PICCOLA
Questa
è una rubrica che segnala essenzialmente novità interessanti,
tuttavia per una volta voglio fare un'eccezione e segnalo una
ristampa: si tratta del testo di Genevieve Brisac, Petite,
tradotto e pubblicato dalla Casa Editrice E.Elle nel '95 nella collana Frontiere, con il titolo
Piccola e riproposto, nella stessa traduzione di Annamaria
Sommariva, dalla Piemme col titolo originale francese.
Dunque
è un testo con una lunga storia, la prima edizione francese è del
'60, e ha evidentemente qualcosa che lo rende decisamente attuale:
parla di anoressia.
La
protagonista, Genevieve, detta Nouk, a tredici anni smette di
mangiare. Lo fa come per una decisione stabilita e applica il suo
piano di progressiva eliminazione del cibo con precisione
scientifica, ingannando sistematicamente i familiari.
Applica
la simulazione, il vomito controllato, esplora diversi modi di
occultare la sua sorda ribellione, ruba nei negozi, rimpinza la
sorella minore di dolcetti proibiti, si riempie le tasche di
caramelle, mangiate e vomitate anche queste. Provoca i genitori e ne
rifiuta l'aiuto.
E' una
vera discesa all'inferno quella che Genevieve Brisac descive con
minuzia da entomologa, descrivendo stati d'animo, pensieri, ferree
regole di vita fatte apposta per distruggerla. Descrive soprattutto
l'ossessione mentale legata al corpo, il corpo femminile non ancora
adulto, il rifiuto radicale della sessualità, la ricerca della
perfezione attraverso la negazione della corporeità.
Tema
pesante, testimonianza drammatica e complessa, che mi sembra però
essere ancora vivissima: sul corpo delle ragazze, delle bambine si
combatte una grande battaglia, sul loro essere quasi donne; un corpo
che si vuole perfetto, cristallizzato nel momento della sua massima
bellezza e purezza. Già, perché l'ossessione del corpo
'incontaminato', del corpo perfetto non riguarda solo chi,
tragicamente, percorre la via del rifiuto del cibo. Ma attraversa le
vite di tantissime ragazze, di riflesso da un'immagine sociale che
così le vuole.
Se il
corpo è il terreno di uno scontro, che rischia di essere mortale,
l'altro aspetto chiave è il rapporto madre-figlia, nodo
inestricabile, che travalica la consapevolezza e attinge alle
reciproche identità.
Di
libri che raccontano queste esperienze ne sono stati scritti
parecchi, uscirà a breve per Vallardi una testimonianza di una madre
coinvolta nella spirale autodistruttiva della figlia.
Ricordo,
in particolare, Niente mi basta, di Giusi Quarenghi; ma devo
dire che questo libro colpisce: perché è scarno, in certi momenti
respingente; perché non concede niente al bisogno di spiegazione, di
assoluzione che la lettrice vorrebbe. E' una sorta di specchio,
deformato, che ci parla di ossessioni e di paure, di solitudine. Alla
fine anche di speranza.
Per
questa sua durezza, lo considero un testo adatto a lettrici con più
di quattordici anni, anche per la sua complessità, che alterna
pagine in prima e in terza persona.
E' però
anche un libro 'necessario', proprio per i richiami inquietanti al
nostro presente e all'immagine femminile che non è molto diversa da
cinquant'anni a questa parte.
Eleonora
“Petite”,
G. Brisac, Piemme 2015
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