CHE KLASSEN!
Toh, un cappello!, Jon
Klassen
Zoolibri 2016
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
"Come mi sta? Ti sta proprio
bene.
E a me come sta? Sta proprio bene
anche a te.
Sta proprio bene a tutti e due. Ma
NON È GIUSTO CHE UNO ABBIA un cappello E L'ALTRO NO."
Ci risiamo. Di
nuovo problemi di cappelli. Di nuovo problemi connessi al possesso di
cappelli. Due tartarughe, una a destra e una sinistra di un cappello
da cowboy bianco abbandonato nel deserto, discutono e argomentano
cosa sia giusto fare nella circostanza, visto che il cappello piace a
entrambe, ma loro sono in due e il cappello è uno solo.
Sebbene il cappello
sia grande per entrambi, con gentilezza i due amici affermano che il
cappello calza a pennello sulla testa sia dell'uno sia dell'altro. Il
problema persiste e l'unica soluzione percorribile è la rinuncia da
parte di entrambi.
Allontanatisi, i
due contemplano il tramonto. Contemplare, azione che non prevede
possesso, scelta, rinuncia - perché il sole è di tutti - sembra
essere un buon diversivo rispetto al cappello. Sembra.
Sebbene la prima
tartaruga in effetti abbia onestamente distolto la mente dal
cappello, così non è per la seconda che continua a pensarci.
Negando, almeno a parole, l'evidenza.
Il sole tramonta e
si va a dormire. E anche in questa terza circostanza la distanza tra
i due amici è palpabile. Mentre il primo sogna, sogna che entrambi
hanno un cappello in testa, l'altro - alla chetichella - si allontana
con l'intento di impossessarsi del cappello. Tuttavia il racconto
del sogno, condiviso come in una trance, sortisce un effetto
inaspettato sull'imbroglione. Inaspettato per la tartaruga stessa,
per il lettore, e ancora di più per il lettore conoscitore di
Klassen.
È cosa nota che
Klassen abbia la stoffa di cavalcare un medesimo tema, di declinarlo
secondo prospettive diverse senza mai cadere nel già detto,
nell'ovvio, nel prevedibile. Anzi, dimostra di avere la forza di
rilanciarlo ancora più in alto con sempre maggiore maestria. È
altrettanto raro che un autore abbia così tanto da dire su tre
nuclei di pensiero con cui l'umanità si confronta da millenni: la
giustizia, la colpa, la vendetta, la lealtà, la redenzione. E farlo con poco e
niente: un cappello, due pesci, due tartarughe un orso...
Eppure Klassen è
così. Voglio il mio cappello!, Questo non è il mio
cappello, Toh! Un cappello sono tre capolavori
equivalenti.
Dal punto di vista
strettamente formale, i tre albi di Klassen sono meccanismi perfetti
che dimostrano, in crescendo, una sua straordinaria capacità di
manipolazione dell'oggetto albo illustrato.
Nel primo aveva
lavorato sul lettering del testo, dimostrando di saper piegare a suo
uso e consumo il colore e la grafica di cui si impasta un albo
illustrato e aveva nel contempo dimostrato al mondo che lui sapeva
utilizzare lo spazio della pagina come contenitore ideale di
sentimenti ed emozioni, sdraiando il grande orso nella disperazione,
sedendolo su uno sfondo rosso nel momento della presa di coscienza,
facendolo correre a ritroso sulla pagina nel suo ripercorrere
indietro lo spazio, ma soprattutto il tempo, nella fase di riscatto.
Nel secondo aveva saputo far dialogare testo e immagine con un gioco
sapiente di continua smentita da parte del secondo nel confronti del
primo. In Non è il mio cappello infinitesimi gesti rendono il
racconto a parole semplicemente deflagrante. E ora nel terzo libro,
che suona davvero come un inno alla bontà dopo due libri che erano
stati inno alla cattiveria, si assapora il gusto che ha la redenzione
finale.
Fatto tesoro delle
due precedenti esperienze, qui Klassen le mette in gioco entrambe: a
un uso sapientissimo di maiuscolo e minuscolo per comunicare a chi
legge valore e plus valore delle parole, un tempo interno ritmato
alla perfezione nel giro delle pagine, nell'uso dei capitoli
(assoluta novità che dà lo spessore del 'romanzo' a un testo di
meno di duecento parole) nel dialogo asciugato all'essenza, si unisce
il sottile ma efficace gioco di sguardi dei personaggi che,
analogamente al nesso visto nel libro precedente, dicono una cosa ma
ne pensano tutt'altra.
A questo si
aggiunge un disegno e un uso del colore davvero pieno di sapienza e a tratti emozionante. Quasi
subliminale lo scorrere del tempo che si percepisce dai fondi che da
grigi si colorano di arancio, tanto insolito e inaspettato nella
tonalità, per poi imbrunirsi nella sequenza notturna.
Il sole che
cala è mozzafiato, come sarebbe giusto che fosse ogni tramonto.
Senza contare il cielo stellato che diventa tappeto accogliente del
sogno.
Ma su tutto regna e
impera la profondità di dialogo tra testo e immagine. Impossibile
scinderli per valutarli in autonomia. Ciò nonostante il distillato
che se ne ricava è semplicemente magnifico: un apologo su che cosa
sia il senso di colpa, e il ripensamento che porta alla salvezza, su
cosa sia la generosità e la lealtà, su quale sia valore dei sogni, su quale sia
il senso ultimo che deve avere l'amicizia: due tartarughe e un
cappello, in un deserto dell'Arizona tra saguari, dialogano con
parsimonia e in un amen spazzano via ogni altro discorso dotto e
articolato e mille e più pagine di saggi sul tema.
Questo è Klassen. Questa è letteratura.
Carla
Noterella al
margine. Una a di troppo o una a di meno. A chi legge l'onere di
trovare dove.
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