L'OCCHIO DI CHI GUARDA
Julia Pastrana. La donna scimmia,
Ivan Cenzi, Marco Palena
#Logosedizioni 2019
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 9 anni)
"Fu così che un mattino umido,
l'uomo dai baffi corvini venne a bussare alla nostra porta. Si
presentò come un emissario del governatore di Sinaloa. Era sudato,
sporco, e i suoi occhi erano due punti neri come quelli di un
millepiedi.
eppure ricordo il gesto
inaspettatamente delicato, quasi rispettoso, con cui depose in mano a
mia madre il mazzo di banconote.
'Va' con lui' disse mia madre.
Ricordo che, mentre il carro si
allontanava dal villaggio, mi voltai indietro per vedere se lei mi
stava guardando.
Non c'era nessuno."
Era nata in un
villaggio, forse Ocoroni, arrampicato su uno sperone di roccia
messicana nella regione di Sinaloa. Ed era considerata
l'inspiegabile, ovvero qualcuno a metà, rifiutato dalla foresta e
non accettato dalla comunità umana.
I suoi simili non
erano né i lupi o gli orsi, né le scimmie, con cui condivideva
alcuni tratti del viso e il pelo che le ricopriva il corpo, ma
neanche quelli che popolavano i villaggi, dei quali aveva la
struttura del corpo.
Troppo diversa per
essere amata e accettata, passò di mano in mano per essere esibita
come fenomeno. A casa del governatore di Sinaloa imparò a leggere e
scrivere, danzare. A cantare era già brava. Poi, nuovamente venduta
a Beach e Sepúlveda, si esibì su molti palcoscenici negli Stati
Uniti come un ibrido umano, così aveva sentenziato il medico che
l'aveva visitata.
I primi occhi che
si posarono su di lei in assenza di morbosa curiosità furono quelli
di Theodore Lent. Lavorava per Beach e Sepúlveda e in lei vide
quello che si nascondeva al di là delle sembianze: una creatura, che
aveva diritto alla propria felicità. I due scapparono e si
sposarono. Con Lent ripresero a girare per l'America e per l'Europa.
Il successo era enorme, ma Lent, al contrario degli altri, la
ricopriva di attenzioni e di occasioni mondane in società, dove
tutti si dimostravano felici di conoscerla. I successi raccolti però
lentamente si diradarono e Lent capì che qualcosa doveva cambiare. E
fu proprio Julia Pastrana che gli suggerì l'idea. Perché a una Donna
Orsa non poteva subentrare una Madre Orsa?
Questa è la storia
vera di Julia Pastrana, affetta da ipertricosi e ipertrofia gengivale
negli anni in cui di queste malattie non si sapeva nulla. A meno di
trent'anni in Russia, durante una delle tante tournée organizzatele
dal marito, Julia morì a pochi giorni dal parto di un bambino che
visse solo tre giorni.
Lent fece
imbalsamare entrambi e continuò per altri venticinque anni a
portarli in giro, fino al momento della sua morte. Poi i loro corpi
furono esposti qui e là fino agli anni Settanta e quindi
semplicemente dimenticati. Si deve a Laura Anderson Barbata, se
finalmente Julia Pastrana è potuta tornare nella terra di casa sua.
A lei ha dedicato
un libro il cui titolo racconta già molto: The Eye of the
Beholder.
Ecco, l'occhio
di chi guarda può essere una chiave di interpretazione di questo
bel libro illustrato.
Ma prima di
qualsiasi ragionamento in tale direzione, va detto che il fatto che
questa sia una storia sostanzialmente vera, molto ben raccontata nei
toni da Ivan Cenzi, dà una mano di lucentezza, di vivezza che non
può essere ignorata.
Le storie vere ci
colpiscono. È così e basta.
Ma qui c'è anche molto
altro.
C'è una lezione sul senso profondo dello sguardo.
Tra i possibili fattori che concorrono a tenere viva l'attenzione di una persona, catturarne lo sguardo appunto, ce ne sono tre che qui sono molto presenti: il perturbante, l'insolito, l'ambiguo.
C'è una lezione sul senso profondo dello sguardo.
Tra i possibili fattori che concorrono a tenere viva l'attenzione di una persona, catturarne lo sguardo appunto, ce ne sono tre che qui sono molto presenti: il perturbante, l'insolito, l'ambiguo.
Spetta proprio a
Milton Glaser, che di attenzione e sguardo ne ha fatto un credo
professionale, illustrare come funziona la nostra attenzione.
Il nostro occhio si
spegne 'naturalmente' di fronte a tutto ciò che già conosce, e lo
fa per puro spirito di sopravvivenza. Al contrario, si accende di
fronte a ciò che non conosce (o non riconosce), a ciò che non può
essere catalogato nel cervello per mancanza di modello. E lo fa,
anche in questo caso, per lo stesso spirito di sopravvivenza.
Di fronte a ciò che non conosco devo stare più all'erta.
Di fronte a ciò che non conosco devo stare più all'erta.
Julia Pastrana
incarna proprio quell'insolito che nel suo corpo si esprime come fuori dal canone.
Incarna anche
l'ambiguità di assomigliare un po' a una donna e un po' a una
scimmia e, naturalmente, per sua natura allo sguardo del pubblico lei diventa
spesso perturbante.
Ecco, perturbante.
Le parole che vengono messe in bocca a Beach, uno dei suoi
imbonitori, sono illuminanti: "Il mio compito, mi spiegò
Beach, era sorprenderli con la dolcezza della voce, la grazia dei
passi, l'eleganza del portamento. 'Sii più seducente che puoi, devi
farli vergognare!' 'Vergognare di cosa? domandai. Rispose: Di
desiderarti'."
Fatti salvi i tre
fattori che rendono Julia Pastrana un libro che cattura lo sguardo,
ne esistono però anche altri, ancora meno evidenti e più
sotterranei che lavorano sul nostro inconscio.
Per esempio,
l'ambiguità di rapporto con Theo. Ci sarebbe molto da dire, in
proposito.
Oppure, il tema del
confine che torna spesso nel testo, come a voler solleticare il
ragionamento sulla linea che divide ciò che conosciamo da ciò che è
ignoto, ciò che è consueto da ciò che è meraviglioso.
Qual è la linea di
confine tra come appariamo e come siamo? Julia è stata capace di
essere al di qua e contemporaneamente anche al di là di un confine:
Ogni frontiera per essere varcata esige il suo tributo: lasciare
indietro una parte di quello che siamo.
Julia però non è
solo un corpo. Da qui il continuo andare al di qua e al di là di un
confine anche nel suo pensare: da un lato apprezza le attenzioni che
il mondo le riserva, ma è anche piena di malinconie, nel suo
sentirsi sempre inadatta.
Dunque, per tirar
due somme. Un lavoro grande sulla visione, sullo sguardo che ha fatto
Marco Palena, fin dai risguardi (che bel bisticcio).
Dalla sua parte ha
una grande capacità tecnica, ma ha anche lo sguardo giusto, se diamo retta a Glaser, per non disegnare mai nulla che sia troppo esplicito.
Lavora con capacità sui simboli, sulle immagini allusive.
Salvo un
paio di eccezioni, applica sempre un filtro, una sorta di velo scuro,
che permette allo sguardo di intravedere, di immaginare.
Julia è
accoccolata, intravista da uno spiraglio, di schiena, riflessa
davanti a un vetro, sotto un velo scuro. Ne vediamo spesso
esclusivamente le mani. E forse non è casuale che solo quando anche
le parole diventano crudeli nel raccontare gli sguardi che diventano
violenti e 'violanti' sul suo corpo e su quello del figlio
imbalsamati, solo lì Palena ci consegna senza pietà una Julia ormai
solo zimbello.
Bel libro, ma
questo è già stato detto.
Carla
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