mercoledì 26 ottobre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


SPEZZATINO DI BAMBINO

La zuppa dell'orco, Vincent Cuvellier, Andrea Antinori 
(trad. Flavio Sorrentino)


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)

"Quel paese era il più povero paese del mondo e Josef viveva nella casa più povera del quartiere più povero della città più povera dell'intero paese. Il padre di Josef era un uomo lungo e giallo e non lavorava mai. 'Non mi piace lavorare' diceva, 'mi stanca'. Su madre era una donna grassa e rossa e neanche lei lavorava. 'Non ho tempo, io! strillava, agitando la scopa contro il cielo."


Se madre e padre non lavorano, tocca ai figli portare a casa il denaro per sopravvivere. I sette fratelli ogni giorno vengono cacciati di casa per andare a mendicare e, al loro ritorno, la madre li passa in rivista e svuota le loro tasche fino all'ultimo centesimino. E se non hai guadagnato nulla, come spesso capita al piccolo Josef, sono dolori. Fannulloni e avidi, i due genitori si rivelano insaziabili e diabolicamente stabiliscono che i loro figlioli non hanno l'apparenza di creature miserabili: lo sarebbero molto di più se fossero mutilati. Senza una gamba, senza un piede, senza il naso o ciechi ispirerebbero molta più pietà nella gente che sarebbe più generosa di prima. Il progetto è quello di tagliare dai loro piccoli corpi, piccoli pezzi.


Come in Pollicino, il piccolo Josef origlia i discorsi dei genitori e, in preda al terrore, organizza il contrattacco, su cui è meglio non svelare nulla. Come in Pollicino i sette fratelli fanno il loro incontro con l'Orco, con l'Orco sporco. Un orco piagnucoloso e cieco che ha una passione per la musica e per il buon mangiare, bambini esclusi, per questa volta...

Ritorna la perfidia di Cuvellier per Biancoenero Edizioni. Distribuita con equità tra le due case editrici che pubblicano questo autore di culto in Francia, Sinnos con I bambini sono cattivi (2016) e Biancoenero con La zuppa dell'orco, la crudeltà allo stato puro diventa il Leitmotiv di questo breve racconto illustrato. 
 

Se già Pollicino non faceva sconti in quanto a perfidia genitoriale e, più in generale, del mondo degli adulti, qui si oltrepassa ogni limite e si finisce a un passo dallo splatter. Bambini tagliati come fette di pane, orchi sporchi di schizzi di sangue: ci sono tutti gli ingredienti che possono rendere questa fiaba, da quelle classiche prende a prestito ritmo e contenuto, amabile a un pubblico di ragazzini e ragazzine che amano i sapori forti.
Come in una fiaba classica, lo stesso Pollicino ne è esempio palmare, anche qui la contrapposizione tra piccolo scaltro e grande crudele è lo snodo dell'intera vicenda. Come allora, nel racconto di Perrault, così ora in quello di Cuvellier, si va a dimostrare che il mondo degli adulti pullula di personaggi tremendi che tutto possono fare tranne che essere esempio per i più giovani. E si dimostra anche che alla meschinità di pensiero si deve rispondere con il guizzo dell'intelligenza. 
Sempre.


Raccontare tutto questo con una lingua vivace, modernissima, ironica e molto consapevole del proprio pubblico, non è poca cosa e farlo con il gusto e l'intento di cogliere alla sprovvista chi legge è un merito ulteriore che riconosco a questo libro.
Detestabili i finali melensi e pieni di redenzione, peraltro già nelle fiabe settecentesche si evitavano (salvo poi i rimaneggiamenti dei due Grimm che emendavano laddove si intendeva rivolgersi all'infanzia). Preferibili quelli che si concentrano sul presente, ne mettono in luce il godimento, evitando con cura i 'per sempre', quelli sì, davvero diseducativi.

Carla


Noterella al margine: Antinori mi pare soffra lo spazio circoscritto della pagina e anche l'alternanza con un testo che è oggettivamente 'ingombrante'. Nelle poche tavole a piena pagina smette di essere 'subalterno' al racconto e con maggiore autonomia dà a chi sa osservare una sua personale 'versione dei fatti'.

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