DELLA NOTTE E BASTA
Storie della notte, Kitty Crowther
(trad. Lisa Topi)
Topipittori 2017
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
"Non molto lontano da qui, in
mezzo al bosco, viveva la custode della notte.
Ogni sera, prima che facesse buio,
suonava il gong.
Dooooonnnng -
Dooooooong
'È giunta l'ora di andare a
dormire', gridava la custode, 'tutti, grandi e piccini'.
'Aspetta', supplicò il pesce,
'voglio giocare ancora un po''.
'Ti eserciterai domani a saltar
fuori dall'acqua'.
Dooooonnnng
- Dooooooong"
Ed è così che
comincia il primo dei tre racconti che Mamma Orso ha promesso al suo
piccolino che le ha detto tre volte ti prego.
La custode della
notte, dopo aver messo a dormire pesci, formiche ed ermellini, torna
a casa per trovare anche lei il suo sonno, ovvero la sua stella che
la porterà fino a domani. Non prima di un altro colpo di gong e di
un gioco con se stessa.
Il racconto di
Mamma Orsa prosegue con la storia della ragazzina con la spada che si
è perduta: la piccola Zhora in cerca di mora. Tra tramestii e
pipistrelli anche la sua avventura si conclude con un buon sonno, per
poi lasciare posto alla terza storia in programma: quella di Bo, un
omino con cappello e cappotto che ogni notte va in cerca del sonno
perduto. Nonostante le piume di civetta lunatica che gli rendono
morbido il letto, Bo si gira e rigira insonne e parte verso il mare
con l'idea di trovare il suo amico Otto, lontra poeta sui sassi. Un
buon consiglio, un regalo, una poesia e un caro amico sono gli
ingredienti necessari perché anche Bo abbia un sonno sereno.
E quello di
Orsetto, di sonno? Con la stella giusta e le tre promesse fatte da
Mamma Orso che sono ponti verso domani, può chiudere gli occhi e
addormentarsi tranquillo tra bambine, custodi e omini.
Piccolo, quasi
quadrato, rosa, meravigliosamente e fermamente rosa (di un rosa che
non ha uguali; un rosa quasi fosforescente che fa da sfondo, che si
sfuma con l'acqua e che colora di sé persino il firmamento ed è
ideale contrappunto con i diversi neri che lo circondano) il nuovo libro di Kitty Crowther riconferma il valore di questa autrice.
Uno a uno si
ritrovano i motivi che caratterizzano il suo stile, il suo registro,
il suo tono e i temi a lei cari.
All'interno della
storia cornice che ne contiene altre tre, ancora una volta la
Crowther costruisce una calda, accogliente e rassicurante relazione
piccolo-grande. Nonostante gli orsi protagonisti, lontana anni luce
da ogni mielosa cadenza, sulla scia di Minarik e Milne.
Una Mamma Orsa
affettuosa e nello stesso tempo ferma nel tenere la barra del timone
di una barca che sta per intraprendere il viaggio notturno del suo
piccolino. Condiscendente nel raccontare tre storie al posto di una
e partecipativa nel saper creare aspettativa verso nuovi progetti per
il domani: raccogliere more o scrivere sassi, Mamma Orso è solida
nel suo ruolo. Disegnata nel suo grigiore peloso ha sempre un lieve
sorriso e gli occhi attenti e pieni di cura, rivolti a Orsetto, unico
vezzo concessole: un gonnellone a righe che le copre le zampe,
evidente omaggio alla mamma di un altro Orsetto, quello di Minarik e
Sendak, appunto.
Accanto ai due
protagonisti della storia cornice, una sfilata di personaggi unici,
belli nella loro imperfezione, aggraziati nelle loro sproporzioni:
dalla custode dalle lunghissime e ordinate chiome (che richiama la
capelluta mamma di Medusenkind), alla bambina con la zucchetta a pois
e le trecce (che rende omaggio a Elsa Beskov e nella postura alle
bambine di Astrid Lindgren), fino al goffo e tenero Bo con Otto, la
lontra poeta.
L'altra
confortante conferma risiede nei contesti che la Crowther crea. Da un
lato gli interni: una tana calda quella degli orsi, una grotta
accogliente quella della custode della notte, con materasso di
foglie, scendiletto, panorama stellato dalla finestra e brocca
dell'acqua per sete notturna. Altrettanto accoglienti la tana di
Jacko Mollo con teiera e stufa economica, e quella di Bo, un nido
dismesso pieno di morbide e calde piume. Pochi segni,
apparentemente incerti, creano l'atmosfera calda di quattro piacevoli
ripari dal buio e dal freddo notturni che però trovano sempre modo
di comunicare con l'esterno.
Dall'altro,
per l'appunto, gli esterni: con la botanica diffusa, animata e in
qualche misura parallela a quella nota. Funghi, fiori, erbe,
cespugli, fusti, tronchi e rami espressionisti, ottenuti con linee
parallele di molti colori. E con la notte, essa stessa da
considerare personaggio accanto agli orsi, a Bo, alla custode e a
Zhora.
Appare declinata talvolta con ombre
scure di boschi e cespugli, ma più spesso con un orizzonte rosa
acceso (che ricorda più l'aurora, se non fosse che è stellato) che
ne connota e conferma la quasi univoca scelta cromatica e la sua
originalità rispetto alla consuetudine di colorarla di scuro.
Accanto a tutto questo ruota
l'indefinitezza, data da certa incertezza e velocità del tratto a
matita, che ha il compito implicito di sfumare i contorni (si
potrebbe dire confondere lo sguardo verso l'inessenziale) per creare
una sorta di alone foschioso (come quello che si crea talvolta
intorno alla luna), di sogno impalpabile, di tempo sospeso in cui
tutto accade.
Ecco, si potrebbe ancora parlare del
tempo sospeso che è un ulteriore carattere comune in diversi suoi
libri, oppure concentrarsi sull'aspetto un po' magico, quasi mitico,
che permea personaggi e situazioni. Purtroppo però sento in
lontananza, ormai da ore, un gong che suona anche per me...
Sarà per un'altra volta.
Carla
Noterella al margine: che bellezza che
nel titolo non c'è traccia dell'aggettivo che da sempre perseguita
la parola notte. E' finalmente una notte e basta. Come è giusto e
saggio che sia.
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