LA BANALITÀ DEL MALE
La porta di Anne, Guia
Risari, Arianna Floris
Mondadori 2016
NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)
"Quella porta...l'avevano
varcata una volta per venirsi a nascondere ed era certo che
l'avrebbero attraversata di nuovo per uscire allo scoperto. La loro
vita non finiva lì. C'erano ancora tanti film da vedere - quanto gli
mancava il cinema! - e decine di partite di calcio da giocare."
Una porta dietro a
una libreria nell'alloggio segreto di Prinsengracht 263. Dietro
quella porta ci vivono otto persone. L'unica che ha un nome noto è
la piccola Anne. Anne Frank. Gli altri sono sua sorella maggiore,
Margot, i loro genitori Edith e Otto. Con loro ci sono anche i Van
Pels, Peter con i genitori Auguste ed Hermann. L'ottavo è Fritz
Pfeffer. Vivono tutti in meno di 120 mq divisi su tre piani in quello
che un tempo era la casa sul retro dell'appartamento dei Frank quando
erano ancora persone libere.
A comporre La porta
di Anne, ovvero a raccontare se stessi attraverso porzioni della loro
esistenza, attraverso i loro sogni di libertà, attraverso i ricordi
che gelosamente conservano, sono queste otto persone, schiacciate
tutte dietro una porta, soffocate tutte in uno spazio angusto,
costrette tutte a non vedere il cielo se non dall'abbaino. Per più di due anni.
Questa è la loro
storia, o meglio le loro storie, che si differenziano per molti
aspetti, ma che per destino invece si assomigliano. Tutti loro sono
ebrei che si stanno nascondendo e tutti loro, ad eccezione di Otto
Frank, moriranno nei campi di concentramento nazisti tra il 1944 e il
1945. Ai loro otto racconti se ne aggiunge un nono, con il quale il
romanzo apre, ed è quello del sottufficiale tedesco, Karl Josef
Silberbauer incaricato dalla Gestapo di andarli a stanare. Un altro esempio della banalità del male, di cui la Arendt parla, in quello scaffale di fascicolatori che al loro interno contengono i destini di uomini e donne, ridotti a numeri, a pratiche da espletare.
In una singola
unità di tempo che li accomuna, una notte e una mezza giornata, li
vediamo tutti agire, cogliamo i loro pensieri.
Ogni capitolo è
dedicato a uno di loro. Prima di ogni capitolo appare sempre la
stessa porta disegnata e davanti a essa il protagonista di turno.
Per primo Peter con il suo senso del dovere illimitato: un ragazzo
che vorrebbe portare sulle sue spalle tutti i destini del mondo.
Dolce, silenzioso, sognatore e amante degli animali cui riconosce
doti migliori di quelle possedute dagli uomini. Ritratto nell'atto di
accarezzare un cervo, elegante e mite, e di rivolgere lo sguardo
verso il suo amato gatto Mouschi, Peter dietro quella porta sogna di
costruire con il legno una casa spaziosa che possa accogliere animali
e persone per salvarle dalla crudeltà del mondo, ma sa anche uno dei
suoi doveri è quello di studiare. E la sua giornata, così, si va
componendo di piccole attività quotidiane che si alternano a momenti
di profonda riflessione.
Così è per tutti.
La mancanza di libertà, la paura, l'incertezza del futuro, il tempo
che scorre lento e sempre uguale sono tutti fattori che portano la
mente a cercare di assecondare piccole abitudini quotidiane,
alternandole a momenti dedicati a grandi pensieri sul senso della
vita.
Una delle piccole
abitudini quotidiane di Auguste, madre di Peter, è quella di dare
la sveglia a tutti, puntuale ogni mattina alle 7, da ormai più di
due anni a questa parte. E mentre lo fa sogna una nuova pelliccia.
Suo marito Hermann, con il quale non ha perso l'abitudine di
battibeccare, è ritratto nell'atto di assaporarsi il gusto di una
buona sigaretta.
Otto Frank trova la sua concentrazione nel radersi
ogni mattina senza neanche il bisogno di uno specchio e nel farlo
riaffiorano alla sua memoria i giochi linguistici che proponeva alle
figlie, Anne e Margot, e con essi compare anche un sacro terrore
per i loro destini..."era il peggiore dei tempi" e loro
erano così giovani e già in un mare in tempesta.
Margot, dolce e
paziente e meditabonda e sportiva nel corpo. Lei amava il nuoto e il
latino. E Anne che sognava il ballo e il cinema, di cui piano piano
andava scoprendo la menzogna. Mai e poi mai però avrebbe fatto
l'attrice, un mestiere che le avrebbe negato ogni indipendenza. E lei
era troppo volitiva e si immaginava scrittrice. La madre, Edith, trovava un senso alle sue giornate sempre
uguali, senza spazio e senza aria, enumerando ogni cosa. Ripiegava
biancheria e contava, cucinava e contava: una numeratrice divina. Il
compagno di stanza di Anne, Fritz Pfeffer, uomo innamorato che scrive
al suo amore lontano e nelle sue lettere sogna una vita di libertà
al suo fianco, coltivando con lei la sua grande passione per i
cavalli.
Eccoli, ciascuno
evocato da un oggetto, da un particolare -una sigaretta, una lacrima,
una lettera, un paio di occhiali- singole voci distinte che formano
un coro. Struggente, intimo il racconto che Guia Risari fa di ciascuno, con
sensibilità e non comune partecipazione emotiva, lontana da ogni
interpretazione didascalica o retorica. L'originalità del punto di
vista, il racconto che prende nove strade diverse, il rigore, la
chiarezza e la fluidità dello scrivere rendono questo libro qualcosa
di altro rispetto a opere scritte per l'occasione, per la ricorrenza.
Sebbene nato da
un'esigenza editoriale di rendere giustizia a tutti gli abitanti
dell'Alloggio segreto, il libro decolla e va ben al di là di questo
obiettivo che, peraltro, raggiunge felicemente. Si tratta di una
toccante galleria di esseri umani, uomini donne ragazzi e ragazze,
che stanno soffrendo e che si stanno confrontando con un destino
terribile eppure continuano, nonostante gli sforzi di chi li vuole
vedere cancellati, con pervicacia a non perdere neanche una goccia
della loro dignità di persone.
Ognuno di loro, quando la porta si
apre, è lì a mostrare se stesso per quello che è e l'immagine che
la sensibilissima Arianna Floris dà di loro vale quanto
centocinquanta pagine di testo hanno fino a quel punto con tanta
sensibilità raccontato.
Carla
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