martedì 6 febbraio 2018

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)

Ogni promessa è debito, da noi imenotteri.
Quindi sono già qui di prima mattina, dopo aver rassettato la mia porzione di formicaio, a raccontarti, caro Scoiattolo, come va a finire con Leslie, la mamma per caso.
La notte che trova il piccolo, piangente e disperato perché ha perduto le tracce dell'intera sua famiglia Radice, lei ha in progetto di andare a caccia: era appena uscita di casa con il fucile e un cappellaccio scuro calato sugli occhi. Ti dico questo perché a chi la vede così bardata certo non viene in mente che di lì a poco quella stessa donna diventerà una mamma fin troppo premurosa.
E invece, forse complice un pizzico di magia che c'è sempre negli incontri importanti, Leslie nel giro di poco cambia: prende colore, recupera il sorriso, riguadagna la luce del giorno. In una parola, Leslie si illumina e diventa più bella.


Tuttavia la convivenza tra loro non è rose e fiori. E proprio sui fiori litigano: lei li coglie e lui si arrabbia 'non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella' diceva Galileo. Si vogliono bene, ma entrambi capiscono che occorre un po' di distanza fra loro per poter essere felicemente se stessi. Prima di separarsi si abbracciano forte. Il piccolo ritorna in famiglia e Leslie lascia casa e bosco e va in cerca dei suoi.
Nessuno, neanche il marito di Leslie o i suoi figli, potranno però mai impedirle di tornare ogni anno all'appuntamento nel bosco per riabbracciare Radice.
Sai che cosa continuo a pensare amico caro, che il mestiere di mamma è una roba tosta. Come in tutti gli incontri, bisogna trovare il giusto incastro. Ed è un fatto che richiede un gran lavoro su di sé: guardarsi dentro, guardare là fuori, smussare qui, avvolgere lì, premere di giù, tirarsi di lato...insomma cose così.
Tirarsi di lato? Ecco! TIRARSI DI LATO, farsi da parte!! Ora ricordo tutto: quando ieri notte ti chiedevo se eri mai stato madre era perché qualcosa sul tema Madre/Scoiattolo mi ronzava nella memoria. Era una storia che girava tempo addietro, il complicato caso del povero Otto. 1
Lo scoiattolo Otto, lui sì che si è tirato di lato, quando la sua casa si è letteralmente riempita di un coso peloso che ostinatamente lo chiama mamma.
A dir il vero fin dal principio Otto, avendo trovato davanti all'uscio di casa una palla verde e spinosa di ignota provenienza, cerca di tirare dritto e di ignorarla. Ma giustamente. Poi però, quando la palla si apre e ne sguscia un robino peloso, Otto per buona creanza smette di far finta di niente e lo tira dentro per la notte. 


Il fatto che il coso lo chiami con costanza mamma, non lo scuote di un baffo: perché Otto è intimamente convinto di non esserlo.
Per educazione e gentilezza (con una punta di opportunismo) Otto si mette allora in cerca della madre naturale del coso, che con ogni probabilità sarà altrettanto grossa e pelosa e, comprensibilmente, anche sottosopra per la sparizione del piccolo (rimane un mistero chi abbia messo quella palla verde sul ramo di Otto).
E sai che succede a quel coso, per di più in assenza di madri vere o surrogate che siano? “Beh, se non se ne è sentito parlare lì da voi nel bosco, sappi che qualcuno si è premurato di scriverne e disegnarne la storia.
Leggila e stupisci!
Ne riparliamo vero? Sono certa certissima che avrai cose da dire in merito, se non altro per difendere lo status di scoiattolo.
Se tu permetti, andrei a prepararmi una zuppa calda, perché io, al contrario di altri, non ho nessuno che me la prepari...

Formica felicemente sola soletta




Carissima formica…
E mi chiedi se conosco quello scoiattolo…ma certo! Otto è un lontano cugino…
Non sapevo che la sua storia circolasse anche al di là del bosco… Non lo vedevo da un po’ e mi stavo giusto chiedendo dove fosse finito, quando sento un bussare agitato alla porta: era lui, tutto trafelato! Mi racconta che un pallottino spinoso si era schiuso davanti alla sua tana, rivelando un batuffolo bianco e peloso bisognoso di cure, per cui lui si era subito messo alla ricerca della madre. Poi, visto che non lo potevo aiutare, è sgattaiolato via così come era arrivato. Lo vedevo in giro, sempre alla ricerca, e mi ero proprio stupito suo prodigarsi per una bestiolina di cui non aveva la minima intenzione di prendersi cura. La creatura era ogni giorno più grande, ogni giorno più capace di provvedere a sé, addirittura capace di cucinare ottime zuppe, come se nell’assenza e nella distanza avesse trovato un ingrediente segreto per crescere. Poi è andata a finire come sai, e non mi stupisce, ora che ci rifletto un po’ su, che la cosa abbia varcato i confini della foresta.
Sai, non credo sia un caso che proprio Otto sia stato capace di mettersi di lato. Era talmente grosso quel cucciolo che era impossibile non vederlo!
Formica hai ragione! E’ proprio questa la trappola che faceva soffrire mamma Lucertola e a cui le protagoniste delle belle storie che mi hai raccontato sono riuscite a sfuggire per un pelo! La mancanza di distanza! In effetti, all’inizio mamma e bambino hanno una relazione talmente stretta, e piacevole e calda… come fossero due semi in un unico guscio! Due semi di alberi diversi però!
Sai che ti dico? Dovrebbero tutte prendere esempio da Petronilla!2
Come fa Petronilla, che ha centoventi bambini, ma dopo averli accuditi tutti (e guarda che moltitudine sono!) varca la soglia di casa, e va nel bosco per certe sue faccende. 


Il pensiero dei suoi bambini non l’abbandona mai, eppure non le impedisce di camminare verso l’ignoto. E così viene catturata da tre strani signori, scappa a cavallo di un paiolo, gioca a carte con tre dolmen annoiati, incontra il pulcino Biagio, attraversa una foresta-biblioteca, trova un suo piccolo in una madeleine, va a salvare tutti gli altri suoi bambini che il malvagio Tartarin vuole mangiare dopo averli ricoperti di cioccolata…
La riconosci, questa nota rocambolesca ed esagerata? Si, è Ponti, un autore che fa perdere i suoi personaggi in lunghe e intricate avventure, da cui riescono a tornare, trovando strade personalissime. E’ camminando baldanzosa pagina dopo pagina attraverso una lussureggiante e sorprendente realtà che Petronilla trova infine il bandolo della sua matassa. Essere madre è una delle sue avventure, che coinvolge i suoi centoventi bambini, ma che può svolgersi anche ben lontano da loro.


Un’altra mamma che doveva avere chiarissima la distinzione tra sé e il suo 'piccolo' e che da questa distinzione trova giovamento è la Signora Meier3… 


Lei è sempre preoccupata, e per ogni suo fosco pensiero Wolf Erlbruch spende una macchia di inchiostro. Un bel giorno, la Signora Meier trova un minuscolo merlo implume e senza pensarci decide di crescerlo come si deve: gli procura un nido, lo nutre con ogni sorta di insetto, gli dà un nome. 


E mentre il merlo cresce, le macchie nere scompaiono, e la Signora Meier diventa protagonista di una stupefacente metamorfosi…
So che vuoi sapere quale, cara amica, ma non te lo dico! Ti faccio lo scherzo che a volte mi fai tu…
Ti do un piccolo indizio, però, dicendoti che a volte per insegnare ai propri piccoli cose fondamentali, certe mamme riuscirebbero anche a volare…

Scoiattolo

P.S. C’era stato anche un falegname, una volta, che si era costruito un bambino pezzo pezzo per non stare più da solo. Lui però, con pragmatismo da artigiano non ha preso una radice, o un seme, ma un pezzo di legno stagionato…

[continua]











1Marianne Dubuc, Non sono tua madre, Orecchio acerbo 2017
2Claude Ponti, Pétronille et ses 120 petits, L'école des loisirs 1990
3Wolf Erlbruch, La signora Meier e il merlo, Edizioni E/O 2003

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