenne inquieto e
stanco della carriera, un po' cinico e forse anche un po'
anaffettivo, sempre molto concentrato a evitare i fastidi della
professione, magari scaricandoli su altri, primo fra tutti il suo
giovane collega Vianney Chasseloup con cui condivide lo studio.
All'ultimo
minuto, la paura del giudizio e della condanna da parte del padre, fa
sterzare Violaine verso un'altra strada che però curiosamente la
riporta di nuovo nelle mani gentili del giovane dottore.
Passano
i giorni e le incertezze del primo momento, sì ma no, si indeboliscono ancora di più e nulla appare chiaro agli occhi quasi viola di questa ragazzina in
difficoltà.
In
un serrato intreccio di fatti e misfatti, di attenzioni e
disattenzioni, di silenzi e di confessioni, di rallentamenti e accelerazioni, di rettilinei e curve Violaine arriva a capire
che cosa vuole veramente e quando questo accade, si guarda intorno e
sono tutti lì a sostenerla.
Dare
un'idea della trama di un romanzo di Marie-Aude Murail cercando di
non massacrarla, tagliandole le gambe su cui poderosamente si regge e
corre verso il finale, non è roba facile. Si ha sempre l'impressione
di aver lasciato fuori qualcosa o qualcuno di fondamentale.
Ancora
un romanzo corale, ancora un ritratto di famiglia, ancora uno
spaccato del mondo degli adolescenti e, più in generale, della
nostra evoluta società occidentale. Ancora una questione sul tavolo,
tutt'altro che semplice.
Gli
elementi che rendono la Murail una scrittrice di culto si
riconfermano tutti.
Su
ogni cosa, lo stile (tutelato da una buona e rispettosa traduzione):
la felicità della sua scrittura che ha la capacità di prendere
signorilmente per il collo il lettore e strapparlo letteralmente
dalla poltrona per farlo atterrare in media res: nell'ambulatorio di
via Château-des-Rentiers, nella casa di Violaine, in un centro di
pianificazione familiare...Di portarlo dalle lacrime e al riso e
viceversa, come se nulla fosse.
Dialoghi
serrati e frequenti che si alternano a momenti di riflessione
interiore dei personaggi scacciano ogni possibilità di assopimento
del lettore che, in un pomeriggio, può bersi senza fiatare le 200
pagine che lo compongono.
Immediatamente
dopo lo stile, arriva la sua capacità costruttiva del plot. Mai
un'incongruenza, ogni singolo tassello della storia torna
puntualmente a incastrarsi al posto giusto per comporre una
complessità di struttura da grande romanzo classico.
A
seguire si ritrova la cura e la sensibilità nel modellare i
personaggi che, già dalle prime pagine, dimostrano un grande
spessore. Entrano nella narrazione con la medesima sicurezza che si
ha nel varcare la porta di casa propria: sanno sempre dove sono. La
Murail e noi, suoi devoti discepoli, riusciamo a farci un'idea
immediata di chi abbiamo davanti e, forti di questo, ci schieriamo al
fianco dell'uno o dell'altra. Apprezziamo la cura e l'empatia di
Chasseloup e capiamo da dove arriva. Disapproviamo il cinismo di
Badouin e la fragilità di Stéphanie, ma di entrambi constatiamo una
forza nascosta. E soprattutto seguiamo passo dopo passo il difficile
passaggio attraverso la 'cruna dell'ago' di un'adolescente che sta
misurando le proprie forze di fronte a una questione 'da grandi'.
Saper raccontare l'umanità con la stessa facilità con cui si
modella cera tiepida non è roba da poco. E saperlo fare senza mai
cedere al manicheismo o alla semplificazione o, peggio, allo
stereotipo è ulteriore motivo di merito.
Immancabile
il sense of humor, l'ironia sottile, i giochi di parole fino a certo
sarcasmo e cinismo che diventano cifra stilistica e distintiva.
E
ancora, il suo coraggio nel concepire e scrivere un romanzo per
ragazzi e ragazze così pieno di adulti. Nessuna smanceria, nessuna
strizzatina d'occhio ai propri lettori, per rassicurarli e metterli
davanti a uno specchio dove possano vedere ciò che già sanno di
loro stessi e del mondo. No, la Murail taglia e 'porziona' per i suoi
lettori una robusta fetta della nostra società, la indaga e la
illumina senza pietà, ne scandaglia debolezze e punti di forza, ne
restituisce le molte complessità e contraddizioni.
E
ultimo, almeno per adesso, suo grande merito è quello di saper e,
soprattutto, voler scrivere con leggerezza di situazioni al limite
del dramma e alla volte anche un po' oltre il dramma medesimo. In
questo ultimo suo cimento la corda interiore che si va a toccare è
davvero molto delicata, e suscettibile di mille dubbi e perplessità:
difficile schierarsi e dire dove sta la ragione. E decidere di
esordire con questa materia così tanto 'magmatica, viva e pulsante'
deve essere stata una scelta ben ponderata per l'editore che pubblica
La figlia del dottor Baudoin
come primo titolo di una, immaginiamo, gagliarda collana, le Spore.
Evviva.
Carla
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