DI QUEI CIELI CHE...
Noi,
Elisa Mazzoli, Sonia MariaLuce Possentini
Bacchilega Junior 2014
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 5 anni)
"Noi corriamo
dappertutto.
Lui invece cammina a
piccoli passetti.
Noi stiamo insieme,
parliamo, giochiamo.
Lui invece sta da
solo e scava, scava, scava...Un buco al giorno. Ha sempre le mani
sporche.
Noi lo chiamiamo
Occhione."
A scuola, in un
cortile, bambini piccoli a ricreazione. Da una parte tre quattro
cinque bambinetti, un gruppo, noi e dall'altra un bambino solo, lui.
Loro lo chiamano
Occhione perché ha un occhio gigante da cui scende bava di lumaca,
non lacrime. Forse, pensano, un elefante in Africa gli ha schiacciato
la testa o è caduto dal triciclo o ha ingoiato un cannocchiale.
Tutto il tempo passato a scavare forse perché si nutre di vermi o
perché seppellisce le caccole o perché crede di essere una
talpa...
C'è un crepaccio in quel
cortile, anche se non si vede. Uno strappo nel terreno che tiene il noi di qua e
il lui di là. Fino a che una ragazzina dai capelli ricci decide di
fare il salto e di andare al di là. "Bra-va bra-va
ti riempirà di ba-va!" è la cantilena che l'accompagna.
Ora lei è da lui e
fanno, vicini, un piccolo noi. Ma un noi ben diverso dal precedente.
Io non so se il
coraggio sia contagioso, ma è successo che anche Filippo, il bambino
che racconta questa storia, un giorno salta al di là di quello strappo e scopre il
gran tesoro di quell'altro bambino, Filippo, dallo sguardo così
particolare: un esercito di amici che combattono per lui e che, di
notte, nascondono nella terra cose preziose che lui scopre al
mattino.
Gli sguardi di Filippo
e Filippo convergono su un mezzo riccio, su una conchiglia e su una
piuma grigia. Si tratta dei ricordi di Re Castagna, di Capitan
Nettuno e di Super Tortora. Vicini, accucciati intorno alla medesima
buca nella terra, con le loro quattro mani sporche di terra ora i
due giocano assieme. Non sono più solo Filippo e Filippo, sono noi.
Solo, insieme. Noi,
lui. Uguali, diversi. Al di qua, al di là. Pregiudizi e scoperte.
La relazione con
l'altro da sé, la forza del gruppo, la solitudine dell'uno. La paura
del diverso, il pregiudizio, il coraggio dell'incontro, la scoperta,
la condivisione, la conoscenza, la meraviglia. L'immaginazione che
costruisce un'amicizia.
Tutto questo è
rinchiuso nella trentina di pagine che si concedono di norma a un
albo illustrato. Un testo così tanto pensato da diventare
essenziale, quello di Elisa Mazzioli, esplode nel disegno di Sonia
MariaLuce Possentini.
Si comincia alla pari:
la calma e il silenzio di quel cortile deserto in cui regnano alberi
di ginkgo biloba si ritrova puntuale nella prima tavola, la
separazione che il testo sottolinea tra il noi e il lui si esplica
anche nel disegno che tiene distanti i bambini. Lui è ancora
lontano, ma quando scopriamo che lui è Occhione, il disegno si
'accende' nella sua faccia, nel vedere il suo occhio diverso da una
prospettiva inaspettata: dalla buca che lui sta scavando...
Giriamo ancora la
pagina e irrompe nel disegno l'immaginario con un grande elefante.
Un immaginario che qui
alimenta il pregiudizio, ma che altrove nutre la meraviglia di quei
due bambini che, nel gioco, inventano un mondo che è solo loro. Lo è
a tal punto che noi lettori siamo esclusi dal vedere ciò che a loro
è dato vedere, sull'orlo di quella buca che li tiene assieme.
Il filo rosso della
storia, quella continua contrapposizione tra il noi e il lui, ha una
sua puntuale rispondenza nel lessico delle immagini; le pagine
separate servono a questo: a tenere a distanza, a fissare anche negli
occhi un al di qua e un al di là, dove la faglia da superare è la
linea di legatura dei fogli.
Ne è prova per Filippo
l'averlo oltrepassato nel momento in cui decide di andare a vedere
quella lumaca dalle antenne ritte, o quando entrambi occupano la
stessa pagina perché puntano i loro sguardi sulla buca tra l'erba.
Parole e immagini,
all'unisono, ci dicono che Filippo è uguale a Filippo - ben al di là
dell'omonimia: la grande faccia del primo Filippo ha un suo analogo
richiamo nella faccia dell'altro Filippo, visto dalla prospettiva di
un insetto nel prato.
Un'imprevedibile prospettiva assume invece l'ultima pagina. Fino ad ora un continuo gioco di sguardi bassi concentrati sulla terra e ora invece, dobbiamo metterci tutti a naso all'insù per vedere l'ultimo grande
protagonista di questa storia così emblematica e importante, il
tempo.
Il tempo che occorre per avvicinarsi, per conoscersi, per
imparare, per crescere.
Un tempo che prende la
forma di uno spazio, uno spazio enorme: un cielo stellato, di quei
cieli che, a guardarli, ti fanno ben sperare...
Carla
Noterella al margine.
Noi è anche un inno ad uno degli alberi più belli del mondo:
il ginkgo biloba, simbolo di pace e di forza, portatore di speranza.
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