DEL TEATRO, DELL'AMORE E DEI SOGNI
L'ultima
opera di Brian Selznick, che ci aveva stupito soprattutto con la
Meravigliosa invenzione di Hugo Cabret, è complessa
tanto da rendere difficile raccontarla senza svelare i colpi di scena
che contiene.
Il
tesoro dei Marvel è strutturato in due parti ben distinte, la
prima raccontata per immagini, la seconda scritta, seguite da una
illuminante postfazione. Nella prima parte, dunque, si racconta la
storia di una dinastia di teatranti, a partire dal primo miracoloso
episodio a bordo di un vascello, il Kraken, colato a picco durante
una tempesta nel 1766 mentre a bordo si svolge una rappresentazione
teatrale. Lì si origina l'avventurosa vicenda dei Marvel, uomini e
donne di teatro dalla chioma fulva, che si muovono al di qua e al di
là dell'oceano, fra America e Inghilterra, arrivando fino a un
personaggio, un ragazzo coraggioso che nella Londra mondana riesce
forse a salvare il nonno da un incendio nel teatro in cui vive.
Negli
anni '90 del Novecento, quindi parecchio tempo dopo, un ragazzino
americano bussa alla porta dell'unico zio, mentre i suoi genitori
sono in crociera: Joseph, questo è il suo nome, è in cerca delle
sue radici, della sua storia; s'imbatte in un parente scorbutico,
bizzarro, che vive in una casa che sembra la perfetta riproduzione di
una casa vittoriana, piena di ninnoli e cimeli, apprestata come
palcoscenico di una rappresentazione interrotta. Al di là della
stravaganza, lo zio sembra depositario di una serie di segreti, che
forse possono spiegare al protagonista qualcosa della sua storia.
Aiutato da Frankie, una ragazzina che veste come un ragazzo, in
memoria del fratello deceduto anni prima, il ragazzo compie le sue
indagini.
Aut
visum aut non, una citazione latina che ritorna continuamente, e
che troverà una spiegazione nella postfazione, mette il lettore
sull'avviso che molto cose possono essere diverse da come sembrano e
bisogna prestare attenzione ai dettagli e collegarli insieme per
capire quello che l'autore ci sta dicendo.
Joseph,
in barba a tutte le raccomandazioni, fruga ovunque e trova delle
cassette, che raccontano la storia dei Marvel: è lo zio, insieme ad
un misterioso interlocutore, a raccontarla, sullo sfondo dei suoni
che ancora si avvertono nella casa: rumore di passi, di stoviglie, il
canto di un uccellino.
Se
tutto sembra riportare al passato, la realtà costringe il lettore a
fare i conti con gli anni '90, nel pieno dell'epidemia di Aids. Lo
zio ne è colpito, così come tempo prima era accaduto al suo
compagno. La leggenda dei Marvel, la storia dello zio e del suo culto
per il passato è destinata a finire? Lo scopriranno i lettori alla
fine del libro.
Quest'opera
di Selznick, forse la più bella, è tante cose contemporaneamente,
che meriterebbero tutte di essere approfondite: è un atto d'amore
nei confronti del teatro, della sua storia, delle sue leggende; è un
atto d'amore nei confronti della città di Londra e delle sue
memorie; è un'apologia dell'amore, capace di sopravvivere al tempo e
alle ingiurie della malattia. Un amore comunque declinato, fatto di
condivisione profonda, di sogni comuni e di grande generosità.
Questo
romanzo vale più di decine di storie 'politicamente corrette', volte
a rappresentare le diverse facce dell'amore. Più di tutto valgono le
testimonianze di vita, talvolta più sorprendenti di qualsiasi
invenzione.
Nella
lunga postfazione, l'autore spiega a chi si è realmente ispirato,
quali luoghi e quali vicende siano stati lo spunto della narrazione.
E' una
lettura sicuramente complessa, in cui bisogna comprendere i passaggi
di tempo e di luogo, ma è un romanzo avvincente, commovente,
istruttivo, necessario ad un'educazione sentimentale lontana dai
pregiudizi.
Per
lettrici e lettori maturi, dai dodici ai novantanove anni, per
riconciliarsi con il tempo presente, che ci regala anche qualche
perla, qua e là.
Eleonora
“Il
tesoro dei Marvel”, B. Selznick, Mondadori 2016
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