LA FATTORIA DEGLI ANIMALI
L'oca e suo fratello,
Bart Moeyaert, Gerda Dendooven
(trad. Laura Pignatti)
Sinnos 2020
NARRATIVA ILLUSTRATA
PER MEDI (dai 7 anni)
"'Andiamo, su.
È tutta la vita che facciamo così.' 'Tutta la vita. Vorresti dirmi
che non faremo nient'altro che volare avanti e indietro tra i luoghi
che conosciamo, sempre avanti e indietro e così via fino a quando
non moriremo?'
'Sì, sempre avanti
e indietro e così via' ripeté il fratello e fece per prendere il
volo, ma fu come se lui stesso dicesse 'Aspetta!' perché si girò e
fece un respiro profondo, come se stesse per dire qualcosa di molto
importante.
'Senti, decidi tu
che cosa vuoi fare, fratello. Resti con gli amici? O parti con i
parenti?' 'Sono le uniche due possibilità?' disse l'oca. 'Sì'
tagliò corto suo fratello. 'E adesso io vado'. Non esitò. Fece un
paio di passi decisi, accelerò, stese le ali e si alzò in volo."
Autunno inoltrato, esterno, giorno. Due fratelli oca, inseparabili
fino a un momento fa, ora si trovano di fronte a una decisione
importante. Fare come dice oca, ovvero per la prima volta nella vita
decidere di rimanere nella propria fattoria, con tacchini, pecore,
contadina e cane, per vedere di persona cosa sia un inverno pieno di
neve, oppure decidere di volare a sud come ogni anno, a Vila do
Bispo, come vorrebbe il fratello, ovvero optare per il più confortevole caldo dell'Alentejo portoghese?
La questione non ruota solo intorno alla scelta di fronte al bivio
caldo/freddo, ma immediatamente prende una connotazione ben più
filosofica e quindi universale. L'abitudine a determinate scelte le
rende preferibili, perché più conosciute e consuete? Oppure
cambiare la prospettiva può essere utile, ma ci rende più soli nel
sostenere la nuova posizione? E ancora: quanto è il peso che diamo
agli altri nelle scelte che ci riguardano? Davvero oca è di fronte a
un altro bivio, ovvero scegliere tra restare con gli amici o partire
con l'unico pezzo di famiglia che ha?
Si dà il caso che però da questo momento in poi le cose prenderanno
una direzione ancora ulteriore...
Da un fraintendimento possono configurarsi scenari magnifici, quanto
inaspettati, perché nella vita le scelte, il più delle volte, le
determina una casualità.
La
relazione che tiene insieme oca e suo fratello Moeyaert la conosce
bene: ultimo di sette figli ne ha personale esperienza e ne ha già
raccontato in un felicissimo libro pubblicato venti anni fa da
Rizzoli. In quei racconti come in questi, raccolti negli anni sullo
Standaard Magazine,
Moeyaert e Dendooven raccontano di una fratellanza fatta di intese,
ma anche di rivalità, di senso di appartenenza e di solitudine. Lo
scenario prescelto per questo piccolo manuale di pensieri profondi e
di illustrazioni a 3 colori - lo stesso formato del libro fa pensare a
un libro di altri tempi con il segnalibro (anche l'illustrazione nei suoi fuori registro
allude a un'epoca passata), contenente perle di saggezza, un'operetta morale scritta in blu e intitolata in arancio - è una fattoria belga un po'
fuori dal mondo e un po' fuori dal tempo contemporaneo.
I personaggi
che condividono la scena con le due oche sono un cane piuttosto
solitario, un gruppo di pecore, qualche tacchino e una contadina cui si aggiungono un
alce e una mucca di passaggio. A un montone stufo, a una talpa
disorientata e a un postino curioso sono dedicati tre tra i più bei
racconti, rispettivamente sul pregiudizio, sul senso di appartenenza
e sull'irrefrenabile istinto di sapere.
Costruiti
sul passo breve, anzi brevissimo (dovevano occupare il paginone
centrale della rivista), spesso si tratta di vere e proprie pièces
di teatro, dialoghi pieni di ironia e contemporaneamente di ingenuità
tra i due fratelli o tra questi e il resto degli abitanti della
fattoria.
La loro scelta di non partire e, gioco forza, di passare il primo
gelo in una baracca abbandonata e piena di spifferi li vede duettare
e discettare spesso sui massimi sistemi e solo un secondo momento,
tornati in mezzo agli altri alla fattoria, i punti di vista e spunti
di riflessione si moltiplicano.
Non
so dire se dipenda dalla geografia dei luoghi, dall'aria che entrambi
respirano, o dalla casualità, ma non riesco a non paragonare il
Moeyaert di L'oca e suo fratello
al Tellegen delle sue Storie di animali.
Entrambi si possono considerare libri di filosofia, contenenti pensieri così
profondi da non lasciare scampo nemmeno a un cervello del tutto svagato. Entrambi
attraversano la complessità con una leggerezza che lascia senza
fiato. In un microcosmo tutto (o quasi) animale trova spazio l'intera
umanità con le fragilità, le paure, convinzioni e convenzioni che
le sono proprie. È un continuo stimolo a ragionare sul nostro
bisogno di essere sociali e individui allo stesso tempo, sul nostro
piccolo quotidiano e sulla nostra grande spiritualità. Ognuno di noi
si confronterà con la percezione del buio nel racconto che ne fa il
cane, con la propria fragilità a sentirsi solo nel bofonchiare di
oca, con la propria finitezza di fronte alla perfezione, leggendo il
discorso sulla luna piena che pronuncia fratello. Ciascuno è
chiamato a ragionare sulla propria percezione di quanto sia effimera
la felicità, quando leggerà del rammarico di tutti per non aver
toccato legno per farla durare...
E a proposito di felicità e di persistenza, il consiglio è di avere
entrambi su un tavolino vicino al letto, per poterli
leggere a qualcuno o a se stessi, ad alta voce, ogni sera prima che arrivi l'ora di dormire.
Carla
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