COME UN ALBERO COLPITO DA UN FULMINE
Capita
che un albero colpito da un fulmine possa mostrare esternamente pochi
segni dell'evento, pur essendo morto, dentro.
Questa
metafora descrive bene la condizione di quei bambini-soldato che
riescono a sfuggire alla morsa dei loro aguzzini.
Il
bambino soldato. Storia vera di un ragazzo che è riuscito a salvarsi
dalla guerra, di Keely Hutton, è il romanzo, pubblicato nella
Contemporanea della Mondadori, che racconta la durissima vicenda di
Ricky, ex bambino soldato nell'Uganda degli anni Novanta.
E'
difficile parlare di libri di questo genere, che affondano le loro
radici nella realtà, che sia della cronaca o della storia.
Personalmente diffido delle storie a tema, in cui spesso prevale
l'intento pedagogico nell'andamento del racconto. Ma ci sono
eccezioni. Una è rappresentata, ad esempio, dal romanzo curato da
Dave Eggers, Erano solo ragazzi in cammino, che
ho spesso citato; un altro, I fantasmi di Portopalo, è il
drammatico reportage giornalistico di Giovanni Maria Bellu su uno dei
primi naufragi di migranti nella storia recente del Mediterraneo.
L'efficacia
di queste storie nasce dalla capacità degli autori, di chi raccoglie
le esperienze di vita dei protagonisti, di farci entrare
completamente in una situazione apparentemente lontana, raccontandoci
storie avvincenti come un thriller.
La
storia di Ricky Richard Anywar è durissima, crudele, densa di
violenza e di sopraffazioni. Racconta della modalità d'azione di uno
dei tanti signori della guerra che seminano la morte in tante parti
dell'Africa: razzie, uccisioni di massa, rapimento degli adolescenti,
maschi e femmine: i primi per andare a ingrossare le fila di questi
eserciti straccioni, le seconde per gli scopi che facilmente si
immaginano, di 'conforto' dei capi. Ci sono due aspetti che balzano
agli occhi: il ribollire di situazioni simili, laddove ci sono guerre
civili, scontri fra clan ed etnie, differenze politiche e/o
religiose, in territori che superficialmente e ingenuamente riteniamo
lontani, e alieni al nostro modo di vivere. Ma ricordiamo la guerra
dei Balcani? E la strage di Beslan? Europa, civilissima Europa, pochi
decenni fa. L'altro aspetto, che è poi il centro di questo romanzo,
è quello rappresentato da figure tragiche come quella del
protagonista e i tanti altri le cui vite sono state spezzate.
Tragiche perché riuniscono in sé il ruolo della vittima e del
carnefice: spogliati di tutto, a cominciare dai legami familiari,
vessati, affamati, umiliati, ridotti in sudditanza materiale e
psicologica, questi ragazzini, a volte bambini, diventano attori di
atrocità indescrivibili. L'annientamento della volontà, della
memoria, dei legami affettivi è parte integrante dell'addestramento.
Cosa si è disposti a fare per sopravvivere? E, soprattutto, se ne
può uscire fuori? E' possibile il perdono, la riconciliazione?
Senza
fare i conti con il passato è impossibile costruire il futuro, ma lo
è anche se a vincere è lo spirito di vendetta.
Questa
è la cruna dell'ago attraverso la quale è necessario passare.
Keely
Hutton è una giornalista e questo le consente di avere uno stile
asciutto, quasi distaccato nel raccontare l'inimmaginabile; ma non
mancano momenti di poesia, come quando cita la fiaba africana,
contenuta nella raccolta Le mie
fiabe africane di Nelson Mandela (Donzelli, 2002), della Madre nella
luna, le cui lacrime disperate inondano quelle terre martoriate.
Immagino
senza difficoltà una miriade di obiezioni al proporre questa lettura
a ragazzi e ragazze maturi, direi fra la fine delle medie e l'inizio
delle superiori. E' indiscutibilmente un testo dal forte impatto
emotivo, che credo abbia senso se alla lettura si possono affiancare
spiegazioni, doverose, dei motivi storici economici e politici che
queste situazioni creano e alimentano. Nello stesso tempo, questa
storia rappresenta un'efficace e dolorosa finestra sul mondo reale,
quello stesso mondo reale che spinge tanti disperati sulle nostre
coste. Infine mi piacerebbe sapere cosa pensano i nostri ragazzi e
ragazze della possibilità di redenzione, di cambiamento, di cui
questo libro è testimonianza diretta. Il nostro Ricky, infatti, ex
bambino soldato, ora si occupa del recupero dei bambini e dei ragazzi
sfuggiti all'inferno.
Eleonora
“Il
bambino soldato”, K. Hutton, traduzione di Stefano Andrea Cresti,
copertina di K. Negley, Mondadori 2017
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