lunedì 5 febbraio 2018

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


Carissima Formica…
È tantissimo che non prendo carta e penna per scriverti.
Di solito mi capita di farlo quando non riesco a venire a capo di qualcosa e il ragionare mi tiene sveglio fino a notte fonda.
Anche questa volta è così.
Si tratta di un incontro che ho fatto a una festa di compleanno.
Era seduta in un angolo e guardava sconsolata gli altri ballare, e sul suo volto c’era un’ombra: era una mamma triste. Ovviamente non avevo capito subito che era una mamma. All’inizio mi sembrava soltanto una lucertola piuttosto carina e parecchio malinconica. Ma poi quando mi sono avvicinato e abbiamo cominciato a parlare mi ha raccontato…aveva lasciato a casa i suoi piccoli e si sentiva una pessima madre. Per egoismo, solo per egoismo, così diceva, aveva creduto di poterli abbandonare per una sera, e ora si macerava nel senso di colpa al pensiero di non essere lei a leggergli la storia della buona notte. Inoltre, continuava con aria veramente angosciata, il giorno dopo non sarebbe riuscita ad andarli a prendere a scuola, e si era addirittura dimenticata di mettergli la merenda nello zainetto per l’indomani.
Era davvero una scellerata, si ripeteva la poverina, scrollando la testa. E ti posso assicurare, cara Formica, che erano autentiche e pesantissime le lacrime che le uscivano dagli occhi…Non ho mai visto una lucertola piangere tanto! Ho anche provato a consolarla, che sarebbero stati bene anche in sua assenza, ma non c’era verso: sembrava che la sua presenza al loro fianco fosse la cosa più importante al mondo, e anche la più gravosa. Quando poi si è alzata per andarsene, pareva diretta al patibolo, più che tornare dai suoi piccoli per cui si sentiva tanto in colpa.
Ti confesso, cara Formica: la cosa mi ha molto turbato! Fino a oggi ero convinto che essere madri fosse la cosa più bella del mondo! Sai come in quel libro di Anthony Browne…La mia mamma, si intitola…


Beh, lì c’è una mamma florida e sempre contenta.1 Una super cuoca, una giocoliera, una che non rinuncia a truccarsi e che porta da sola un sacco di buste della spesa. E’ forte e dolce senza perdere mai l'equilibrio tra forza e dolcezza. Poteva ballare come Pina Bausch, oppure con la stessa facilità fare l’astronauta, l’attrice e anche il capo di un’azienda, però ha scelto di fare la mamma. Ecco cosa pensavo!


Ma alla luce di quello che è successo alla festa, non posso pensarlo più… Dove stanno, nelle immagini di quel libro, le amarezze, la fatica, la frustrazione, i dubbi, e tutti quei chiaroscuri che avevo potuto scorgere tra le squame di mamma lucertola? Dov’è finito nelle figure di Browne quel senso di oppressione che le incurvava le spalle? Dove sono le ombre? Non certo in quel libro! Sono furibondo, perché ho cominciato a intuire che il mestiere di mamma non è sempre così splendente e luminoso come quelle illustrazioni che spianano ogni ruga, annullando ogni profondità.
Quando mi sono calmato ho pensato che forse il libro racconta la mamma vista con gli occhi di un bambino.
Però, cara Formica, è davvero così brillante la mamma che un bambino vede ogni giorno? E soprattutto…davvero un bambino non si accorge delle ombre? Davvero il suo bisogno di perfezione deforma a tal punto la sua visione materna da non permettergli di accorgersi di quello che accade veramente?
Sai, cara Formica, cosa penso? Forse questa donna forte e luminosa e piatta non è nemmeno la mamma così come la può immaginare un bambino, ma quella mamma come vorremmo tutti che fosse, una idealizzazione, perché forse raccontarsi la vera storia è un po’ più complicato…
Tu cosa ne pensi?

Scoiattolo

P.S. Sai…Forse il mio stupore deriva dal fatto che nel bosco ci sono bambini che crescono sottoterra senza bisogno di nessuna cura, anzi…sono loro che provvedono al succedersi delle stagioni, proprio come fossero piccole radici…




Ah, caro te! Tocchi un tasto talvolta dolente: le mamme, mammone.
Ci credo che tu ti sia stupito, Scoiattolo caro. Tu sei animale del freddo Nord, e non hai questi problemi, ma Lucertola è animale che viene dal caldo e quindi, come accade spesso qui da noi al Sud, fa parte della nutrita schiera di mamme un po' troppo 'vischiose'. Non sono moleste, ma spesso ingombranti ed eccessivamente accudenti: dal mio formicaio le vedo caricarsi lo zaino del loro bambino sul percorso di scuola, le sento questionare con le maestre in difese incondizionate dei loro bambini, le guardo mentre tentano di proteggere il cucciolo da tutto ciò che può scalfirlo. Via le paure, vie la fatiche, via i dolori, via le delusioni, via le sconfitte, via tutti i no...via via via: tutto il tempo a 'roteare le braccia' a parare i colpi e a fare piazza pulita intorno all'infante il quale, intanto, cresce molliccio.
Mi è capitato un giorno di aprile, era un giovedì, di leggere un libro perfetto per le mamme mammone. Perché, chiederai tu? Perché parla di loro offrendogli una via di uscita. 

Mamma Medusa2 sta per partorire: avvolta nei suoi più che fluenti capelli biondi, è lì che si impegna per dare alla luce la sua creatura, Irisee. Fin dal primo minuto, Medusa la avvolge nel caldo nido di capelli che le tiene assieme e le nasconde nella loro intimità agli occhi del mondo. Neanche alla levatrice è concesso di cullare la piccolina. La perla della mamma vive occulta e protetta nel 'suo guscio privato'. "Tu sei la mia perla e io sarò la tua madreperla" continua a ripetere Medusa e poi le legge fiabe, le insegna alfabeti, le costruisce cavalli. La piccola Irisee, tuttavia, ha occhi solo per i bambini che vede giocare dalla finestra. Le piacerebbe andare a scuola ed essere con loro e come loro.
 

Mamma Medusa, con i suoi capelli tentacolo che vanno in ogni direzione, lentamente palesa al mondo il suo volto e, per amore, manda quella bambina in mezzo agli altri piccoli del villaggio, a scuola. 'Non mi seguire, per favore!' la implora Irisee: di te avrebbero paura...
La grande prova per quella mamma mammona è dietro l'angolo. All'uscita di scuola chi ci sarà a prendere Irisee? Il covone biondo dei tentacoli di Medusa non esiste più; è stato sanamente tagliato per dare spazio e aria a qualcosa di assolutamente nuovo: una donna felice perché libera, qui e ora, di essere anche mamma.
Kitty Crowther intorno alla questione ci ronza parecchio, sai? Come se fosse un tema importante per lei. E forse davvero lo è. Anche in quell'altro magnifico suo libro El niño raíz3 (l'ho comprato in un porto spagnolo durante la mia penultima crociera) c'è una mamma, mammona, la quale, un po' goffa nella sua nuova e inaspettata maternità, impone al bimbo radice vestitini e cameretta. La volpe, che la sa lunga, di lei nota l'essenza temibile...


Attenti, non è un mestiere facile fare la mamma, sembra sussurrare la Kitty ai suoi piccoli lettori. E chi vuol capire capisca e chi vuole interrogarsi si interroghi...
Io, nel frattempo, che ormai a stento ricordo l'esperienza di una piccolina da crescere, me ne andrei a dormire se non ti dispiace.
Prima di accomiatarmi, un'ultima curiosità: tu, Scoiattolo, sei mai stato mamma?
Te lo chiedo perché ho come la sensazione di aver già sentito qualcosa al riguardo...insomma, mi pare di ricordare che a voi capiti.
Vabbè, mi starò certamente sbagliando e per farmi perdonare domani, potrei anche decidere di raccontarti che strada prende la 'mamma per caso' del bambino radice.
Domani.
'notte, mamma?

Sempre tua, Formica.

Ps. lo vedi, come mi insegni tu, alla radice si deve per forza tornare.
[continua]


1Anthony Browne, Il mio papà/La mia mamma, Donzelli 2013
2Kitty Crowther, Medusenkind, Aladin Verlag 2016
3Kitty Crowther, El niño raíz, Lóguez 2015

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