ASCOLTANDO LE SIRENE
Il mare chiuso,
Alessio Di Simone, Alessandro Di Sorbo
Verbavolant, 2013
ILLUSTRATI
"Un giorno la
maestra Maria ci fece uscire fuori; una balena, un cucciolo, aveva
perso il suo branco e si era arenata sulla spiaggia.
Uscimmo, la maestra
e i bambini, e sulla spiaggia eravamo noi bambini, la maestra e
questo grande cetaceo spiaggiato tra il nero e il grigio."
A quel bambino non
mancava il mare, perché le finestre della scuola affacciavano sulla
spiaggia. E proprio quel giorno, guardando dalla finestra della
classe, aveva visto la balena morente sulla sabbia perché troppo
lontana dall'acqua.
Ma quella stessa balena
di lì a poco fu messa in salvo da un gruppo di uomini con la muta.
Con gran fatica, erano riusciti a spingere il suo corpo enorme
nuovamente in acqua. Il cucciolo si era perso dietro il canto delle
sirene e così non aveva più sentito la sommessa voce delle balene
adulte e aveva perso la rotta, finendo disorientato sulla spiaggia,
davanti a quella scuola.
Rimesso in mare, però,
il cucciolo non riesce comunque a ritrovare i suoi simili e dopo
pochi giorni si arena di nuovo su un'altra spiaggia. Questa volta,
complice la debolezza, il balenottero non ce la fa a riprendere il
largo.
Ora è in un museo e
adesso a quel bambino, nel frattempo diventato grande, il mare manca
un po'.
Una storia fatta di
mare, di cuccioli, di lontananze e di nostalgie, di mari chiusi e di
mari aperti. Una storia che tristemente racconta di un naufragio e
che ha un epilogo malinconico più verosimile del suo ipotetico
contrario lieto.
Quel mare che sembrava
aperto e sconfinato agli occhi di un bambino si rivela un mare chiuso
che imprigiona, che cattura, che imbottiglia. In un mare popolato da
pesci caramella e gusci di noce che navigano traballanti, il balenottero trova la sua prigione: lui che era
nato per essere libero finisce per essere catturato dalla sabbia.
Allo stesso modo il bambino che al mare era abituato, perché era il
suo orizzonte consueto vivendoci davanti, ora, da grande, ne avverte
la nostalgia, come se lo considerasse attraverso la lontananza del
ricordo.
Ma alla fine il mare si
riapre e una grande pinna si inabissa. Quella balena che era chiusa in
bottiglia ora nuota libera. Ed è questo che rimane negli occhi.
Il balenottero
disegnato, come se fosse un incisione rupestre nel suo biancore su
una distesa di sabbia, è prigioniero delle quattro bandelle che si
richiudono intorno al libro e ne formano una sorta di
contenitore/copertina. Il libro medesimo non è un libro, ma un unico
foglio di stampa, 70x100, ripiegato per quattro volte su sé stesso,
e con un testo che lo attraversa e cha ad arte obbliga il lettore ad
aprirlo e ancora ad aprirlo per cinque volte, fino al paginone
finale, un vero e proprio poster in cui si impenna la pinna caudale
di un cetaceo, fatta di cielo e di mare.
Libri da parati, così
si chiama la collana che Verbavolant sta pubblicando. Libri che hanno
poco la forma del libro, che ti 'crescono' tra le mani e che alla
fine ti viene voglia di farli diventare quadri o poster da parete.
Una bella sfida,
progettare un libro su un unico foglio senza i consueti tagli del
sedicesimo. Una bella sfida riuscire a seguire anche con le parole e
la loro scansione questo insolito ritmo.
Obiettivo raggiunto per
Alessandro di Sorbo, ingegnere informatico creativo prestato al mondo
dell'illustrazione e della grafica (dal fumetto, alla copertina, per
arrivare al libro poster senza mai essere prevedibile) e per Alessio
Di Simone, ingegnere informatico creativo prestato alla scrittura
poetica. Già insieme per un libro dell'anno passato, Il mostro
nell'armadio, gli ingegneri in questione sono legati prima di
tutto da una solida amicizia, che anche ne Il mare chiuso emerge
nella profonda sintonia tra testo e immagini, ma anche da una
affinità di intenti: quella di sperimentare sempre nuovi linguaggi
comunicativi.
E dunque: lunga vita
agli ingegneri informatici che non fanno solo gli informatici!
Carla
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