mercoledì 6 maggio 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


L'OCCHIO DI CHI GUARDA

Julia Pastrana. La donna scimmia, Ivan Cenzi, Marco Palena
#Logosedizioni 2019



ILLUSTRATI PER MEDI (dai 9 anni)

"Fu così che un mattino umido, l'uomo dai baffi corvini venne a bussare alla nostra porta. Si presentò come un emissario del governatore di Sinaloa. Era sudato, sporco, e i suoi occhi erano due punti neri come quelli di un millepiedi.
eppure ricordo il gesto inaspettatamente delicato, quasi rispettoso, con cui depose in mano a mia madre il mazzo di banconote.
'Va' con lui' disse mia madre.
Ricordo che, mentre il carro si allontanava dal villaggio, mi voltai indietro per vedere se lei mi stava guardando.
Non c'era nessuno."

Era nata in un villaggio, forse Ocoroni, arrampicato su uno sperone di roccia messicana nella regione di Sinaloa. Ed era considerata l'inspiegabile, ovvero qualcuno a metà, rifiutato dalla foresta e non accettato dalla comunità umana.
I suoi simili non erano né i lupi o gli orsi, né le scimmie, con cui condivideva alcuni tratti del viso e il pelo che le ricopriva il corpo, ma neanche quelli che popolavano i villaggi, dei quali aveva la struttura del corpo.


Troppo diversa per essere amata e accettata, passò di mano in mano per essere esibita come fenomeno. A casa del governatore di Sinaloa imparò a leggere e scrivere, danzare. A cantare era già brava. Poi, nuovamente venduta a Beach e Sepúlveda, si esibì su molti palcoscenici negli Stati Uniti come un ibrido umano, così aveva sentenziato il medico che l'aveva visitata.
I primi occhi che si posarono su di lei in assenza di morbosa curiosità furono quelli di Theodore Lent. Lavorava per Beach e Sepúlveda e in lei vide quello che si nascondeva al di là delle sembianze: una creatura, che aveva diritto alla propria felicità. I due scapparono e si sposarono. Con Lent ripresero a girare per l'America e per l'Europa. Il successo era enorme, ma Lent, al contrario degli altri, la ricopriva di attenzioni e di occasioni mondane in società, dove tutti si dimostravano felici di conoscerla. I successi raccolti però lentamente si diradarono e Lent capì che qualcosa doveva cambiare. E fu proprio Julia Pastrana che gli suggerì l'idea. Perché a una Donna Orsa non poteva subentrare una Madre Orsa?

Questa è la storia vera di Julia Pastrana, affetta da ipertricosi e ipertrofia gengivale negli anni in cui di queste malattie non si sapeva nulla. A meno di trent'anni in Russia, durante una delle tante tournée organizzatele dal marito, Julia morì a pochi giorni dal parto di un bambino che visse solo tre giorni.
Lent fece imbalsamare entrambi e continuò per altri venticinque anni a portarli in giro, fino al momento della sua morte. Poi i loro corpi furono esposti qui e là fino agli anni Settanta e quindi semplicemente dimenticati. Si deve a Laura Anderson Barbata, se finalmente Julia Pastrana è potuta tornare nella terra di casa sua.
A lei ha dedicato un libro il cui titolo racconta già molto: The Eye of the Beholder.
Ecco, l'occhio di chi guarda può essere una chiave di interpretazione di questo bel libro illustrato. 


Ma prima di qualsiasi ragionamento in tale direzione, va detto che il fatto che questa sia una storia sostanzialmente vera, molto ben raccontata nei toni da Ivan Cenzi, dà una mano di lucentezza, di vivezza che non può essere ignorata.
Le storie vere ci colpiscono. È così e basta.
Ma qui c'è anche molto altro. 
C'è una lezione sul senso profondo dello sguardo. 
Tra i possibili fattori che concorrono a tenere viva l'attenzione di una persona, catturarne lo sguardo appunto, ce ne sono tre che qui sono molto presenti: il perturbante, l'insolito, l'ambiguo.
Spetta proprio a Milton Glaser, che di attenzione e sguardo ne ha fatto un credo professionale, illustrare come funziona la nostra attenzione.
Il nostro occhio si spegne 'naturalmente' di fronte a tutto ciò che già conosce, e lo fa per puro spirito di sopravvivenza. Al contrario, si accende di fronte a ciò che non conosce (o non riconosce), a ciò che non può essere catalogato nel cervello per mancanza di modello. E lo fa, anche in questo caso, per lo stesso spirito di sopravvivenza. 
Di fronte a ciò che non conosco devo stare più all'erta.
Julia Pastrana incarna proprio quell'insolito che nel suo corpo si esprime come fuori dal canone.
Incarna anche l'ambiguità di assomigliare un po' a una donna e un po' a una scimmia e, naturalmente, per sua natura allo sguardo del pubblico lei diventa spesso perturbante. 


Ecco, perturbante. Le parole che vengono messe in bocca a Beach, uno dei suoi imbonitori, sono illuminanti: "Il mio compito, mi spiegò Beach, era sorprenderli con la dolcezza della voce, la grazia dei passi, l'eleganza del portamento. 'Sii più seducente che puoi, devi farli vergognare!' 'Vergognare di cosa? domandai. Rispose: Di desiderarti'."
Fatti salvi i tre fattori che rendono Julia Pastrana un libro che cattura lo sguardo, ne esistono però anche altri, ancora meno evidenti e più sotterranei che lavorano sul nostro inconscio.
Per esempio, l'ambiguità di rapporto con Theo. Ci sarebbe molto da dire, in proposito.
Oppure, il tema del confine che torna spesso nel testo, come a voler solleticare il ragionamento sulla linea che divide ciò che conosciamo da ciò che è ignoto, ciò che è consueto da ciò che è meraviglioso.
Qual è la linea di confine tra come appariamo e come siamo? Julia è stata capace di essere al di qua e contemporaneamente anche al di là di un confine: Ogni frontiera per essere varcata esige il suo tributo: lasciare indietro una parte di quello che siamo.


Julia però non è solo un corpo. Da qui il continuo andare al di qua e al di là di un confine anche nel suo pensare: da un lato apprezza le attenzioni che il mondo le riserva, ma è anche piena di malinconie, nel suo sentirsi sempre inadatta.
Dunque, per tirar due somme. Un lavoro grande sulla visione, sullo sguardo che ha fatto Marco Palena, fin dai risguardi (che bel bisticcio).
Dalla sua parte ha una grande capacità tecnica, ma ha anche lo sguardo giusto, se diamo retta a Glaser, per non disegnare mai nulla che sia troppo esplicito. Lavora con capacità sui simboli, sulle immagini allusive.



Salvo un paio di eccezioni, applica sempre un filtro, una sorta di velo scuro, che permette allo sguardo di intravedere, di immaginare.
Julia è accoccolata, intravista da uno spiraglio, di schiena, riflessa davanti a un vetro, sotto un velo scuro. Ne vediamo spesso esclusivamente le mani. E forse non è casuale che solo quando anche le parole diventano crudeli nel raccontare gli sguardi che diventano violenti e 'violanti' sul suo corpo e su quello del figlio imbalsamati, solo lì Palena ci consegna senza pietà una Julia ormai solo zimbello.
Bel libro, ma questo è già stato detto.

Carla




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